AVVISTAMENTI di effevi
Vedo con incredulità esposto in bella vista, ai giardini Sambuy davanti alla stazione di Porta Nuova, quello che una volta era un tricolore italiano. Era, perché il bianco non c’è più, e il resto è tutto sbrindellato: quella che era una bandiera oggi è uno straccio neanche buono per i pavimenti.
Lo stendardo crivellato da colpi e schegge, nell’iconografia occidentale, è una presenza fissa nei quadri di battaglie. All’occhio dei contemporanei era un segnale immediato dell’esito finale: o una eroica vittoria di stretta misura contro un nemico preponderante, o una gloriosa sconfitta; si veda il manifesto del film “Giarabub” del 1942, cui prese parte Alberto Sordi, un film di regime per raccontare l’eroica resistenza di due compagnie di guardia di frontiera, nel deserto libico, che tennero testa agli Inglesi pesantemente armati con corazzati e appoggio aereo.
Il lacero tricolore di Giarabub voleva simboleggiare la resistenza italica alla perfida Albione – poco dopo venne la lapide a El Alamein: “Mancó la fortuna, non il valore”. Lo straccio bicromatico che accoglie i turisti a Porta Nuova è il simbolo di una intera guerra persa dall’Italia, quella della dignità e del senso civico.
Per quanto sembri incredibile oggi, per molto tempo l’esposizione della bandiera nazionale è stata malvista da una parte di opinione pubblica. Ci sono volute due leggi, nel 1998 e nel 2006, per obbligare a fare ciò che in tutto il mondo è considerato naturale e positivo. Ma per finire ad esporre un tricolore ridotto a uno straccio, imbarazzante simbolo di fallimento culturale e civile, forse è meglio abrogare le leggi e aspettare i Mondiali per vedere sventolare come si deve la bandiera italiana.