STORIA- Pagina 131

Gli enigmi di Gustavo Rol

Torino, bellezza, magia e mistero / Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume? Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.

Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo 3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli

Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Rol

Quando si discute su Torino esoterica certo non si può tralasciare di dire qualcosa riguardo all’enigmatica figura di Gustavo Adolfo Rol. Egli fu uno dei personaggi più discussi, chiamato a giudizio non solo dagli scettici, ma anche dagli stessi studiosi di esoterismo e parapsicologia, difeso a spada tratta da illustri personaggi quali Remo Luigi, Giuditta Dembech e Maria Luisa Giordano, sua assistente per dodici anni. Rol, enigmatico anche nelle dichiarazioni, non si definiva sensitivo, né si vantava delle sue abilità, tuttavia non diede nemmeno mai il consenso affinché le sue sedute fossero registrate o sottoposte a controlli. Egli così rispondeva alle critiche: “Sono la grondaia che convoglia l’acqua che cade dal tetto. Non è quindi la grondaia che va analizzata, bensì l’acqua e le ragioni per le quali “quella pioggia” si manifesta” Rol nasce a Torino il 20 giugno 1903 e si spegne nella stessa città il 22 settembre del 1994. È considerato tutt’oggi come una delle figure più importanti della storia dell’esoterismo occidentale, figura misteriosa, attualmente molto discussa, e non è mai stato possibile né smentire né provare ciò che accadeva durante le sue visite. Egli è comunque riconosciuto come Maestro Spirituale del XX secolo, dotato di grande “carisma” o “siddhi” (“potere spirituale”). È indubbio che, per molti, egli indossò gli abiti del “guru”, pur non cedendo mai allo stereotipo stregonesco, al contrario, abbigliandosi sempre con puntuale eleganza, e da semplice borghese, accentuò questa sua “normalità” apparente, in netto contrasto con la personalità brillante e fuori dal comune che possedeva. Al di là dei poteri che gli sono attribuiti, va detto che Gustavo era uomo di grande cultura, parlava diverse lingue, suonava il pianoforte ed il violino e dipingeva; inoltre, nei modi di fare si dimostrava un vero e proprio “gentleman”, sempre affabile, gentile, cortese. Egli non fondò alcuna setta, non si mise a capo di alcun gruppo mistico, solo si circondava di amici e frequentatori con cui condivideva ciò che aveva appreso. In effetti quella di Rol può sembrare un’esistenza borghese comune: Gustavo cresce in una famiglia agiata, il padre avvocato, la madre figlia del Presidente del Tribunale di Saluzzo, fin da giovane frequenta i migliori salotti torinesi, conosce artisti e personalità di alta cultura, si appassiona alla musica e alla pittura. Nel 1923 si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Torino, dove consegue la Laurea nel 1933; sottostà ai voleri familiari e nel 1925 inizia la carriera bancaria. Gustavo si ritrova a lavorare in filiali in giro per il mondo, come Marsiglia, Parigi, Londra, Edimburgo, Casablanca e Genova. Nel 1930 si sposa – nella Chiesa San Carlo di piazza San Carlo a Torino – con un’indossatrice norvegese, Elna Resch-Knudsen, imparentata con il Re di Norvegia; i due si erano incontrati, secondo i canoni delle tradizioni romantiche, a Parigi, nel 1927. Il matrimonio, non coronato dalla nascita di figli, viene portato avanti in piena felice condivisione per oltre sessant’anni. Alla morte del padre, Rol decide di lasciare la carriera bancaria, si dedica ad una serie di viaggi e consegue altre due lauree, una in Biologia medico-clinica, a Parigi, e l’altra in Economia, a Londra. Partecipa alla Seconda Guerra come capitano degli Alpini. In seguito apre a Torino un negozio di antiquariato; a partire dagli anni Settanta la sua prima passione diventa la pittura, e si dedica alla rappresentazione di fiori e paesaggi della collina torinese. Nulla di anticonvenzionale, dunque, al contrario una vita che può anche suscitare una certa ammirazione, e anche un pizzico di invidia. Se non fosse per quel lato misterioso. Intorno agli anni Quaranta, infatti, Rol racconta all’amico scrittore Dino Segre, (Pitigrilli), di aver incontrato a Marsiglia un individuo polacco, il quale era in grado di fermare con la forza di volontà l’orologio della Borsa. A seguito di tale incontro Gustavo si avvicina agli studi spirituali, fino ad elaborare una teoria metafisica sull’associazione di suoni, colori ed elementi. Questo il fatto scatenante, il resto, come si suol dire, è storia.

L’attività di Rol può essere inserita in quella branca di studi che nel XIX secolo veniva chiamata “ricerca psichica”, ovvero le prime investigazioni sul paranormale, definite dallo studio di individui che, indotti in particolari stati, come quello sunambolico, riuscivano a mettersi in contatto con altre dimensioni o realtà. Tuttavia le esperienze del grande esoterista avvenivano senza alcuna alterazione della coscienza. Le sperimentazioni del Maestro si svolgevano alla luce del giorno, generalmente in casa sua, ma non da solo, davanti a persone di vari strati sociali; sono molti coloro che testimoniano a favore delle potenzialità di Rol, (da lui definite “possibilità”), ma altrettanti sono gli scettici, i quali però sembra non abbiano mai avuto il tempo di partecipare al alcuna dimostrazione, tuttavia pronti ad etichettare il Maestro come un bravo illusionista o mentalista. La prima pubblicazione riguardante il Maestro è del 1949, si tratta di un articolo de “La Stampa”, a cura della giornalista Laura Bergagna, testimone della “previsione” di Rol di un tragico incidente aereo, in cui perse la vita il conte Giorgio Cini. A questo articolo ne seguirono poi molti altri. Rol aveva incuriosito giornalisti e studiosi di parapsicologia, i quali lo avevano incitato a sottoporsi a esperimenti controllati, ma Gustavo così aveva risposto: “Ho sempre affermato con decisione di non essere un sensitivo, un veggente, medium, taumaturgo o altro del genere. È tutto un mondo, quello della Parapsicologia, al quale non appartengo”. Non di meno aveva accettato di incontrare sia gli esperti che i cronisti. Gustavo cercò per tutta la vita un discepolo, o un collaboratore, a cui tramandare il suo sapere, qualcuno coraggioso, dotato di umiltà, che potesse sottostare alle sue indicazioni, una persona provvista di maturità spirituale, in grado di assimilare il procedimento psicofisico necessario alla comprensione dei prodigi. Pare che egli si sia messo in contatto con uomini illustri, grandi scienziati, secondo alcuni con lo stesso Einstein, ma sembra che, purtroppo, non abbia trovato terreno fertile. Così disse infine: “Meglio rimanere ignorato da una Scienza ufficiale che non è in grado, per ora, di comprendermi, piuttosto che venire meno a quei principi ai quali mi sono sempre ispirato e con i risultati che tutti conoscono.” D’altro canto, come far incontrare quei mondi così lontani, ossia la metodologia scientifica classica e quella che potrebbe definirsi iniziatico-spirituale ortodossa? Secondo Rol è solo questione di tempo, in un futuro le due discipline confluiranno.

Ma qual era il pensiero di Rol? Proviamo a comprenderlo dalle sue stesse parole: “Ogni cosa ha il proprio spirito le cui caratteristiche stanno in rapporto alla funzione della cosa stessa. Quello dell’uomo però è uno “spirito intelligente” perché l’uomo sovrasta ed è in grado, per quanto lo riguarda, di regolare, se non di dominare, gli istinti che sospingono incessantemente tutto ciò che esiste e si forma”. Interrogato a proposito della “ medianità e dello spirito”, egli rispose che ogni individuo “possiede un certo potenziale di medianità” e aggiunse che con la morte del corpo “l’anima non interrompe la propria attività, poiché lo “spirito intelligente” rimane in essere e anche operante.” (R. Lugli, Gustavo Roll. Una vita di prodigi -Roma, Edizioni mediterranee, 1995.).
Centrale nel pensiero di Rol è anche il concetto di “coscienza sublime”, da lui stesso definita come “una tappa avanzata sulla strada della conoscenza dell’anima, oltre quella sfera dell’istinto esplorata da Freud.”  Un pensiero complesso, vediamo se con le parole di Dino Buzzati riusciamo a comprenderlo meglio: “Rol dichiara di non essere un medium. Rol, cattolico convinto, non crede che l’anima dei morti possa tornare fra noi e manifestarsi. Crede che, all’atto della morte, l’anima torni alle origini, ma sulla terra possa restare un quid, chiamiamolo pure “spirito”, cioè la carica di vitalità e di intelligenza che l’uomo trasmise alle sue opere. Questo “spirito” può, in determinate circostanze, ripetere cose che aveva fatto durante la vita, non mai creare qualcosa di nuovo o rivelare i segreti dell’aldilà.” (D. Buzzati, Un pittore morto da 70 anni ha dipinto un paesaggio a Torino, Corriere della Sera, 11/08/1965) Se il concetto continua ad apparirci non di immediata comprensione, non saremo noi il discepolo che Rol aveva tanto cercato in vita, possiamo tuttavia, se lo riteniamo opportuno, inserirci in quella moltitudine di persone curiose che semplicemente desiderano “saperne di più”. La curiosità è sintomo di intelligenza e questa affermazione non ha bisogno di alcuna prova specifica.

Alessia Cagnotto

I 220 anni della battaglia di Marengo

220 Anni di ricorrenza della celeberrima e importantissima battaglia di Marengo / La battaglia fu combattuta il 14 giugno 1800, nel corso della seconda campagna d’Italia, durante la guerra della seconda coalizione, tra le truppe francesi dell’Armata di riserva, guidate dal Primo console Napoleone Bonaparte, e l’esercito austriaco, comandato dal generale Michael Von Melas.

Per mezzo della battaglia di Marengo, i francesi tornarono padroni di gran parte dell’Italia settentrionale, ottenendo un armistizio di sei mesi. L’indomani lo scontro, il generale francese Berthier incontrò il generale austriaco Von Melas per accordarsi sulle condizioni della resa austriaca.

Philippe Daverio (critico d’arte e saggista) e Alessandra Necci (Biografa Storica, Docente Luiss Roma d’arte) parteciperanno, nel pomeriggio del 14 giugno, ad un talk in streaming, accompagnati dal Sindaco di Austerlitz. La giornata del14 giugno 2020 si aprirà al mattino e vedrà la commemorazione, in presenza di 15 soldati, di tutti i caduti nella battaglia di Marengo, mentre in serata, nella sala adiacente Palazzo Cuttica, si terrà la rievocazione della firma della Convenzione di Alessandria, in presenza dei rievocatori-figuranti del generale Von Melas e del Generale Berthier.

Nella giornata del 13 giugno verrà presentato il progetto Cum Memorare Marengo, percorso che si snoda attraverso i luoghi di interesse napoleonico

Presentato in conferenza stampa il programma della quattro giornate dedicate alla commemorazione virtuale di Marengo, nel 220° anniversario della Battaglia, ed in condizione di sicurezza per il post Covid-19.

“Arriviamo e siamo ancora in un momento epocale per la salute dei cittadini e quindi dopo aver rinunciato ad una grande rievocazione, siamo con la 59 Demi Brigade, con il Presidente Bernini a proporre un momento di Onore ai Caduti a Marengo ed una firma della Convenzione di Alessandria a Palazzo Cuttica con la presenza fisica dei rievocatori, ma per il resto avremo una presenza on line, con la formula del talk riproposto sui social, di importanti personalità e testimonials che ci tengono parecchio a Marengo per ciò che rappresenta nella storia.” E’ Cherima Fteita Ferial, assessore agli Eventi e alla Digitalizzazione del Comune di Alessandria, ha anche sottolineato che oltre all’attuale momento per le verifiche di possibili aperture, il Museo avrà tutto l’anno per promuovere le sale di Villa Delavo.

Queste le parole del Sindaco Cuttica di Revigliasco: “Ognuno vorrebbe spingere più avanti le sue responsabilità ma dobbiamo guardare l’insieme che Marengo richiede per il suo livello internazionale. La nostra scelta digitale ha una valenza sperimentale ed è parte di tanti soggetti che lavorano. Eravamo abituati a dedicare energie ad aspetti organizzativi per la rievocazione, oggi mettiamo energie per una promozione on line, una sensibilizzazione per proiettare Marengo e gli itinerari napoleonici in modo permanente grazie alla tecnologia.”

 

Ecco la presentazione del programma completo della Commémoration Virtuelle di Marengo:

 

12 – giugno 2020
Andrea Mariani Sindaco di Montebello Della Battaglia
Emanuele Di Muro Rievocatore
Laura Renzanigo Vivandiera
Ottavio Pilotti Torre Garofoli, Tortona
Lorenzo Bernini 59ème Demi Brigade
Antonio Rotondo Unione Giornalisti E Comunicatori Europei

13-giugno 2020
Eleonora Norbiato Formatore Servizio Civile – Unpli Piemonte
Marco Bonetti Assedio Di Genova
Francesco Scalfari Direttore Uni- Astiss
Graziano Gabriele Rievocatore Gen. Desaix (Video)
Aldino Leoni Poeta
Alessandro Calvi di Bergolo Castello Di Piovera

14-giugno 2020
Philippe Daverio Storico dell’arte, Saggista
Alessandra Necci Biografo Storico, Docente Luiss Roma
Nicola Cosentino Medico Chirurgo, Bologna
Michele Villani Camera di Commercio Italia Repubblica Ceca
Michal Boudny Sindaco di Austerlitz
Andrea Puleo Rievocatore: Gen. Berthier
Ivano Zanandrea Rievocatore: Gen. Von Melas
Associazione Listen Lingua dei Segni

15-giugno 2020
Alessandro Calvi di Bergolo Castello Di Piovera
Ilaria De Palma Museo del Risorgimento di Milano
Petra Brezackova Centro Ceco di Roma
Massimiliano Titone Centro Studi Universitari, Lisbona

 

Commemoration Virtuelle
12 – 13 – 14 – 15 Giugno 2020
Dati Tecnici
Nelle giornate del 12, 13 e 15 giugno 2020, i relatori si collegheranno su piattaforma STREAMYARD
mentre il 14 giugno il collegamento avverrà su piattaforma STREMIX.
Il talk verrà trasmesso in streaming , contemporaneamente sui canali Facebook e Youtube di Ecole
Marengo . Il pubblico potrà collegarsi a questi indirizzi:
https://facebook.com/EcoleMarengo
https://www.youtube.com/channel/UCPrt7YX422yt26y9DKClqNQ
Tutti i talk verranno registrati e rimarranno a disposizione sulla piattaforma VEV – Villaggio Educativo Virtuale – e sugli altri canali indicati dalla Amministrazione di Alessandria, per successive
consultazioni.

“Sfida al Barocco. 1680-1750. Roma Torino Parigi”, un nuovo modo di vedere (e ammirare) un periodo artistico

Sino al 20 settembre nella Citroniera della Venaria Reale 

Duecento capolavori, ospitati nel lungo percorso della Citroniera Juvarriana della Reggia di Venaria (fino al 20 settembre), provenienti non soltanto dai nostri Palazzo Madama e Galleria Sabauda, ma pure dal romano palazzo Barberini come dal Louvre parigino; e poi ancora da Ajaccio e Berlino e la National Gallery di Londra, dal Paul Getty di Los Angeles e da Madrid, dal Metropolitan di New York e dalla Città del Vaticano e dagli Uffizi di Firenze, da Modena come da Pistoia e da Rivoli, da istituzioni pubbliche e private, da enti religiosi e collezioni private.

Non ci sono i nomi di grandissimo successo, quelli dietro cui correre per, sempre più spesso, imbastire nuovamente le folgoranti mostre che vedranno assieparsi – tempi di igienizzanti e mascherine e prenotazioni on line permettendo – folle senza fine, bensì nomi preziosi, significativi, da cercare con attenzione magari inusuale e da ammirare, cui avvicinarsi per ammirarle nel loro più piccolo particolare o significato. Una mostra, questa che è Sfida al Barocco, curata con estrema saggezza e padronanza da Michela di Macco (università di Roma La Sapienza) e Giuseppe Dardanello (Università degli Studi di Torino), riflessivamente antiscolastici nel racchiudere la distesa di dipinti e immense pale d’altare, sculture e arazzi, disegni e incisioni, arredi e oggetti preziosi, entro il 1680, ovvero l’anno della scomparsa di Gian Lorenzo Bernini, e il 1750, compiuto un appagante viaggio tra le capitali francese – quasi feroce nel mantenere un proprio primato, ma pure aperta nei primi decenni del XVIII secolo a guardare ammirata ai colori della pittura veneziana o ai recenti messaggi che giungono da fiamminghi e olandesi, capace di precorrere i secoli successivi, se si guarda con vera ammirazione allo Stagno di François Desportes che guarda ad un futurismo ancora meno che impalpabile nei decenni dell’Arte o al Nudo femminile di schiena di Pierre Subleyras, intenso e inaspettato nella sua sconcertante naturalezza – e papale – Roma è pure da sempre caput mundi, forse assai più pronta alla sfida in opposizione ad ogni antichità e alle recenti voci che ancora si fanno sentire dei grandi maestri del Rinascimento e del Classicismo di un pregnante Barocco -, soffermandosi e ampliando lo sguardo su una Torino che ha inizialmente centrale il nome di Guarino Guarini (in mostra, tra i tanti disegni preparatori, l’unico studio rimasto “di un settore del tamburo e della cupola per la Cappella della Sindone”, conservato presso l’Archivio di Stato torinese) e con la stessa spinta alla sperimentazione e alla libertà di ricerca di Andrea Pozzo (le sue tele torinesi, a Mondovì e a Grazzano Badoglio con una mistica Morte di San Francesco Saverio): sino a giungere al genio del messinese Filippo Juvarra, dal 1714 nominato Architetto regio da Vittorio Amedeo II, che negli spazi reali o nelle chiese della città raccoglie e allestisce “una straordinaria esposizione di arte contemporanea”, da Napoli Venezia e Roma facendo giungere con le loro tele i nomi di Francesco Solimena, Sebastiano Ricci, Francesco Trevisani e Sebastiano Conca.

Un cammino lungo settant’anni, colmo di capolavori su cui soffermarsi, un progetto di ricerca dovuto alla Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura, con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e organizzata dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude. Un cammino allestito da Massimo Venegoni con le luci di Gianbattista Buongiorno, raccomandabili entrambi per la loro compiuta bellezza agli occhi dello spettatore, come è un’esplosione di colori primari l’immagine della mostra, il biglietto di presentazione dovuto ad un modernissimo Leandro Agostini che ha ricavato – per poi ricomporle nella IV di copertina ad esempio della “piccola guida” – certe parti cromatiche di Diana ed Endimione di Pierre Subleyras, un olio proveniente dalla National Gallery londinese, una aerea genialata che alleggerisce con garbo e gusto profondi certa pomposità, certa opulenza, una ricorrente sfarzosità a volte troppo debordanti di quei secoli che abbiamo attraversato.

Sfida anche questa. Come quella degli artisti presenti, alla ricerca di una nuova modernità mai incontrata, sperimentando nuovi linguaggi, immergendosi nelle nuove aree del naturale, dei sentimenti, degli angoli privati occupati dagli atti anche più insignificanti della giornata (magari rispolverati con un pizzico di casalingo erotismo). Non solo la schiena di Subleyras, datata 1732, anche un decennio esatto dopo la Donna che indossa la giarrettiera di François Boucher (l’intero ambiente, il camino acceso e la specchiera, i nastri e le toilette, i pizzi e i nei, la giarrettiera pronta per il decisivo aggiustamento, il gatto con il suo piccolo gomitolo, il siparietto orientaleggiante, l’amica già pronta (per uscire? per ricevere gli ultimi spasimanti?: un’opera quantomai “privata”, commissionata dal conte svedese Carl Gustav Tessin e mai esposta finché l’autore fu in vita, gelosamente riposta nel cabinet riservato del conte); come su tutt’altro verso è ammirevole il Giovane disegnatore di Jean-Siméon Chardin (1738), dalle piccole misure (18 x 15,5 cm), forse una citazione autobiografica, l’espressione di un’età iniziale fatta di stenti, con quel cappotto liso e quell’essere penosamente seduto a terra a ricopiare un più antico ritratto virile. Mescolando in piena libertà il sacro e il profano, Marco Benefial, dipingendo nel 1737 la Visione di santa Caterina Fieschi, allinea la figura di Cristo portatore della croce e incurante di calpestare il proprio sangue con uno squarcio domestico, dove la serva assiste con insistita curiosità al momento fatto di ampia religiosità, di angeli e della piena conversione della santa. Un Barocco senza Barocco, una sfida a 360 gradi. Che appassiona, senza se e senza ma.

“Con grande emozione arriviamo ad un momento lungamente atteso, l’apertura di questa straordinaria e imperdibile mostra Sfida al Barocco, evento culturale ideato per ribadire e attualizzare, nel mondo accademico e nel grande pubblico, un pilastro dell’identità di Torino, cioè l’essere una delle capitali europee del barocco”. Quindici tappe, altrettanti capitoli più un’ouverture a mostrare strade nuove. Dove possono benissimo trovare posto le uccisioni di poveri animali, quell’anatra dal collo verde o quel coniglio con un paio di tordi accanto (ancora Chardin, entrambi): piccoli gioielli, modernissimi scampoli che parlano da soli e che commuovono, frangie di un lungo momento ben più altoloquente e ricco. Ma anche pronto a raccogliere in sé quelle “povertà” forse fino a questo momento ai più sconosciute.

 

Elio Rabbione

 

 Nelle immagini:

 

Pierre Subleyras, “Diana ed Endimione”, 1738 ca, olio su tela, Londra, National Gallery

Claudio Francesco Beaumont, “Deposizione dalla Croce”, 1731 ca, Torino, Chiesa di Santa Croce

Jean-Siméon Chardin, “Giovane studente che disegna”, 1733, olio su tela, Stoccolma, Nationalmuseum

François Boucher, “Donna che si mette la giarrettiera”, 1742, olio su tela, Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza

Lourmarin, l’ultima dimora di Albert Camus

Dicono che quello del parco del Luberon sia uno degli angoli più affascinanti della Provenza, dove l’aria è la più pura e la varietà di paesaggi, colori e sensazioni riempie lo sguardo

Dai pendii scoscesi sui quali sorgono i villages perchés, i villaggi arroccati, fino alle terre dalle tonalità delle foglie d’autunno, ai campi di lavanda  e agli uliveti è tutto un elogio della natura e del lavoro dell’uomo.Roussillon, ameno borgo dalle sfumature rossastre e ocra della terra; Gordes, arroccata con le sue case bianche su uno sperone roccioso; l’abbazia cistercense di Senanque, immersa e circondata dai campi di lavanda, esempio tra i  più affascinanti di architettura monastica. E, più in basso, Loumarin che a differenza dei villaggi della zona non è arroccato su una roccia ma è adagiato ai piedi della Combe de Lourmarin. Con i suoi tre campanili e un fascino discreto e riservato accoglie  i visitatori nelle viuzze e nei locali che propongono la  tipica cucina provenzale.

 

Un posto tranquillo, a patto di non arrivare il venerdì mattina, giorno del frequentatissimo mercato, con centinaia di auto parcheggiate a ridosso delle vie e nei pressi del castello. Ed è proprio quello che capita a noi. Costretti ad aggirare  il centro di questo borgo, considerato tra i più belli di Francia, puntiamo verso la meta che ci siamo ripromessi di raggiungere: il cimitero di Lourmarin dove è sepolto Albert Camus. Il piccolo camposanto del borgo dove visse i suoi ultimi anni è circondato da vecchie mura. Attorno, campi di lavanda. Le lapidi sulle tombe riportano moltissimi cognomi di origine italiana che tradiscono origini piemontesi e liguri.La tomba di Camus è essenziale, come la sua prosa. Una semplice pietra grigia con scritto, in stampatello,“Albert Camus 1913-1960”. Attorno qualche brandello di arbusti sempreverdi, un oleandro lasciato crescere a dismisura, qualche fiore rinsecchito, delle matite e un mazzetto di lavanda.  Al suo fianco riposa la moglie, Francine Faure. Una sua frase famosa,“Io mi ribello, dunque esisto”,può riassumere in sintesi la sua personalità.Romanziere,saggista, drammaturgo,giornalista e resistente, Albert Camus rappresenta  forse più di altri l’immagine dell’intellettuale francese del dopoguerra. Decisamente impegnato nelle lotte e nei dibattiti del suo tempo, con le sue  opere lucide e sincere e la sua prosa asciutta e priva di artifici,  è stato uno dei protagonisti della letteratura del XX secolo. Un umanista più che un esistenzialista, scrisse libri importanti come “Lo straniero”, “Il mito di Sisifo”, “La peste”, “La caduta”. Nel 1957 gli venne assegnato  il premio Nobel per la  letteratura. Aveva quarantatre anni, il più giovane letterato mai insignito a Stoccolma. Oltre che scrittore e giornalista coltivò una grande passione per il teatro che lo vide anche attore e regista.

 

Il 4 gennaio 1960, mentre rientrava in auto a Parigi con Gallimard, il suo editore, fu vittima di un incidente nei pressi di Villeblevin, nell’Yonne. L’automobile andò a sbattere contro un albero e Camus perse la vita nell’incidente. Aveva solo 46 anni e tanto ancora da dire e da scrivere. Nel cimitero, a pochi passi dalla sua ultima dimora è sepolto Henri Bosco, un altro scrittore molto amato in Francia e troppo poco conosciuto in Italia, nonostante le origini piemontesi della sua famiglia paterna, imparentata con il fondatore dei salesiani, l’astigiano don Giovanni Bosco. Per lui una quarantina di opere che gli valsero, nel 1968, il Grand Prix de littérature de l’Académie française. Lasciamo il cimitero dopo aver posato un fiore sulle due tombe. L’aria è limpida e ferma in questo caldo settembre in Provenza. Non soffia il mistral , nei prati non si vedono le  delicate sfumature  viola della lavanda ma si respira un’atmosfera di pace e serenità. Ci viene in mente come oggi, nell’epoca della simultaneità e dei social media, non si legga più molto. Varrebbe forse la pena riflettere su uno dei moniti di Camus e farne tesoro: “…il male che c’è nel mondo viene quasi sempre dall’ignoranza, e le buone intenzioni possono fare altrettanto danno della cattiveria se mancano di comprensione”.

Marco Travaglini

Ritorno ad Alassio

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Oggi è il primo sabato del primo fine settimana dei torinesi in Liguria dopo mesi di divieto. Tanti miei amici sono tornati ad Alassio : dalla contessa Perrone di San Martino ai farmacisti Platter Ricotti . Credo che sarà nella sua bella villa collinare anche il Presidente Enzo Ghigo  

La riapertura e’ un traguardo  importante e l’inizio  di una ripresa che appare molto difficile perché il turismo non è stato abbastanza considerato e protetto dal Governo. Per ora sono in gioco gli arrivi di piemontesi e lombardi, ma sarà molto importante l’auspicato arrivo degli stranieri, a partire dai  francesi.
Io ho in mente Alassio nello splendore del suo turismo. Ricordo di essere stato al Grand Hotel alla fine degli anni Cinquanta a trovare  mio zio che andava con l’amante in vacanza e che mi disse che doveva lavorare anche in vacanza e che doveva andarci con la segretaria. Inizialmente capii che Alassio era un posto in cui si doveva lavorare anche in vacanza. Più tardi capii che Alassio era un posto  per amare le belle donne in libertà. E infatti quella segretaria esibiva già allora un ridottissimo bikini. Alassio  era la città di Mario Berrino e  del Muretto. Alassio si identificava con Miss Muretto e con quella che Mario Soldati definiva la frenesia dell’estate. Quasi tutte le donne in bikini e alla sera in pantaloni attillati e la pancia scoperta in tanti ritrovi come la Capannina  e soprattutto al Caffè Roma dove  si ritrovavano grandi divi come Wanda Osiris, Anita Ekberg, Vittorio de Sica. Le più prestigiose famiglie del bel mondo avevano una residenza estiva ad Alassio: Mondadori,  Ferrero di Ventimiglia, Ruspoli, Ricordi, Moratti, Pininfarina sono solo alcuni dei numerosi grandi nomi. Per l’estate Berrrino aveva inventato la “gran cagnara” che creava un clima di euforia generale attorno al Muretto che segnava la ritrovata serenità dopo la guerra. Alassio che era bella anche sotto il fascismo come scrisse Mario Soldati, era  rinata a nuova vita durante gli Anni Cinquanta che furono splendidi. Il Roof Garden di Berrino offriva ottima  musica ed i migliori artisti  italiani ed internazionali: Modugno, Mina, Manfredi, Chiari, Villa, Vanoni, Celentano, Zanicchi, Rascel, Jannacci. Il Caffè Concerto in piazza Matteotti creato da Balzola era un richiamo più popolare, ma sicuramente importante. Alla riapertura del turismo alassino voglio ricordare il passato glorioso come auspicio di un nuovo turismo  futuro che ricrei un’Alassio  nuova perla del Ponente. Lo merita la città del Muretto che quest’anno dovrà ricordare degnamente il centenario della nascita di Mario Berrino grande artista e grande inventore ed animatore del turismo, delle serate e delle nottate alassine. Nel suo nome Alassio potrà rinascere. E tanti torinesi ritorneranno a trascorrere le loro vacanze ad Alassio  che dovrà essere pronta ad accoglierci in modo adeguato  ancora meglio del passato perché tornare ad Alassio è un atto di amore per una città che ha patito per il Coronavirus, ma ha saputo  prontamente rialzarsi,   meglio di noi piemontesi.
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Scrivere a quaglieni@gmail.com

Visite al castello, riapre Pralormo

Dopo il periodo di chiusura dovuto all’emergenza sanitaria per via del coronavirus, il Castello di Pralormo riapre al pubblico domenica 7 giugno 2020 con orario 10-18. Sono stati messi in atto degli accorgimenti nell’organizzazione delle visite che permettono l’accesso in sicurezza dei visitatori sia all’interno del Castello, con ingressi programmati in piccoli gruppi, che nel parco storico, con accessi contingentati in base all’affluenza. Il Castello quindi riapre con due proposte di visita:

VISITA DEL PARCO

Allietata da fioriture sempre diverse fra cui la rosa, regina assoluta, con varietà speciali come la “Variegata di Bologna” dalle screziature che rendono i fiori uno diverso dall’altro, la passeggiata si snoda tra alberi secolari, il laghetto delle rane, il rosmarino gigante, piante di limoni e sinuosi sentieri da cui si godono straordinari scorci sulle catene montuose circostanti. Nei viali del parco panchine per sostare e ascoltare i suoni della natura e musiche particolarmente suggestive. Nell’antica serra francese, bellissima costruzione del XIX secolo in ferro e vetro proveniente da Parigi, una collezione di orchidee e di felci vegetano indisturbate. Nel sentiero del boschetto si affacciano “alberi animati” dove un gufo, intagliato nel tronco di un vecchio acero, sorveglia cosa accade nel bosco, e poi gli alberi degli scoiattoli, degli gnomi e degli uccellini: un merlo, una ghiandaia, un picchio, uno scricciolo e un pettirosso sembrano allietare con i loro delicati cinguettii la quiete del parco.

Inoltre per i bambini un burattino gigante di Pinocchio e tante scenografie e allestimenti per scattarsi simpatiche fotografie, l’officina del Signor Binocolo in cui curiosare per scoprire i segreti e le stranezze di questo fantastico personaggio, l’albero dei caleidoscopi per osservare scorci del parco trasformati in strane forme colorate e fantastiche immagini…

VISITA DEL CASTELLO

La visita all’interno del Castello è guidata e si propone di illustrare ai visitatori alcuni dei principali ambienti, mostrando loro come si svolgeva la vita delle persone che vi lavoravano e vi abitavano nel periodo tra la metà del XIX° e l’inizio del XX° secolo. L’itinerario si snoda attraverso diversi ambienti,  penetrando nelle più intime zone della dimora: la Cantina, dedicata alle attrezzature per la vendemmia e la vinificazione; l’Office dove si conservano i servizi di ceramica e di porcellana, argenti e cristalli; la stanza dei domestici, dove il personale del Castello aveva il proprio tavolo da pranzo, l’armadio delle livree, la speciale stufa per i ferri da stiro; la Cucina, con pentole di rame, mortai di pietra, tosta caffé, ghiacciaie, forme per i dolci e altri innumerevoli strumenti che servivano ai cuochi e ai pasticceri per confezionare i loro prelibati e scenografici piatti; il grande salone d’onore, l’ambiente più spettacolare del progetto che nella metà del 1800 ha trasformato la fortezza in dimora di rappresentanza: il pavimento è in mosaico alla veneziana e riprende i colori delle facciate interne mentre un sontuoso lampadario a candele rievoca le feste e i balli vissuti per più di 300 anni dalla stessa famiglia, che ancora oggi vive nel castello. Infine la camera da pranzo in stile neoclassico dove è apparecchiata la tavola per un’occasione importante; lo studio del Ministro Carlo Beraudo di Pralormo (1784-1855), ambasciatore a Vienna e a Parigi, decorata in stile pompeiano e ricca di testimonianza storiche; il salotto azzurro dove si conclude la visita le cui pareti e la volta, completamente dipinti a trompe l’oeil a motivo di tendaggio, danno all’ambiente un’atmosfera di intimità e rievocano pomeriggi trascorsi fra amiche a eseguire il ricamo bandera, antica tradizione barocca piemontese, per gli arredi delle dimore.

“Occasioni di stupita meraviglia…”

Consolata Pralormo racconta: “Questa è la frase che un visitatore mi ha scritto dopo aver visitato il Castello e che mi motiva a proporre sempre novità e curiosità, che al Castello non mancano… basta aprire un armadio o un vecchio baule per riscoprire oggetti curiosi: carnet da ballo con l’elenco dei cavalieri che si erano prenotati per le danze e che le dame portavano legati al polso, il fodero d’argento per i coltelli dello chef, sigilli di ceralacca con disegni che raffiguravano messaggi speciali, la valigetta di Parigi con all’interno giochi di società, il linguaggio d’amore che veniva affidato ai piccioni viaggiatori, la tazza “mirroir”, il cerimoniale con il menu del pranzo per lo Zar… Anche da un armadio della sagrestia della cappella riemergono preziose reliquie, come gli ex voto d’argento che insieme a tanti mozziconi di candele consumate testimoniano il sacrificio e il coraggio dei militari al fronte e la devozione e la speranza delle loro famiglie che ne aspettavano il ritorno con trepidazione”.

 

Per entrambe le proposte alcuni prati sono a disposizione per i picnic portati dai visitatori sull’erba, ma vi è anche una zona attrezzata con tavoli e panche sotto ad altissimi porticati.

 

Il Castello rimarrà aperto tutte le domeniche dalle 10 alle 19.

 

NOTE ORGANIZZATIVE

Per rispettare le norme dettate dal Decreto della Giunta Regionale del Piemonte sono stati messi in atto degli accorgimenti che permettono l’accesso dei visitatori in sicurezza. Per le visite al parco sono previsti ingressi contingentati in base all’affluenza, mentre le visite all’interno del Castello sono programmate in piccoli gruppi.

PRENOTAZIONI E INFORMAZIONI SU ORARI E PREZZIwww.castellodipralormo.com

La visita del solo parco non richiede prenotazione. Per la visita del Castello si consiglia la prenotazione telefonica (dal Lunedì al Venerdì in orario 9-18 tel. 011 88 48 70 – Sabato e Domenica tel. 348 85 20 907).

I biglietti si ritireranno e pagheranno al Castello.

Gli studenti torinesi vincitori del Progetto di Storia contemporanea

Quarantacinque studenti di Torino e provincia tra i 125 vincitori nella 39° edizione. Parteciperanno ai viaggi studio nei luoghi della memoria quando le condizioni generali lo consentiranno


Si è conclusa la 39° edizione del Progetto di storia contemporanea, indetto dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale.

Gli studenti premiati sono 125, appartenenti a 22 Istituti scolastici e a 3 Centri di formazione delle province piemontesi, sulla base di una graduatoria redatta dalla Commissione di valutazione, composta da membri degli Istituti storici della Resistenza piemontesi.

Quarantacinque studenti di sette istituti superiori di torino e provincia risultano tra i vincitori.  Dieci sono dell’IIS “Bodoni Paravia” di Torino ( con due gruppi coordinai dalle prof. Simona Scintu e Cristina Filippelli) e altrettanti sono del Liceo “Volta” di Torino ( con entrambi i gruppi coordinati dal prof. Luca Vincenzo Sorella). Gli altri gruppi da cinque studenti vincitori sono dell’IIS “Majorana” ( coordinatrice la prof. Alessandra Celati), l’IIS “Curie-Levi” di Collegno (prof. Augusto Cosentino), l’IIS “Natta” di Rivoli (prof.ssa Ester Scaglia), Liceo “Gramsci” di Ivrea ( prof. Dario Romeo) e l’ISS “Bosso Monti” di Torino (coordinatrice la prof. Federica Viscusi).

Le scuole secondarie e gli enti di formazione professionale partecipanti al concorso sono stati 54, con un totale di 950 studenti suddivisi in 190 gruppi da 5 componenti ciascuno. Si è registrato un lieve aumento degli iscritti (+ 4,2%) rispetto alla precedente edizione.

Le valutazioni espresse dalla Commissione di storici hanno evidenziato la qualità e l’originalità dei lavori proposti che, anche in questa edizione, si sono concentrati su tre temi di ricerca: lo sport e la storia del ‘900 (traccia scelta dal 40,2% dei partecipanti); la caduta del Muro di Berlino 30 anni dopo (preferita dal 57% degli studenti); I 50 anni della Regione Piemonte (indicata dal 2,8 % dei giovani).

Il Piemonte, oltre a essere stata la prima regione d’Italia a stabilire, con un’apposita e specifica legge – quarantaquattro anni fa, nel 1976 –  l’istituzione di un Comitato per la difesa e l’affermazione dei valori della Resistenza e della Costituzione, è stata anche tra le prime realtà a promuovere progetti di studio sulla storia contemporanea, coinvolgendo – a partire dal 1981-  decine di migliaia di studenti medi piemontesi e organizzando centinaia di viaggi nei luoghi della memoria.  Per il momento gli studenti vincitori, accompagnati dai loro docenti, non potranno partecipare ai viaggi studio che avrebbero dovuto svolgersi entro la fine di questo anno scolastico. Le ragioni sono a tutti ben note, motivate dall’attuale emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del virus Covid-19 e dai conseguenti provvedimenti di distanziamento sociale e di restrizione della libera circolazione, adottati dalle autorità nazionali e regionali, ai quali si affianca la chiusura delle scuole.

Il Consiglio regionale, consapevole dell’importanza dei viaggi nei luoghi della memoria storica per l’indubbio rilievo di esperienze collettive, condivise, importanti sotto il profilo dei valori educativi e didattici – hanno dichiarato il Presidente del Consiglio Stefano Allasia e il Vice Presidente Mauro Salizzoni – si impegna a individuare e riproporre i viaggi studio appena le condizioni generali lo consentiranno, riservandosi forme alternative di premialità qualora ciò non fosse possibile entro tempi ragionevoli”. Agli studenti vincitori delle attuali classi quinte che concluderanno quest’anno con l’esame di maturità il proprio ciclo di studi superiori, considerata la maggiore età, verrà proposta, in via preferenziale, la possibilità di partecipare, a titolo individuale, ai prossimi viaggi studio che verranno organizzati prevedendo, nel caso di indisponibilità o impedimento, l’attribuzione di un premio alternativo.

Mtr

Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?

Torino, bellezza, magia e mistero.
Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume? Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.

Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo 3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli

Articolo 7 – Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?

Molti personaggi particolari si sono aggirati per le strade di Torino nel corso del tempo, alcuni famosi, altri conosciuti solo nei quartieri in cui abitavano, altri ancora avrebbero preferito non essere ricordati da nessuno.

Una delle figure più discusse e celebri che visitò la magica città augustea fu Nostradamus, il cui vero nome era Michel de Notre Dame (1503-1566). Egli fu astrologo, farmacista e scrittore, si interessò moltissimo anche di medicina, è a lui che viene addirittura attribuita l’invenzione della “pillola rossa”, con la quale si pensava di poter curare la peste, ma in realtà era solamente un concentrato di vitamina C, estratta da sostanze vegetali. Verso il 1550 egli iniziò a dedicarsi all’occultismo e nello stesso anno scrisse il suo primo “Almanacco”; in seguito decise di stilare 1000 quartine nelle quali erano contenute premonizioni destinate a tutta l’umanità.  Lo stesso Nostradamus cita Torino nella sesta quartina della prima Centuria: “L’occhio di Ravenna sarà escluso, quando ai suoi piedi le ali cadranno, i due Bresse avranno costituito Torino, Verseil che francesi calpesteranno.” Cosa significhino questi versi non ci è dato saperlo, ma intanto possiamo vantarci di aver colpito l’animo del più famoso tra gli esoteristi, tanto da indurlo a redigere una profezia proprio sulla nostra città. A documentare il passaggio dello studioso per le strade di Torino è la cosiddetta lapide di Domus Morozzo, che recita: “NOTRE DAMUS A LOGE ICI ON IL II A LE PARADIS LENFER LE PURGATOIRE IE MA PELLE LA VICTOIRE QUI ME MEPRISE OVRA LA RUINE HNTIERE”, (Nostradamus ha alloggiato qui, dov’è il Paradiso, l’Inferno, il Purgatorio. Io mi chiamo la Vittoria, chi mi onora avrà la gloria, chi mi disprezza avrà la completa rovina). Si trattò di un soggiorno breve di cui non conosciamo la motivazione. Assai dubbie le notizie sulla stessa lapide (forse una scrittura in codice), di cui si dice resti una foto del 1922.
Un’altra persona che si poteva incontrare per le nostre strade, non di tale celebrità, ma ben nota ai torinesi era Enrietta Naum, una donna poco appariscente e poco istruita, nata nel 1846, che abitava in via Cappel Verde 6. Non si sa nulla della sua infanzia né della sua adolescenza, ma passò alla storia come l’unica esorcista donna riconosciuta dalle autorità politiche e religiose. E poi c’è sempre chi ama gettare malelingue e infatti, se per alcuni era una santa, per altri era una “masca”, esperta di rimedi e conoscitrice di erbe magiche.

Il caso più eclatante che la vide protagonista avvenne nel 1914, quando compì un esorcismo a favore di Giuseppe Brossa, di soli quattordici anni. Pare che il caso fosse davvero grave, poiché il ragazzo compiva scelleratezze contro le cose e contro gli animali e proferiva parole indicibili. Così Giovanni fu portato a casa di Enrietta, la quale, mentre pronunciava formule in latino, mise sul fuoco un pentolino con dell’acqua e delle erbe. Ed ecco che Giovanni iniziò a comportarsi in modo animalesco, allora l’anziana donna lo afferrò per i capelli e guardandolo negli occhi intimò al diavolo di abbandonare il corpo del ragazzo e precipitarsi nell’acqua bollente. Pare che il pentolino e Giovanni caddero insieme, uno a terra e l’altro nelle braci del focolare, il pavimento tremò e il giovane rinvenne, finalmente guarito. La donna era sempre disponibile ad aiutare i bisognosi, ma il cuore grande delle sue vicine di casa risposero a tanta gentilezza con un solerte invito a cambiare abitazione. Enrietta si spostò in via Porta Palatina, e lì continuò ad accogliere chi le chiedeva aiuto. Quando morì, la Gazzetta del Popolo la ricordò così: “La pia donna aveva dedicato la sua vita al bene spirituale degli altri, liberando coloro che si erano trovati in preda di forze maligne o di “fatture” praticate da nemici senza scrupoli”. Enrietta fu l’ultima esorcista donna, e non solo a Torino.

Noto ai torinesi, ma decisamente non amato, fu invece Pietro Pantoni. Egli abitava in via Bonelli 2, ed era il boia della città. Il suo percorso di vita era segnato fin dall’adolescenza, poiché quello era il mestiere di famiglia. Nel 1831 Pietro ricevette, da Urbano Rattazzi, la patente di Ministro di Giustizia torinese. L’uomo rimase in attività per più di trent’anni, giustiziando 127 persone, fino al 13 aprile 1864, anno in cui si tolse il celebre e sinistro mantello rosso: la forca avrebbe di lì in avanti lasciato il passo alla fucilazione. Pietro non ebbe vita facile, poiché la figura del boia, ovviamente, era denigrata da tutti. La moglie di Pietro Pantoni soffrì in modo particolare questa situazione, tanto che quasi non usciva di casa. Una storia antica ci riporta al XV secolo, quando il duca Amedeo VIII di Savoia era dovuto intervenire per riportare l’ordine tra i fornai della città di Torino, che si rifiutavano di vendere il pane al boia. Il duca li obbligò a farlo, pena il diventare clienti dello stesso esecutore. Ma i fornai, astuti, escogitarono un modo per manifestare comunque il loro disprezzo e iniziarono a porgere alla moglie del boia di turno il pane al contrario. Il Duca intervenne di nuovo: nacque il pancarrè, un pane uguale dai due lati, per non far torto a nessuno.  Nonostante tutto, le monete pagate dalle consorti dei boia torinesi continuarono ad essere gettate in una ciotola di aceto dai fornai, per essere “ripulite” dalla loro efferata origine. Curioso era anche il metodo con cui il boia veniva pagato dopo un’esecuzione. Il responsabile firmava il foglio di pagamento indossando i guanti, per non aver nulla a che fare con quel denaro. Dopodiché buttava il foglio per terra, dove un addetto lo prendeva con delle pinze e lo gettava al boia, che aspettava nella tromba delle scale o sotto la finestra.

L’esecutore di giustizia torinese aveva anche piccoli privilegi: un banco riservato nella Chiesa di Sant’Agostino e il diritto ad essere sepolto sotto il campanile di quella stessa Chiesa.
Torniamo a Pietro Pantoni, la cui storia, oltre alle palesi difficoltà dovute ai giudizi delle persone, ci testimonia anche un’altra realtà, l’eterna presenza di coloro che tentano di arricchirsi sulle disgrazie altrui, come testimonia il tariffario ufficiale per le esecuzioni che prevedeva un compenso di 16 lire per un rogo, 21 lire per un’impiccagione e addirittura 36 lire per uno squartamento. Un altro personaggio che avremmo potuto incontrare per le vie della città è colui che nel 1846 celebrò proprio il matrimonio di Pietro Pantoni, si tratta di Giuseppe Cafasso, conosciuto ai più come “il prete della forca”, poiché per anni era stato a fianco dei condannati anche nell’ultimo tragitto, quello verso il patibolo.  Il lungo iter della morte incominciava la sera prima dell’esecuzione, quando Cafasso, il condannato e il boia si riunivano per pregare. Durante l’incontro, il boia chiedeva perdono al condannato per ciò che avrebbe dovuto compiere il giorno successivo. All’alba, dal confortatorio del carcere, il condannato saliva sul carro che lo avrebbe condotto al patibolo, scortato dai membri incappucciati della Confraternita della Misericordia, che recitavano il Miserere, e che cercavano di mitigare la sofferenza del poveruomo, visti anche i ripetuti oltraggi della folla; il boia saliva sul carretto con il morituro. Davanti agli occhi del condannato, al cui collo veniva messa una corda precedentemente benedetta, veniva posto un grosso crocifisso dotato di alette laterali, così che lo sfortunato vedesse il patibolo soltanto all’ultimo momento. Questo crocifisso è conservato ancora oggi nella Chiesa della Misericordia a Torino. Torino ha ospitato personaggi di ogni genere, celebri, inquietanti, misteriosi, magnanimi; la varietà delle persone che hanno attraversato le sue strade sono lo specchio della complessità della città stessa, metà “bianca” e metà “nera”, un po’ storia, un po’ leggenda.

Alessia Cagnotto

Mondovì, riapre il museo della ceramica

Ingresso gratuito il 6 e 7 giugno, prorogata fino al 6 settembre la mostra “Antonio Marras: memorie dal sottosuolo…”

Il Museo della Ceramica di Mondovì riaprirà il prossimo 6 giugno, sabato 6 e domenica 7 giugno ingresso gratuito. Gli orari e i giorni di apertura rimarranno gli stessi di sempre: venerdì e sabato ore 15-18, domenica ore 10-18. A partire dal 15 giugno l’orario sarà prolungato fino alle ore 19. Nel Museo sono state effettuate tutte le procedure di sanificazione e il personale in loco segue le disposizioni dei protocolli per la tutela anti contagio da Covid19. Il Museo è visitabile indossando la mascherina, è consigliata la prenotazione al numero 0174 330 358 – int.1 o via mail all’indirizzo turistico@comune.mondovi.cn.it.

É stata prorogata fino al 6 settembre 2020 la mostra di Antonio Marras “Antonio Marras: memorie dal sottosuolo…”, a cura di Francesca Alfano Miglietti. Inaugurata a dicembre 2019, vede in mostra una serie di opere site specific – sculture, installazioni e ambientazioni, disseminate lungo tutto il primo piano del Museo – che restituiscono il clima dell’omonimo romanzo di Dostoevskij. Le opere sono nate direttamente dalle stanze del Museo della Ceramica di Mondovì, dai sottoscala e dai depositi che conservano forme e stampi, dai frammenti di progetti, dai fogli degli archivi, dai laboratori, dagli incontri fatti nella zona e sono state realizzate nell’UP (Unità Produttiva) del Museo.

Continua intanto il concorso “L’altra mascherina”, omaggio all’impegno del personale sanitario nella lotta al Coronavirus e a chi ha assistito le persone che si sono ammalate. Il concorso è aperto a tutti coloro che hanno voglia di scoprire e cimentarsi con la decorazione ceramica. I partecipanti dovranno immaginare un decoro a mascherina, disegnarlo e mandare una foto del disegno alla email museodellaceramicamondovi@gmail.com entro il 30 giugno. La giuria, composta dagli artisti del Collettivo Il Bastione San Maurizio, individuerà il vincitore che sarà reso noto il 10 luglio. L’autore del disegno vincerà un corso ceramico di 6 ore di pittura tradizionale su ceramica, tenuto dalla manifattura monregalese Besio 1842, durante il quale il disegno vincitore sarà trasferito su un piatto.

Il concorso “L’altra mascherina” rientra tra le iniziative del decennale del Museo della Ceramica di Mondovì, tutte le informazioni e le modalità di partecipazione sono disponibili sulla pagina Facebook del museo, @MuseoCeramicaMondovì. Gli hashtag delle celebrazioni per il decennale sono #DECIMOMUC #MOMUC10 #INFORMEMOMUC.

Riaprono i musei a Torino e in Piemonte

Accompagnati anche dall’hashtag #piemonte musei aperti, molti musei piemontesi riapriranno al pubblico il 2 giugno, Festa della Repubblica. Sarà un’occasione per il turismo di prossimità, per i cittadini e residenti, di apprezzare nuovamente le ricchezze museali del territorio, dopo la lunga chiusura.

Anche se dopo il lockdown la riapertura di alcuni musei piemontesi – dichiara Vittoria Poggio, assessore alla Cultura della Regione Piemonte – è stata resa possibile dal decreto dell’esecutivo a partire dallo scorso 18 maggio, coinvolgendo però solo poche realtà museali a causa delle rigide norme di prevenzione sanitaria, si è ora deciso anche solo simbolicamente di far coincidere la ripartenza ufficiale della maggior parte delle attività museali piemontesi con la Festa della nostra Repubblica italiana. Una scelta certamente suggestiva ed evocatrice di grandi ideali culturali e civili che sono poi i valori fondanti di ogni democrazia liberale e moderna.”

“ Come le variegate storie contenute e in mostra presso i musei – prosegue l’assessore alla Cultura – si sposano con la grande storia italiana, così la ripartenza di questo pregiato settore del più vasto patrimonio culturale piemontese, sembra rimandare alla nascita della Repubblica Italiana”.

La riapertura effettiva di tutti i musei piemontesi avverrà tuttavia gradualmente e solo nel rispetto di tutte le norme di sicurezza previste per il personale, i visitatori, gli ambienti e i manufatti conservati ed esposti. Pertanto non tutti i musei apriranno contemporaneamente e non tutti gli spazi saranno subito o interamente fruibili. Inoltre anche i consueti orari di apertura, come anche le tariffe dei biglietti, potranno subire delle lievi variazioni, motivo per il quale è consigliabile informarsi direttamente tramite i consueti canali informativi dei singoli musei, per programmare una visita.

Non dovremmo mai dimenticare – conclude Vittoria Poggio – come i valori culturali, presenti nelle varie realtà museali, rappresentino la linfa vitale per ogni democrazia, oltre a creare quel senso identitario all’interno di una comunità e di un territorio, e concorrano alla formazione di un senso civico e civile senza i quali nessuno stato democratico può realmente crescere e svilupparsi nel corso del tempo”.