Il torinese Mario Soldati, scrittore e regista, ebbe a rispondere “a un disperato ricercatore di cibi genuini, che la sua ricerca non era più così disperata se lui soltanto si fosse dato la pena di lasciare l’asfalto e di inoltrarsi qualche chilometro per le strade secondarie, di breccia o di terra battuta.” A mia volta, se dovessi incontrare “un disperato ricercatore di cibi genuini” (e il loro numero è cresciuto), utilizzando ancora le parole e le indicazioni di Mario Soldati, gli darei una risposta ancor più rassicurante: il percorso è breve, non c’è bisogno di andare lontano, basta allontanarsi di poco dalle vie di traffico, grande o piccolo, dall’industria, piccola o grande, e dai messaggi ingannevoli della Grande Distribuzione (solo grande e basta!).
Occorre guardarsi intorno, superare le barriere delle nostre abitudini consolidate di acquisto e di consumo, decidere di essere informati e stabilire un rapporto più attento, interessato e vero con il nostro cibo quotidiano per guardare oltre le apparenze e allora scopriremo persone appassionate e progetti da sostenere con la nostra scelta convinta. Stanno vicino a noi i molti che hanno intrapreso il percorso per salvare la qualità della nostra alimentazione: gli agricoltori biologici, gli artigiani, i ristoratori, i negozi biologici e le botteghe dedicate alle produzioni agroalimentari di qualità, troppo rare e preziose per finire sulle “gondole” della Grande Distribuzione.
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Anche se non sempre ce ne rendiamo conto, il rapporto che abbiamo con ciò che mangiamo è tra i più intimi in assoluto, lo introduciamo nel nostro corpo, diventa parte di noi stessi, fino a essere tra i primi responsabili del nostro stato di salute immediato, ma ancor più per gli anni che dobbiamo ancora vivere, Per non parlare dell’impatto che il cibo ha sulla qualità del nostro ambiente, sia per la metodologia di coltivazione e produzione, che per quella di trasformazione e distribuzione. E’ necessario essere più consapevoli e coinvolti nella filiera del nostro cibo, sapendo che il modo in cui ci alimentiamo, e facciamo la spesa, ha un’enorme influenza sui comportamenti e le scelte di tutti gli attori dell’agroalimentare (produzione, trasformazione e distribuzione del cibo), oltre che sugli equilibri sociali ed economici del pianeta.
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Le catene della grande distribuzione organizzata (GDO) da tempo hanno scelto di abbassare i prezzi al consumatore come principale elemento della propria strategia di marketing: il basso prezzo, il sottocosto sono l’ultima frontiera per mantenere disperatamente le loro quote di mercato. Abbagliati dai messaggi altisonanti che promettono convenienza e risparmio, non ci interroghiamo più su come sia possibile acquistare qualcosa a un prezzo indicato come inferiore al costo di produzione, ci sembra normale e non ci sforziamo di capire cosa comporti una politica di questo tipo. Così le promozioni impazzano, tanto che oltre il 30% dei nostri acquisti viene effettuato solo in presenza di un’offerta. Questo meccanismo ha avuto la conseguenza di alterare la percezione del giusto valore di un prodotto alimentare, tanto che ormai siamo convinti che il prezzo corretto sia quello scontato, che non è più un’eccezione, ma la regola. E l’industria alimentare si allinea e asseconda questa tendenza, preoccupandosi poco del rapporto con la produzione locale, con la convinzione che sia conveniente delocalizzare anche la produzione agroalimentare. Peccato se, con la delocalizzazione della produzione manifatturiera, abbiamo già avuto riscontro di quanto tale scelta sia deleteria!
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E’ giunto il momento di smettere di chiedere quanto costa il cibo e di domandare piuttosto: quanto vale? George Orwell sosteneva che per vedere ciò che sta sotto il nostro naso occorre un grande sforzo, ma vi assicuro che vale la fatica ed è una scelta che molto presto riserva le sue gratificazioni!E’ conveniente impegnarsi per sostenere un sistema di resistenza alle offerte sconvenienti dell’industria e della GDO, è l’inizio di un cammino per ricostruire nuovi circuiti economici locali, un percorso obbligato se vogliamo costruire un’economia sostenibile!
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FINE PRIMA PARTE – continua
Ignazio Garau
Presidente Italiabio
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