Colline da bere

Il press tour del Festival del Giornalismo Alimentare

È tornato anche quest’anno l’appuntamento atteso da appassionati di enogastronomia e addetti del settore del giornalismo in tale ambito. È tornato, forte della primissima edizione, il Festival del Giornalismo Alimentare. Uguale la formula: panel con esperti, eventi off e tour enogastronomici alla scoperta del territorio piemontese. Diversa la location: l’Auditorium Vivaldi in piazza Carlo Alberto.

I panel nelle giornate di giovedì e venerdì hanno trattato diversi temi: sprechi alimentari, informazione sugli allarmi alimentari, reati alimentari e agromafie ma anche focus più specifici come le biotecnologie alimentari e sperimentazione genetica. Il sabato invece è stato dedicato alla conoscenza delle realtà enologiche-gastronomiche piemontesi. Noi abbiamo partecipato al tour “Colline da bere” che ci ha portato nelle Langhe alla scoperta della Baladin e del borgo di La Morra e del suo Barolo. Una timida giornata tra inverno e primavera ci accoglie a Piozzo, paesino di 900 anime nelle Langhe, che da sconosciuto ai più è diventato meta di chi ama la birra. Il merito è dell’eclettico Teo Musso. La storia di quella che è oggi una delle birre artigianali italiane più conosciute, è una storia iniziata oltralpe quando Teo adolescente va a Montecarlo dallo zio. Qui infatti assaggia la Chimay Tappo Blu e scopre un mondo fino al quel momento sconosciuto. Negando il vino del padre e bevendo di conseguenza birra industriale, adesso gli si apre un universo nuovo e allettante. L’amore per una ballerina francese influisce nella sua vita, con lei lascia la Francia per tornare a Piozzo dove riaprono una vecchia osteria trasformandola in pub. Dal nome francese “Le Baladin”, il pub proponeva 200 etichette di birre europee.

La birra Baladin nasce però 10 anni dopo, nel 1996, quando Teo va in Belgio per approfondire la conoscenza di questo elisir. La prima birra fu prodotta su delle vasche usate per la produzione di latte e adattate in Belgio per il nuovo utilizzo. Due le primissime birre: la blonde e l’ambrée. La sola vendita nel pub di queste due tipologie fa scappare i clienti ma Teo non si dà per vinto. La Isac e la Super vengono imbottigliate in bottiglie da champagne da 75 cc e inviate a 500 ristoranti in Italia. Teo voleva innalzare la birra al rango del vino servito nei migliori, ma questa scelta era troppo visionaria ai tempi e non da i risultati sperati. Con gli anni l’interesse della stampa, dei media e anche della Carlsberg, che ha attribuito alla Baladin un ambitissimo premio, hanno fatto uscire la birra dai confini piemontesi. La ricerca di nuove ricette per ampliare le esperienze sensoriali porta a nuove birre come la Wayan e la Nora. Innovativo è anche il bicchiere nel quale viene servita la Baladin, il Teku, che nasce anche grazie all’artista Lorenzo Dabove. L’esperienza di Teo spinge altri ad entrare nel mondo della birra artigianale e si crea così una rete di birrai italiani che comunicano tra loro. Il sempre maggiore successo, tra amatori ed esperti, della birra porta agli Open Baladin, pub che diffondono la cultura birraia italiana e i prodotti Baladin. In cantiere c’è adesso il Baladin Open Garden, lo stabilimento si trasformerà per accogliere tutti. Si potrà scoprire il mondo della birra ma anche quello del territorio e dei prodotti delle Langhe in una full immersion per grandi e piccoli.

Quello che colpisce di questa fabbrica della birra 4.0 è la visionarietà, l’attenzione per le materie prime tutte prodotte in Italia, l’innovazione sempre crescente con particolare attenzione per l’ambiente, la cura per ogni singolo dettaglio del mondo Baladin. Questi fattori li ritroviamo ad ogni sorso di ciascuno dei prodotti Baladin che raccontano la storia personale di Teo, del territorio piemontese e italiano: una storia fatta di passione e genio artistico.  Dopo aver conosciuto la storia di quest’eccellenza piemontese ce ne aspetta un’altra, quella del Barolo. A raccontarci delle Langhe e dei suoi vitigni è Michele Alessandria, mentre i nostri occhi si perdono nella vista delle colline dal borgo di La Morra. Sembra di osservare la tela di un pittore illuminata sapientemente da un audace sole invernale che fa spiccare i toni del verde dell’erba, del marrone dei vigneti a riposo e l’azzurro-grigiastro del cielo. Sono i colori delle colline della Bassa Langa che il belvedere di La Morra regala alla nostra vista. La vocazione del borgo è vignaiola, a ribadirlo i tanti vinaioli, il Monumento al Vignaiolo d’Italia in Piazza Castello e la Cantina Comunale. Questa è ospitata nelle cantine settecentesche del palazzo dei Marchesi di Barolo sulla piazzetta del Municipio, dove è possibile degustare e acquistare i vini deli produttori della zona.

Domina il Barolo, vero re del borgo, noi abbiamo degustato il “La Punta” Mac Magnum dell’azienda Crissante Alessandria. Un Barolo ricco in gusto, corposità, colore ed essenza. È incredibile come ogni singolo componente del territorio riesca ad essere percepito nel gusto, nel colori e negli odori dei suoi prodotti. Con la Bassa Langa nel palato e nel cuore si conclude il press tour che ci ha fatto conoscere l’estro e la capacità di uomini che amano la propria terra.

Federica Monello

 

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