Non è una riedizione del colpo del mitico pugnale al Topkapi di Istanbul immortalato nel celebre film del 1964 ma il clamoroso furto di alcuni gioielli della collezione dello sceicco del Qatar Al Thani a Palazzo Ducale a Venezia ci ricorda, con un po’ di immaginazione, la memorabile pellicola anni Sessanta con Peter Ustinov, Maximilian Schell e Melina Mercouri in cui i ladri si calano da un lucernario della cupola della sala e riescono, tra acrobazie notturne mozzafiato, a rubare il prezioso pugnale ornato di smeraldi e rubini, custodito nella sala del tesoro del Topkapi, l’antica residenza dei sultani da dove si ammira il panorama più bello della Turchia, con i ponti sul Bosforo, la Moschea Blu, Santa Sofia e piazza Sultanahmet. Ieri invece alcuni gioielli indiani, altrettanto pregiati, della mostra “Tesori dei Moghul e dei Maharaja”, ospitata a Palazzo Ducale a Venezia, sono stati rubati da una teca. I monili sottratti, almeno una spilla in oro e un paio di orecchini, avrebbero un valore reale di qualche milione di euro. La mostra, allestita nella sala dello Scrutinio, presenta, per la prima volta in Italia, 270 tra gemme e gioielli indiani dal XVI al XX secolo. Nel giugno del 2005 una banda di ladri cercò di imitare davvero gli autori del film del ’64 calandosi dal tetto del palazzo imperiale a Istanbul e svuotando la sala del tesoro. Furono ben nove gli oggetti rubati, tra cui il sigillo di un sultano con smalti e diamanti, il monogramma del sultano Abdulhamit I (1774-1789) e un paravento in madreperla. Ma il famoso pugnale rimase al suo posto, troppo complicato portarlo via senza innescare gli allarmi. In realtà quel pugnale, dal Topkapi, non si è mai mosso. La leggenda narra che il pugnale fu realizzato per lo Scià persiano Nadir nella prima metà del Settecento alla fine della lunga guerra tra gli ottomani e i persiani. Fu Mahmud I (1730-1754) a regalarlo allo scià ma i corrieri del sultano non arrivarono mai alla corte di Isfahan perchè Nadir Scià venne ucciso in una congiura di Palazzo e il pugnale più prezioso del mondo, dal valore inestimabile, tornò tra le mani del sultano a Costantinopoli.
Filippo Re
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