A confronto le 10 professioni qualificate maggiormente in crisi hanno bruciato 180 mila unità di lavoro. Ma per i profili altamente qualificati si va affermando sempre di più l’attività autonoma con partita Iva, compresi i liberi professionisti iscritti in ordini e collegi
Presentata al Festival del Lavoro l’indagine dell’Osservatorio statistico dei Consulenti del Lavoro che svela i 10 profili professionali
L’impatto della tecnologia digitale sul lavoro non avrà effetti devastanti sull’occupazione. Semmai comporterà la necessità per tutti i lavoratori di adeguare, e anche velocemente, le proprie competenze. Se è vero infatti che molti lavori si avviano a scomparire per effetto dell’automazione dei processi produttivi è altrettanto vero che ne sono nati di nuovi. Al Festival del Lavoro, inaugurato ieri al Lingotto Fiere di Torino, l’Osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro ha realizzato una indagine comparata dei dati del volume di lavoro attivato negli ultimi cinque anni e dei risultati delle maggiori ricerche su questo tema, che traducono le informazioni sui cambiamenti del lavoro in termini di competenze e di figure professionali in calo ed in aumento. Si scopre così che nel periodo 2012-2016 il saldo delle prime 10 professioni altamente qualificate (c.d. “vincenti”) più richieste dalle imprese è di +141,6 mila dipendenti. A confronto le prime 10 professioni altamente qualificate e che, nello stesso periodo, sono entrate in crisi (c.d. “perdenti”) hanno bruciato 180 mila posti di lavoro. Per completezza di ragionamento, vale la pena ricordare che in questo segmento di specializzazione, nel quinquennio di riferimento, si è affermata una modalità di lavoro autonoma che amplia il numero di figure professionali c.d. “vincenti”. La ricerca dell’Osservatorio statistico dei Consulenti del Lavoro si basa su un nuovo metodo di indagine – diviso per altamente, mediamente e non qualificate – che analizza le “unità di lavoro attivate” (Ulat) e le confronta con le “unità di lavoro cessate” (Ulac) attraverso un sistema di navigazione telematica (su www.consulentidellavoro.it) in grado di mettere in evidenza quali profili sono più ricercati in una determinata regione e quali quelli più in crisi. Si scopre così, per esempio, che alcune regioni del Sud (Sicilia, Puglia e Sardegna) si caratterizzano per una vocazione nelle professioni sanitarie riabilitative mentre in Toscana crescono i tecnici del marketing (+1,6 mila) e scendono i bancari (-2,7 mila). Restando nel segmento dell’alta qualificazione – che maggiormente interessano il campo di indagine dell’ottava edizione del Festival del Lavoro – la Lombardia si distingue per la crescita degli analisti e progettisti di software (+10,2 mila) e per la crisi dei segretari amministrativi (-8,2 mila).
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A livello nazionale, l’indagine dell’Osservatorio stila la classifica nazionale delle prime 10 professioni “vincenti” e “perdenti”. Andando a vedere quali sono i profili altamente qualificati più richiesti dalle imprese in questi anni troviamo al primo posto gli analisti e progettisti di software (+22,9 mila); a seguire: i disegnatori industriali (+20,4 mila), le professioni sanitarie riabilitative (+18,9 mila), i tecnici programmatori (+14,1 mila), i tecnici esperti in applicazioni (+13,8 mila), i maestri d’asilo (+12,5 mila), i tecnici del reinserimento e dell’integrazione sociale (+11,8 mila), gli specialisti nell’educazione dei soggetti diversamente abili (+9,6 mila), i tecnici del marketing (+9,4 mila) e gli specialisti nei rapporti con il mercato (+8,1 mila). Restando nello stesso segmento delle alte qualifiche, le professioni più in crisi come dipendenti delle imprese private sono i segretari amministrativi, archivisti e tecnici degli affari generali (-42,4 mila). Seguono i contabili (-30,9 mila), i tecnici statistici (-25,4 mila), i tecnici del lavoro bancario (-16 mila), i tecnici gestori di reti e sistemi telematici (-15,2 mila), gli istruttori di tecniche in campo artistico (-13,8 mila), i tecnici per la trasmissione radio-televisiva e per le telecomunicazioni (-10,9 mila), i ricercatori e tecnici laureati nelle scienze della vita e della salute (-9,8 mila), gli istruttori in discipline sportive (-8,8 mila) e infine i tecnici del trasferimento e del trattamento delle informazioni (-6,9 mila).
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L’Osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro ha preso in considerazione la domanda di lavoro in Italia negli ultimi cinque anni, considerando i dati reali delle comunicazioni obbligatorie delle imprese (che specificano la condizione professionale richiesta), e ha pubblicato un rapporto sull’impatto della quarta rivoluzione industriale sulle professioni. La ricerca permette di leggere e capire quale sia il reale impatto del processo di innovazione tecnologica sul mercato del lavoro italiano. Il rapporto mostra come il processo di automazione del lavoro produca effetti anche in Italia e determini la riduzione della domanda di alcune specifiche competenze, ma al tempo stesso generi la crescita della domanda di altre figure professionali, che non sempre sono disponibili sul mercato. Oltre all’impatto in termini quantitativi, la ricerca offre indicazioni concrete rispetto all’evoluzione della domanda di lavoro e di come l’introduzione delle nuove tecnologie digitali contribuisca a cambiare il mercato del lavoro introducendo nuovi “stili di lavoro” e competenze trasversali. Dall’analisi dell’Osservatorio si può capire come il fattore del cambiamento sia influenzato, ma non determinato in via esclusiva, dall’innovazione tecnologica, che costituisce un aspetto importante, ma che va considerato insieme ad altri fenomeni, come il ruolo dei mercati globali, la produttività, il costo del lavoro, l’ambiente ed i processi di riorganizzazione dei sistemi produttivi.
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L’Osservatorio spiega anche cosa renda “vincente” oggi una professione. I maggiori fattori di successo delle professioni sono legati a capacità che non possono essere sostituite dalle macchine e che rispondono alla domanda di personalizzazione dei servizi, come la persistenza in presenza d’ostacoli, la capacità di usare internet e in particolare la posta elettronica oppure la creatività e l’originalità nella progettazione e nell’individuare soluzioni. La capacità del personale di non fermarsi di fronte alla prima difficoltà e di persistere nella ricerca e nell’individuazione di una soluzione sono qualità decisive per un’azienda di successo. È infatti questa una capacità molto importante per ben 28 professioni “vincenti” tra le quali quelle di specialisti nei rapporti con il mercato, tecnici di gestione dei fattori produttivi, professori, fisioterapisti, programmatori, personale addetto a compiti di controllo e verifica, ma anche assistenti sociosanitari che assistono disabili e badanti. Il fattore dell’intelligenza emotiva è una competenza trasversale oggi molto importante e viene valutato come determinante per quasi l’82% di chi svolge le 50 professioni vincenti: la capacità di relazione, il problem solving e l’adattabilità sono fattori decisivi. Un altro aspetto rilevante, che riguarda il 44% di chi svolge le 50 professioni vincenti, è la creatività e l’originalità sia di progettare nuovi servizi e prodotti sia di far fronte ai problemi che emergono dal lavoro, mentre queste qualità non sono richieste al restante 56%, costituito esclusivamente da unità di lavoro che esercitano professioni mediamente non qualificate.
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La competitività nell’ambiente di lavoro è una caratteristica abbastanza marginale per le professioni vincenti: solo il 28,4% delle unità di lavoro la ritiene importante. La competizione spinta è stata considerata per secoli la vera anima del lavoro, oggi invece la partecipazione collaborativa dei lavoratori è la chiave del successo dell’impresa. Il rapporto dell’Osservatorio conferma questo fenomeno: al lavoratore del futuro è richiesta la capacità di lavorare in gruppo e di valorizzare l’apporto dei colleghi, non la competitività con i colleghi. Il rapporto evidenzia quindi come il cambiamento in corso possa determinare nuove opportunità se si mettono in campo politiche in grado di innescare il ciclo virtuoso che dal capitale umano genera innovazione, produttività ed aumento della domanda. Costituiscono un ostacolo all’attivazione di questo ciclo di sviluppo del lavoro gli inadeguati investimenti in innovazione, ricerca, sviluppo, formazione continua e welfare aziendale.
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