La bella Miss Torino 1957 fu aggredita a morsi da un'amica per 10 mila lire

COSA SUCCESSE IN CITTA’  / di Simona Pili Stella

 

pili simonaSecondo una ricerca condotta presso l’ University College di Londra dalla neuroscienziata Eleanor Maguire, il passato è strettamente connesso al futuro, tanto che chi soffre di amnesia e quindi dimentica il passato, non riesce più nemmeno ad immaginare e a prospettarsi un futuro. Ebbene, forse per attenerci un po’ alle recenti scoperte, o forse perché in fondo il mondo e nello specifico la città in cui viviamo è fatta di storia e di aneddoti passati,  Il Torinese ha deciso di dedicare una rubrica a Torino e agli avvenimenti più curiosi e che più l’hanno segnata nel corso degli anni, se non addirittura dei secoli precedenti

 

Erano le ore 14.00 del 24 settembre 1947 quando Giovanni Musso, uomo di 34 anni, biondo e dall’aria patita, si gettò sulle rotaie di Corso Statipiazza castello vecchia Uniti, all’angolo con Via Sacchi, proprio dove stava passando il tram della linea 9 sbarrato. Fortunatamente il manovratore, accortosi in tempo dell’insano gesto dell’uomo, riuscì ad evitare la tragedia; stordito ma incolume, Giovanni si rialzò tra le urla spaventate dei passanti e si allontanò velocemente. Due ore più tardi l’uomo venne fermato dagli agenti del commissariato di San Salvario, allertati da alcuni passanti che avevano visto il giovane uomo tentare di strangolarsi nei pressi di Ponte Isabella. Una volta condotto al commissariato, Giovanni confessò agli agenti di aver tentato più volte il suicidio in quel giorno: la prima volta gettandosi sulle rotaie del tram, la seconda volta supplicando un giardiniere (che lavorava al Valentino) di mozzargli la testa con il falcetto, e la terza, appunto, tentando di strangolarsi con un “fazzoletto” mentre si trovava sul Ponte Isabella. L’uomo, residente in provincia di Cuneo, non fu in grado di motivare agli agenti le cause degli insani gesti; l’unica cosa che continuò a ripetere fu la volontà di andare in carcere piuttosto che ritornare a casa. Venne richiesto immediatamente l’intervento del medico che lo fece ricoverare in osservazione all’ospedale psichiatrico.

 

[ La Gazzetta del Popolo]

 

Era il 7 settembre del 1957 quando una donna di 39 anni, Rosanna Gallano, dopo essere entrata in un caffè del centro di Torino, si tolse la vita ingerendo dell’acido muriatico. Quella mattina Rosanna, impiegata da molti anni come contabile presso l’amministrazione postale, invece di recarsi presso il suo ufficio in via Amendola 9, si fermò al caffè “Stadio” di corso Vittorio, all’angolo con corso Vinzaglio. La donna, dopo essersi seduta ad un tavolino e avere ordinato, come una normale cliente, un cappuccino, cominciò a sentirsi male, accasciandosi al suolo e contorcendosi lamentando forti dolori. La povera donna venne immediatamente soccorsa dal proprietario del bar e da alcuni avventori, che notarono subito uno strano segno bluastro intorno alla bocca della sventurata. Ormai agonizzante e con un filo di voce, Rosanna confessò di aver ingerito pochi minuti prima dell’acido muriatico, così, non appena giunsero i soccorsi, venne trasportata d’urgenza all’ospedale Mauriziano. Purtroppo a causa della gravità dell’avvelenamento, la donna morì qualche ora più tardi. Secondo le indagini della polizia, la signora Gallano compì il tragico gesto per la paura (infondata) di essere sottoposta ad un’ inchiesta per il suo operato in ambito lavorativo.

[La Gazzetta del Popolo]

 

ACCADDE MISSEra invece la sera del 14 settembre sempre del 1957, quando l’ospedale Martini ospitò la donna che al tempo venne considerata la più bella della città. Quella sera infatti, giunse al Pronto Soccorso, in seguito ad una violenta aggressione subita da una sua amica, Mira Pillon, la diciannovenne eletta (qualche mese prima) “Miss Torino”. Poco tempo prima che venisse eletta “Miss”, Mira, abitante in via Vittoria 32, aveva cucito un paio di vestiti per la sua amica e coetanea Carmen Palletti. Dopo aver consegnato i vestiti all’amica, la giovane pretese il pagamento di diecimila lire per il lavoro effettuato, ma la cliente invece di ricompensare l’amica non si fece più vedere, negandosi più volte sia al telefono che a casa. Passarono i mesi, Mira venne eletta “Miss Torino” e partecipò al concorso di Miss Piemonte, ma di quelle diecimila lire non ci fu più traccia. In seguito, finita l’estasi e la popolarità dei concorsi, la giovane si recò nuovamente dall’amica per riscuotere ormai quel vecchio pagamento. La bella “Miss” citofonò a casa di Carmen, ma appena la porta si aprì la ragazza venne aggredita dalla stessa Palletti che avventatasi su di lei, cominciò a colpirla con calci pugni e addirittura morsi. La povera Mira, spaventata e dolorante, si recò immediatamente al commissariato Borgo Dora dove sporse denuncia per l’aggressione subita e anche per il mancato pagamento delle diecimila lire. Una volta giunta al Pronto Soccorso la ragazza scherzò sul fatto che quei lunghi capelli che le erano valsi il tanto ambito e desiderato scettro, erano stati il suo punto debole durante l’inaspettato “incontro”.

[La Gazzetta del Popolo]

 

Erano le ore 19.00 del 5 settembre 1966 quando Domenico Corati, commerciante di 41 anni, abitante in strada Settimo 45, venne arrestato perACCADDE VECCHIO aver aggredito e minacciato con una pistola il benzinaio di 28 anni, Eugenio Campia. L’episodio avvenne davanti al chiosco di benzina di Strada Settimo 14, di proprietà del signor Campia. Domenico Corati giunto al chiosco per fare benzina, chiese al benzinaio 1000 lire di “normale” ma, al momento di pagare, il conto risultò essere di 2865 lire poiché gli era stato fatto il pieno. Domenico cominciò a protestare e a rifiutarsi di pagare e quando il proprietario del chiosco minacciò di chiamare la polizia, il commerciante tirò fuori una pistola da sotto il sedile della sua macchina. Il benzinaio, senza farsi intimidire, cercò di strappare l’arma dalle mani dell’uomo e tra i due iniziò una violenta lotta che terminò con il sopraggiungere della polizia avvisata da alcuni passanti. Il signor Corati venne portato al commissariato Barriera di Milano dove venne arrestato con l’accusa di tentata rapina e porto abusivo d’armi. Al benzinaio non venne mai pagato il pieno.

[La Gazzetta del Popolo]

 

Il 20 settembre 1980 un tragico episodio sconvolse la città. Lo studente universitario Carlo Bertolo di 21 anni e una sua amica, la diciassettenne Paola Narciso, precipitarono dal tetto dell’abitazione del loro amico Francesco Rovere. Il terribile episodio avvenne poco dopo la mezzanotte quando i due giovani, alla fine di una festicciola data dal ventiquattrenne Francesco, nella sua mansarda in via Saluzzo, decisero (forse dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo), di uscire fuori sulla piccola terrazza e di salire sul tetto. La tragedia avvenne in pochi secondi: mentre stavano tornando indietro per far rientro in casa, i due ragazzi scivolarono improvvisamente, precipitando spaventosamente nel vuoto dal tetto della palazzina di cinque piani. I due corpi precipitarono tra le urla degli altri ragazzi che assistettero impotenti alla terribile scena. Vennero immediatamente chiamati i soccorsi ma mentre la prima ambulanza che soccorse Carlo, arrivò quasi subito, l’altra ambulanza destinata a soccorrere Paola, ritardò inspiegabilmente di quasi quindici minuti. Entrambi i ragazzi dopo essere stati soccorsi sul posto vennero immediatamente trasportati alle Molinette in condizioni gravissime.

[La Stampa]

 

torino 70Il 23 settembre 1992 una macabra storia interessò le pagine di cronaca della città. Il pomeriggio di quel giorno venne ritrovato, all’interno di un congelatore, situato in una cascina di None, il corpo senza vita di Graziano Bausa, un quarantacinquenne residente in quella cascina con la sua famiglia. L’uomo venne ucciso tredici mesi prima dalla moglie Grazia Fichera, 43 anni, dal figlio Vito di 18 anni, dalla figlia Maria Franca di 20 anni e da una sua amica, la ventiquattrenne Romilda Odin. I quattro addormentarono l’uomo facendogli ingerire un potente sonnifero sciolto nella minestra, poi una volta che l’uomo si fu addormentato, gli somministrarono tramite una siringa, una dose letale di eroina. Dopo averne constatato la morte, misero il corpo dell’uomo all’interno di un congelatore, immergendolo completamente in una soluzione di acido muriatico così da accelerarne i tempi di decomposizione. Il corpo senza vita dell’uomo rimase nel congelatore (posto tra l’altro tranquillamente contro una parete della cucina), per ben tredici mesi, fino a quando i carabinieri non intercettarono (per caso) una telefonata tra Grazia Fichera e un tossico dipendente, Marcello Fornerone, un uomo che gli agenti stavano da tempo tenendo d’occhio per altri motivi. Durante la chiamata, la donna offriva dei soldi a Fornerone (venuto a conoscenza del fatto poiché amico intimo di Romilda Odin), affinché si liberasse del congelatore con dentro il cadavere di suo marito. Quando i carabinieri giunsero sul posto trovarono i resti dell’uomo all’interno del congelatore; la madre ed i figli dichiararono di aver compiuto il folle gesto poiché non sopportavano più il comportamento violento dell’uomo e confessarono inoltre, di aver mascherato la sua sparizione dicendo a parenti e amici che Graziano era scappato in Brasile con l’amante.

[La Stampa]

 

 

Simona Pili Stella

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