Maggio 2017- Pagina 15

Decidere in tempi di crisi

 

Decision maker o confirmatory researcher ?

 

Da più parti arrivano segnali che ci portano a vedere “la luce della ripresa in fondo al tunnel della crisi”. Come ammiragli in coperta, siamo tutti in attesa di sentire le grida del marinaio sulla tolda della nave: “TERRA! TERRA!” Al di là di esempi specifici, possiamo serenamente dire che una maggiore positività negli occhi delle persone è visibile a tutti e questo non ci sembra cosa da poco. Volendo offrire una visione “fisica” della situazione potremmo dire: “Il mercato è una grande autostrada nella quale le aziende viaggiano a velocità adeguata alla loro struttura e potenza, generando di fatto un percorso più o meno fluido, che porterà tutti a destinazione ovviamente con tempi e costi allineati alle vetture guidate. La crisi è un incidente in cima a un tratto di strada in salita, che blocca il flusso generando una coda di auto con persone irritate. Le vetture che sono passate prima dell’incidente hanno proseguito il loro viaggio e sono arrivate o stanno per arrivare a destinazione (anche nei momenti di crisi, infatti, ci sono aziende che crescono e si sviluppano) Chi è rimasto bloccato si lamenta e vede altre auto arrivare, trovandosi così in coda in mezzo a molte altre vetture. Qualcuno sta avvisando che, entro breve, il viaggio potrà riprendere e i guidatori, lieti per la notizia, pensano ai primi nuovi problemi perché, trovandosi in un tratto in salita, dovranno fare molta attenzione a:

 

  • Non andare indietro e bocciare contro le autovetture che seguono.
  • Gestire la ripartenza in salita, senza bruciare i freni o perdere il controllo del mezzo.

 

In sostanza, non ha ancora visto la strada libera, ha avuto solo qualche informazione da qualcuno più avanti di lui e già deve superare situazioni a rischio… Non sarà una cosa facile se chi guida è un guidatore “provetto”…. Uscendo dalla metafora dovrà, come tutti i manager aziendali, valutare lo scenario con le poche informazioni a disposizione, preparare una strategia e decidere come ripartire, approfittando della strada libera e cercando di recuperare parte del tempo perso nell’attesa.

 

“Niente è più difficile, e quindi più prezioso, dell’essere in grado di decidere

Napoleone Bonaparte

 

Qualcuno potrà dire che chi ha mansioni di responsabilità è abituato ad assumersi i rischi della decisione e noi condivideremmo quest’affermazione, anche se il recente passato (passato?) ci ha messo di fronte a situazioni diverse. E’ capitato più volte di raccogliere lamentele di venditori circa la difficoltà nel concludere contratti per motivi non di inadeguatezza dell’offerta, ma per la mancanza di interlocutori disposti a decidere. In alcuni casi raccontavano di ruoli aziendali con adeguata autonomia, che affermavano “per me è OK ma, prima di firmare, devo parlarne con il mio capo perché le regole d’ingaggio sono cambiate”. Sembrava, cioè, che l’antidoto contro la crisi fosse accentrare le decisioni su pochissime persone. Sinceramente non siamo in grado di affermare quanto ciò rispondesse veramente a una scelta aziendale (quanto esposto è accaduto in aziende di ogni dimensioni) o quanto invece fosse la volontà di non prendere decisioni difficili, rischiando di rispondere personalmente per eventuali errori. Una sola cosa possiamo dire con certezza: questa modalità operativa ha messo in difficoltà fornitori e acquirenti in fase di approvvigionamento, di produzione e di consegna.

 

Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.

Lucio Annéo Seneca

.

Sappiamo bene che decidere è una cosa complicata ecco perché, quando siamo in fase di decision making, è doveroso considerare alcuni aspetti:

 

.

  • Decidiamo quando abbiamo informazioni adeguate

 .

L’esperienza ci spinge automaticamente ad accomunare situazioni di ieri a situazioni di oggi.

L’uomo di Neanderthal che ci accompagna crea costantemente similitudini, ma attenzione: ogni situazione va vista nel contesto attuale e con mente aperta. Non necessariamente due bicchieri colmi di un liquido incolore contengono entrambi acqua potabile. Questo errore cognitivo, che gli psicologi definiscono “bias”, è un automatismo mentale, un pre-giudizio, che facilita la scelta aumentando il rischio di errore.

 

Kahneman D., Tversky A. (1974). Judgment under uncertainty: Heuristics and Biases.

 

 

  • Decidiamo a “mente serena”.

 

La ragione vuol prendere la decisione giusta, l’ira vuole che sembri giusta la decisione che ha già preso in partenza.”

Lucio Anneo Seneca

 

 

Ragione ed emotività vanno gestite individualmente se vogliamo prendere “decisioni giuste”.

 

Vari studi dimostrano che il nostro cervello, spinto da una sorta di “economia che lo spinge a risparmiare tempo”, è portato a ricercare informazioni che confermano la decisione già presa, trascurando quelle che la negano. (confirmation research)

 

“Le decisioni sono spesso irrazionali o sono basate su un’analisi imperfetta delle conseguenze della scelta. Questa è la ragione per cui il mondo è in uno stato così caotico.”                       STEPHEN HAWKING

.

 

  • Decidiamo considerando le nostre reali forze

 .

L’overconfidence e l’illusion control sono un reale rischio di errore. Sovrastimare le proprie possibilità e la propria capacità di controllo, pensando di conoscere molto bene e meglio di altri la situazione, rappresenta il rischio più frequente per i manager esperti. L’overconfidence rischia talvolta di generare “l’effetto Dunning e Kruger (David Dunning e Justin Kruger sono due psicologi della Cornell University), i cui studi nel 1999 dimostrarono che più le persone sono incompetenti, meno si rendono conto di esserlo.

.

 

“La scelta determina la direzione, la decisione determina il destino.”

DOUG FIREBAUGH

Per un manager scegliere è una necessità, decidere è un dovere.

quindi attenzione ai pregiudizi e alle affermazioni assolute perché, solo per citarne alcune, queste resteranno nella storia:

.

I treni ad alta velocità sono impossibili: i passeggeri non potrebbero respirare e morirebbero di asfissia.
Dyonisus Lardner, docente all’University College di Londra – 1856

Che bisogno ha una persona di tenersi un computer in casa?
Kenneth Olsen, fondatore di Digital – 1977

640 KB di memoria RAM sono più che sufficienti per chiunque.>
Bill Gates, Microsoft – 1981

Internet presto esploderà in modo spettacolare, come una supernova e nel 1996 collasserà catastroficamente.
Robert Metcalfe, fondatore della 3Com, inventore dello standard Ethernet – 1995

 

Concludendo potremmo dire che, se alcune aziende hanno “rallentato la fase di decision making” per superare la crisi,puntando solo a restare “a galla”, è meglio che oggi ricomincino a prendere decisioni perché, se la crisi presenta difficoltà, la ripartenza potrebbe non essere da meno con chi sarà impreparato. Attrezzarsi per il futuro è indispensabile per chi vuole avere un futuro. Buona crescita a tutti.

 

Antonio DE CAROLIS

Presidente CDVM

Club Dirigenti Vendite e Marketing

Presso Unione Industriali di Torino

www.cdvm.it

 

 

TEDxCrocetta ReActions al Mauto

Il prossimo  evento TEDx si terrà sabato 10 giugno  dalle ore 15 alle 19 presso il Centro Congressi “Carlo Biscaretti di Ruffia” del MAUTO, Museo Nazionale dell’Automobile “Avv. Giovanni Agnelli”, in Corso Unità d’Italia, 40. Sei speaker saliranno sul palco per esplorare il tema “ReActions”, presentando, in meno di 18 minuti, le loro idee per rispondere alla crisi in maniera creativa e innescare il cambiamento in ambito economico, tecnologico, sociale o personale. Perché “la crisi porta progresso”, come diceva Einstein: “senza crisi non ci sono sfide e senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia”. Se condividi questa idea, non perdere quest’occasione unica di scambio con persone che la pensano come te: avrai l’opportunità di creare nuove relazioni per trasformare la crisi in nuove opportunità di progresso. L’evento si terrà in lingua inglese e sarà diviso in due sessioni, Act e ReAct, intervallate da un coffee break negli spazi congressuali del MAUTO. Dato l’alto numero di richieste, l’acquisto del biglietto potrà essere fatto compilando il modulo su Eventbrite, disponibile sui nostri canali social e sulla pagina web.

Per maggiori dettagli, visita il  sito www.tedxcrocetta.com

.

Gli speaker sul palco saranno:

Kaarel Oja, Country Manager per l’Italia di European Innovation Academy I grandi problemi possono essere risolti con poche risorse e idee semplici, ma efficaci. Ispirandosi alla sua esperienza all’European Innovation Academy, Kaarel ci racconterà come è riuscito a lanciare sul mercato 100 idee innovative in sole due settimane. Davide Moleti e Marilù Sansone, Co­fondatori di ImpactHub Torino Come puoi dare il tuo contributo e avere impatto sulla comunità che ti circonda? Reagendo alle sfide sociali attraverso idee imprenditoriali. Nel loro talk, Davide e Marilù ci parleranno dei successi nati nell’ incubatore ImpactHub. Andrea Baldereschi con Pietro Carta, CEO e performer di Remidi Hai mai pensato di fare musica solo con le tue mani? Remidi dà a tutti la possibilità di esprimere la propria creatività, mettendo la musica a portata di mano con un guanto tecnologico che funziona come strumento musicale. Benedetta Arese Lucini, Co­fondatrice di Oval Money ed ex General Manager di Uber Italia E se il tuo smartphone ti aiutasse a risparmiare per la prossima vacanza? Grazie ai suoi algoritmi e all’intelligenza collettiva, Oval Money ti aiuta a tracciare le spese suggerendo risparmi e investimenti. Samuel Barbato, Co­fondatore di Jaguar28 e Co­direttore di Startup Grind Torino Che cos’è la felicità nel lavoro? Samuel e Roberto di Startup Grind hanno l’obiettivo di cambiare la relazione fra aziende e professionisti per favorire innovazione e creatività. Perché nessuno merita un lavoro noioso. Valeria Bonalume, Campionessa italiana di pole­dance, ginnasta e ballerina Duro lavoro e creatività non sono gli unici tratti di un artista. Nel suo talk, Valeria ci farà conoscere il suo talento e ci racconterà della sua esperienza personale per diventare ballerina professionista.

Quaglieni: da Appendino a Sgarbi “Vi racconto il mio Salone”

Di Pier Franco Quaglieni, direttore del Centro “Pannunzio”, di cui oggi viene celebrato il 50° anniversario presso l’Università di Torino, volentieri pubblichiamo questo intervento sul Salone del Libro

 .
Tra ieri e oggi al Salone ho vissuto due giornate intense ed appassionate. Sicuramente il XXX Salone del libro è stato un grande successo che ha dimostrato come le velleità milanesi fossero poco fondate. L’evento sotto la Mole ha dimostrato che le sinergie torinesi sono in grado di produrre effetti davvero speciali. Il Salone di quest’anno si è rivelato un evento degno del trentennale, quando l’avventura di Angelo Pezzana e di pochi intrepidi poteva sembrare un azzardo. I tantissimi eventi che hanno arricchito le offerte del Salone hanno attratto un pubblico eccezionale. La sfida milanese si è rivelata alla fine anche  positiva perché ha costretto Torino a superare le difficoltà e ad proiettarsi in modo concorde su un obiettivo che è stato sicuramente  raggiunto. Il merito va equamente suddiviso tra quanti hanno dato un contributo importante al suo raggiungimento. Io che fui fortemente critico con la gestione Accornero, ritengo che anche la svolta di quest’anno sia stata molto produttiva.Il mio Salone è stato punteggiato da quattro  avvenimenti importanti. La partecipazione alla presentazione al salone off dell’ ultimo  libro di Alan   Freidman sull’America  che ha registrato anche al Salone  una partecipazione eccezionale. Friedman la delineato la sua America,quella della libertà e della democrazia liberale che oggi appare minacciata ,ma Friedman non ha fatto sconti a nessuno ed ha parlato anche criticamente della storia americana e della inadeguatezza della candidata  democratica Clinton che ha involontariamente favorito Trump. Il suo “Sogno americano” non si è mai pienamente realizzato perché l’America ha sempre avuto dei buchi neri:dal razzismo alla violenza. Il discorso di Friedman  non si può leggere come una crociata contro Trump che lui vede come una grave minaccia ma che è anche la conseguenza di una certa America preesistente a cui il nuovo presidente ha  dato voce. 

***


Poi ho avuto modo di conoscere per la prima volta la sindaca Chiara Appendino. Un incontro rapido, cordiale, magari anche un po’ imbarazzato da ambo le parti. L’impressione che ne ho tratto è positiva. Ero andato ad ascoltarla al cinema Centrale quando aveva illustrato il suo programma per la cultura. Visitare gli stand è stato un atto  istituzionale significativo. Non ricordo altri sindaci che lo abbiano fatto, forse solo Valentino Castellani ebbe la stessa umiltà di girare per il salone come un visitatore qualunque. Poi l’incontro con Vittorio Sgarbi alla presentazione del mio libro. Ho visto tanta gente nuova, interessata al libro che Sgarbi con grande maestria ha illustrato, cogliendo i suoi  aspetti più politicamente scorretti ,a partire dal manifesto di oltre 800 intellettuali italiani che armarono la mano degli assassini del commissario Calabresi.  Sofri io non lo descrivo come un eroe, ma come un condannato con sentenza definitiva per l’uccisione di Calabresi. Abbiamo ricordato che ci siamo conosciuti  esattamente 30 anni fa all’inaugurazione del primo  Salone del libro che avvenne al teatro Regio.

 Ero vicino a  Mario Soldati e a Massimo Mila. Nell’intervallo del concerto Soldati che era laureato in storia dell’arte, mi presentò Sgarbi, definendolo una sicura promessa della critica d’arte italiana. Allora aveva la notorietà derivatagli dall’essere andato da Costanzo ad augurare la morte del suo maestro. Ma Sgarbi era soprattutto uno studioso di razza e gli anni lo hanno dimostrato. La profezia di Soldati si è avverata, anche se Vittorio è anche un uomo di cultura a 360 ° che sa spendersi con generosità per tante cause, in primis la difesa del paesaggio. Durante l’intervallo il musicologo Mila si espresse negativamente sul concerto e finimmo per  scappare prima del tempo per trovarci a cena in un ristorante della vicina  via Verdi. Fu una sera sfavillante di battute e ricca di riflessioni serie. Soldati e Mila,  un mondo che non c’è più e che nessuno è in grado di far rivivere a Torino. I maestri non sono stati rimpiazzati ed i loro successori al massimo sono diventati professori, spesso un po’ grigi, senza gusto per l’ironia e la gioia di vivere, per dirla con Soldati.

***


La miglior conclusione del mio salone l’ho avuta, presentando allo Stand di Radio Radicale “Una libertà felice” ,una straordinaria di biografia di Marco Pannella. Insieme al curatore Matteo Angioli ,a Bruno Mellano e a Sergio Rovasio abbiamo ricordato in diretta Pannella ad un anno e un giorno dalla sua morte. Pannella non fu mai un ospite gradito del Salone, almeno da quanto posso ricordare. E’ stato bello ricordarlo da Torino dove Marco aveva fatto il servizio militare come soldato semplice. Non a caso  i suoi 80 vennero festeggiati a Torino per iniziativa del centro Pannunzio e del presidente del Circolo della Stampa Gianni Romeo.E’ stato ricordato cosa Pannella in termini liberali  abbia rappresentato per la storia italiana, un contributo di passione, di idee, di impegno senza risparmio di sé che Marco ci ha lasciato e che riguarda tutti, non certo soltanto i radicali. Pannella, detto in sintesi, simbolo dell’Italia civile che molti amiamo ed a cui guardiamo come modello alto di politica da opporre ai populismi odierni.Poi il Salone è stato tanto, tanto altro, un mix capace di aprirsi a tutte le voci. Girando per gli stand ci si rendeva conto di cosa est abbia offerto ai lettori. Gli editori presenti erano davvero rappresentativi di un’editoria italiana che certo non naviga in buone acque, ma rappresenta davvero tutte le sfumature di idee. Dall’editoria di estrema destra a quella di estrema sinistra, senza eccezioni.  Unico elemento criticabile del Salone è la musica a tutto volume che costringeva a parlare a voce altissima per sovrastare il rumore che circondava alcuni spazi di dibattito.  Sgarbi giustamente si è lamentato. E molti si sono trovati nelle  sue stesse difficoltà. C’è da augurarsi che il prossimo anno gli spazi degli incontri e delle presentazioni consentano a relatori e spettatori di poter parlare ed ascoltare senza il disturbo di una musica assordante che ci allontana dal senso della cultura come pensiero, cultura, confronto pacato di opinioni. La mancanza di appoggi o di leggii  crea problemi a chi deve leggere da un libro per citarlo. L’abitudine delle poltroncine invece dei tavoli sta imperversando non solo al Salone. Chi pensa di sostituire i tavoli tradizionali con le poltroncine non ha esperienza di cosa significhi parlare in pubblico  e non solo cinguettare in un salotto. Ma è cosa che a cui si potrà provvedere con calma.L’importante è che il salone sia salvo e che non siano riusciti a scippare a Torino  l’ultima eccellenza che gli rimane.  Oggi si aprono, nel clima dell’ultimo giorno del Salone,  le manifestazioni per i 50 anni del Centro “Pannunzio” a cui tanta gente in tutta Italia sta guardando con interesse.

Pier Franco Quaglieni

Paura sulla funivia, bloccati 100 escursionisti

A causa di un blackout,  provocato dal guasto di un trasformatore, le funivie di Oropa che collegano il santuario in provincia di Biella al lago del Mucrone sono state bloccate, e con esse un centinaio di persone. Diverse le famiglie con bambini piccoli nelle cabine, ma con l’attivazione del motore di emergenza sono state riportate nelle rispettive stazioni di partenza. Il fattaccio è accaduto  intorno all’ora di pranzo e  ha richiesto l’impiego degli uomini  della protezione civile, coordinata dalla prefettura. E’ anche stato allestito un tavolo tecnico e del soccorso alpino. Per chi non era in grado di   scendere a valle a piedi, sono stati predisposti  fuoristrada ed elicottero.

 

(FOTO ARCHIVIO)

Arrivano i ghost-busters per “catturare” il fantasma di Cavour

Da Torino, negli ultimi anni, da diverse persone o gruppi è stata più volte segnalato (e sembrerebbe anche aver parlato) nientemeno che il “fantasma” di Camillo Benso, il Conte di Cavour, che è stato “visto” aggirarsi sia come ombra, sia addirittura in una occasione a figura completa in esterno e pure all’interno del Palazzo di Città, il Municipio dove lo statista risorgimentale fu consigliere comunale.

Lunedì 22 maggio  alle ore 13.30 al Bar il Girasole in Piazza Palazzo di Città 6/A  una squadra del National Ghost Uncover guidata dal suo Presidente Massimo Merendi illustrerà alla stampa i motivi della sua venuta in città. “A tutt’oggi, da tutta Italia, sono giunte circa 1800 segnalazioni di natura e credibilità diverse e sulle più svariate situazioni. National Ghost Uncover  – spiega Merendi – è nata nel 2010. Ha sede nazionale in Riccione(RN) ed organizzativa in Forlì. E’ composta di 86 persone divise in 18 gruppi (Roma, Bologna, Venezia, Napoli, Firenze, Parma, Alessandria, Cortina d’Ampezzo, Portofino, ecc.). E’ composta da persone sia credenti in tali fenomeni sia assolutamente scettiche ed ha lo scopo di studiare, documentare e catalogare tali fenomeni”. National Ghost Uncover si definisce il 2° gruppo per organizzazione in Europa dopo gli amici Ghostbuster di Londra e il 4° nel mondo.

(foto: il Torinese)

 

Al Salone tre giovani contestano Minniti su sicurezza e immigrazione

Tre ragazzi –  due donne e un uomo –  appartenenti  ai collettivi universitari, sono stati denunciati dalla Digos  per il tentativo di contestazione, al Salone del Libro di Torino, nei confronti del ministro dell’Interno, Marco Minniti. I giovani, non torinesi,  erano sconosciuti alla Questura di via Grattoni, presso la quale  sono stati accompagnati per essere identificati. Al Salone volevano srotolare uno striscione contro l’ultimo decreto sicurezza del governo Gentiloni e le politiche sull’immigrazione del Partito Democratico. Gli agenti della Digos li hanno allontanati, impedendo loro di srotolarlo. Sono accusati di manifestazione non preavvisata.

Della vita e della morte, l’ironia di Miriam Toews

Intervista di Laura Goria

E’ di una dolcezza infinita Miriam Toews. Bella senza un filo di trucco, esprime semplicità e una forza titanica. La famosa scrittrice canadese, nei frenetici giorni del Salone del libro di Torino, ha incontrato i suoi lettori alla libreria Borgopò; in un avvolgente giardino, cornice perfetta per il senso di serenità che lei emana.

Cerco sempre di intervistare scrittori che amo; ma raramente affascinano e colpiscono come lei. Disponibile, profonda e intelligente… da baciare e abbracciare. E’ una vita segnata in partenza quella di Miriam Toews, nata in una rigida comunità mennonita ai margini del mondo, dalla quale è fuggita a 18 anni. Poi le difficoltà dell’esilio e 2 grandi tragedie: il suicidio del padre (nel 1998) e dell’unica sorella (nel 2010). Da queste stigmate è nata una delle scrittrici più interessanti e coinvolgenti del panorama letterario internazionale, vincitrice di prestigiosi premi, tradotta in 15 lingue e, in Italia, autrice di punta dell’editore Marcos y Marcos. Nata nel 1964 a Steinbach in Manitoba, un villaggio nella zona centrale delle praterie canadesi, figlia di un discendente diretto dei primi coloni in fuga dall’Ucraina a fine 800, cresce stretta nelle maglie della rigida disciplina dei mennoniti.

La più numerosa delle chiese anabattiste, che vive come nel 500: rifiutando elettricità, auto e mondo esterno, nell’ottica che la vita si riduca al lavoro e a prendersi cura della famiglia. Come scrive la Toews in “Un complicato atto d’amore” , “… la sottosetta più sfigata a cui si possa appartenere a 16 anni” sorta perché “500 anni fa, in Europa, un tizio di nome Menno Simmons si è messo di buzzo buono per inventarsi una religione tutta sua..”.

In casi come questi la vita offre due sponde: restare e uniformarsi…o fuggire. Ed è quello che fatto l’autrice. Nella sua vita ci sono 2 lauree (in Lettere e Cinema, e in Giornalismo) e l’intermezzo da attrice protagonista nel film “Luz Silenciosa”, voluta a tutti i costi dal regista Carlo Reygadas; esperienza che le ha ispirato il romanzo “Mi chiamo Irma Voth”.

Ma la sua grandezza è nei romanzi fortemente autobiografici in cui l’humor è la cifra con cui maneggia pagine di vita difficili, come il suicidio della sorella e sullo sfondo anche quello del padre in “I miei piccoli dispiaceri”; la fuga e rapporti familiari difficili in “Un complicato atto d’amore”.

Nascere in una comunità mennonita cosa ha significato e cosa proprio non sopportava?

«Non mi sentivo libera. Appena finita la scuola, anche se ancora non ero sicura di voler diventare un’artista, sapevo già che avrei fatto qualunque cosa pur di vivere in un ambiente libero soprattutto dal punto di vista mentale. Da un lato quello era l’unico mondo che conoscevo e sentivo il senso di appartenenza, dall’altro avvertivo di dover scappare. Ero anche molto impaurita ed è stato difficile. Sono andata a Montreal, la città canadese più liberale, l’opposto del mio paese conservatore, e percepivo continuamente questo contrasto».

Si può dire che la scrittura per lei sia catartica e l’aiuta a metabolizzare la vita?

«Si proprio perché mi permette di dare un senso alle mie emozioni e soprattutto alle mie esperienze; in un certo senso mi consente di riordinarle. Attraverso i romanzi riesco a fare un po’ di ordine nella mia caotica vita».

Se una persona che amiamo non vuole più vivere, amarla vuol dire trattenerla o lasciarla andare?

«La mia famiglia ed io abbiamo tentato in ogni modo di dissuadere mia sorella, ma lei voleva proprio morire e ha fatto di tutto per riuscirci. Ho cercato di convivere con il dolore per il suo suicidio, di capirlo e di rispettare la sua scelta. So che in realtà l’unica via per dare sollievo al suo dolore era farla finita».

Come dirimere il conflitto tra l’idea che abbiamo il diritto di decidere della nostra morte e le responsabilità nei confronti delle persone che ci vogliono bene e che ne soffriranno?

«Ovviamente mio padre ed io abbiamo affrontato questo conflitto e fatto di tutto per evitare la morte. Voglio sottolineare che la scelta spetta alla persona che soffre, ma questo non vuol dire che chi si suicida non ami i suoi cari. Solo che quando proprio non ce la fa più deve lasciarsi andare completamente. Sono convinta che bisognerebbe legalizzare la morte assistita, cosa che è avvenuta in Canada mentre scrivevo il libro».

Nel suo paese cosa prevede la legislazione in materia?

«Ora il suicidio è legale, con l’assistenza di un dottore, tutte le firme necessarie e per persone che non possono avere più alcuna cura. Invece per le malattie psichiatriche non è così. Se non è provato che la malattia sia incurabile, e per i medici è complicato stabilirlo, la situazione è ancora parecchio difficile».

Cosa si può obiettare a chi definisce il suicidio una scelta egoistica?

«Dal mio punto di vista non lo è, proprio perché ci sono vari tipi di suicidio e comunque sono persone che soffrono e continuerebbero a soffrire. Una sorta di dolore psichico davvero insopportabile. Non qualcosa di egoistico; ma accettare la propria sofferenza e poi lasciarla andare».

Cos’ha capito dei suicidi nella sua famiglia? Qual è il male di vivere?

«Io non soffro di depressione e disturbo bipolare come mio padre, ma ho tratto una lezione: continuare ad essere felice e gioiosa. Lui e mia sorella avrebbero voluto questo per me, anche se loro ne erano incapaci».

Suo padre e sua sorella si sono suicidati entrambi e nello stesso modo: si è geneticamente condannati, esiste il suicidio nel Dna di una persona?

«Ci ho pensato e ripensato e ci sono studi che provano l’esistenza di qualche collegamento. Il suicidio è sempre esistito e continuerà ad esserci. Forse con il progresso medico si riuscirà a prevenirlo».

Sofferenza fisica e psicologica hanno pari diritto alla morte?

«Non credo ci sia una grande differenza, anzi per me non c’è. Ho letto statistiche di altri paesi che dimostrano come il dolore psichico possa essere tale da giustificare la morte assistita e che molte persone vi ricorrano per farla finita».

Nel romanzo“I miei piccoli dispiaceri” si contempla l’idea del suicidio assistito e la voce narrante promette alla sorella disperata che la porterà in Svizzera per una dolce morte. Ma sarebbe stata in grado di farlo se ne avesse avuto il tempo e come lo considera?

«Mia sorella me lo chiese e la mia prima risposta è stata ”no”. Le dicevo che magari la situazione sarebbe migliorata e le cose sarebbero cambiate. Lei però continuava ad implorarmi ed era più che determinata a morire. La tragedia che poi sia morta da sola poteva essere evitata e questo rimane un mio rimorso».

L’humor come istruzioni d’uso alla vita…lei come ci riesce?

«Il mio è un “dark humor” un modo di trattare l’assurdità della realtà. A volte è ridicola e va di pari passo con la sofferenza. E’ proprio l’oscurità che accompagna la luce del mondo».

Com’è stata la sua esperienza di attrice e perché non ha continuato?

«E’ stata una cosa anomala ed estemporanea. Il regista mi ha chiamata proprio perché non voleva un’attrice. Semplicemente ero una ragazza mennonita nei panni di un’attrice casuale. Un’esperienza interessante ma non quello che volevo davvero fare, che è scrivere»

A quando il suo prossimo romanzo e su cosa?

….E qui la sua editrice la blinda…annunciando solo che è già stato scritto. Quando sarà in libreria non è dato saperlo….certo è che lo stiamo aspettando e non vediamo l’ora di leggerlo.

 

 

NASCE A MILANO IL MOVIMENTO ANIMALISTA, INDIPENDENTE DAI PARTITI

CON EDGAR MEYER ED ESPONENTI DELLE ASSOCIAZIONI ANIMALISTE. SILVIO BERLUSCONI SOCIO FONDATORE

Nasce a Milano, con un’assemblea costituente, il Movimento animalista, una forza politica indipendente da qualsiasi altro partito, che pone la tutela degli animali e dei loro diritti in cima alle sue priorità: una novità per l’Italia.  Presidente del nuovo partito è Michela Vittoria Brambilla, numero uno della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, al suo fianco Edgar Meyer, che guida Gaia Animali & Ambiente, e un gran numero di responsabili provinciali e regionali provenienti delle principali associazioni animaliste Italiane, con storie politiche e personali diversissime (dai verdi al centrodestra). Socio fondatore e convinto sostenitore dell’iniziativa Silvio Berlusconi. “Sono felicemente diventato – dice alla platea – uno dei milioni e milioni di italiani che considerano i propri animali domestici come membri della famiglia, si preoccupano del loro benessere e, così facendo, rendono l’Italia più bella e più civile”

“L’idea di fondare il Movimento animalista – spiega l’ex ministro del Turismo – viene dal basso, nasce dalla presa d’atto della generale insensibilità per la tutela dei diritti degli animali da parte di chi, a tutti i livelli, ci governa. Assistiamo ad un paradosso: mentre la società civile è sempre più attenta ai temi animalisti, politici e amministratori quando va bene li ignorano e quando va male prendono la direzione  contraria, in ossequio a lobby controinteressate che si presumono portatrici di voti. Ebbene, noi siamo qui non solo per ricordare che votano anche gli amici degli animali,  e sono la maggioranza, ma soprattutto per dare al nostro impegno, finora di natura sociale, un chiaro sbocco politico”. Politico non vuol dire partitico. “Il Movimento – specifica l’on. Brambilla – non è legato ad alcun partito ed è assolutamente indipendente, presenterà il proprio simbolo, sosterrà i propri candidati, con l’obiettivo di portare “gente nostra” nelle istituzioni e quindi cambiare realmente le cose”. Del resto, in Europa, vi sono numerose formazioni politiche che si sono date come priorità la difesa non degli interessi a breve termine dell’uomo o di qualche categoria di uomini, ma dei diritti degli esseri viventi tutti, della natura e dell’ambiente.  

Il Movimento animalista si batterà dunque contro ogni forma di violenza e di sfruttamento degli animali, per aumentarne la protezione e migliorare la convivenza tra l’uomo e gli altri esseri senzienti. Con alcune priorità già definite, tra cui la riforma costituzionale perché l’esigenza di una maggior tutela degli animali sia recepita al più alto livello, riconoscendo i nostri piccoli amici come esseri senzienti, l’inasprimento delle pene per chi li maltratta e li uccide, il divieto di sfruttarli a maggior ragione per divertimento o per alimentare l’industria del superfluo, la lotta al randagismo,  il superamento dei divieti che limitano la libera circolazione con animali al seguito, l’introduzione di un sistema sanitario agevolato per pagare le cure veterinarie nelle famiglie meno abbienti.

Ad impegnarsi in prima persona per la realizzazione di questo programma, con ruoli dirigenziali in tutta l’Italia, sono centinaia di attivisti molto determinati che da anni si occupano di questi problemi e ne hanno abbastanza di aspettare risposte da amministratori ed istituzioni a dir poco distratti o, peggio, asserviti a ben precisi interessi economici. Hanno accettato di assumere un incarico nel Movimento, infatti, imprenditori, professionisti, persone affermate nella vita e nel lavoro che sono anche importanti esponenti delle maggiori associazioni animaliste del Paese in tutto più di cinquanta, tra cui Enpa, Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente,  Oipa, Gaia Animali &Ambiente, Leal, Animalisti Italiani, SOS Levrieri, Earth, Anima Equina, Banco Alimentare Zoologico, Animalisti onlus, Cani e Mici per Amici – e di tante altre ancora molto attive nei rispettivi territori – come Arcadia Onlus, Una Cuccia per la Vita, Amico Peloso, Lida, Grandi Amici Onlus, I Pelosetti, Zampa su Zampa, Io non ti Mangio, Anpana,I Ca’ de Castiú, Como Scodinzola, ChiaraMilia, Salva un Cane, Animal Emergency Europe, Emi, Amici di Fido, Una Copertina per Snoopy, International Animal Protection League Italia, Il Mio Amico, Uniti per gli Animali, Diamoci La Zampa, Gagi Greyhard Adopt Center, Gli Angeli Randagi del Vesuvio, Animal Liberation, Una Zampa per la Vita, Ialp, Anime Randagie, Amici di Fiocco, Educanamente, BauBau Village, Amici per i Baffi, Associazione Animalista per i Randagi, Animalissimi Onlus, L’Altra Zampa, Felici nella Coda, Save The Dog, Animal Asian Foundation, Proteggiamo i Nostri Amici Animali in Maremma Onlus, Gatti Mammoni, Liv, Branco Misto ASD Bolzano, Ghismo Onlus e via dicendo.

Non certo inattesa la presenza di Berlusconi. “Avete ragione, la politica è stata troppo distratta e non ha dato ai nostri amici animali le tutele che meritano. É ora che restituiamo loro almeno una parte di tutto l’amore che ci danno. Convivere con uno o più animali domestici – ha ricordato – è un’esperienza bellissima, appagante. Devo dire che la mia vita è cambiata da quando sono arrivati Dudù, Dudina, i loro figli, la golden retriever Harley, il chihuahua Rambo e Sole, un simpaticissimo meticcio proveniente dal canile di Olbia. Anche per questo – afferma l’ex premier – ho deciso di essere qui con voi e sono orgoglioso di aver partecipato alla fondazione del Movimento animalista, di cui, ne sono certo, sentiremo subito forte ed alta la voce”.

I VIGILI SABAUDI SI LAUREANO CAMPIONI ITALIANI ASPMI NEL TIRO A SEGNO

Primo titolo nazionale del 2017 per la compagine gialloblù, che con i suoi tiratori ha la meglio su Milano e Rimini. Dominio assoluto nella carabina

Dopo un avvio di stagione caratterizzato dal secondo posto agli italiani di corsa campestre e dalla terza piazza ai nazionali di nuoto, il Gruppo Sportivo Polizia Municipale di Torino ha conquistato il primo alloro stagionale, trionfando in occasione dell’edizione numero 49 dei campionati ASPMI di tiro a segno, svoltasi a Ravenna sotto la supervisione del responsabile tecnico tricolore Armando Imondi.

La competizione, spalmata sull’arco di tre giornate, ha visto i tiratori sabaudi contendere il trofeo ai loro abilissimi omologhi di Milano e Rimini, superati grazie alla prestazione delle squadre di pistola 10 metri (Franco Grandi e Andrea Scialò), carabina 10 metri e carabina a terra (Cristina Bignami, Giovanni Lorenzo e Gabriele Lamberto). A livello individuale, inoltre, gli atleti piemontesi hanno fatto registrare score strepitosiCristina Bignami si è classificata prima nella carabina a terra (categoria A) e terza nella carabina 10 metri (categoria A), Franco Grandi ha vinto la gara di pistola libera (categoria A) e ha agguantato l’argento nella pistola 10 metri (categoria B), Nunzia Fresolone ha ottenuto un doppio secondo posto nella pistola sportiva e nella pistola 10 metri (categoria B), Gabriele Lamberto si è posizionato terzo nella carabina 3 posizioni (categoria A) e secondo nella carabina 10 metri (categoria A), Giovanni Lorenzo ha dominato le categorie master della carabina 3 posizioni e della carabina 10 metri, al pari di Giovanni Scarpetti, primo nella categoria master della pistola automatica. Da segnalare anche le ottime performance di Andrea Scialò (oro nella pistola 10 metri, categoria A) e di Loredana Tesoro (bronzo nella pistola 10 metri, categoria B). La somma di questi risultati ha consentito al GSPM Torino non solo di laurearsi campione d’Italia, ma anche di gustarsi il primato in tre graduatorie a squadre (carabina 3 posizioni, carabina a terra e carabina 10 metri) e il secondo posto in altre quattro classifiche collettive (pistola 10 metri uomini, pistola 10 metri donne, pistola sportiva, pistola libera).

Durante il campionato, inoltre, a titolo sperimentale, è stata introdotta la specialità “tiro rapido”; anche in questa i tiratori torinesi si sono distinti con il secondo posto individuale di Gabriele Lamberto, il terzo posto individuale di Cristina Bignami, l’argento a squadre femminile e il bronzo a squadre maschile. Al termine della trasferta in landa romagnola, la responsabile di settore, Loredana Tesoro,  recentemente subentrata a Paolo Parecchini, si è detta estremamente soddisfatta per l’esito della competizione: «Il ringraziamento più grande va agli atleti del settore tiro del GSPM Torino, che nonostante i loro impegni personali e lavorativi, alle divergenze di vedute, all’impegno fisico e mentale richiesto dalla disciplina, hanno dato il meglio di sé senza risparmiarsi, dimostrando a tutti cos’è il vero spirito sportivo. Oltre al responsabile tecnico nazionale Armando Imondi, vorrei ringraziare il presidente del tiro a segno nazionale di Ravenna, Gianni Fusci, e tutti i suoi collaboratori per l’ottima organizzazione e la disponibilità dimostrata nei confronti dei partecipanti, sia per le attività sportive che per quelle ricreative. Particolarmente interessanti sono state le visite guidate alla Basilica di San Vitale e al Mausoleo di Galla Placidia, presso cui siamo stati accompagnati da Ivo Angelini, che ci ha gentilmente dedicato il suo tempo. Grazie infine al comandante di Ravenna, Andrea Giacomini, e alla sua vice, Alessandra Bagnara, che hanno partecipato alla cerimonia di premiazione». Il prossimo appuntamento per il GSPM Torino è in programma mercoledì da mercoledì 31 maggio a domenica 4 giugno, quando, a Pesaro, si terranno i campionati italiani ASPMI di pallavolo.

Profumi per l’ambiente e capolavori di carta

Per uscire dalla solitudine e ritrovare la gioia di vivere

OTTAVA PUNTATA – Viaggio nel vasto mondo degli hobbysti, tra chi per sopravvivere alla crisi sta cercando di trasformare in mestiere una passione

 

Un hobby come terapia per combattere solitudine e isolamento e ricominciare a vivere tra la gente. Nel vasto mondo degli “Operatori del proprio ingegno”, tra chi per sopravvivere alla crisi sta cercando di trasformare in mestiere una passione, c’è anche l’altra faccia della crisi, quella le cui radici non sono propriamente di ordine economico ma derivano da altre ragioni.

E’ il caso di Silvana Cipolla, 58 anni, arrivata nei mercatini degli hobbysti della domenica per una “scelta di comunicazione”. “Una brutta malattia – racconta – mi ha trattenuta a lungo in totale isolamento. Sola, senza lavoro, trascorrevo le mie giornate piangendomi addosso, senza riuscire a intravvedere una via d’uscita dalla situazione in cui ero precipitata”.

Un giorno l’idea che dà una svolta alla sua vita: ingannare il tempo costruendo qualcosa con le sue mani, da rivendere nei mercati della domenica, in modo da creare occasioni di contatto e di scambio con la gente e riaprirsi al mondo esterno, escluso dalla sua vita per troppo tempo. “L’ispirazione mi è arrivata da una scatola di sale marino. Il secondo passo è stato quello di procurarmi delle essenze. Ho così incominciato a confezionare sacchettini profumati per la casa, gli armadi, i cassetti, l’automobile”, spiega. Il marito, vedendola finalmente reagire alle avversità e appassionarsi a qualcosa, per starle vicino nella nuova avventura e aiutarla a rendere più ricco e attraente il suo banco, si è rimboccato le maniche: nel tempo libero realizza capolavori di carta. Oggetti ornamentali, vasi, bomboniere, portaoggetti e portafortuna, fatti a mano con carta pressata, intrecciata e colorata.

Sono passati tre anni dal giorno in cui Silvana ha deciso di rimettersi in gioco e ricominciare a vivere scendendo in piazza con il suo gazebo. “Questo lavoro – precisa – si è rivelato per me un’ottima terapia: riesce a farmi evadere dai brutti pensieri”. I suoi prodotti spiccano per originalità e prezzi davvero competitivi. “Si parte da un euro, il pezzo più caro costa 10 euro. Nulla rispetto al lavoro che c’è dietro il più semplice tra i vasetti di carta: ogni creazione, anche la più piccola, richiede almeno due ore di lavorazione”, spiega.

A differenza di tanti altri colleghi, Silvana non è il guadagno che cerca da questa attività, della quale confessa che non riuscirebbe più a fare a meno: “Questo lavoro mi ha ridato la voglia di stare al mondo, di ridere, di stringere amicizie. Insomma, è la distrazione che cercavo. Ne sono entusiasta. I soldi, certo, fanno comodo anche a me. Ma non è per denaro che affronto il peso di lunghe giornate in mezzo alla strada, lontana dalle comodità di casa. Quello di cui ho bisogno è il contatto con la gente, e l’ho trovato. Mi basta poco: un sorriso, una stretta di mano, due parole. Se poi i miei prodotti vengono apprezzati e acquistati, meglio ancora”.

Paola Zanolli