Serralunga di Crea è un comune ai piedi del Santuario mariano, dal 2004 patrimonio dell’Umanità dell’Unesco insieme agli altri Sacri monti e percorsi devozionali del Piemonte e della Lombardia. E il santuario appartiene al suo territorio comunale. Il paese, però, adagiato su un colle più basso, appunto una serra … lunga, suddiviso nei tre rioni che intitolati a tre Santi (San Rocco, San Giacomo, San Bernardo) in sé non lascia molto alla storia, oltre ad uno splendido panorama che nelle belle giornate consente la visione dell’arco delle Alpi e della Valle del Po, sino ad intravedere in lontananza Novara, se non la traccia lasciata da Cesare Pavese. Infatti, il Comune che ospita il Santuario di Crea, ospita anche quella casa, quella casa, quei paesaggi, dove Cesare Pavese scrisse “La casa in collina” e che ancora oggi, a parte la targa posta nei suoi pressi, èsi chiama “Villa Mario”. Il legame tra lo scrittore de “La Luna e i falò” e di tanti altri capolavori della letteratura italiana è dovuto alle nozze della di lui sorella, Maria Pavese, con Guglielmo Sini. Guglielmo Sini era uno dei tre figli maschi di Cesare Sini (gli altri erano Mario ufficiale morto nella Grande Guerra e Luigi, poi direttore di Rumianca, cui si aggiunse anche una figlia, Federica), direttore dell’Italcementi, che nel 1920 fece costruire “Villa Mario”, casa con annesso terreno, intitolata al figlio Mario, come si può vedere dalle M impresse nei pali di cemento che sostengono la recinzione. Fu a Serralunga di Crea che Pavese trascorse due inverni ed un’estate durante la seconda guerra mondiale e concepì una delle sue opere più belle, “La Casa in collina”. Parlare di Pavese e di Serralunga di Crea (attualmente gli è intitolata la Biblioteca comunale negli spazi che, ancora all’inizio degli anni Settanta occupava la macelleria) vuole anche dire parlare della nipote, Cesarina Sini, classe 1923, scomparsa alcuni anni orsono, all’età di 92 anni, che insieme alla sorella Maria Luisa, nata nel 1928, conservava e perpetrava ai posteri il ricordo dello zio.
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Insieme alla madre Maria (Cesarina e Maria Luisa erano pertanto figlie di Maria Pavese e Guglielmo Sini) trascorreva , soprattutto d’estate, alcuni periodi di soggiorno presso “Villa Mario” dove viveva invece con maggiore frequenza la zia Federica Sini, che tutti in paese conoscevano come la “Tota” Sini, maestra per lunghi anni nella zona. Poi, dopo la scomparsa della mamma prima e della zia poi, Cesarina – che in paese aveva alcune amicizie da sempre, Liliana Patrucco, che viveva a Casale ma aveva fatto le scuole dai nonni a Serralunga e Gina, moglie di Attilio Godino, mitico sindaco democristiano della Valcerrina negli anni Sessanta e Settanta (e padre di Giuseppe, poi sindaco di Serralunga, vicini di casa dei Sini che la ricorda come “una persona sempre allegra, solare, simpaticissima”) – aveva incominciato a trascorrere periodi sempre più lunghi, soprattutto in estate a Villa Mario. E durante queste permanenze erano “mitici” i suoi falò nel prato. Chi scrive l’ha conosciuta personalmente sin da quando aveva i pantaloni corti: i suoi genitori affittarono per l’estate la casa che era stata costruita nella parte superiore della proprietà dal 1967 sino al 1998 e spesso da bambino e da ragazzino andava a giocare nella “Casa di Pavese” e che in virtù della sua conoscenza con la famiglia Sini fece da tramite ad un giovanissimo Marco Giorcelli, per diciannove anni alla guida del bisettimanale “Il Monferrato” allora alle prime armi come giornalista (ma aveva portato alla maturità una bellissima tesina su Pavese) per l’intervista a Maria Pavese avventa nella cucina di Villa Mario,. Ed è anche rimasto impresso nei ricordi della sorella di Cesarina, Maria Luisa che qualche anno fa, fattosi ormai uomo, in occasione dello spettacolo di Umberto Orsini in piazza a Serralunga gli disse: “Si, Massimo, mi ricordo bene di te e di tuo fratello, eravate delle pesti da piccoli, tiravate sempre le code ai gatti”. Anche questi sono ricordi di un passato che non c’è più e che, con la scomparsa di Cesarina Sini perde un altro importante pezzo, non solo del Monferrato ma dell’intero Piemonte e dell’Italia. Infine un piccolissimo particolare che Serralunga di Crea non ha ancora saputo (o voluto) sfruttare a fondo: qualche anni fa Joumana Haddad, giornalista e scrittrice libanese, conosciutissima nel mondo arabo, ed anche in Italia, al punto che dal 2013 è ambasciatrice di della cultura e dei diritti umani della Città di Napoli, durante una lezione seguitissima di aggiornamento per i giornalisti, tenuta all’Università di Torino ha detto di aver imparato ed apprezzato la lingua italiana proprio leggendo le opere di Cesare Pavese.
Massimo Iaretti
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