E’ passato un secolo dalla nascita di Tòni Bodrìe, uno dei più grandi poeti in lingua d’oc e in lingua piemontese del 900.
Dedicò tutta la sua vita alla riscoperta e alla difesa delle culture naturali, d’amont e dell’òm servaj, minacciato dalla massificazione e dall’omologazione globale.
I suoi versi erano raffinati, il suo lessico ricco e ricercato, amava usare giochi di parole, ossimori, rime rare e complesse. Barba Tòni era una sorta di giocoliere delle parole, che innestava sulla koiné millenaria piemontese le varianti tipiche cuneesi.
Le tematiche che trattava maggiormente erano la natura, le montagne e la preservazione di un certo mondo incontaminato e armonioso come quello delle vallate alpine, facendo emergere in certi casi sfumature antiprogressiste e antiurbaniste.
Sul piano più politico Barba Tòni, dopo essere stato influenzato in gioventù dalle idee ‘occitaniste’, sposò in seguito il piemontesismo, cogliendo quella che era l’anima storica più profonda e intima del Piemont: quella del Piemont come ‘pais’, come nazione, come patria sovrana, punto di incontro delle culture transalpine, padane e italiche.
Un Piemont che trovava collocazione, secondo la visione del poeta, in un’Europa federale di ‘villaggi e città e non degli stati’.