Di Pier Franco Quaglieni
“Oggi la stragrande maggioranza dei giovani non sa chi sia stato l’alpino Battisti, neppure l’Ana odierna l’ha ricordato degnamente nel 2016. Ma forse anche gran parte dei miei compagni di liceo di cinquant’anni fa non lo sapevano .La cosa importante oggi sarebbe bloccare il degrado della targa inaugurata già nel 1918 subito dopo la vittoria.Per Torino e ‘ un dovere…”
Si è dimesso Iacopino,presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti
Scarsa eco hanno avuto a Torino – per il pronto e fermissimo intervento del Presidente dell’Ordine piemontese Alberto Sinigaglia con una lettera a “La Stampa”- le clamorose dimissioni da presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti Enzo Iacopino. Una scelta che non ha precedenti e che dovrebbe far meditare anche perché a Torino non tutto è come dovrebbe essere. Il caso recentissimo dei giornalisti che si sono licenziati perché da mesi erano senza stipendio, va oltre i limiti dell’immaginabile. Le motivazioni di Iacopino alla base delle dimissioni sono molto aspre e mortificanti :la categoria dei giornalisti ha perso la sua credibilità e soprattutto sarebbe in atto <<un gioco perverso e irresponsabile di opposte militanze>> in cui balzano all’occhio <<settarismo, superficialità, urla e volgarità>> tra i giornalisti e ci sarebbe anche <<chi si compiace di galleggiare tra gelati e patate >>. Accuse forti che forse solo i lettori,i veri padroni dei giornalisti, come diceva Montanelli,possono e devono valutare nel momento in cui decidono di acquistare o meno un giornale . Chi scrive ha quasi 50 anni di iscrizione all’Ordine ,ma non si ritiene idoneo a giudicare,anche perché non ha mai voluto ricoprire incarichi. L’ Ordine di Torino e’ stato privilegiato perché ha avuto quasi sempre, non sempre, dei presidenti capaci e trasparenti da Berardi a Ronchetti, da Miravalle all’attuale. Il giornalismo piemontese ,invece, difficilmente ritrova oggi i Casalegno, i Borio ,le Poli, i Calcagno, i Bernardelli , i Torre, i Caputo , i Vecchiato -tanto per citare solo qualche nome del passato-che hanno fatto la storia del giornalismo subalpino. Un giornalista torinese come Gino Apostolo che ha dedicato, oltre che alla professione, tantissimi anni all’Ordine Nazionale come” tesoriere di ferro”, inorridirebbe di fronte alle accuse del presidente Iacopino.
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Cucina torinese e francobolli
La barbera d’Asti e l’Asti Moscato hanno avuto il loro francobollo. E’ uscito da pochi giorni un francobollo dedicato al Bacalà alla Vicentina, un piatto molto amato non solo in Veneto. Il filosofo torinese Oscar Navarro, grande studioso di Kafka, amava andarlo a gustare ai “Tre visi “ di Vicenza, oggi trasferito in altri locali e totalmente ,purtroppo , assai decaduto. C’è poi l a variante tutta veneziana del Bacalà mantecato da gustare all’Harry’s Bar di Arrigo Cipriani e da” Altanella” alla Giudecca, dove la famiglia Stradella tiene alto il nome di una tradizione che risale agli albori del secolo scorso. Il Bacalà mantecato si può assaggiare anche a Torino dal mitico Sante Prevarin del”Montecarlo”, che non ha mai tradito le sue origini venete, anche quando è diventato un fotografo di fama. La Regione Veneto è riuscita ad ottenere un riconoscimento per uno dei suoi piatti più tipici, da abbinare alla polenta. Perché non si fa qualcosa per valorizzare un piatto tipico torinese o piemontese, magari la Bagna Cauda ? Un francobollo sarebbe un bellissimo riconoscimento. Ovviamente la bagna con l’aglio e non ,come si usa fare oggi, mitigando la ricetta,eliminando l’aglio. Il grande Edoardo Ballone inorridiva al solo pensiero di escluderlo.
Barbisio chiude, che tristezza!
Con il primo d’aprile la storica fabbrica di cappelli Barbisio a Cervo, nei sobborghi di Biella, chiude i battenti. Un vero pesce d’aprile. Pochi giorni fa sono stato al cappellificio ed ho avuto l’amara sorpresa di apprendere che è in liquidazione da qualche mese. Si parla di delocalizzarlo,forse all’estero,f orse in Cina, lasciando le maestranze locali senza lavoro. Quando andai l’ultima volta in dicembre, avevo colto un’ombra di tristezza nelle venditrici che ,di norma ,erano sempre allegre e molto gentili. Nessuna di esse mi fece cenno a quello che stavano presagendo. Rifiutavano i clamori sindacali che, in effetti ,non ci sono stati e forse si sarebbero rivelati inutili. Neppure i giornali hanno parlato della chiusura di Barbisio . L’amica biellese che mi accompagnava, e ‘ rimasta di sasso come lo sono stato io, nel constatare la chiusura. Lo storico marchio nato a Sagliano Micca nel 1862 scompare di scena in punta di piedi . Se rinascerà, forse, non sarà più lo stesso. I cappelli Barbisio sono i più leggeri del mondo, come l’acqua San Bernardo che ,quand’ero bambino, veniva pubblicizzata come l’acqua più leggera. Ma la leggerezza per i cappelli Barbisio non è un espediente pubblicitario, è la realtà. Sono fatti di feltro di pelo e sono frutto di un lungo e paziente lavoro artigianale, anzi, direi artistico. Che pena dover tornare indietro a mani vuote. Terrò i cappelli Barbisio che posseggo, solo per le grandi occasioni.Ero abituato a portarli sempre, preferendoli anche ai Borsalino. Adesso non mi è più consentito:diventano qualcosa di prezioso e di unico, da conservare gelosamente nella naftalina. Un altro pezzo di Piemonte va in frantumi.
La targa in bronzo di Cesare Battisti in piazza Carignano ,all’ingresso della Galleria subalpina, sta andando alla malora come tante lapidi e monumenti torinesi. Cesare Battisti venne impiccato al Castello del Buon Consiglio di Trento perché catturato dagli austriaci e considerato disertore, essendo suddito austriaco. Battisti è stato un grande uomo: deputato, giornalista, scienziato, patriota, oratore di grande efficacia. Era l’esponente socialista (di un socialismo riformista che in Italia non è mai attecchito molto ) che Salvemini considerava il possibile futuro leader del movimento in Italia,se non fosse morto. A Torino, che Battisti frequentò assiduamente e dove tenne infiammati discorsi per l’intervento in guerra nel 1914 /15,lo scorso anno non è stato praticamente ricordato,se si eccettua un incontro al Circolo Ufficiali in cui ebbi l’onore di commemorarlo.Lo feci volentieri perché mio nonno era suo amico e nel 1966,come premio, mi portò a Trento a visitare il Castello dove si era immolato per la causa italiana. Alcuni miei zii partirono per il fronte e vi lasciarono la vita. Mio nonno ritornò dalla guerra e volle portare il nipote a ripercorrere le strade della storia. Oggi la stragrande maggioranza dei giovani non sa chi sia stato l’alpino Battisti, neppure l’Ana odierna l’ha ricordato degnamente nel 2016. Ma forse anche gran parte dei miei compagni di liceo di cinquant’anni fa non lo sapevano .La cosa importante oggi sarebbe bloccare il degrado della targa inaugurata già nel 1918 subito dopo la vittoria. Per Torino e ‘ un dovere.
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LETTERE (scrivere a quaglieni@gmail.com)
Come mai non ha scritto nulla delle belle iniziative legate al Cuore di De Amicis promosse nei mesi scorsi al Borgo Medievale ? Lei,così attento alla storia ?
Ugo Cipriani
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Ho scritto un articolo in dicembre in cui lamentavo l’oblio riservato al Cuore, uscito nel 1886 da Treves. Sono stato troppo pessimista perché al Borgo medievale si sono tenuti ,tra gennaio e febbraio, eventi molto importanti centrati sul Cuore.Forse sono stati poco considerati dai giornali e quindi mi sono colpevolmente sfuggiti.Altrimenti ne avrei scritto molto volentieri. Anticipo al lettore ,per farmi perdonare l’errore commesso, l’uscita per il Salone del libro di Torino a maggio di una nuova ricerca di Bruna Bertolo dedicata alle maestre elementari,dal titoloMaestre d’Italia, un libro che mancava.Un posto di riguardo avrà la maestrina deamicisiana dalla Penna Rossa,ma Bruna Bertolo,da vera storica qual è,ha scritto anche della maestra Rosa Maltoni,la cattolicissima madre di Mussolini che sposò il fabbro Alessandro, anarco-socialista di Predappio.