Le associazioni dei familiari delle vittime verso un convegno a Roma per non fare cadere nel dimenticatoio il problema di tanti casi di denegata giustizia
C’è un filo rosso che collega le tragedie dell’Eternit e della ThyssenKrupp e non solo. Nell’ambito delle Settimane della Sicurezza, promosse dalla rivista Sicurezza e Lavoro le associazioni riunite nell’emblematico titolo di “Noi non dimentichiamo” hanno espresso in un comunicato congiunto “La solidarietà alle vittime dell’amianto per la sentenza scandalosa della Corte di Cassazione che ha annullato il processo Eternit per la prescrizione del reato ambientale doloro permanente”.
Per questo i diversi componenti (oltre all’Afeva ci sono Comitato Matteo Valente, Associazione Vito Scafidi vittile della scuola, Il mondo che vorrei di Viareggio, Assemblea 29 giugno, Vittime scuola San Giuliano di Puglia, Legami d’acciaio – ThyssenKruppo di Torino, Avus vittime studenti L’Aquila, Vittime casa dello studente, Voci della memoria, Moby Prince, Associazione vittime scuola Casalecchio di Reno e la rivista Sicurezza e Lavoro diretta da Massimiliano Quirico) hanno deciso di organizzare un convegno, che si terrà prossimamente a Roma, dove verranno invitati giuristi edmagistrati “che siano disposti ad ascoltare le proposte di noi cittadini così duramente colpiti e per questo, particolarmente esperti, di come non funziona la giustizia italiana”.
Parole dure, ma giustificate dalle ripetute sentenze che, sovente, antepongono il diritto (o meglio una applicazione pedante dei suoi cavilli) alla richiesta di giustizia che viene da chi ha perso qualche persona cara. L’obiettivo è la proposta di modifiche sostanziali all’istituto della prescrizione nell’ambito di omicidio colposo, di disastro ambientale e in merito ad una tutela dei diritti di familiari e vittime. “Per richiamare l’attenzione delle istituzioni e della politica – scrivono le associazioni – sul percorso che abbiamo dovuto affrontare ogni volta che abbiamo tentato di ottenere verità e giustizia e sulle conclusioni vergognose e sconcertanti con le quali si sono concluse le nostre vicende processuali”.
Massimo Iaretti
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