Paolo Gulisano è milanese di nascita ma grandissima parte della sua vita l’ha trascorsa a Lecco dove vive tuttora. E’ medico ma affianca da anni un impegno culturale come saggista e scrittore. E in questo campo è considerato come il maggiore conoscitore italiano di Tolkien ed è fortemente legato all’Irlanda cui ha dedicato diverse opere. L’ultima, edita quest’anno per i tipi della casa editrice “Il Cerchio” è “Per l’onore dell’Irlanda. L’insurrezione irlandese del 1916” che venne repressa nel sangue dall’esercito britannico. La sua recente presenza a Casale Monferrato, nel corso della quale ha presentato il libro (già esaurita la prima edizione) e incontrato i ragazzi dell’Istituto Superiore Sobrero è stata occasione per approfondire l’argoento dell’Isola di Smeraldo, che – tra l’altro – è argomenti dei romanzi di un’altra scrittrice emergente piemontese, Maura Maffei.
Quando nasce il suo interesse per l’Irlanda ?
Intorno ai vent’anni. Iniziai a leggere tutto quello che c’era in Italia sull’Irlanda, anche i libri che c’erano alla libreria inglese di Milano. Poi a ventiquattro anno, nel 1983 ci andai per la prima volta con la paura di rimanerne disilluso, La realtà, però, superò i sogni. L’Irlanda è un patrimonio dell’umanità.
Che cosa l’ha colpita di più ?
Gli aspetti storici, l’importanza della religione, anche quella pre – cristiana, antecedente l’evangelizzazione di San Patrizio, la passonalità nel vivere il cristianesimo, un cristianesimo senza sconti, degli irlandesi.
La radice cristiana del “Sacro suolo d’Irlanda” si sente ancora oggi ?
Il benessere ha portato, certamente, la secolarizzazione. Oggi di cono due Irlande, una è quella di Dublino, una città cosmopolita, l’altra è quella profonda, rurale, dove la gente continua ad andare a Messa e permane una religiosità forte che è stata a lungo perseguitata nel corso dei secoli.
Il rapporto tra gli irlandesi e gli inglesi com’è ?
Non va dimenticato che l’Irlanda è stata sotto il dominio inglese per sette secoli. Oggi, però, le cose sono cambiate, a cento anni dalla rivolta di Pasqua. La maggior parte dei turisti che vengono in Irlanda sono inglesi che possono muoversi senza problemi ovunque.
Questo vale anche per l’Irlanda del Nord ?
Lì c’è stato un conflitto coloniale, con la presenza di una parte di popolazione britannica importata in quelle contee, coloro che sono stati chiamati “Lealisti” per la loro fedeltà alla Corona britannica. Pertanto l’impressione è che a Belfast il fuoco arda ancora sotto la brace e che l’Accordo di Venerdì Santo del 1998 sia una lunga tregua
Veniamo alla Pasqua del 1916 ed a quanto venne dopo. Lei è per Eamon De Valera o per Michael Collins ?
De Valera sicuramente. E’ stato uno dei grandi protagonisti della storia d’Irlanda. Gli venne imputato di aver voluto un’Irlanda cattolica, bigotta, arretrata, cercò invece di introdurre e divulgare attraverso il Fianna Fail la dottrina sociale della Chiesa. Collins nel 1916 era ancora giovane, ciò non toglie che avesse doti di stratega militare. De Valera è stato oggetto di attacchi da parte di una tendenza secolarizzatrice.
Siamo in Piemonte e con noi c’è un’altra scrittrice che si occupa di Irlanda da sempre, Maura Maffei. Come è nata la vostra conoscenza ?
Erano i primi anni Novanta e collaboravo con una casa editrice, la Marna, come consulente. L’editore mi disse di avere un scritto da sottoporre al mio giudizio. Era “Il Traditore” (il romanzo ambientato nell’Irlanda medievale con il quale Maffei ha debuttato come autore), l’ho letto e ho detto che era da pubblicare, ad una sola condizione, che scrivessi io la prefazione. E così è stato.
Occorre a questo punto chiedersi se vi sono legami altrettanto profondi tra la verde Irlanda ed il profondo Piemonte, soprattutto nella sua area collinare e pianeggiante. Ma questo sarà oggetto di un’altra riflessione.
Massimo Iaretti