Torino: una città a misura femminile?

Di Lucrezia Bono

 

Torino non è una città che fa sentire subito la sua mancanza, l’animo riservato che la contraddistingue porta ad una consapevolezza lenta e morigerata della malinconia da distacco. Consapevolezza che poi diventa radicata a tal punto da non lasciar spazio ad alcun dubbio

 

Tornare sbalordisce, è un po’ come innamorarsi di nuovo del proprio compagno di vita dopo anni di torpore matrimoniale. Diamo per scontato il quotidiano, ma non quando lo ritrovi; il marciapiede in pietra, i turet verdi, i viali alberati, sono certa che se non fossi un’inguaribile nostalgica mi sarei soffermata prima sul clima di poca accoglienza riservato ad una giovane mamma che si respira nella pancia di un sistema consolidato, freddo che si consuma a discapito di un’ intera generazione femminile soprattutto se imprenditrici e/o autonome.

 

Scegliere di affrontare dei problemi e non seguire filosoficamente le questioni non renderà piacevole o interessante la lettura ma reputo che sia l’unico modo per ritrovare un minimo di consapevolezza perduta. Come prima cosa dovevo individuare l’asilo per le mie due figlie, poichè non ancora residenti la scelta è ricaduta su una scuola privata parificata (le scuole solo private implicavano la donazione di un rene verso metà anno, io mi sono limitata al sangue della parificata).

 

Dovete sapere che una scuola materna costa circa 250 euro al mese, a bambino, ma l’orario si limita tra le 9 del mattino e le 16 del pomeriggio.Per quanto concerne i nidi invece le cifre salgono al limite della sopportazione umana, circa 600 euro al mese a bambino. La prima domanda che mi sono fatta era come facessero le Torinesi con questi orari….? Come facesse una donna che si trasferisce a Torino per lavoro senza la famiglia vicina a sopravvivere?

 

Ho pensato fossero tutte più fortunate di me, ed ancora forte dell’entusiasmo della ritrovata Torino, ho attivato pre-scuola e dopo-scuola ( ovviamente tramite pagamento extra) in seguito ho cercato una baby sitter per la rimanenza oraria. Considerato l’esborso scolastico mi sono limitata a cercare casa in zone non adiacenti al centro ed ho optato per un piccolo bilocale fuoriportaHo calcolato subito che il mio stipendio bastasse per spese, vitto ed alloggio senza che rimanesse un centesimo.

 

Dovendo trovare una soluzione, propongo all’azienda per la quale lavoravo di farmi svolgere una mansione più ampia e sicuramente più impegnativa, con un aumento in busta paga. Con questo “miglioramento” qualche volta potevo permettermi di fare colazione al bar, potevo permettermi di portare le bambine al cinema ogni tanto, potevo contare su un piccolissimo fondo cassa per gli imprevisti.

 

Questa nuova situazione però portava a lavorare fino a 12 ore al giorno per tutte le Regioni del Nord Ovest, in pratica , come capita a troppe, ho barattato il tempo che dovrebbe spettare ad ogni madre per seguire con la giusta serenità ed attenzione i propri figli nel percorso di crescita con la sopravvivenza. Tutto ciò è vergognoso.

 

È diventato ufficiale anche per me questa consapevolezza, una donna non può rimanere da sola. Siamo cresciute con l’idea di poter essere ciò che volevamo, ci avete insegnato a non abbassare la testa, ed ora? Una madre oggi non può divorziare, non può scegliere di essere sola, non può essere lasciata, non può avere cedimenti, non può fare un lavoro più duro per provare a migliorare la propria situazione, e se, come farò io, continuasse a provarci per una speranza futura, lo farà solo ed esclusivamente a discapito di se stessa e dei propri figli.

 

Il fatto di esserci messe al pari degli uomini, di aver voluto, ottenuto e spesso vinto il confronto, ha portato ad una parità di genere che in realtà ha solo peggiorato le nostre condizioni;

gli uomini danno per scontata la nostra forza e le nostre capacità, tanto da “dimenticarsi” di tutelare il nostro valore aggiunto, noi dal canto nostro abbiamo così lottato per essere allo stesso livello che chiedere e far capire che i livelli non esistano e che si tratti di diversità oggettive sembra un’opzione non percorribile, paradossalmente sono proprio le donne che ci governano ad averlo dimenticato, poiché oramai al di sopra di questi problemi “spicci”, e troppo impegnate al paragone maschile.

 

Poi ci chiediamo perché in massa le donne, torinesi, le donne meridionali e di ogni luogo si “gettino” politicamente nelle mani apparentemente rassicuranti di chi rilancia un’idea di ruolo definito di donna. Non abbiamo molte opzioni, bisognerebbe lavorare sull’ ammissione di responsabilità di chi ha fallito una rivoluzione socio-culturale, bisognerebbe che le donne al comando ritrovassero l’essenza che ci fa davvero essere un passo avanti e si iniziasse a parlare di problemi e non di concetti con i quali solleticare l’intelletto. In un mondo perfetto gli uomini dovrebbero essere i primi al fronte.

 

 

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