E’ quasi impossibile sbagliare seguendo i toponimi. Leggi nomi di fiumi come Chattooga, Tallulah, Tugaloo o di foreste come Chattahoochee o Oconee e scopri che quest’area tra nord della Georgia ed ovest della South Carolina era zona di nativi Cherokee e Muscogee (Creek), prima della “Georgia Gold Rush” e della deportazione forzata tristemente nota come “Sentiero delle lacrime” (Trail of Tears) che li spinse fino in Oklahoma.
Tra Dahlonega e la Georgia Gold Belt si scatenò la corsa all’oro che sradicò i nativi; in seguito sorsero la città di Toccoa (anch’esso toponimo Cherokee) e l’attuale Stephens County. Qui sorse il nucleo preponderante della band The Voxmen, che nell’arco della sua breve esistenza si mosse per i concerti in un’area territoriale riconducibile all’arteria stradale nota come U.S. Route 123 (US 123), tra le propaggini di Toccoa in Georgia e Greenville in South Carolina. La conformazione della band in una prima fase era strutturata in David Westmoreland e Bill Thompson (chit), Eddy Jordan (V, b), Bill Harding (batt); i locali più frequentati nelle esibizioni erano “The Hut” di Toccoa e l’allora stranoto “The Chicken Shack” di Seneca (South Carolina) gestito da Charlie B. Stancil, importante e carismatica figura di riferimento di tanti musicisti esordienti della zona. Qui, tramite il manager Barry Westbrook, The Voxmen entrarono in contatto col sedicenne George Dilworth, che subentrò alla batteria al posto di Harding passato al Vox organ; tra Jordan e Dilworth nacque subito una positiva sinergia creativa, che risentiva anche della comune ammirazione per la British Invasion (soprattutto Beatles e Hollies).
Ne derivò il primo 45 giri: “They Say (You’re Gonna Lose That Girl)” [Dilworth – Harding – Jordan] (VM 1001; side B: “You Tell Me”), inciso ad Atlanta e prodotto da Westbrook con etichetta propria VM records. La visibilità sembrava piuttosto buona e peraltro non mancavano le performances anche come support band in parecchie venues musicali; tanto che il 22 luglio 1967 a Greenville (South Carolina) The Voxmen ebbero l’onore di aprire il concerto degli inglesi The Dave Clark Five (DC5) in un Greenville Memorial Auditorium strapieno ed entusiasta.
Poco dopo subentrarono due elementi dei The Avalons, altra band dell’area di Toccoa: Roy Thompson (chit) e Sam Camp (org, arm). Soprattutto grazie all’apporto di Camp, il sound dei Voxmen mutò e perse la crudezza del primo singolo, con una trasformazione sia nell’impasto sonoro (con l’apporto dell’armonica) sia nelle armonie vocali di sfondo alla voce principale.
Nel dicembre 1967 uscì il secondo (ed ultimo) 45 giri: “Good Things” (VM 7-8438; side B: “Time Won’t Change My Mind” [Jordan – Thompson]), inciso a Charlotte (North Carolina) presso gli Arthur Smith Studios sotto etichetta VM records e prodotto da Clay music; in particolare emergono in “Time Won’t Change My Mind” la brillantezza dei breaks di armonica di Camp e la mobilità fluida della linea di basso di Jordan.
Proseguirono per qualche tempo le esibizioni sul solito asse della U.S. Route 123 tra Georgia e South Carolina, fra Toccoa, Seneca, Clemson, Liberty e Greenville, fino all’uscita del chitarrista Roy Thompson. I superstiti Voxmen cercarono allora rinforzi in Florida, tentando di ricostituire a Toccoa una nuova band dal nome The Fredrick Haze. Il progetto tuttavia ebbe vita breve e naufragò probabilmente entro la fine del 1968, chiudendo l’avventura di un gruppo affiatato che, forse ingiustamente, non ebbe mai la chance adeguata per il “grande salto”.
Gian Marchisio
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Guarda il video: https://www.youtube.com/watch?v=pEmiq6qn6-g
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