Si può dire che tra gli italiani più “scandalosi” della sua epoca, l’Europa fra le due guerre, ci sia stato lo scrittore e giornalista torinese Dino Segre, in arte Pitigrilli ( Torino, 9 maggio 1893-Torino, 8 maggio 1975).
Leggendo in questi giorni il saggio del semiologo Umberto Eco nel suo ” Il superuomo di massa Retorica e ideologia del romanzo popolare ” vado per curiosità al saggio intitolato “Pitigrilli: l’uomo che fece arrossire la mamma”. Lo sentivo citare da bambino, da mia nonna paterna e mi ha ingenerato una qualche curiosità.
E allora leggo e scopro che Pitigrilli, fu un anticipatore di “un Lenny Bruce alla amatriciana” o di un “Quentin Tarantino un po’ di maniera”, per lo stile trasgressivo e la denuncia dei vizi e del malcostume del suo tempo ( e del nostro previo adeguamento dei tempi ). Trasgressivo lui che scriveva. Trasgressivi gli altri, che leggevano.
Col regime fascista che storceva il naso, ma lo tollerava, perché in fondo i suoi libri erano scritti e ambientati a Parigi. Un po’ come dire a nuora, perché suocera intenda. O far degli sposi manzoniani, un dramma ispanico, per non disturbare il conducente: l’occupante austroungarico.Tanto che lo stesso Benito Mussolini, lo definì uno scrittore francese che scriveva in italiano. A Parigi infatti dedicò lunghe permanenze della sua vita, di scrittore e giornalista.
A chi ricorda la scena dell’overdose di cocaina di Uma Thurman in “Pulp fiction”,( ma anche per chi non la ricorda) cito dal testo, edito nel 1921:
« (…) L’ uomo, con una stretta vivace, si liberò e aspirò voluttuosamente il resto. Allora la donna gli prese il capo fra le palme (oh, quelle dita esangui incurvate come artigli su quei capelli neri!) e con le labbra bagnate, vibranti, palpitanti gli si gettò sopra la bocca e gli leccò ghiottamente il labbro superiore, gli introdusse la lingua nelle nari, per raccogliere le poche briciole trattenute sull’orifizio. “Mi soffochi!” mugolava l’uomo col capo arrovesciato all’indietro, tenendosi con le braccia distese alla spalliera (…) ».
(Cocaina 22-23)
Quanto alla “filosofia delle donne” Eco cita una non meglio precisata autobiografia’, e qui viene fuori la parola icastica e demolitrice, ‘alla Lenny Bruce’ e una marcata misoginia, per usare un eufemismo:
« tutte le donne sono prostitute, meno nostra madre e la donna che amiamo in questo momento. In ogni donna c’è una prostituta come in ogni uomo c’è un soldato. Le donne virtuose sono i casi sporadici come i riformati e i renitenti » .
Non fosse che il nostro fu l’ amante di Amalia Guglielminetti, una delle più belle donne della Torino del suo tempo, poetessa e intellettuale di fine e acutissima sensibilità, dal fascino e dalla sensualità infinitamente seducente e ingannatrice. Amico di Gozzano. Deuteroantagonista di Gabriele d’ Annunzio. Lui il vate, che lo vide da cronista il Pitigrilli, durante i moti di Fiume, dissentire dei suoi ideali irredentisti. Sempre in direzione ostinata e contraria.
Come e’ attuale oggi penso, questo personaggio trasformista e camaleontico, nell’Italia che combatte con i fumi del suo passato, melmoso e al contempo trasparente. E che come disse Woody Allen: “assomiglia a un film dei fratelli Marx”. O come scrisse Ennio Flaiano degli Italiani: “un popolo con i piedi ben piantati sulle nuvole”.
Se ne deduce che i concittadini (torinesi) cercavano di fargli una fama di pederasta, di mantenuto dalle donne e lui di risposta :
« la prima accusa è quella che mi offende di meno perché più conosco le donne più amo i pederasti ». E qui ci leggo in pieno, Oscar Wilde.
Riguardo alla politica il “credo” era:
« Non capisco niente di politica. Qualche volta leggo l’articolo di fondo del mio giornale, per sapere come la pensa il mio direttore, e quindi quale dev’essere la mia sincera e spontanea convinzione politica ».
Fu un epigono del decadentismo e del nichilismo, ma non si prendeva troppo sul serio. Non è vero che lo scettico non crede in nulla. Egli crede nelle capacità critiche della ragione.
Così era Dino Segre. E oggi dobbiamo esserlo anche un pò noi. Laicamente, spiritualmente, come vogliamo. Nell’interpretare e vivere questo tumultuoso presente storico sociale, un file compresso del secolo breve.
Capì presto fin da bambino di avere un buon talento per la scrittura e che poteva trasformare tutto ciò, in uno strumento per il successo e il denaro.
Collaborò con la “Gazzetta del Popolo” e fu inviato per L’epoca diretto da Tullio Giordana. Tradotto nei cinque continenti, letto di nascosto dalla media borghesia taurinense, benestante è un po’ bigotta.
Si fece eroe della dis-identitá, si direbbe oggi. Uno Zelig del suo tempo, tattico ed efficace, nel suo “fuggire da se” e dai rischi del vivere.
Antifascista temperato, ma talpa dell’Ovra, o almeno così si disse, senza prove certe.
Lo si ritenne delatore di Norberto Bobbio e Massimo Mila, azionisti di prima genesi.Seppe non inimicarsi il regime fascista. Con padre industriale ebreo e madre cattolica, che poco dalla nascita, lo fece battezzare di nascosto. Arrivarono le infami leggi razziali del 1938 a “metterlo con le spalle al muro” e a costringerlo all’errare, come un novello Ahasvero. A divenire magicamente, colui che combattè con Dio e rimase vivo: così significa la parola Israele.
Si convertí in tarda età al cattolicesimo, per amore e non per forza. Così si disse. Ma rimase tutta la vita un disincantato anarco-conservatore. Forse oggi si direbbe un
“eroe del pensiero debole”. La dove possono emergere per contrasto, ‘le verita forti’. Nel rispetto di tutti. In questa terza guerra mondiale a pezzetti.
L’opera omnia di Pitigrilli (al secolo Dino Segre) è pubblicata da Sonzogno (tranne l’ultimo romanzo, del 1974) e comprende una quarantina dí volumi tra romanzi, raccolte di novelle e articoli, memorie, aforismi, un poemetto. Le opere a cui si fa più sovente riferimento in questo saggio (citandole in forma abbreviata) sono: Cocaina, 1921; L’esperimento di Pott, 1929; I vegetariani dell’amore, 1931; Dolicocefala bionda, 1936; Mose e il cavalier Levi, 1948; La meravigliosa avventura, 1948; Lezioni di amore, 1948; Pítigrillí parla di Pítigrilli, 1949; Dizionario antiballistico, 1953.
Aldo Colonna