Novembre 2017- Pagina 7

Lo spaesamento dei cattolici

“Cattolici senza partito” (Edizioni Lavoro, collana Studi di Storia) è il nuovo libro del giornalista Giorgio Merlo, con prefazione di Guido Bodrato. Vi anticipiamo parte dell’introduzione scritta dall’autore

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“Ma esiste veramente uno «spaesamento» politico dei cattolici in politica? Attorno a questa domanda ruota la riflessione del libro. Peraltro rapida e snella. Molto dipende dalle circostanze storiche, dalla contingenza politica e anche, se non soprattutto, dalle regole che disciplinano la concreta dialettica politica contemporanea. Ma un fatto è indubbio: cresce nell’area cattolica italiana il disorientamento politico, la difficoltà a individuare forze e soggetti politici che sappiano farsi carico delle istanze culturali e sociali che provengono dal quel mondo ideale e valoriale. Nessuno pensa, salvo settori del tutto minoritari se non irrilevanti, a dar vita ad una soggettualità politica di chiaro orientamento cattolico. Fuor di metafora, la Democrazia cristiana non rinasce più. Come giustamente ha detto Guido Bodrato, uno dei padri nobili del cattolicesimo politico italiano, la «Dc è stato un fatto storico». Ovvero, è stato il risultato di una concreta esperienza storica che in quel particolare momento, e poi per molti anni, ha segnato e caratterizzato la crescita e il consolidamento della democrazia italiana, che ha garantito un periodo di crescita economica e di giustizia sociale e che, soprattutto, ha salvaguardato e rafforzato le istituzioni democratiche nel nostro paese. Ma l’esperienza della Dc, che 3 è stata anche la storia delle sue correnti, e sempre per dirla con Bodrato, è come un «vetro infrangibile che quando si è rotto, è andato in mille frantumi e pertanto non è più ricomponibile». Una descrizione quanto mai efficace e pertinente che esclude, alla radice, per l’oggi qualsiasi tentazione nostalgica o conservatrice. Ma, al contempo, non si può non rilevare che in politica un vuoto è destinato prima o poi ad essere colmato. Lo dice l’esperienza storica ma lo confermano anche i trend politici. E la stagione che stiamo vivendo è anche il frutto di questa crisi di rappresentanza culturale e di scarsa autorevolezza politica. Una situazione che era stata rimossa con l’avvento dei cosiddetti «partiti plurali». Cioè strumenti politici che dovevano superare e archiviare definitivamente la stagione dei «partiti identitari» che hanno caratterizzato l’intera prima Repubblica e che hanno segnato ancora l’avvento della seconda Repubblica (…)”

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Giorgio Merlo

 

TFF: forse una partenza più in sordina…

…le code e i film che non si riescono a vedere: ma poi si entra nel vivo della festa!

Innanzitutto i numeri. Film a disposizione per la truppa dei cinéphiles che quotidianamente si mettono in file chilometriche, raggiungono l’agognata poltrona e si sciroppano, con gusto o con disgusto la storia di turno, per poi rimettersi in coda dopo nella migliore delle ipotesi aver agguantato un panino al bar più vicino – e il giochetto dura per l’intera giornata -, ebbene quei film per l’edizione del TFF 2017 ammontano a 169. L’anno scorso 213. Bene, dirà qualcuno, meno visioni meno impegno, meno impegno meno stress. No. Sempre meno spazi (ci hanno pure tolto le tre sale del Lux, visti gli affitti che non saranno proprio delle bazzecole e i tagli doverosi (?) al budget finale), publico che pare aumentare a vista d’occhio, code che è capitato di vedere fare il giro su se stesse, il piacere di vederti arrivare al limitare della sala ed essere respinto perché i posti erano finiti. Ma anche questo è festival.

È anche festival – di quest’anno – che si rinunci la più rigorosa sala del Lingotto per “rifugiarsi” sotto il tetto della Mole (evvia, siamo pur sempre a casa nostra, si saranno detti tutti), alla madrina agghindata a dovere o al madrino di recente scoperta e si spalmino i doveri introduttivi su quattro belle personcine che ancora adesso ti chiedi ma che ci azzecca? Vabbe’ incrociare le arti, ma di “una performance inedita che racconterà il rapporto con il cinema” prodotta dallo chef stellato Ugo Alciati, dello scrittore Luca Bianchini, del designer Chris Bangle e del musicista e produttore Max Casacci, con tutto il rispetto, ma che ce ne facciamo? Come è anche festival inaugurare con un’operina che può andare diritta al mondo variopinto dei sentimenti, che può addolcire le pene di una certa età in cerca di rivincite esistenziali ma che resta di una leggerezza troppo impalpabile e scontata per lasciare un qualche segno. Succede in Finding your feet – Ricomincio da me di Richard Loncraine che l’agiatissima Lady Sandra (Imelda Staunton, la “Vera Drake” di Mike Leigh e la balia di “Shakespeare in love”) scopra nel bel mezzo di una festa che il consorte con cui ha trascorso un’intera vita la tradisca da anni con la sua migliore amica. Detto pane al pane al fedifrago, si fionda dalla sorella Bif (Celia Imrie), spirito da sempre libero, che buttandola nella girandola della propria esistenza le fa conoscere una taumaturgica scuola di ballo, i più o meno attempati allievi, i piccoli problemi e le felicità e le giornate che non sono poi così male. Come i ragazzotti della monaca Whoopy Goldberg, anche i vegliardi parteciperanno ad un concorso, tra i cliché più scontati di una due giorni romana, per uscirne chiaramente vincitori: senza tuttavia potersi sottrarre alla tragedia, dolorosa per Sandra ma anche capace di farle compiere quel “salto di fede” che la legherà allo spirito innamorato di Charlie (Timothy Spall, l’eccellente pittore Turner, premiato a Cannes tre anni fa). A parte i quindici minuti finali pasticciati in un andare e venire di decisioni prese e cancellate, la storiella corre via prevedibilissima ma piace quel trio di facce britanniche e soci, il loro modo di recitare, l’impegno a guardare ancora una volta avanti, la sfacciataggine di prendere la vita con un bel grido d’allegria.

Da segnalare nella sezione “Festa mobile” Casting di Nicolas Wackerbarth, un dietro le quinte che vuole mostrare con uno sguardo crudele e disilluso gli inganni e le frustrazioni del mondo del teatro, che il pubblico non conosce. Nell’anniversario della scomparsa di Fassbinder, la televisione tedesca vuole realizzare il remake delle Lacrime amare di Petra von Kant, affidandone la realizzazione ad una regista sicura e inflessibile che a pochi giorni dalle riprese non ha ancora deciso quale sia l’attrice scelta cui affidare la parte. I provini si succedono ai provini, le incertezze, i litigi e gli abbandoni non si contano, il clima e i rapporti si fanno sempre più difficili, è sufficiente che un trucco venga rifiutato o un’unica battuta non soddisfi, perché si contatti un altro nome, un altro viso. Ma ad interessare non è soltanto la protagonista, a poco a poco pare rubare spazio la frustrazione dell’attore che fa da spalla nei provini alle tante candidate, quel vedersi arrivare il vero pretendente al ruolo maschile, la sfiducia verso quella regista che cancellando promesse lo accantona in un ridicolo ruolo secondario. Un mondo di insicurezze e di sottrazioni, lucidamente rappresentato e interpretato da attori per noi sconosciuti con un piglio davvero reale e concreto.

 

Elio Rabbione

 

FLASH MOB FOTOGRAFICO DEI BAMBINI PER CHIEDERE FONDI AL COMUNE

 

Questa mattina si è svolto il girotondo degli alunni per chiedere al Sindaco Chiara Appendino il ripristino dei fondi tagliati, un aumento di quelli destinati all’handicap e la puntualità del Comune nei pagamenti alle scuole

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Grande partecipazione al primo flash mob fotografico dei bambini delle scuole materne paritarie convenzionate di Torino. Dalle 9:30, infatti, in concomitanza con l’incontro della Giunta nel quale si discuteva la petizione* presentata da oltre 1.800 genitori contro i pesanti tagli previsti dall’amministrazione guidata da Chiara Appendino, nelle loro aule, alunni e insegnanti hanno manifestato vicinanza all’appuntamento in corso a Palazzo Civico attraverso un colorato girotondo. Il messaggio: “Non siamo bambini di serie B!”. Le foto e i video dei girotondi dei diversi istituti sono stati raccolti sulla pagina Facebook GeniTori Noi, piazza virtuale dove da qualche mese si sono spontaneamente raccolti migliaia di genitori torinesi contrari alla decurtazione dei fondi alle scuole dei propri figli. Nel Bilancio 2018, il Comune di Torino ha previsto, infatti, un taglio di 500.000 euro al finanziamento di 3 milioni spettante alle materne paritarie convenzionate, una sforbiciata pari al 16% che mette in difficoltà le strutture, il personale e le famiglie. A Torino, le scuole materne paritarie convenzionate svolgono un servizio essenziale perché accolgono 5.500 bambini – per i quali non c’è posto nelle altre strutture, né nelle comunali paritarie né nelle statali –, hanno tariffe imposte dal Comune, non hanno scopo di lucro e non possono, come accade invece per quelle private, determinare la retta mensile di frequenza a loro piacimento. Oggi, senza i fondi su cui hanno sempre potuto contare, queste scuole sono costrette a chiedere prestiti in banca e, soprattutto, non riescono più far fronte agli stipendi dei loro dipendenti. Molte, infatti, a causa del ritardo nell’erogazione dei fondi da parte del Comune non stanno pagando gli stipendi dal mese di agosto e i 550 dipendenti rischiano così il loro posto di lavoro. Inoltre, per trovare una soluzione alla riduzione dei finanziamenti comunali, alcuni istituti stanno chiudendo o si stanno trasformando in strutture private, mentre la maggioranza si è vista costretta ad aumentare le rette, gravando sui bilanci delle famiglie che, pur essendo contribuenti al pari delle altre, si sono trovate nuovamente svantaggiate. I genitori presenti all’incontro in Comune hanno chiesto, quindi, il ripristino per le scuole materne paritarie convenzionate dei fondi comunali pari a 3 milioni di euro ante taglio operato dalla giunta Appendino nel mese di maggio 2017, con assegnazione a parte dei fondi per handicap pari a 14.000,00 euro a bambino (cioè copertura totale fuori da fondi generici), nonché il rispetto del pagamento della rateizzazione concordata con il Comune per i contributi relativi all’anno 2016 (finora, infatti, sono state pagate dal Comune di Torino solo 7 rate delle 10 previste, mentre i fondi relativi all’anno 2017 non sono stati nemmeno ancora presi in considerazione). Infine, la delegazione dei genitori ha chiesto spiegazioni sulla disparità di trattamento che vedrebbe assegnati dal Comune oltre 50 milioni di euro alle scuole materne comunali, anch’esse paritarie, che in totale ospitano circa 7.800 bambini, a fronte di soli 3 milioni (decurtati ora del 16%) alle paritarie convenzionate (per 5.500 bambini). Perché questa differenza? I genitori lamentano che a Torino ancora esistono bambini di serie A e di serie B: in tema di diritti scolastici, infatti, non a ogni bambino vengono destinati gli stessi fondi, che però tutte le famiglie pagano attraverso le tasse, ma ad alcuni viene destinato molto, e, ad altri, viene tagliato da quel poco che gli spettava. Ecco perché anche dalle scuole si è alzato il grido: “Siamo tutti uguali!”.

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GeniTori Noi

Siamo un gruppo di genitori di bambini iscritti alle scuole materne paritarie convenzionate con il Comune di Torino. Recentemente abbiamo sentito la necessità di organizzarci e iniziare a strutturarci per far sentire la nostra voce in opposizione alla decisione del Sindaco Chiara Appendino di prevedere nel Bilancio del 2018 pesanti tagli ai fondi destinati alle nostre scuole.  Crediamo fortemente nella libertà di scelta educativa sancita dalla nostra Costituzione che all’articolo 30 afferma che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”, principio che ha ispirato la legge sulla parità scolastica 62/2000 che conferma, infatti, proprio questa libertà, stabilendo che esiste un solo sistema scolastico nazionale, in cui confluiscono istituti statali e istituti non statali paritari. La nostra posizione avversa ai tagli alle scuole materne paritarie convenzionate è fortemente condivisa in Città: lo scorso 3 maggio si è svolta anche una manifestazione pacifica sulla piazza del Comune durante la quale sono state consegnate a rappresentanti della Giunta Appendino oltre 9.500 firme, raccolte in pochi giorni, di cittadini che chiedevano, come noi, la sospensione del provvedimento.  La piazza sulla quale ci ritroviamo per confrontarci e informarci reciprocamente è la nostra pagina Facebook GeniTori Noi https://www.facebook.com/1genitorinoi/

Jessica Casula, in musica e in amore “Meglio sola”

Il terzo album di un’artista pop-rock fra le più apprezzate della scena musicale romana. Nel disco pubblicato da ‘Egea Music’ autori famosi da Bobby Solo, ai Rocks alla coppia Valerio Liboni-Guido Guglielminetti,  e un appassionato omaggio al ricordo di Sergio Endrigo. Nel variegato panorama delle quote rosa del pop-rock italiane, c’è un nome che merita un posto di tutto rispetto. E’ quello di Jessica Casùla, promettente artista romana, divenuta nota al grande pubblico per essersi meritatamente aggiudicata la vittoria, su ben 3000 concorrenti, sull’ambito palco di ‘Sanremo New Talent 2017’ a Casa Sanremo – Palafiori. Un traguardo tagliato grazie alla convincente interpretazione di ‘Sono Libera’, il suo nuovo singolo scritto e prodotto da Valerio Liboni, music-maker e produttore già al fianco di artisti quali Fiorella Mannoia, Donatella Rettore, gli O.R.O., New Trolls, Umberto Tozzi e molti altri, nonché storico batterista e leader de ‘I Nuovi Angeli’, celebre gruppo pop-beat della musica italiana. L’inedito – che si piazza subito al quarto posto nella classifica degli artisti emergenti dei principali sistemi di media-monitoring radiofonici – vede gli arrangiamenti di Fabio Lisi, basista, chitarrista, autore e producer tra i più richiesti della nuova scena musicale romana (al suo attivo, tra i tanti, felici collaborazioni con Massimo Mastrangelo, paroliere di Alex Britti, Paola Turci, Alberto Zeppieri, Gino Santercole, Marco Anzovino e gli Sugarfree: nel 1995 vince il ‘Festival degli Autori’ di Sanremo). ‘Sono Libera’ è la canzone che fa da apripista a ‘Meglio Sola’, terzo album di Jessica Casùla, uscito per la prestigiosa etichetta indipendente ‘Incipit Records/Egea Music’, per la quale incidono, fra gli altri, artisti quali Sergio Cammariere, Fabio Concato, Gino Paoli.

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“Un disco che segna una decisa svolta nella produzione dell’artista, per via di un sottile ed efficace equilibrio che lega armoniosamente tra di loro energia e intensità, delicatezza ed espressione, intimismo e potenza: tutte caratteristiche tenute insieme da una vocalità appassionata, che coniuga in sé, rielaborandoli con originalità e disincanto attraverso il filtro di una sensibilità non comune, gli stimoli migliori di artiste di primo piano quali, in primis, le sorelle Bertè, Gianna Nannini e la freschezza dei tempi d’oro di Irene Grandi”, ha scritto su di lei il critico musicale Maurizio Scandurra. In tutto 12 brani che scorrono coerenti e vivaci tra loro e portano la firma, oltre al già citato e stimato Valerio Liboni, anche di musicisti prestigiosi quali Aldo Valente (già al fianco di Mariella Nava e Paolo Vallesi), Guido Guglielminetti (già bassista e produttore di Francesco De Gregori e Ivano Fossati, con cui scrisse per Anna Oxa l’intramontabile ‘Un’emozione da poco’), Bobby Solo (autore della convincente ‘Non m’intendo di politica’) e i Rocks (storica band inglese che firma l’intensa ‘Io non ci sto’), ed Ernesto Ausilio, paroliere raffinato formatosi al CET di Mogol. Un disco che parla d’amore in maniera inedita, senza luoghi comuni né tantomeno metafore scontate, con la schiettezza che contraddistingue la persona e la musica di Jessica Casùla. Che, nel proprio curriculum, annovera svariate esperienze di pregio. Prima fra tutte, una serie di fortunate partecipazioni in tv al ‘Roxy Bar’, con un entusiasta Red Ronnie che, nel coso della trasmissione, la mise in contatto via skype addirittura con Caterina Caselli: “Mi suggerì, dopo avermi ascoltata, di provare a far mio qualche grande classico del passato. Nacque così ‘Io che amo solo te’, il mio omaggio all’arte di Sergio Endrigo, incluso quale bonus track in ‘Meglio Sola’. Si fece spazio in radio, fu la chiave di volta con cui iniziare a conoscere i professionisti oggi al mio fianco, che mi vollero incontrare proprio grazie a quel brano. Ringrazio Caterina anche per questo”.

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Jessica ha parole d’affetto anche per Fausto Mesolella, “chitarrista, compositore e anima degli Avion Travel, scomparso nel 2017. Lo incontrai sempre da Red Ronnie, si complimentò con me per il mio stile vocale e l’energia della mia band. Lo ringrazio anche per avermi fatto dono, nel mio secondo album, delle sue magiche chitarre nel brano ‘Pensiero Stupendo’, rivisitazione rock a due voci con la virtuosa Iskra Menarini – l’unica vera compagna di viaggio e di note di Lucio Dalla – del capolavoro della divina Patty Pravo”. Il primo EP di Jessica Casùla, invece, risale al 2013, e contiene 4 brani inediti prodotti dagli Sugarfree, tra i gruppi italiani più noti e amati degli anni 2000. A esso fa seguito ‘Do ut Jes’ (curioso gioco di parole tra latino e soprannome dell’Artista), che sigla l’avvio di una proficua collaborazione con la sua attuale etichetta ‘Egea Music’, cui l’artista approda proprio in seguito all’ottima rotazione radiofonica della cover di Sergio Endrigo. Jessica Casùla è anche partner ufficiale dell’Osservatorio Nazionale contro il Cyberbullismo e Doping: la sua canzone “Levami quel nome di dosso” ha collezionato in breve oltre 500.000 visualizzazioni sul profilo Facebook dell’artista. Apprezzata performer anche sul palcoscenico, Finalista nel 2016 al Festival di Castrocaro, a partire dal 2015 apre alcuni concerti di Jack Savoretti, Giovanni Caccamo, Moreno, Gemelli Diversi e Stefano D’Orazio dei Vernice, oltre a essere invitata quale special guest in eventi culturali di primo piano quali il ‘Festival di Potenza’.

Sito web: www.jessicacasula.it

Juve e Toro: parlano Allegri e Cairo

JUVENTUS CROTONE  3-0

Mister Allegri è soddisfatto: “La pazienza e l’attenzione che abbiamo avuto  serviranno anche per sbloccare partite più complesse”. Così parla della sua Juve nell’ormai tradizionale  tweet del dopo partita. Nel primo tempo  il Crotone ha tenuto duro in difesa ma nella ripresa i bianconeri hanno sbloccato l’incontro con un colpo di testa di Mandzukic e chiuso 3-0 con le reti di De Sciglio e Benatia. Venerdì il match con la capolista Napoli.

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MILAN TORINO 0-0

Il presidente granata Urbano Cairo esterna ai microfoni di Radio Anch’io sport: ”Donnarumma ha fatto un mezzo miracolo ma giusto un pareggio  a San Siro. Mi aspettavo un paio di punti in più come con il Verona e con il Chievo. Avremmo potuto avere almeno quattro punti in più, ma il campionato è lungo”.

Nasce EDIT. Protagonisti il gusto e la condivisione

Taglio del nastro per EDIT. È nato a Torino un nuovo e rivoluzionario punto di riferimento nel panorama gastronomico, dal respiro internazionale in linea con i trend attuali del co-working e della sharing economy. Acronimo di Eat Drink Innovative Together, EDIT è il risultato di un lavoro architettonico “sartoriale” durato due anni per trasformare un edificio industriale di 2400 mq di due piani in un concept dedicato al food & beverage, che coniuga i culinary incubator americani con le eccellenze della cucina italiana. Lo studio torinese di architettura e design Lamatilde ha dato vita a questo format innovativo ideato da Marco Brignone. EDIT offre un’esperienza interattiva a 360°, dove il pubblico può decidere se essere protagonista, mettendosi alla prova in cucina, o nella produzione della birra o accogliere le proposte dei grandi chef, mastri birrai e bartenders professionisti che curano le cinque aree principali. Nell’area Bakery Cafè e Pub troviamo Pietro Leemann e Renato Bosco, il primo tra i più rinomati chef vegetariani al mondo, il secondo maestro indiscusso della pizza e dell’arte della panificazione; i Costardi Bros., chef stellati piemontesi che mescolano tradizione e innovazione nell’area Ristorante; il Brewery è il birrificio urbano punto d’incontro tra appassionati della birra e mastri birrai; nel Cocktail Bar incontriamo i fuoriclasse del “mixology”, i bartenders del Barz8 esperti alchimisti del cocktail. Comune denominatore di queste cinque aree è la condivisione sotto diverse forme: condivisione di strumenti, di momenti, di esperienze, di idee. La Bakery ad esempio offre soluzioni per ospitare riunioni di lavoro mentre al piano superiore si trovano quattro “cucine condivise”, spazi dotati di attrezzature professionali ideati sia come supporto per start up di piccole società di catering, sia per eventi aziendali e show cooking. EDIT rappresenta inoltre un unicum per le attrezzature create ad hoc e il design degli interni. Ne sono degli esempi il bancone della Brewery, il più imponente mai prodotto in Italia con i suoi 25 metri di lunghezza; le finiture brutaliste che sottolineano il carattere industriale della struttura con cementizi in bellavista in tutte le declinazioni, l’acciaio grezzo, acidato, zincato, il tutto addolcito dalle superfici in legno di rovere, dai tessuti scamosciati, dai velluti e dalla vegetazione sospesa che creano un’atmosfera intima e accogliente; la cucina atelier con i suoi ventidue posti a sedere è uno dei più ampi chef table a livello internazionale; il reticolo sospeso custom made dell’illuminazione con settanta terminali Led riproduce un’atmosfera soft da locale in stile newyorchese. “Siamo orgogliosi di inaugurare un progetto così unico e diverso da ogni altro nato quasi casualmente”, commenta Marco Brignone, Presidente di EDIT. “Siamo riusciti, grazie al contributo di quella che è diventata nel tempo una vera e propria famiglia di professionisti e appassionati, a immaginare una situazione innovativa e ben strutturata adatta a poter accompagnare le più avanzate tendenze internazionali nel settore del food & beverage e capace di dare risposte alle tante richieste ancora aperte in un settore in grande espansione.”

 

Giuliana Prestipino

Il ’67 cinquant’ anni dopo: “E io difendo Mario Allara”

di Pier Franco Quaglieni

Ma ci furono anche professori che non subirono. Giovanni Getto (grande italianista che aveva anche alcune fisse curiose) chiese l’intervento della Polizia denunciando l’interruzione di un pubblico servizio, quando gli venne impedito di tenere la sua lezione


Lunedì’ 27 novembre 1967-esattamente cinquant’anni fa- ebbe inizio a Palazzo Campana ,sede delle Facoltà umanistiche, la contestazione con l’occupazione da parte di un gruppetto di studenti nell’aula magna di via principe Amedeo. Nessuno colse l’importanza del fatto relegato in un articoletto delle cronache locali. Ricordo che nel dicembre dello stesso anno si tenne al teatro Carignano un convegno liberale importante e nessuno -parliamo di personalità come Firpo, Ricossa, Passerin d’Entrèves- fece cenno a quanto accaduto pochi giorni prima. Per altri versi, già in altre università straniere si era saggiato il clima contestativo che stava montando. Pannunzio che chiuse il suo giornale nel 1966,vedendo conclusa un’esperienza, colse perfettamente il senso di ciò che stava accadendo nelle università e ne colse il significato eversivo e profondamente illiberale. Pannunzio sentì quei giorni tra ’67 e ’68 -morì nel febbraio del 1968 e si fece seppellire, lui laico con i “Promessi sposi” di Manzoni che i contestatori avrebbero volentieri bruciato -come un’ubriacatura prodotta dalle ideologie superbe  e totalizzanti del secolo breve. In effetti ciò che accadde a Torino con l’occupazione porterà ad un ’68 molto lungo che in parte è arrivato a lambire i nostri tempi. Ci fu allora la resa all’illegalità, al ribellismo, al rifiuto del rigore negli studi, all’utopia egualitaria, all’ arbitrio trasgressivo e  autoreferenziale più assoluto. E’ vero che allora la scuola e l’Università in Italia  erano severe e selettive, ma esse sfornavano giovani preparati, perché in prevalenza  “capaci” e “meritevoli” ,come sanciva la Costituzione. La battaglia per il rinnovamento divenne subito la battaglia per la parità tra docente e discente, l’abolizione della valutazione, il superamento dei piani di studi. L’autogestione fu la parola magica che risuonò a Palazzo Campana.

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Alcuni contestatori come Luigi Bobbio che provenivano da famiglie colte, non subirono danni dal blocco delle lezioni. Vittorio Rieser e Anna Bravo erano già laureati e potevano anche  permettersi il lusso di occupare. Il danno, di fatto la perdita di un anno accademico, colpì invece la grande maggioranza degli studenti. Soprattutto i meno abbienti e gli studenti itineranti furono molto danneggiati perché le lezioni ripresero quasi regolarmente solo nel 1969. Se posso citare il mio esempio personale, l’anno perso tra il ’67 e il ’68 non riuscii più a recuperarlo , malgrado abbia poi dato dodici esami in sei mesi per rimettermi in pari. Devo dire, onestamente, che quei dodici esami in pochissimo tempo furono possibili perché le maglie della valutazione in tante discipline erano state allargate in seguito alla contestazione e alla paura indotta in tanti docenti che si arresero senza combattere. Ma ci furono anche professori che non subirono. Giovanni Getto (grande italianista che aveva anche alcune fisse curiose) chiese l’intervento della Polizia, denunciando l’interruzione di un pubblico servizio, quando gli venne impedito di tenere la sua lezione. Gli scrissi un bigliettino di solidarietà a cui il maestro rispose con una letterina molto gentile. Con ogni probabilità fui l’unico a scrivergli. L’allora Sindaco di Torino Giuseppe Grosso ,giurista di altissimo livello, non cedette al facilismo preteso a gran voce dai contestatori. Il rettore Mario Allara combattè a viso aperto la battaglia per difendere l’Università. Venne sbeffeggiato e insultato: Viale lo definì un imbecille e un tormentatore di studenti. Allara era un uomo straordinario che imponeva agli altri la stessa severità che imponeva a sé stesso. Avevo il senso di un dovere kantiano che pochi ebbero la capacità di comprendere.  Gli storici Aldo Garosci  e Franco Venturi  non si arresero. Alcuni forse erano baroni un po’ troppo severi, ma una parte dei contestatori divennero dei baronetti destinati a loro volta di diventare baroni. La maggioranza dei professori preferì apparire progressista e democratico, calando le brache. Non solo nell’Università ,ma anche nelle scuole superiori dove il preside del “Cavour” Luigi Vigliani venne definito fascista solo perché voleva ripristinare l’ordine nel suo istituto.

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Un esempio negativo per eccellenza fu quello di Guido Quazza che sostenne che nella contestazione c’era la continuazione della Resistenza tradita. Una affermazione che uno storico come lui non avrebbe potuto sostenere perché falsificava la verità storica. Così finì di legittimare anche la violenza, assumendosi una gravissima responsabilità.  Non sarebbe giusto vedere nei contestatori di 50 anni fa degli scansafatiche che produssero solo guasti  senza pagare prezzi,anzi costruendo molte carriere di successo. Ha ragione Giovanni De Luna nel difendere le ragioni di chi come lui scelse la via della contestazione.
Ma, se è vero che in quelle giornate di novembre del 1967 si posero tanti problemi ,è altrettanto vero che non arrivarono proposte e  soluzioni praticabili. Prevalse la provocazione fine a sè stessa e quindi sterile.
Anzi, dalla contestazione studentesca si passò ben preso all’idea della rivoluzione e dell’operaismo, trascurando i problemi della scuola. In quel momento venne anche fuori uno degli aspetti positivi della contestazione che portò ad una liberalizzazione del sesso che portò ad un superamento di una visione stantia e superata del rapporto  tra uomini e donne, anche se le contestatrici furono più addette al ciclostile che alla discussione politica nelle assemblee. Forse, però, il superamento del bigottismo sessuale ci sarebbe stato anche senza il ’68,magari in tempi più lenti, perché certe arretratezze italiane si stavano superando. Io ricordo che le stesse ragazze che nell’estate del ’67 non erano disponibili a rapporti sessuali completi, come si diceva allora, nell’estate dell’anno successivo si resero pienamente disponibili, per non apparire “retrograde”, al sesso. Lo Stato italiano cedette alla contestazione ,i ministri della Repubblica furono vili e Fiorentino Sullo agli esami di Maturità del ’69 fece una riforma ,destinata a restare in vigore per decine d’anni, che rese una burletta un esame che segnava il passaggio da un’età all’altra delle vita dei giovani. Solo Giorgio Amendola ebbe il coraggio di difendere l’esame di Maturità selettivo, passaggio da superare per prepararsi alle ben più dure  prove che la vita avrebbe riservato. Il Pci cavalcò la contestazione finché pensò che gli fosse utile, salvo poi essere a sua volta contestato. Io passai le domeniche in tutta la primavera -estate precedente alla Maturità  a studiare la “Divina Commedia” , servendomi di più commenti. E non ero certo un “secchione”, né un allievo modello, ma lo sforzo finale diventava una scelta obbligata.

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Anche docenti considerati progressisti come il latinista Vincenzo Ciaffi vennero svillaneggiati.
Con un qualche stupore ho letto che Luigi Rossi di Montelera che non vidi mai in prima fila nel fronteggiare la contestazione,oggi si vanta di aver capeggiato gli studenti che volevano la ripresa delle lezioni.Ad onor del vero, a combattere quella battaglia che coniugava il rinnovamento del studi con la loro serietà fu solo “Riforma democratica universitaria” che già nel nome indicava la strada non della negazione di per sé ,ma della proposta. E non posso dimenticare di aver trovato nel rettore Allara, ancora oggi definito “odiato”, un interlocutore che mi ricevette nel suo studio di via Po e mi intrattenne oltre un’ora a parlare.Se si vuole ricostruire la storia di quelle giornate  “formidabili”, per usare un aggettivo caro a Mario Capanna ( che fu leader della contestazione milanese ed oggi rivendica il vitalizio parlamentare ) bisogna andare oltre le celebrazioni ed i miti , oltre, ovviamente le demonizzazioni aprioristiche. Chi continua ad autocelebrarsi dopo 50 anni non contribuisce a storicizzare quel periodo che, non dimentichiamolo mai, fu il brodo di coltura in cui nacquero i movimenti estremisti di “Lotta continua” e di “Potere operaio”. Da quei movimenti a cui parteciparono i contestatori torinesi di 50 anni fa ,nacque l’omicidio del commissario Luigi Calabresi  e il terrorismo  che insanguinò Torino. Proprio negli stessi giorni di novembre di dieci anni dopo Carlo Casalegno ,colpito a morte sotto casa, era  agonizzante all’Ospedale Molinette e si spense il 29 novembre 1977. Tra le date dell’inizio della contestazione e la data della uccisione di Casalegno  ci sono dieci anni in cui l’Italia venne sconvolta, ma non rinnovata.
All’eskimo e ai jeans della contestazione io continuo a preferire ,senza incertezze, le grisaglie doppio petto di Pannunzio che-riconobbe Alberto Arbasino-erano il simbolo di una civiltà fondata sulla democrazia, sulla libertà e sulla tolleranza che la contestazione cancellò, sbandierando slogan ad effetto, vedendo in Che Guevara e in Mao i nuovi “idola fori” a cui inneggiare. Giustamente Bacone li considerava dei pregiudizi della mente e in effetti lo furono. Gran parte degli intellettuali si unì al coro della contestazione. Solo pochi isolati come Ceronetti, Montale, Prezzolini, Casalegno, Romeo, Luraghi, Spadolini, Valiani, Montanelli non si unirono al coro. La gran maggioranza firmò addirittura l’infame manifesto che decise l’uccisione di Calabresi e solo pochi si pentirono di averlo fatto.

La settimana inizia con il blocco auto fino a Euro 5. Ma lo smog dovrebbe diminuire

Da domenica,  a Torino è scattato  il divieto di circolazione per i veicoli diesel fino a Euro 5, oltre che per  per quelli a benzina, gpl e metano Euro 0. L’aumento del tasso di pm10 ha fatto decidere alla giunta comunale di inasprire le misure anti-smog. Il blocco del traffico è in vigore dalle 8 alle 19 per i veicoli adibiti al trasporto persone. Invece dalle 8:30 alle 15 e dalle 17 alle 19 non potranno circolare quelli adibiti al trasporto merci (gpl/metano possono circolare). Ieri nella zona centrale Ztl, per la domenica ecologica,  il blocca ha riguardato tutti i mezzi di trasporto privati dalle 10 alle 18. Poiché il livello delle Pm10, nei giorni scorsi, ha doppiato i limiti di legge, anche se secondo l’Arpa, è probabile che i valori tornino nella norma, al momento l’amministrazione comunale conferma il blocco delle auto diesel fino all’Euro 5 anche per la giornata di lunedì 27 novembre.

PARTE DA TORINO #CONIBAMBINI – TUTTA UN’ALTRA STORIA, PER LA LOTTA ALLA POVERTÀ EDUCATIVA MINORILE

E’ la manifestazione nazionale itinerante #Conibambini – Tutta un’altra storia, per incontrare e ascoltare i ragazzi, le scuole, le associazioni, le fondazioni e in generale le “comunità educanti” di Italia

La tappa torinese, con i ragazzi delle scuole piemontesi, si svolgerà al Teatro Nuovo di Torino(C.so Massimo D’Azeglio 17), dalle 10.30 alle 12.00. L’evento è promosso da Con i Bambini,Compagnia di San PaoloFondazione CRTFondazione CRC, in collaborazione con l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte.

 

Un evento che metterà al centro gli adolescenti attraverso il racconto e la condivisione di esperienze, mostrando come i limiti imposti da condizioni svantaggiate possano, talvolta, trasformarsi in opportunità.

 

L’obiettivo è infatti quello di condividere idee e buone pratiche, far emergere le criticità e i bisogni di quella generazione talmente liquida da sembrare invisibile. Si parte dall’utilizzo di tre parole chiave (povertà educativa minorile, periferie e comunità educante) che potrebbero cambiare il presente e il futuro di molti bambini e ragazzi, costretti a vivere in situazioni di marginalità, mancanza di opportunità e accesso, in contesti di povertà dove la comunità educante, adeguatamente sostenuta, può offrire risposte concrete per il futuro dei giovani e del Paese. 

 

A raccontare le proprie storie saranno Alessandro (Laureando in Scienze Motorie, Università degli Studi di Torino), Maria (studentessa del Politecnico di Torino), Ivana (Studentessa di Diritti Umani ed Internazionali, Università degli Studi di Torino), Esa (Direttore dell’Orchestra Pequenas Huellas di Torino).

Con loro: Oney Tapia (Campione Paraolimpico Rio 2016); Loredana Errore (cantante); Luigi Mastrangelo (Campione di pallavolo); Gianpaolo Anastasi (Educatore parkour – Tor Bella Monaca – Roma).

 

Sui temi della campagna interverranno: Carlo Borgomeo (Presidente di Con i Bambini);Giovanni Quaglia (Presidente Fondazione CRT e Presidente dell’Associazione delle Fondazioni di Origine bancaria del Piemonte); Francesco Profumo (Presidente Compagnia di San Paolo);Giandomenico Genta (Presidente Fondazione CRC). A condurre l’evento l’incontro sarà Celeste Savino (Rai Gulp).

 

La campagna rientra nelle iniziative di comunicazione sociale del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, ed è promossa da Con i Bambini, soggetto attuatore del Fondo: attraverserà il paese da Nord a Sud, incontrando i ragazzi e le comunità educanti dei territori (scuola, famiglia, terzo settore, fondazioni, enti locali, università, ecc.), per ascoltarli e condividere con loro idee e buone pratiche di alleanze educative e di contrasto alla povertà educativa minorile.

 

Nei prossimi mesi la manifestazione farà tappa a Reggio Emilia, Milano, Napoli, Brindisi, Catania e si concluderà nella prossima primavera a Roma, data in cui le storie raccolte durante la campagna verranno simbolicamente consegnati alle istituzioni

Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile nasce da un’intesa tra le Fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, il Forum Nazionale del Terzo Settore e il Governo. Sostiene interventi finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori. Per attuare i programmi del Fondo – la cui dotazione è di 360 milioni di euro per tre anni – a giugno 2016 è nata l’impresa sociale Con i Bambini, organizzazione senza scopo di lucro interamente partecipata dalla Fondazione CON IL SUD. In poco più di un anno sono stati pubblicati tre bandi e approvati i primi 80 progetti relativi alla fascia di età 0-6 anni.

Info su www.conibambini.org

Vieni a ballare a Ogr Torino?

Partita dalla Francia e approdata poi in Spagna, arriva finalmente anche in Italia, alle OGR di Torino, la Festa della danza: il format dedicato al ballo,ideato e voluto dalla celebre ballerina e coreografa internazionale Blanca Li, che si terrà il 16 e 17 dicembre 2017. Il claim scelto per questa prima edizione italiana è “Vieni a ballare?”,ed esprime appienoil significato dell’evento: una grande festa collettiva aperta a tutti, in cui chiunque potrà provare una o più delle tante discipline artistiche presentate, originarie di tutto il mondo, antiche e moderne, conosciute e non. Chi sa che cos’è il Balboa? Quanti hanno provato l’electro dance o la pizzica? Il flamenco vi ha sempre affascinato? Questa è l’occasione per avvicinarsi a questi balli, apprendendo i primi rudimenti, provando i passi principali, divertendosi insieme.

ARRIVA IN ITALIA LA FESTA DELLA DANZA
DELLA 
BALLERINA E COREOGRAFA INTERNAZIONALE BLANCA LI

Dopo Parigi e Madrid, approda per la prima volta nel nostro Paese, grazie a OGR, il grande format dedicato alla danza aperto a tutti, in cui conoscere e sperimentare decine di balli di tutto il mondo.

 

 

Motore della Festa della danza è l’artista internazionale Blanca Li, ballerina, coreografa e attrice, conosciuta per le coreografie apprezzate nei più importanti festival internazionali oltre che per il suo lavoro a fianco di Beyoncé e Pedro Almodovar e per le sue incursioni nel mondo della moda per Jean Paul Gaultier e Stella McCartney.

La festa nasce dall’idea di rivolgersi al grande pubblico valorizzando la danza in tutti i suoi aspetti: il ballo rappresenta una delle forme più antiche di espressione dell’uomo e, tutt’oggi, può essere un’occasione di incontro e partecipazione, di scoperta culturale,nonché di attività fisica sana e alla portata di tutti.

La due-giorni, condotta direttamente da Blanca Li, sarà strutturata in fasce orarie (10-15 e 16-20) durante le quali saranno proposti differenti stili, con lezioni dal vivo condotte da maestri di ballo provenienti da scuole accreditate. Nello stesso tempo, presso le otto postazioni video collocate nell’area Fucine di OGR, sarà possibile cimentarsi autonomamente alla scoperta di altre sedici discipline, differenti da quelle presentate live. A tutto questo si aggiungeranno le esibizioni realizzate sul palco centrale, che permetteranno di “assaggiare” i vari stili della festa. All’interno di ogni fascia oraria,il pubblico potrà provare una o più danze, senza limiti di numero o di prove.

Programma differente per il sabato sera, dedicato al tango: le OGR si trasformeranno in una suggestiva milonga, animata dalle lezioni dei maestri, cui seguirà il ballo libero, per apprendisti e non.

La Festa della danza è promossa da OGR Officine Grandi Riparazioni in collaborazione con TPE – Teatro Piemonte Europa, che con Blanca Li ha già collaborato in precedenti occasioni artistiche.

 “La Fête de la dansea Torino è un invito a viaggiare nel vasto mondo della danza, un appuntamento interattivo, popolare e di festa. La sua straordinaria diversità compone una

ricchezza artistica e umana unica, fonte di incontri tra le persone. Balli da sala, danze di strada, danze tradizionali, danze classiche o contemporanee sono offerte alla scoperta del pubblico in uno stesso slancio di apertura e spontaneità. La Fête de la danseè pensata perché ognuno – genitori e bambini, gruppi di amici, giovani e persone anziane – possano divertirsi, scoprire o semplicemente imparare a danzare, da soli o con gli altri. Le installazioni, i corsi e le performance sono da vivere in modo libero e immaginifico” racconta Blanca Li, ideatrice della Fête de la danse.

Massimo Lapucci, Direttore Generale delle OGR, afferma: “Le OGR della cultura contemporanea accolgono una nuova stella internazionale come Blanca Li e la sua Festa della Danza: un progetto-evento che arriva per la prima volta in Italia, proprio a Torino nelle OGR, in un processo di ‘contaminazione’ tra eccellenza e giovani talenti, affermati ed emergenti. Le nuove Officine sono innanzitutto un laboratorio di innovazione, dove si sperimenta e si produce ogni forma di creatività: un luogo dinamico, di aggregazione, capace di attrarre pubblici sempre più ampi e trasversali”.

“La Festa della Danza non è solo un momento di celebrazione di una disciplina affascinante — il ballo, in tutte le sue forme. E’ una festa collettiva, un momento di aggregazione per pubblici diversi, per professionisti, appassionati o semplici curiosi; un’occasione per ritrovarsi in un contesto unico come quello delle OGR e diventare parte di un’opera d’arte vivente, pubblica e corale, fatta di corpi in movimento, linguaggi diversi e sonorità provenienti da tutto il mondo”dichiara Nicola Ricciardi, direttore artistico della OGR.