Una storia dura

violenzaSTORIE DI CITTA’ /

di Patrizio Tosetto

“Ho passato 9 anni d’inferno e di botte con l’uomo che ho sposato”

E’ una storia dura, una storia che ti fa riflettere, ed al tempo stesso evidenzia l’impotenza e la dovuta solidarietà in questi tempi duri. Andiamo in quella pizzeria anche perché ci si sente a casa. Mi ha portato un amico, e la proprietaria è sua cugina. Padrona di casa sempre attenta nel soddisfare le nostre richieste culinarie. Alla periferia della città, e poco alla volta al nostro tavolo “passano tutti”, per una chiacchiera e per fumarsi una sigaretta. L’ultima volta si è cominciato dai segni zodiacali, e poi si sa, noi italiani siamo tuttologi e non potremmo concepire il mangiare senza parlare. Ci sono le elezioni amministrative ,dunque giù nel parlare di politica. Definite le tesi che sitosetto confrontano. La più “originale” ascrive alla sinistra la volontà di “chiamare” gli extracomunitari in Italia per farci business con le coop rosse. Cerco d’obbiettare che la realtà mi sembra  molto più complessa, che le cause sono molteplici, che ora “scappati i buoi” è difficile correre ai ripari. Ma allora sei per l’integrazione? Rispondo cercare di convivere, pretendendo il rispetto delle regole…

“Con i musulmani è impossibile la convivenza”. Probabile ma la convivenza è difficile con chi dice di parlare in nome di Dio, visto che ci sarà sempre qualcuno che avrà un Dio proprio molto più Dio del tuo. Carla (nome di fantasia) si è alzata e risieduta più volte. Scuote la testa, accende l’ennesima sigaretta,  e dice: “quello che ti frega è se t’innamori. Fortunatamente ci sono amori più forti di altri amori”.

Spiegati.  Sapessi Patrizio quanto era dolce da fidanzati. Avevo il mondo contro, compreso i miei, in particolare mio padre. La prima sberla l’ho presa il giorno stesso del matrimonio”.

Inebetito ho chiesto spiegazioni: “ora che ci siamo sposati tu sei di mia proprietà”. Incalzano altri: Visto Patrizio con i musulmani non c’è possibilità di convivenza? Io replico con le domande. Il suo è un racconto preciso, essenziale. Continua.

“Dopo 4 anni è nata mia figlia. In quel momento ho capito, ho provato un amore più forte di tutto e di tutti. Ho ancora faticato ma mi sono liberata. Da quest’uomo mi sono liberata e non volendo niente, semplicemente non lo voglio vedere più. Rimane il cruccio delle domande di mia figlia, so di rinviare nel tempo qualcosa a cui dovrò rispondere con le parole di verità, me lo impone l’amore verso mia figlia. Faccio due lavori, ma non devo chiedere nulla, tutto per mia figlia”.

Questo raccontare e come “schiacciarti” contro un muro. Ma non è finita. “Faccio ora la puericultrice e incontro tutti giorni giovani donne che hanno avuto figli da extracomunitari. Vorrei parlarle della mia esperienza. Ma mi taccio per evidenti motivi, mi sento impotente”.

Con tuoi genitori? “Ho recuperato, in particolare con mio padre, purtroppo ora vivono in Calabria”. Posso scrivere un articolo? Assolutamente si, cercando d’essere discreto”. Anonimato, certo,  ma si deve sapere di storie simili. Anche a me rimane l’impotenza. Ma ritrovo con lo scrivere la forza di reagire. Una leggera brezza si alza. rendendo la serata ancora più piacevole.

Ti sei convinto, Patrizi,o che la convivenza è impossibile? Loro non vogliono la reciprocità e noi non dobbiamo cedere. Rispondo: Non voglio convivere con quell’uomo che ha picchiato, ma voglio fare qualcosa per Carla e per altre donne, così che non incorrano in simili problemi.

Mentre scrivo mi sono ricordato di una comunità alloggio per donne separate. Stanno aumentando le donne non di religione cattolica. Non solo segno dei tempi, ma anche della insoddisfazione delle donne ( musulmane) di essere considerate oggetti da chicchessia.  I nostri diritti sono universali, per tutti. Un buon modo per prevenire, rifiutandomi di considerare un Dio più Dio dell’altro. Sono dalla parte di Carla, sono dalla parte delle donne, ne va anche della mia libertà.

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