Parte da parecchio lontano La ballata di Johnny e Gill che Fausto Paravidino ha scritto e dirige e che il Teatro Stabile torinese – dove lui riveste la figura del dramaturg – ha prodotto in compagnia di un nutrito gruppo di enti teatrali disseminati tra Italia e Francia e Lussemburgo, toccando Trieste e Tolone e Marsiglia, e altri luoghi ancora
Parte da uno sguardo sulle pagine iniziali della Genesi, la torre di Babele e la relativa confusione delle lingue come il personaggio di Abramo spinto da Jahve a raggiungere un altrove, una terra diversa dalla sua, imperativo cui il patriarca non risponde altro che con un “eccomi”. Il tema del viaggio insomma, e del mondo babelico in chiave contemporanea, che Paravidino per primo ha intrapreso accompagnato da Iris Fusetti, ideatrice al suo fianco, e anche Jill e anche la Sara di Abramo. Un viaggio nella città più variopinta e cosmopolita del mondo, New York, “che è dove normalmente gli Europei come noi emigrano”, stranieri tra stranieri si sono inventati laboratori di ricerca teatrale salvo tornarsene poi nel vecchio continente per saggiare anche qui, a Ginevra Tolone e Lussemburgo, la storia di Abramo, che “contiene tante avventure”. Affiancandosi alle pagine di giornale e alle immagini televisive che in questi anni ci scorrono davanti agli occhi, come alle discussioni e alle paure con cui condividiamo i giorni, Paravidino si butta a nuotare senza sosta, e senza buttar via niente – per una durata di 180’ più intervallo, dove lo spettatore può anche provare un qualche imbarazzo -, nel mare magnum della questione, mentre in un rincorrersi di italiano e francese, di inglese e di un inventato grammelot che tiene ben d’occhio il divertimento e dove neppure Fo avrebbe saputo fare tanto, stabilizza la “sua” Bibbia in un più prosaico e picaresco succedersi di azioni. Nella frenesia del succedersi, nel caos linguistico, nel passare davanti ai nostri occhi i cambiamenti di scena e di sembianza degli attori, camuffati dietro le maschere bellissime di Stefano Ciammitti ed i costumi di Arielle Chanty, nel disfarsi e nel ricomporsi delle scene di Yves Bernard, Johnny che non abbandona i propri sogni e Gill che lo adora abbandonano la loro terra per una più protettrice dove possano vendere i loro pesci gialli, i migliori, attraversano il deserto e il mare, raggiungono una spiaggia e un nuovo paese, un’America presa a simbolo di ogni benessere, dove ognuno si rimpinza di cibi grassi, dove essi pensano a nuovi affari se non si facesse avanti chi è arrivato lì prima di loro, pronto a proteggere ferocemente quella supremazia che s’è guadagnato in precedenza. C’è ancora posto per qualche incursione nella parodia dei talk show, manco fossimo nel salotto di Letterman, per quattro chiacchiere, e tanti applausi, con coloro che sono diventati il re e la regina dello street food e che adesso fanno palate di quattrini o per qualche canzoncina (in italiano o in inglese, non importa) che fa tanto musical. C’è posto per riadombrare la sterilità di Sara, poiché anche Jill non può avere figli: ma oggi c’è l’utero in affitto che ti può consigliare il saggio ginecologo tedesco e una ragazza che si mette a disposizione. Ci sarà anche un figlio, uno tutto loro, che una coppia di cicogne viene ad annunciare, un figlio che forse verrà richiesto in sacrificio. In uno spettacolo che ha l’aria di non voler finire mai (il finale poggia su qualcosa che sembra al Commesso viaggiatore di Miller, con scambio di ruoli), la Bibbia è diventata davvero una ballata e Paravidino attraverso la sua personalissima lente, avvicinando Abramo a Candide e agli altri, non ha torto, prevalgono gli “e poi” sui più efficaci “quindi”. Un qualche sconcerto bulemico durante l’intera serata l’hai provato (sarà per questo che in teatro ti corre in aiuto una “mappa narrativa”) ma non fai neppure troppa fatica a metterti nel gioco tutto citazioni e di risorse intelligenti che l’autore e regista sfodera (s’è ritagliato pure il divertente ruolo di Lucky), nel cammino a tappe ed episodi dei protagonisti Federico Brugnone e Iris Fusetti e nello spirito ecentrico degli altri attori che si destreggiano senza mezze misure nei tanti personaggi. Applausoni convinti dal pubblico che certo non affollava la sala del Gobetti alla replica cui abbiamo assistito. Repliche sino a domenica 20 gennaio.
Elio Rabbione
Le immagini dello spettacolo sono di Vincent Berenger
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