di Giorgio Merlo
Conosciamo da tempo il dibattito che circola nell’area cattolica italiana quando si parla di cattolici impegnati in politica. Da un lato c’e’ chi, in modo ridicolo e anche un po’ grottesco, pensa di rappresentare in modo esclusivo e coerente i valori dei cattolici. I cosiddetti “cattolici professionisti” per dirla con Carlo Donat-Cattin o i “sepolcri imbiancati” come ci ricordava sarcasticamente Mino Martinazzoli. Poi c’e’ chi, legittimamente e correttamente, riconosce il profondo pluralismo che caratterizza l’arcipelago cattolico italiano e la diversita’ delle scelte politiche e partitiche. Infine, ci sono coloro che, altrettanto legittimamente e correttamente, si impegnano per una prospettiva a piu’ lunga scadenza che dovrebbe coincidere, pressapoco, con la nascita di una formazione, laica e di ispirazione cristiana, che ripropone nell’agone politico italiano una sorta di Partito Popolare. Seppur aggiornato e modernizzato. E anche nel pieno riconoscimento del pluralismo. Ma, in attesa che questo progetto si stagli all’orizzonte – se mai dovesse decollare – si deve fare i conti con la concreta situazione politica italiana. All’interno di questa cornice non puo’ sfuggire che, sul versante del centro sinistra – e cioe’ di una opzione politica democratica, riformista, progressista e socialmente avanzata – la presenza di un’area cattolico democratica e popolare continua ad essere importante e decisiva per qualificare quel progetto politico. E questo vale per il Pd e, a maggior ragione, vale per la formazione appena decollata che va sotto il nome di “Liberi e Uguali”. In entrambi i casi, anche se il Pd oggi e’ di fatto un “partito personale”, l’ormai famoso “Pdr” per dirla con Ilvo Diamanti e Stefano Folli, si tratta di esperienze politiche “plurali” dove le diverse culture politiche devono saper fecondare l’elaborazione del progetto politico di riferimento. E proprio il Presidente Grasso domenica scorsa a Roma nel suo intervento che ha inaugurato la “discesa in campo” della nuova formazione politica, ha individuato nel “cattolicesimo popolare e sociale” una delle componenti decisive per il profilo stesso di questo partito.
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E questo non per dare una riverniciatura cattolica al nuovo soggetto politico ma, soprattutto, per far si’ che l’esperienza, i valori e le coordinate politiche e culturali del cattolicesimo popolare e sociale giochino un ruolo protagonistico nell’elaborazione del programma del partito. E non solo, di conseguenza, come semplice garanzia della pluralita’ culturale di un partito. E’ inutile, pero’, girare attorno all’ostacolo. Lo abbiamo detto molte volte quando si parla di cattolicesimo sociale e popolare. Quello che e’ mancato per troppo tempo alla politica italiana, o meglio al centro sinistra italiano degli ultimi anni, e’ una “sinistra sociale” di governo capace di farsi interprete dei bisogni, delle esigenze e delle domande che salgono dalla societa’ per tradurle, poi, in concrete scelte politiche e legislative. Abbiamo da imparare dal passato al riguardo? La risposta e’ molto netta: si’. Dobbiamo imparare molto dal passato. A cominciare proprio dalla esperienza della sinistra sociale della Democrazia cristiana che si e’ sempre contraddistinta per la sua vocazione di governo, e non solo testimoniale, accompagnata pero’ da una reale capacita’ di saper intercettare e rappresentare quei bisogni. E oggi, di fronte ad una “questione sociale” semplicemente drammatica – l’ultimo numero agghiacciante ce lo ha fornito l’Istat con quasi 18 milioni di persone a rischio poverta’ in Italia – non e’ piu’ eludibile la presenza di una “sinistra sociale” di governo nel campo del centro sinistra. Altroche’ il dibattito sulle banche, sulle fake news, sul partito personale e sulle capacita’ salvifiche e miracolistiche dell’uomo solo al comando.
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Se ci si riduce a questo dibattito e’ persin naturale che fasce crescenti di emarginati, di esclusi, di nuovi poveri e di non inclusi guardino politicamente altrove. Come e’ gia’ puntualmente capitato alle ultime elezioni amministrative. In particolare a Torino dove la guida di centro sinistra alla citta’ per un ventennio ha progressivamente smarrito le sue radici culturali per diventare il riferimento esclusivo del “sistema”, del potere e dei “garantiti”. Ecco perche’, anche da una formazione politica come quella di “Liberi e Uguali” – al netto della propaganda spicciola, ridicola e grottesca sulla “cosa rossa” e sul “ritorno dei comunisti” – la presenza di un’area cattolico democratica , popolare e sociale puo’ essere importante e decisiva per centrare un obiettivo che dovrebbe essere comune a tutta l’area di un vero centro sinistra. Un centro sinistra, pero’, che non si vuol ridurre ad un semplice prolungamento delle politiche del centro destra o ad uno schieramento che pensa che per essere moderno deve cancellare le storiche differenze tra la “destra” e la “sinistra”. Che, piaccia o non piaccia, continuano ad esistere anche quando i soloni della modernita’ hanno decretato che sono parole desuete e che appartengono alla stagione lontana ed irripetibile del novecento. Le questioni che abbiamo sul tappeto e, soprattutto, le risposte politiche che devono essere date non sono indistinte o generiche. Appartengono anche ad una gerarchia dei valori. Ed e’ proprio su questo terreno che la destra e la sinistra sono e restano alternative. Giorgio Merlo
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