Il profumo del pane appena sfornato a Cannobio si confondeva con l’odore delle vacche e delle capre della Val Cannobina e il fragrante aroma di tabacco che fuoriusciva dalla fabbrica di sigari di Brissago si congiungeva con l’afrore…della misteriosa ( ma non più di tanto) Giuditta. Non c’è prova migliore del fatto che
“il lago non è il mare”
Sono trascorsi quasi cinquant’anni da quando il critico d’arte e editore milanese Vanni Scheiwiller pubblicò il racconto di Piero Chiara (nella foto) “Ti sento,Giuditta”. Lo scrittore luinese era già famoso, grazie a libri – pubblicati negli Oscar Mondadori – come Il piatto piange e La spartizione ( dal quale, nel 1970, è stato tratto il film “Venga a prendere il caffè da noi”di Alberto Lattuada, con uno straordinario Ugo Tognazzi nei panni di Emerenziano Paronzini, funzionario statale di mezza età alle prese con le tre sorelle zitelle Tettamanzi, interpretate a loro volta da Angela Goodwin, Milena Vukotic e Francesca Romana Coluzzi).
Un racconto straordinario, intessuto sulle emozioni sprigionate dagli odori recati dal vento sulle sponde del lago Maggiore che ci induce a “pensarlo” come un tutt’uno, oltre i confini statali e regionali. I libri di Piero Chiara, scomparso nell’ ultimo giorno del 1986, sono stati tradotti in 14 Paesi con oltre cinque milioni di copie vendute. In una serata in suo onore, quando gli fu chiesto: «Il suo scritto migliore?» rispose secco: «Ti sento, Giuditta, quel conturbante odore di femmina, indispensabile ingrediente della vita». Il protagonista del racconto, Amedeo Brovelli, provetto pescatore ed abituale frequentatore del Caffè Clerici, era solito soffermarsi a lungo sul molo di Luino, fiutando il vento di tramontana. Stando lì, nei pressi dell’imbarcadero, dove arrivavano le raffiche, riusciva a distinguere tutti i sentori che il vento, scendendo dalla Svizzera, raccoglieva lungo le valli dell’altra sponda.
Il profumo del pane appena sfornato a Cannobio si confondeva con l’odore delle vacche e delle capre della Val Cannobina e il fragrante aroma di tabacco che fuoriusciva dalla fabbrica di sigari di Brissago si congiungeva con l’afrore…della misteriosa ( ma non più di tanto) Giuditta. Non c’è prova migliore del fatto che “il lago non è il mare”. Una differenza non da poco, non esauribile nel dolce e salato dell’acqua quanto in misure e distanze. Dentro il perimetro del Verbano, i concetti di distanza/vicinanza e di prossimità/lontananza (tra la sponda “grassa” piemontese e quella “magra” lombarda) sono tutt’altro che netti e facilmente si possono ricondurre a misura d’uomo, tanto che l’occhio e lo sguardo riescono a coprirli agevolmente, senza fatica. E se si hanaso ( e fantasia), si possono misurare, come insegnava Piero Chiara, con il metro del vento. Che, com’è noto, non conosce dazi e confini e ha, sul lago, “l’ odore dell’ acqua e quasi di luce”.
Marco Travaglini