Uno dei tanti problemi che affliggono il Pd e’ come coltivare e praticare un autentico pluralismo politico e culturale al suo interno. O meglio, per dirlo con parole piu’ comprensibili, come battere le cosiddette correnti di potere, o bande organizzate per essere ancora piu’ precisi, con le correnti di pensiero. Un vecchio tema caro alla politica italiana. Del resto, anche nella prima repubblica gia’ si parlava delle correnti di potere e di quelle di pensiero. Ma il degrado che attualmente caratterizza la politica italiana, soprattutto nei grandi partiti, e’ frutto anche della sostanziale assenza di ogni forma di confronto politico al suo interno. Un confronto che e’ sostituito solo da una sorda e spietata lotta per il potere dove le aggregazioni – o le tradizionali correnti – che si formano sono soltanto il prolungamento di potere di singoli esponenti e pure etichette inventate per la conquista del potere. Zero pensiero, per dirla con Mourinho. Una sommatoria di tatticismi, di posizionamenti, di equilibri contingenti attenti prevalentemente, se non esclusivamente, alla ricerca e alla conquista di quote di potere. Di qui la progressiva scomparsa dell’elaborazione e della progettualita’ politica. E di qui, di conseguenza, il prevalere della cortigianeria, del servilismo, del gregariato e dell’esaltaItazione del “capo”. E’ persin scontato che, in un quadro del genere, la politica ne esce sconfitta e chi cerca di invertire la rotta viene bollato e visto quasi come un visionario se non come un personaggio che si rifugia nell’astrattismo o, nel migliore dei casi, nella sola testimonianza. Ora, l’iniziativa organizzata sabato scorso a Roma da Gianni Cuperlo che ha dato vita nel Pd ad un’area, la cosiddetta “sociale e culturale”, puo’ rappresentare un punto di svolta per l’intero partito. Un inizio politico che puo’ introdurre, questo si’, una vera discontinuita’. Ma non quelle discontinuita’ che vengono annunciate a giorni alterni e poi sono, di norma, nient’altro che il solito minestrone di potere gia’ visto e sperimentato mille volte. E questo a prescindere dalle singole, e legittime, posizioni politiche all’interno del partito. Perche’ il vero problema, almeno per quanto riguarda il Pd che continua ad essere, piaccia o non piaccia, quasi l’unico partito che crede nel pluralismo politico e culturale al suo interno, e’ che quando decolla un vero confronto politico e’ l’intero partito ad uscirne vittorioso. E questo perche’, quando prevale la politica e la sua progettualita’, il tatticismo e la ricerca del mero potere sono destinati ad uscire di scena o comunque ad essere marginali. Sotto questo profilo il convegno di sabato scorso che si e’ tenuto al Nazareno e’ di buon auspicio. Non solo per la rinata “sinistra sociale e culturale” del Pd ma, si spera, per l’intero partito. E, per quel che conta, forse anche per la politica italiana.
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