Caso Eternit, una doccia fredda

Per tutti coloro che da anni combattono la lotta all’amianto l’intervento del

procuratore generale presso la Corte di Cassazione, Delia Cardia, davanti

alla Prima sezione penale (la stessa che aveva azzerato il processo Etenit

Uno) è stata, mercoledì mattina,  una vera e propria doccia fredda. L’alto

magistrato ha chiesto che vengano dichiarati inammissibili il ricorso per

Cassazione del procuratore della Repubblica di Torino e del procuratore

generale presso la Corte d’Appello di Torino contro la decisione del

Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino, Federica

Bompieri, che nel procedimento Eternit bis nei confronti del

multimilionario svizzero Stephan Schmidheiny, aveva praticamente

frazionato il processo per le morti da esposizione all’amianto dell’Eternit in

quattro tronconi, suddividendoli tra i tribunali di Torino (per le morti di

Cavagnolo), Vercelli (per quelle di Casale Monferrato), Napoli (per quelle

di Bagnoli) e Reggio Emilia (per quelle di Rubiera), derubricando il capo di

imputazione, a carico dell’imputato da omicidio volontario (come era stato

ipotizzato inizialmente dall’allora procuratore Raffaele Guariniello) in

omicidio colposo. Va ricordato, a proposito, che Schmidheiny, era già stato

condannato in primo e secondo grado per il reato di disastro ambientale e

poi assolto per prescrizione il 19 novembre 2014, e successivamente aveva

ricevuto la nuova contestazione dalla procura di Torino per la morte di 258

persone, ex lavoratori e semplici cittadini, “rei” soltanto di essere venuti a

contatto con la fibra d’amianto, deceduti tra il 1989 ed il 2014. In

conseguenza di questa impostazione, che faceva seguito alla pausa di un

anno perché il magistrato torinese aveva trasmesso gli atti alla Corte

Costituzionale per l’accertamento o meno di una presunta illegittimità, per

molti casi era intervenuta la sentenza di prescrizione, impugnata dal

procuratore della Repubblica e dal procuratore generale presso la Corte

d’Appello di Torino, unitamente alla derubricazione del reato in omicidio

colposo rispetto a quella in omicidio volontario. Quest’ultima era stata

predisposta dal procuratore Colace, già stretto collaboratore di Guariniello.

In Cassazione, il procuratore generale Cardia, ha richiesto (e questa è una

posizione che, anche se non vincola il Supremo Collegio tuttavia può avere

un peso notevole sull’esito) la non ammissibilità sostenendo l’erronea

redazione tecnica dei ricorsi. L’avvocato casalese Marco Gatti, che

difendeva come parte civile il Comune di Casale (presente a Roma con il

sindaco Titti Palazzetti) ha nella sua arringa riportato, con forte pathos, il

ricordo della strage compiuta dall’esposizione all’amianto a Casale,

sottolineando di aver visto morire amici e conoscenti. Ezio Bonanni,

presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, nonché legale di parte

civile nel procedimento, ha insistito perché i ricorsi dei pubblici ministeri

vengano accolti, perché “hanno centrato l’argomento ed in particolare i

profili di illegittimità della sentenza del Gup di Torino”, il tutto perché

riprenda il processo con l’imputazione di omicidio volontario.

Massimo Iaretti
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