FOCUS / di Filippo Re
Una buona notizia arriva dal Marocco. I marocchini che vogliono lasciare la religione islamica e convertirsi a un’altra fede non rischieranno più la pena di morte. Il Consiglio superiore degli Ulema, massima autorità religiosa presieduta da re Mohammed VI, sancisce la possibilità di convertirsi ad altre religioni. Nei Paesi islamici l’apostata viene condannato a morte ed è vietato il proselitismo. Il Marocco riconosce da sempre il pluralismo religioso e condanna l’estremismo religioso. Rispetto a una fatwa (sentenza religiosa) del 2012 che aveva suscitato molte critiche, in cui si approvava la condanna a morte per il reato di apostasia, il Consiglio religioso ha annunciato una nuova interpretazione della norma riconoscendo libertà di coscienza al musulmano e la possibilità di cambiare religione. Per il momento la pena capitale resta in vigore per tale reato anche se negli ultimi anni non ci sono state condanne a morte per gli apostati. Il Codice penale dovrà essere modificato e ciò richiederà tempo.
Siamo di fronte a un vero cambiamento del discorso religioso più volte annunciato dal monarca marocchino? Si può parlare di svolta storica sull’apostasia ? Per il professor Paolo Branca, docente di islamistica e di storia dei Paesi arabi all’Università cattolica di Milano, si può parlare di “svolta” “perchè per la prima volta questa cosa viene riconosciuta come principio e in pratica la pena di morte per apostasia non veniva applicata nella maggior parte dei casi. Il Marocco sta facendo tanti passi avanti nel senso che il Codice civile già anni fa aveva introdotto importanti diritti per le donne e poi c’è l’importante documento di Marrakesh di circa un anno fa, dove le minoranze religiose venivano dichiarate da rispettare, in base al principio di cittadinanza, quindi riconoscendo un principio universale”. La decisione degli Ulema marocchini è una notizia positiva anche per Roberto Tottoli, docente di islamistica all’Università di Napoli L’Orientale, “anche se è difficile spiegare perchè certi musulmani non possano essere liberi di scegliere la propria religione. Forse, la prima decisione del Consiglio superiore degli Ulema era dovuta ai timori per la nascita delle prime associazioni di ex musulmani in Marocco. Questa, forse, nasce invece da una condivisibile logica opposta, ovvero che ogni tradizione ha radici storiche che è sempre più difficile imporre ad oltranza in un realtà completamente diversa”. Si calcola che negli ultimi dieci anni circa 25.000 marocchini abbiano lasciato l’Islam per passare al Cristianesimo. L’annuncio degli Ulema ha un carattere quasi rivoluzionario ma ha trovato molta risonanza più sulla stampa estera in lingua inglese e francese che su quella araba. A gennaio era uscita un’altra notizia che aveva destato stupore e malcontento negli ambienti più reazionari e conservatrici: il Ministero dell’Interno aveva proibito la produzione e la vendita del burqa per presunti motivi di sicurezza e i salafiti non avevano perso tempo a condannare tale divieto come una pericolosa “deriva modernizzatrice”. Il passo compiuto dagli ulema marocchini è molto importante, secondo padre Samir, islamologo e professore emerito all’Università St.Joseph di Beirut, “perchè hanno deciso di non applicare in modo letterale ma di “reinterpretare” la sharia, la legge islamica, adattandola al contesto attuale. Il Consiglio degli ulema, la più importante autorità religiosa del Paese, ha proposto una nuova interpretazione che smentisce una fatwa del passato, secondo cui l’apostasia deve essere punita con la pena di morte. Gli esperti islamici propongono una nuova versione emendata della “ridda” (in arabo apostasia dall’Islam, ndr) in base alla quale l’apostasia viene punita con la morte solo se inserita nel contesto di un tradimento “politico”. Ma per padre Samir il caso degli ulema marocchini non è così isolato perchè “ci sono centinaia di migliaia di persone che vogliono cambiare. Il problema è che il potere religioso è in mano ai leader, agli imam. E poi vi sono i responsi delle Università come al-Azhar che sono manipolate e mantenute dall’Arabia Saudita e dall’insegnamento tradizionale e ne influenzano le decisioni. Vi sono milioni di musulmani che non vogliono questo e tanti intellettuali che scrivono e argomentano ma non hanno il deposito della religione per potersi affermare”. Molto rumore per nulla? Quanto sta accadendo è forse il segnale di un dibattito in corso nella società marocchina ma non l’inizio di una vera revisione della questione. Le stesse fonti ufficiali marocchine hanno subito ridimensionato il valore di una decisione che sembrava come storica.
Filippo Re
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