Chi fa pipì sui muri da piccolo diventa buzzurro da grande

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 AVVISTAMENTI / di EffeVi

I disperati dei barconi, laceri e sporchi, accampati in stazione a centinaia, fanno notizia e certamente danneggiano l’immagine delle nostre città. Tutto un coro di voci indignate e di allarmi su focolai di scabbia, colera, Ebola. Ma probabilmente quelli, forniti di strutture igieniche anche temporanee, insegnerebbero ai loro figli come usarle. Attendiamo ansiosi fiaccolata di protesta contro i buzzurri italiani, che sono molti di più dei profughi stranieri

 

Un pomeriggio torinese qualunque, ore 17.00, nella centrale piazza XVIII dicembre: una madre – italianissima – aiuta il suo bambino a “liberarsi” direttamente su una colonna del porticato. Gli cala i calzoncini e lo incoraggia: il pupo (sui tre-quattro anni) in capo a qualche minuto completa l’operazione, la mamma lo riveste come se niente fosse e si avvia alla metropolitana.Il tutto, davanti a un bar, i cui avventori – seduti nel dehors – alternano espressioni tra l’incredulo, lo scandalizzato e il finto distratto. Non uno che si alzi a dire qualcosa.

 

Ammettiamo che la madre – normalmente vestita ed equipaggiata di costoso passeggino ultimo modello – non sia a conoscenza dell’obbligo per iPIPI2 bar, in quanto pubblici esercizi, di mettere a disposizione le toilettes anche senza consumazione al banco. Ammettiamo anche che, da bambina, non abbia mai sperimentato tale classica situazione, e che sua madre, a differenza delle nostre, non l’abbia mai portata nel primo caffè aperto, chiedendo dove fossero i bagni, prima di ordinare un bicchiere di acqua del rubinetto (costo: 30-50 centesimi) per salvare le forme. Ammesso tutto questo, resta un interrogativo: che idea resterà a quel bambino, una volta cresciuto, delle regole minime della civile convivenza?

 

Un uomo adulto, cui la madre ha insegnato con l’esempio che è normale calarsi le mutande e usare le strade del centro storico come una latrina, che idea avrà delle regole di convivenza, del  rispetto per la proprietà pubblica e altrui, per il decoro, per tutto ciò che, insomma, ci differenzia dagli animali dai tempi dell’uomo di Neanderthal ? Non si tratta di rimpiangere una lontana epoca di bigliettai del tram in uniforme, di maestri di scuola temibili, di carabinieri di Pinocchio; bisogna piuttosto interrogarsi sull’utilità di tanti discorsi e tante polemiche sulla “buona scuola”, e 

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sull’opportunità di spendere ogni anno milioni su progetti per la “coesione sociale” e contro il “disagio giovanile”, con lo sguardo rivolto a un futuro preoccupante che si fa presente, in cui al controllore non si presenta il biglietto ma si trancia un braccio con un machete da foresta pluviale. In un mondo in cui le madri insegnano ai figli piccoli a urinare sulla pubblica via in pieno centro, il disagio non è più dei giovani, ma di qualsiasi persona civile.

 

Recentemente il Comune di Torino ha annunciato che sperimenterà, insieme ad altre cittàPIPI4 della rete smart cities, una speciale vernice idrorepellente, brevettata ad Amburgo, che sostanzialmente rifletterà sugli zozzoni che si liberano sui muri la loro stessa urina. Quando al governo ci andrà una generazione di bambini abituati a considerare quello sopra descritto un comportamento normale, c’è da scommettere che la sperimentazione verrà sospesa. E sarà il minore dei problemi. Postilla per politici e giornalisti: i disperati dei barconi, laceri e sporchi, accampati in stazione a centinaia, fanno notizia e certamente danneggiano l’immagine delle nostre città. Tutto un coro di voci indignate e di allarmi su focolai di scabbia, colera, Ebola. Ma probabilmente quelli, forniti di strutture igieniche anche temporanee, insegnerebbero ai loro figli come usarle. Attendiamo ansiosi fiaccolata di protesta contro i buzzurri italiani, che sono molti di più dei profughi stranieri.

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