Perché Donald Trump non è ancora il Presidente degli Stati Uniti

DI  DALLA REDAZIONE DI OFFICINAMAGAZINE.COM

Republican presidential candidate Donald Trump acknowledges the crowd after addressing a GOP fundraising event, Tuesday, Aug 11, 2015, in Birch Run, Mich. Trump attended the Lincoln Day Dinner of the Genesee and Saginaw county Republican parties. (AP Photo/Carlos Osorio)

L’8 novembre 2016 è un giorno che passerà alla storia. Infatti, non solo si sono tenute le elezioni del 45° Presidente degli Stati Uniti d’America, ma queste sono state vinte dal candidato repubblicano, Donald J. Trump. Trump, dato da sempre per sfavorito in tutti i sondaggi e da tutte le principali testate giornalistiche degli USA e del mondo, è infatti riuscito ad aggiudicarsi 279 Grandi Elettori, contro i 228 della candidata democratica (data per vincitrice in tutti i pronostici), Hillary Clinton.

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Se la vittoria di Trump sia giusta o sbagliata, se il suo sarà un governo buono o dannoso non è ciò di cui si parlerà in questo articolo. Questo articolo parlerà invece del perché Donald Trump non è ancora il Presidente degli Stati Uniti. Bisogna subito chiarire, allora, che il sistema elettorale americano è completamente diverso da quello a cui siamo abituati: l’8 novembre il popolo si è recato alle urne e ha votato per il candidato che più gli stava a genio, ma, se il voto si fosse fermato qui, Hillary Clinton sarebbe risultata vincitrice. La candidata democratica, infatti, ha vinto il “popular vote”, il voto del popolo, poiché è stata votata da ben 59.814.018 persone, ricevendo circa 200 mila voti più di Trump. Tuttavia, il voto americano non finisce qui. In tutti i 50 stati USA, infatti, vengono scelti un certo numero di Grandi Elettori (in base alla popolazione: più uno stato è popoloso, più Grandi Elettori avrà) i quali hanno il compito di eleggere definitivamente il Presidente degli Stati Uniti d’America (le elezioni, infatti, avvengono mediante una procedura di secondo grado).

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Trump, dunque, è risultato vincitore di queste elezioni in quanto ha ottenuto un maggior numero di voti (e, quindi, ha vinto) in Stati in cui vi è un maggior numero di Grandi Elettori (come ad esempio la Florida): infatti, per legge, il candidato che ottiene più voti in uno stato ne vince il “pacchetto” intero di Grandi Elettori. Ma il miliardario, per ora, può definirsi solamente “President-elect”, cioè Presidente eletto, titolo che verrà confermato solamente dopo il voto del Collegio elettorale che si terrà il 19 dicembre. Tuttavia, un’ulteriore complicazione sta nel fatto che i Grandi Elettori, nella maggior parte degli Stati americani, non hanno alcun vincolo di voto: possono decidere se votare per il candidato che ha vinto nel loro stato, come anche per il suo rivale. In questo passaggio, normalmente automatico, sta il vero problema di quest’anno: subito dopo l’elezione di Trump, infatti, in tutti gli Stati Uniti si sono verificate manifestazioni e rivolte contro il risultato a dir poco inaspettato delle votazioni e contro la presidenza di un uomo da molti, forse troppi, ritenuto inadatto a governare. È giusto, tuttavia, specificare che il risultato delle elezioni popolari e delle elezioni del Collegio elettorale raramente, nella storia degli USA, è risultato discorde, quasi sempre i due risultati si sono confermati a vicenda.

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Ora, dunque, si può solo attendere di sapere quale sarà il voto dei Grandi Elettori e, mentre per i sostenitori di Donald Trump il risultato è già sicuro, per quelli di Hillary Clinton il Collegio degli elettori rimane un’ultima, fioca speranza di vedere la loro beniamina come Presidente degli Stati Uniti d’America.

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