L’epoca è quella delle Crociate. Gerusalemme è tornata cristiana già da alcuni decenni e tante altre crociate verranno dopo la riconquista araba della città santa verso la fine del dodicesimo secolo. Crociati e pellegrini sono in marcia da tutta l’Europa verso Roma, verso l’Oriente e la lontana Terra Santa.
Passano anche a Chieri, alcuni solo il tempo necessario per rifocillarsi e riprendere il cammino da poveri crociati, altri invece si fermano molto più a lungo e costruiscono, nell’attuale via Roma, una “domus” templare, la chiesa di San Leonardo, l’unico tempio in provincia di Torino posseduto dal potente Ordine medievale di monaci-cavalieri. Un tempo fu precettoria templare e poi divenne un ospedale dei cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, i futuri cavalieri di Malta le cui croci ottagone si stagliano sulla facciata dell’edificio. Non tutto però fila liscia, templari e chieresi non sempre vanno d’accordo. Deve intervenire addirittura Federico II, l’imperatore svevo nato a Jesi, che tanto amava la nostra penisola. Cerca di fare da paciere tra il neonato comune di Chieri e i Templari per contrasti riguardanti la vendita di case e terreni. Risolve tutto e il documento firmato a Torino tra le parti nel 1245 pone fine alla disputa.
Con la caduta di Acri (oggi Akko in Israele) nel 1291, conquistata dai Mamelucchi, i cavalieri di San Giovanni furono costretti a fuggire dalla Terrasanta per riparare prima a Cipro e poi nell’isola di Rodi diventando i Cavalieri di Rodi. Obbligati a lasciare l’isola all’arrivo della flotta ottomana nel 1522 ottennero dall’imperatore Carlo V l’isola di Malta e dal 1530 sono conosciuti come Cavalieri di Malta. Il cavaliere di Rodi Tommaso Ulitoto nei primi anni del Quattrocento fece ricostruire l’ospedale e la chiesa di San Leonardo che però cadde in uno stato di totale abbandono. Nell’Ottocento diventò perfino un’officina e il campanile fu abbattuto. Nei primi anni Trenta chiesa e domus templare furono acquistate dai salesiani e divennero parte integrante dell’attuale Oratorio di San Luigi. Della chiesa di San Leonardo è ancora visibile la piccola navata centrale ma non resta nulla dell’ospedale di Santa Croce dei Cavalieri di San Giovanni. All’interno della precettoria sono tornati alla luce, dopo lunghi restauri, preziosi affreschi del Quattrocento che illustrano la Passione di Cristo.
“La Resistenza oggi, ottant’anni dopo”. Sarà questo il lungo fil rouge su cui, venerdì 8 settembre, si inaugureranno al “Polo del ‘900” di Torino (dove il 2 agosto scorso era già stato il presidente Sergio Mattarella, a “benedire” il prezioso lavoro condotto dal Centro sui temi di “Memoria, futuro e partecipazione”), le manifestazioni celebrative a 80 anni, tondi tondi, dall’inizio della “Resistenza” o “Secondo Risorgimento” italiano contro l’oppressione e la dittatura nazifascista. Non casuale la scelta del giorno. Era, infatti, l’8 settembre del 1943 quando il generale e 34° presidente degli USA Dwight D. (Ike) Eisenhower e un’ora dopo, alle 19,42 dai microfoni dell’“EIAR”, il maresciallo d’Italia (nonché capo del governo dal 25 luglio 1943 all’8 giugno 1944), annunciarono l’entrata in vigore dell’armistizio firmato dall’Italia, cinque giorni prima, il 3 settembre, a Cassibile, con gli anglo – americani. Il 9 settembre sarebbe nato il CNL (Comitato Nazionale di Liberazione). L’armistizio segnò uno spartiacque nella storia italiana: finiva l’alleanza con la Germania nazista, ma contestualmente iniziarono gli ultimi sedici mesi di guerra, mesi terribili, mesi di stragi, bombardamenti e rappresaglie, che portarono al 25 aprile del 1945. Alla liberazione del Paese, alla fine del fascismo e della guerra. Il giorno stesso della firma dell’armistizio gli anglo – americani sbarcavano a
Tutto ciò sarà oggetto di riflessione e discussione della “lectio magistralis” dal titolo “8 settembre 1943: disobbedire” di Giuseppe Filippetta – già direttore dell’“Archivio Storico” e della “Biblioteca” del Senato, e autore de “L’estate che imparammo a sparare. Storia partigiana della costituzione” – che aprirà ufficialmente, venerdì 8 settembre alle 18.30, le celebrazioni dell’Ottantesimo, che proseguiranno per i prossimi tre anni a cura di “Istoreto” (“Istituto piemontese per la storia della Resistenza ‘Giorgio Agosti’”) e degli Enti del “Polo”. Alle 17, in “Sala900”, sarà anche accolto per la prima volta il “Comitato d’onore”. Come spiega il presidente Alberto Sinigaglia: “Quando la Città di Torino e la Regione decisero che il ‘Polo del ‘900’ sarebbe stato coordinatore delle manifestazioni per gli 80 anni dell’inizio della Resistenza pensammo che sarebbe stato necessario avere accanto i protagonisti di quella storia e i figli dei protagonisti che non ci sono più”. Con il partigiano Bruno Segre, che proprio al “Polo” ha festeggiato lunedì scorso i suoi 105 anni, sono quindi stati invitati Paola e Aldo Agosti, Patrizia Antonicelli, Lisa e Renzo Levi figli di Primo, Fabio Levi, Claudio e Mariapia Donat-Cattin, i cui cognomi identificano insegne prestigiose tra gli Istituti che compongono il “Polo”. Naturale proseguire con Carlo e Alessandra Ginzburg, che si apprestano ad affidare al “Polo” il prezioso archivio di Leone Ginzburg, e ancora con Andrea e Marco Bobbio, Nicoletta Bocca, Alberto e Stella Bolaffi, Andrea Casalegno, Francesco Cordero di Pamparato, Ludovico Einaudi, Margherita Fenoglio, Giovanna Galante Garrone, Anna Giubertoni moglie di Massimo Mila, Andrea Gobetti, Elena Loewenthal, Lodovico Passerin d’Entrèves, Gianguido Passoni, Giuseppe Perotti, Marco Revelli e Fabrizio Salmoni. E non solo. Da Palazzo San Daniele infatti “ si attendono altre risposte e adesioni”.

Al centro del Santuario una lapide pavimentale ricorda che lì sotto, un tempo lontano, venivano seppelliti i defunti ma quello era anche un passaggio segreto, una sorta di galleria che, secondo la tradizione popolare, collegava il tempio alla chiesa parrocchiale di San Bartolomeo e al cinquecentesco castello della famiglia Della Rovere. È il Santuario di San Desiderio, primo patrono di Vinovo, posto all’interno del cimitero. Ed è per questo motivo che non è facile trovarlo aperto e per vederlo bisogna approfittare di alcune ricorrenze religiose come la festa patronale alla fine di agosto o di qualche evento particolare. Con un po’ di fortuna è anche possibile contattare il custode che aprirà il portone. Comunque sia, anche se fa parte del cimitero ed è sovente chiuso, è un santuario molto caro ai vinovesi. Le notizie più antiche si trovano nei documenti dei Conti della Rovere e risalgono al Duecento anche se a quell’epoca la chiesa era molto più piccola ed era la sede della parrocchia di Vinovo. Ma c’è anche un’altra leggenda che aleggia intorno al santuario ed è quella che ricorda che sull’antica strada che da Moncalieri portava a Piobesi sorgeva un pilone votivo dedicato alla Madonna Addolorata. Per la rabbia di aver perso al gioco, un ragazzo, transitando da quelle parti, lanciò una pietra contro l’immagine della Madonna dipinta sul pilonetto e un rivolo di sangue cominciò ad uscire dal suo viso. La notizia fece velocemente il giro del paese e centinaia di vinovesi accorsero sul luogo del “miracolo” e da allora il ritratto della Madonna continua ad essere venerato. San Desiderio fa bella
mostra di sé in mezzo a due angeli nella lunetta in ceramica sul portale della chiesa. Un altro “miracolo” si può considerare il fatto che il Santuario e la cittadina furono risparmiate dai pesanti bombardamenti della II guerra mondiale e la stessa Vinovo fu posta sotto la protezione della Madonna Addolorata. Una ricca collezione di ex voto, tra cui uno che ricorda il passaggio intimidatorio dei bombardieri sopra Vinovo, è conservata in chiesa. L’edificio religioso fu costruito nel Settecento sulle rovine della cappella originaria di San Desiderio eretta attorno al pilone votivo per conservare l’immagine della Madonna. La cappella era molto diversa dal santuario che vediamo oggi, molto più piccola, non ancora circondata dal cimitero e isolata in mezzo alla campagna. Nel Quattrocento la sede parrocchiale fu trasferita da San Desiderio alla chiesa di San Bartolomeo, patrono di Vinovo. San Desiderio fu ristrutturato più volte nel Settecento e nel 1820 fu edificato il cimitero attorno alla chiesa. Filippo Re
Una spada nella pietra di fronte al castello medioevale della Rotta a Moncalieri, il castello che fu dei Templari e dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Un altro mistero attorno al maniero già ricco di leggende e fantasmi? Un nuovo capitolo nella storia di questo castello, templare ottocento anni fa, che continua a far parlare di sé e che attira studiosi e appassionati di storia medioevale da ogni parte d’Italia? Nulla di tutto ciò, nessun mistero, almeno questa volta, ma una sorpresa c’è. La novità è la presenza di una spada conficcata in una grossa pietra di fronte al castello. La spada è opera dell’artista e ricercatore storico Francesco Lorusso Léon nonché custode del castello de La Rotta. È in onore dei Templari e di tutti i cavalieri che hanno difeso il castello e che hanno servito l’Ordine del Tempio.
Dopo la soppressione dell’Ordine del Tempio il castello fu acquisito dall’Ordine dei Gerosolimitani di Gerusalemme che nel Quattrocento lo ristrutturarono ampiamente. Con la torre di vedetta, il grande cortile interno, l’ospizio per i pellegrini, la cappella, le stalle, il pozzo e i magazzini presentava l’aspetto di una vera “domus” templare. Negli anni Ottanta il maniero fu restaurato. Sotto il castello ci sarebbe ancora oggi una galleria scavata per raggiungere Moncalieri o il borgo di Gorra. Come arrivare al Castello della Rotta? È facile ma ci si può anche perdere se non si conosce bene la zona. Quindi meglio usare il navigatore e segnare strada Tetti Sapini-Moncalieri ed è fatta. Si trova in campagna nella frazione La Rotta di Moncalieri, tra la statale e l’autostrada Torino-Savona e lo si raggiunge dopo aver percorso un breve sentiero sterrato. Filippo Re
“Ci vuole ancora un po’ di pazienza, l’esposizione è prestigiosa e richiede un allestimento particolare, forse per Natale, se sarà possibile..”. Don Marco Di Matteo, parroco del Duomo di Chieri, è tassativo. Per la festa patronale della Madonna delle Grazie a Chieri (1-10 settembre) non ci sarà nessuna mostra straordinaria del Tesoro del Duomo come era stato ipotizzato alcuni mesi fa.
in contenitori in argento dorato, il più antico dei quali risalente al 1230. La Pro-Chieri offrì una taglia da 1 milione di lire per ritrovare la refurtiva. Tra il 1974 e il 1981 furono recuperati diciannove oggetti dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale. Tra questi il reliquario del braccio in argento di Santa Basilissa realizzato nel Trecento senza però la reliquia della Santa e senza l’anello d’oro donato da Papa Sisto IV al Duomo chierese.
Cinquanta.
Spicca sulla parte a levante della Corte Medievale all’interno di Palazzo Madama un affresco della Sindone, datato a metà del XVII secolo e voluto da Cristina di Francia, figlia di Enrico IV e di Maria de’ Medici, andata in matrimonio poco più di trent’anni prima a Vittorio Amedeo, la raffigurazione del sacro lino qui sorretto da dalla Vergine insieme al Beato Amedeo IX e a San Maurizio, figure cardine del culto dei Savoia: a testimoniare il legame saldo che univa il casato e la Reliquia, passata nel 1453 al duca Ludovico e voluta da Emanuele Filiberto nel settembre del 1578 nella nuova capitale. Nella vasta sala a pianterreno, ormai conosciuto e oltremodo visitato capolavoro di reperti che formarono le basi delle costruzioni medievali e vivace rafforzamento di quella Porta Fibellona di epoca romana che avrebbe ancora visto nei secoli successivi ulteriori mutamenti, sono raccolti in eleganti teche ben illuminate (come del resto l’illuminazione è il primo vanto dell’intero luogo), in occasione della mostra In cammino. La porta di Torino: itinerari sindonici sulla via Francigena” (sino al 10 ottobre), sedici illustrazioni originali, realizzate da giovani artisti italiani ormai riconosciuti a livello internazionale (non li nomineremo tutti ma certamente sono degne di attenzione le opere di Elisa Seitzinger – un rosso San Michele dalla bella impostazione che ricaccia il demonio mentre lungo il colpo obliquo della sua spada si allineano le varie stazioni del culto dell’Arcangelo, dall’Irlanda a Israele -, Andrea De Luca – il pellegrino all’ombra di monasteri e di boschi, natura e antiche costruzioni pronte a fondersi all’ombra del rispetto e del silenzio -, Davide Bonazzi, Massimiliano Di Lauro – il viandante immerso tra le risaie del Vercellese -, e Riccardo Guasco, ben uniti al Carlo Gloria di “Vado e Vengo”, struttura in ferro taglio laser verniciato) che con fantasiosa immaginazione perlustrano il Piemonte dei pellegrinaggi, della Via Michelita, della spiritualità, delle Abbazie e dei Sacri Monti, come il Piemonte dell’acqua e della montagna e del cibo.
località nominate.