SPETTACOLI- Pagina 71

Il tributo agli ABBA  più famoso e più titolato al mondo: MANIA – The Abba Tribute

MANIA – The Abba Tribute

lunedì 30 ottobre – ore 21

Teatro Alfieri – Torino

Il tributo agli ABBA più famoso e più titolato al mondo, direttamente dai palchi di London’s West End,

torna finalmente in Italia, dopo i sold out in Australia, Cina, Stati Uniti e Nord Europa,

con l’organizzazione di Dimensione Eventi.

Un concerto coinvolgente che celebra la musica degli ABBA

in modo fedele, rispettoso e  appassionato,

ripercorrendo i ricordi speciali di quando gli Abba dominavano le classifiche radio internazionali.

Costumi, luci, coreografie, musica suonata rigorosamente dal vivo.

“Mamma Mia”, “Voulez Vous”, “Dancing Queen”, “Winner Takes It All”, “Super Trouper”

e tutte le hits più amate in una serata di emozioni,

per vecchi e nuovi amanti degli ABBA.

Sarà impossibile rimanere seduti a teatro: e allora alzatevi e ballate!

Rock Jazz e dintorni a Torino. Il duo Mannoia-Rea e i Modena City Ramblers

GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. Al Cafè Des Arts suonano gli ZiroBop di Enzo Zirilli. Al Teatro Alfieri lo show “Mania-The Abba Tribute”.

Martedì. Allo Ziggy si esibiscono i Boogamen. Al Teatro Colosseo Canta Fiorella Mannoia accompagnata al pianoforte da Danilo Rea. Al Magazzino sul Po è di scena Dj Gruff. A El Paso suonano gli Anti System. Per “Movement” alle OGR si esibisce The Blessed  Madonna e i WhoMadeWho.

Mercoledì. Per “Moncalieri Jazz” all’Osteria Rabezzana, suona il quartetto Dido’s Brazilian.

Giovedì. All’Off Topic è di scena il duo Legno. Per “Moncalieri Jazz” al Centro Commerciale suona l’Orchestra I Vitelloni mentre al Gelato Artigiano si esibisce il Duo Sole. Alle OGR per C2C” sono di scena i Model/Actriz e Rackika Nayar. Al Cap 10100 si esibisce il rapper Mattak.

Venerdì. All’Hiroshima Mon Amour suonano i Modena City Ramblers. Per “ Moncalieri Jazz” è di scena il quintetto Jazz Ladies alla Famija Moncalereisa.  Al Blah Blah si esibisce Kid Congo Powers. Al Folk Club è di scena la cantante Lucia De Carvalho. Per “C2C” al Lingotto vede esibirsi Caroline Polachek con Marina Herlop , Evian Christ, Lucrecia Dalt, Overmono mentre allo Stone Island Stage sono di scena Space Afrika, Avalon Emerson, e Tiga.

Sabato. Per “Moncalieri Jazz” suona la “Marching band” JST di Diego Borotti  e in serata l’A26 Quintet. Al Blah Blah suonano i Five Ways To Nowhere. Allo Ziggy gli Spiritual Front rivisitano “The Queen is Dead” degli Smiths. Per “C2C” alle OGR si esibiscono i King Krule, Flyng Lotus , Moodymann e Yves Tumor mentre sul palco secondario sono di scena Bill Kouligas, Bambi e il trio Sangre Nueva.

Domenica. Per “Moncalieri Jazz” al centro commerciale Le Porte suonano i Dixie Six. Conclusione di “C2C” con Gang Of Ducks, Azu Tiwaline, Cinna Peyghami , Upsammy. Al Blah Blah suona il duo Gotho. Allo Ziggy è di scena Ellende. Al Magazzino sul Po suonano gli Escuela Grind.

Pier Luigi Fuggetta

Onda Larsen mette in scena “Una cena d’addio”

Domenica 29 ottobre

Esclusiva italiana per la commedia firmata dagli autori francesi del fortunato “Cena tra amici”

Domenica 29 ottobre alle 21 al Teatro Concordia di Venaria, in via Puccini, la compagnia Onda Larsen mette in scena “Cena d’addio”. Si tratta di un testo scritto da Alexandre de la Patellière e Matthieu Delaporte, gli autori del fortunato “Le prenom”, conosciuto in Italia come “Cena tra amici”, che ha riscosso successo sia in teatro sia al cinema.

La produzione ha avuto il testo in esclusiva per l’Italia: «Questo spettacolo ha la fortuna di raccontare una storia che, negli anni 2000, era una semplice commedia. Dopo la pandemia (da quando ci siamo accorti che il tempo da condividere con altri è diventato sempre più prezioso), questo testo che recitiamo assume una spinta ancora più efficace. Quanto tempo passiamo con persone di cui non ce ne frega nulla? Tanto, troppo. E allora, con l’ironia e cinismo che contraddistinguono le commedie francesi, lo spettacolo risulta quanto mai attuale e divertente» spiega Riccardo De Leo di Onda Larsen.

 

La traduzione è stata curata da Sandrine du Jardin e, prima di questa messa in scena, la commedia, divertente e raffinata, non era mai stata rappresentata nel nostro Paese. La regia è firmata da Andrea Borini e sul palco salgono Riccardo De Leo, Gianluca Guastella, Lia Tomatis.

Intero: 15 euro, 13 il ridotto. Biglietti in vendita online su VivaTicket (https://www.vivaticket.com/it/Ticket/una-cena-d-addio/213062) e su Ticketone (https://www.ticketone.it/eventseries/onda-larsen-cena-daddio-3449769/?affiliate=IGA)

 Lo spettacolo
Una giovane coppia, Pierre e Clotilde, si rendono conto di passare troppo del loro tempo a fare cose che non sceglierebbero di fare, ma soprattutto a vedere e frequentare persone che, oggi come oggi, non sceglierebbero più di frequentare. E così decidono di darci un taglio: per ognuna delle persone che vogliono lasciare fuori dalle loro vite organizzeranno una “Cena d’addio” per salutare degnamente gli ex amici e lasciare in loro un buon ricordo.

Il loro progetto inizia invitando a cena una coppia di vecchi amici a cui però si presenta solo Antoine e le cose non vanno esattamente come i due avevano immaginato, prendendo una piega a tragicomica, a tratti assurda, paradossale e sicuramente esilarante.

Un testo divertente che sa fotografare le coppie e la realtà

Nella società contemporanea la vita spesso si riduce a una serie di impegni da organizzare. Per una coppia borghese il lavoro, l’educazione dei figli, il tempo libero e l’amicizia diventano una concatenazione di appuntamenti da programmare, tutti sullo stesso piano, nell’illusione di avere così un controllo sulle proprie vite apparentemente serene. Proprio per questo frequentare delle amicizie ormai stantie e inutili diventa una perdita di tempo che potrebbe essere dedicato ad altre attività, ma come fare per sbarazzarsi di un amico senza fare cattiva figura? Il miglior modo è organizzare una cena d’addio, una sorta di festa funebre in onore di una ignara coppia di amici che verrà invitata e onorata con tutti i crismi prima di non essere mai più contattata. Questo è il piano di Pierre e Clotilde, una coppia apparentemente solida e comune, senza grossi problemi a parte piccole incomprensioni sotterranee, per sbarazzarsi di Antoine e Beatrice, vecchi amici di estrazione new age e radical chic, in una serata che sarà rivelatrice di sorprese e verità sotterranee. Il salotto piccolo borghese diventa perciò un ring in cui si scontrano tre personaggi, con la moglie di Antoine che aleggia soltanto evocata, in cui più volte i ruoli si ribaltano, i rapporti di forza cambiano, le apparenti differenze si appianano più del previsto, nessuno  conosce se stesso e gli altri quanto credeva, l’apparente moralità si trasfigura in amoralità diffusa, e si fatica a capire per chi parteggiare e dove stia la verità.

PERCHE’ “UNA CENA D’ADDIO”, a cura di Onda Larsen

«Abbiamo scelto “Una cena d’addio” perché, come spesso avviene con le commedie francesi, questo spettacolo ha la capacità di saper divertire e apparire leggero, per poi infiltrarsi nelle nostre contraddizioni anche con crudeltà.

Questa commedia è uno specchio: quello che vediamo sulla scena siamo noi, è il nostro mondo che si sgretola, è il nostro individualismo così politicamente corretto che si scontra violentemente con la realtà, con l’umanità, è la nostra natura tragicomica per eccellenza.

In un mondo che sempre di più vive i rapporti umani a seconda della loro utilità e che considera un valore la saturazione selvaggia del proprio tempo, riempiendolo di tutto ciò che “sviluppa” il nostro lavoro, il nostro benessere, la nostra conoscenza, non resta spazio per contemplare, pensare, annoiarsi e conoscersi davvero.

“Una cena d’addio è come un incrocio fra un vaudeville contemporaneo e un dramma d’interno, in cui intervengono gli artifici teatrali come il travestimento, il gioco di parole, la brillantezza dei dialoghi, al servizio di un incontro-scontro di caratteri. La sfida è riuscire a dipanare tutti i fili che partono da uno spunto di partenza semplice ed efficace per riannodarli insieme in una commedia drammatica, a tratti feroce, a tratti giocosa, spesso francamente comica, unendoli in un ordito di divertimento, emozione e riflessione al tempo stesso».

LO SPETTACOLO

di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte
con Lia Tomatis, Riccardo De Leo, Gianluca Guastella
regia Andrea Borini
costumi Augusta Tibaldeschi
scene Yasmin Pochat
luci Adriano Antonucci
produzione Fondazione Via Maestra / Onda Larsen / Compagni di viaggio

Il CASO KAUFMANN al teatro Carignano con protagonista di eccezione Franco Branciaroli

In scena da martedì 31 ottobre prossimo debutterà nel teatro torinese

 

Martedì 31 ottobre, alle ore 19.30, importante debutto al teatro Carignano de IL CASO KAUFMANN di Giovanni Grasso, protagonista Franco Branciaroli per la regia di Piero Maccarinelli.

Il CASO KAUFMANN vede protagonisti, oltre a Franco Branciaroli, Graziano Piazza, Viola Graziosi insieme a Franca Penone, Piergiorgio Fasolo, Alessandro Albertin, Andrea Bonella. Le scene sono di Domenico Franchi, le luci di Cesare Agoni, le musiche di Antonio Di Pofi e i costumi di Gianluca Sbicca.

Il CASO KAUFMANN è prodotto dal Teatro Stabile di Torino, Teatro Nazionale con il Centro Teatrale Bresciano, Fondazione Atlantide, teatro Stabile di Roma e i Parioli. Verrà replicato fino al 5 novembre prossimo.

Un condannato a morte ebreo chiede di poter vedere il cappellano del carcere perché pronto a convertirsi. Leo Kaufmann, interpretato da Franco Branciaroli, ha un altro scopo. Il sacerdote, incuriosito dalla sua tragica vicenda, accetta di restare con lui in cella per le sue ultime ore. IL CASO KAUFMANN è ispirato a una storia vera ed è la trasposizione teatrale dell’omonimo romanzo di Giovanni Grasso, vincitore nel 2019 di numerosi riconoscimenti teatrali, tra cui il Premio Capalbio per il romanzo storico. Racconta la sovversiva storia d’amore di un anziano commerciante ebreo e una giovane ariana nella Germania nazista degli anni Trenta.

“Molti sono I testi – spiega il regista Piero Maccarinelli nelle sue note di regia – che ci hanno parlato di quello che è successo al popolo ebraico dopo il 1933 in Germania e dopo il ’38 in Italia e in tutta Europa. Non sono mai abbastanza per ricordare e non dimenticare l’orrore di quella persecuzione razziale. Ancora oggi in molti Paesi lo spettro dell’antisemitismo si presenta in molte forme variegate. La scelta di Giovanni Grasso è quella della banalità del male nella delazione quotidiana, nella fabbricazione di prove inesistenti, nel sadismo di fatti mai accaduti, dove una semplice carezza da padre a figlia viene trasformata in una seduzione orrenda contro natura. Irene, ariana, viene mandata da Kaufmann, che è il migliore amico del padre, perché lui la possa aiutare con il lavoro. Da questo semplice scambio di favori tra un ebreo e un ariano si genera una macchina terribile di delazioni e sospetti che porteranno l’innocente Kaufmann a una condanna a morte. Credo che queste storie vadano raccontate senza sosta per non dimenticare e per capire quanto banale possa essere il male”.

A sconvolgere infatti l’esistenza cupa e afflitta di Lehamann Kaufmann è una lettera scritta nel dicembre del 1933, in cui il suo migliore amico gli chiedeva di prendersi cura della figlia Irene e di aiutarla a stabilirsi a Norimberga. Ha vent’anni, è bella, determinata e tra i due si instaura un rapporto speciale fatto di stima e di affetto, ma anche di desiderio. Però la ragazza è ariana e le leggi razziali stabiliscono che il popolo ebreo è nemico della Germania. Di qui nascono diffidenza e ostilità, che prendono il posto a sorrisi e rispetto. La giustizia, nelle mani dello spietato giudice Rothenberg, si trasforma in un mostro nazista e per la verità non c’è più scampo.

Mara Martellotta

Intitolato alla diva del cinema Caterina Boratto il giardino in piazza Statuto

È stato intitolato il 27 ottobre 2023 all’attrice torinese Caterina Boratto il giardino di fronte ai civici 3 e 4 di piazza Statuto a Torino, non lontano da dove abitava (all’inizio di corso Francia). Aprendo la cerimonia, la presidente della Circoscrizione 1 Cristina Savio ha ripercorso la vita di Caterina Boratto, che inizialmente sognava di cantare come soprano, ma che poi è diventata una diva del cinema, famosa in America e in Italia. Nel dopoguerra recitò anche per Fellini e Pier Paolo Pasolini e con grandi registi stranieri. Recitò in una quarantina di film e in una ventina di serie televisive. Dedicarle uno spazio nel centro cittadino – ha dichiarato – è un modo per fare memoria e dare visibilità alle grandi donne torinesi del passato. Paolo Ceratto, figlio dell’attrice, ha ringraziato da parte di tutta la famiglia il Comune di Torino e gli Uffici, il Circolo degli Artisti (che Caterina Boratto frequentava e che ha proposto l’intitolazione del giardino) e il Museo del Cinema. Ha quindi sottolineato l’amore della madre per Torino, dove è sepolta al Cimitero Parco, e il legame professionale con la città: qui recitò nel film Bel Amy di Sandro Bolchi nel 1979 e nella serie tv Villa Arzilla del 1990 diretta da Gigi Proietti.

 

Ha poi ricordato la citazione di un aneddoto del regista Fellini, riportatagli da Lina Wertmüller quando lavorava con lui al film 8½. Disse: “È lei chi ci dà la luce”. Era una donna sobria, elegante, concreta, semplice e operosa. Come la città di Torino – ha detto il figlio. Apparteneva a una generazione intrisa di amarezza a causa della guerra (perse anche un fratello a Cefalonia), ma – ha concluso Paolo Ceratto – ha vissuto protetta dell’ironia e dal suo motto “forza e coraggio”. Il direttore del Museo nazionale del Cinema, Domenico De Gaetano, ha raccontato il “melodramma” della vita di Caterina Boratto, donna e artista, tra le principali attrici del cinema torinese e italiano. Dedicarle un giardino – ha affermato – è un’occasione per far riscoprire la storia del cinema e rendere omaggio ai tanti talenti femminili dimenticati. Ha quindi segnalato che il Museo del Cinema conserva alcuni suoi scatti di Angelo Frontoni e molto materiale relativo ai suoi film. Infine, la presidente del Consiglio Comunale e della Commissione Toponomastica del Comune di Torino, Maria Grazia Grippo, ha celebrato la personalità e il percorso artistico e di vita di Caterina Boratto. Era una donna cosmopolita – ha affermato – che si sentiva cittadina del molto, sin da giovanissima, quando a 20 anni, dopo aver recitato nel film Vivere, fu chiamata a lavorare in America. Era una bellezza iconica e aveva un grande talento, che coltivò con passione. È un orgoglio per Torino, città del cinema, averla avuta e ora – ha spiegato – consegniamo la sua figura alla storia, non soltanto del cinema. Fu una donna carismatica, una diva del cinema, che si impegnò nella Resistenza e si dedicò anche alla famiglia: visse tre vite in una – ha dichiarato la presidente Maria Grazia Grippo. Alla cerimonia di intitolazione erano presenti, oltre ad autorità civili e militari, al gonfalone della Città di Torino e al labaro della Croce Rossa di Torino, anche la classe VB della scuola primaria Federico Sclopis e la VE del Liceo artistico Passoni. Caterina Boratto (Torino, 15.3.1915 – Roma, 14.10.2010). Nata il 15 marzo 1915 a Torino nel quartiere San Donato, orfana di padre, a soli 13 anni si diploma in canto e pianoforte. Diviene una star del cinema al suo esordio, con il successo del film “Vivere” del 1936, a cui fanno seguito altri film da protagonista. Nel 1939 viene scritturata dalla Metro come unica attrice italiana destinata alla prestigiosa “scuderia” di L.B. Mayer, dove lavorano i nomi più noti della cinematografia mondiale: Gable, Garbo, Garland, Tracy. Nel 1942, a seguito della dichiarazione di guerra dell’Italia agli Stati Uniti, si trova a dover lasciare Hollywood per far ritorno a Torino, interrompendo così il suo contratto settennale con la Mgm. Nel 1944 sposa Armando Ceratto, proprietario della clinica Sanatrix, sede di una base operativa del Cln.

Con il marito, darà protezione ad alcuni ricercati. In quegli anni, l’artista soffre il dolore per la fucilazione a Cefalonia del fratello Filiberto, il cui corpo non verrà mai ritrovato. Nel dopoguerra decide di dedicarsi alla vita familiare. I suoi due figli nasceranno nel 1946 il primo e nel 1954 il secondo. Caterina Boratto torna davanti alla cinepresa nel 1962 con una parte nel film “8 1⁄2” di Federico Fellini che vede in lei “una regalità completa” e la vorrà con sé per altri due film. Alternando cinema, televisione, radio, teatro, operetta, fotoromanzi e pubblicità lavora con oltre 40 registi, tra i quali anche premi Oscar: Bolt, Pollack, Wertmuller, oltre allo stesso Fellini. Caterina Boratto vivrà sempre l’eterno “ricominciare” degli attori, che devono essere sempre pronti a dare vita a nuovi personaggi, affrontare altre opportunità e superare momenti difficili. Per lei fu particolarmente critico il momento della morte di Pier Paolo Pasolini nel 1975, avvenuta poco dopo che avevano collaborato alla realizzazione di “Salò”. Accompagnata dal motto “forza e coraggio”, appreso in famiglia fin da piccola, l’attrice, in oltre 50 anni di carriera, s’impose sullo schermo valorizzando le proprie qualità: voce, talento, fotogenia, portamento, professionalità e bellezza, riuscendo così anche a sfidare con successo lo scorrere del tempo. Nel 2003 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi le conferisce l’onorificenza di Commendatore per meriti artistici.

Che fatica nascondere il morto: ma che risate!

“C’è un cadavere in giardino” sino a domenica al Gioiello

Prolifico scrittore, Norm Foster è considerato a ragione l’erede del (forse) più celebre Neil Simon, spunti indovinati e ricca di sorpresa, scrittura vivacissima, personaggi che spremono sino in fondo tutta l’allegria – come anche le confessioni amare – con cui lo scrittore li ha costruiti. Nella versione di Pino Tierno e Consuelo Versace, arriva oggi da noi “C’è un cadavere in giardino”, per la regia tutta sprazzi e divertimento di Silvio Giordani, fino a domani al Gioiello (stasera alle ore 21, domenica alle ore 16).

Con un titolo che avrebbe fatto la felicità della maestra Agatha Christie, è la storia di una coppia di attori cresciuti nella mediocrità che un giorno ha fatto il gran salto del successo e del benessere. Come? Improvvisandosi, ma accalappiando un numero più che consistente di pubblico, guru dell’”auto-aiuto” (“Self Help” suona il titolo originale), ovvero come scrivere manuali di poco conto, spandere consigli da quattro soldi, mantenere quel tenore di vita, grandi alberghi limousine conferenze e vendite, che fa gridare subito al miracolo. Ma la dabbenaggine di troppi, cronache neppur troppo antiche ce lo hanno raccontato, non aspetta altro. Tutto procede a gonfie vele e in una traballante serenità, se si escludono gli improvvisi furori erotici della signora: che un bel giorno coinvolgono l’appetitoso giardiniere di casa. Sino al decesso di costui. C’è da sbarazzarsi del cadavere, mentre in casa circolano una cameriera che ha fatto dei loro insegnamenti la propria ragione di vita, eccentrica, tutta precisina, leggermente fuori di testa; una press agent a cui non pare vero di scorgere, all’occasione, un certo realistico riavvicinamento tra i padroni di casa, lui ha subodorato tradimenti e per un bel periodo ha perso ogni interesse verso la consorte; un giornalista d’assalto dedito alle inchieste e desideroso più di ogni altro di svelare i tanti lati oscuri della coppia; un tenente della polizia distrattamente alla ricerca del morto.

Il cadavere che “passeggia” per il palcoscenico nascosto in un tappeto e raggiunge le stanze come nascondiglio, il giardino come ultimo, sempiterno rifugio, porte che s’aprono e si chiudono (scena di Mario Amodio gustosamente alla Feydeau), ficcanasi impenitenti, tutto ha bisogno di ritmo e soprattutto di veder mantenuto quel marchingegno a orologeria, senza se e senza ma, che l’autore gli ha impresso, tra l’inquietante e il divertente, veloce e quasi ossessivo.

 

Le promesse sono mantenute, la girandola di situazioni e di battute (i temi sessuali sono imperanti) che strappano la risata, i doppi sensi a manciate che rallegrano, i campanelli e gli squilli dei citofoni di  casa, le incursioni satiriche, il clima di complicità che si stabilisce tra il pubblico e gli attori, ogni cosa fa bene alla serata. Se s’intravede qualcosa di scontato o di ripetitivo qua e là, tutto è prontamente rimesso in riga dal gran mestiere di tutti gli attori in scena, da Miriam Mesturino, fiammeggiante padrona di casa, tutta ardori e terrori, solo per un attimo pronta a rifugiarsi nella scalcagnata quanto tranquilla vita di un tempo, a Sergio Muniz, marito troppo comprensivo e sonnacchioso, affaccendato a ristabilire equilibri e abituale trantran, eccellente dispensatore d’ironia, da Valentina Maselli a Luca Negroni a Giuseppe Renzo, alla divertentissima, applauditissima Maria Cristina Gionta, cameriera dei signori. Un successone.

Elio Rabbione

Caterina Boratto, una bellezza altera, molto torinese

Ecco in anteprima la targa che la Città di Torino dedica all’attrice Caterina Boratto; verrà scoperta venerdì 27 ottobre, alle ore 11, in piazza Statuto, nell’aiuola, anch’essa dedicata a lei,  di fronte ai portici dell’ultimo tratto di via Garibaldi. 

La più eterea stella del cinema italiano, l’altera e sognante Caterina Boratto, torinese, classe 1915, nata in un edificio Liberty in corso Francia, è sempre stata una donna di una bellezza classica, di un’eleganza innata, altera, un pò malinconica, e con lo sguardo da regina; per il grande regista Federico Fellini, “una donna dalla regalità completa”. Dopo aver frequentato il liceo musicale, su segnalazione di Evelina Paoli, una delle maggiori attrici teatrali del primo Novecento, cliente della pellicceria della mamma, nel 1937 esordisce inaspettatamente a soli 22 anni nel cinema come protagonista del film “Vivere!” di Guido Brignone, nella parte della figlia del celebre tenore Tito Schipa. Un successo nazionale e internazionale che le spiana la strada per Hollywood, dove frequenta Joan Crawford, Lana Turner, Spencer Tracy, Judy Garland e persino il grande scrittore Francis Scott Fitzgerald. Ma il suo debutto viene continuamente rinviato. E come tutti i sogni, allo scoppio della guerra, dopo tre anni di lavoro preparatorio negli studios per il debutto, il sogno s’infrange e con un viaggio di ritorno per mare, durante il quale Caterina viene scambiata per una spia, a causa dei timbri tedeschi di Berlino dove era andata a presentare “Vivere!”, rientra in Italia, a Torino. Sposa nel 1944 Armando Ceratto, uomo della Resistenza che riunisce il  Comitato di Liberazione Nazionale nella sua clinica privata, la Sanatrix, una delle più importanti d’Europa per l’eccellenza di medici come Achille Mario Dogliotti, il chirurgo torinese dei casi disperati. E per circa una decina di anni la Boratto si ritira a vita privata e riprende a dare concerti come soprano. A ripescarla negli anni Sessanta è Federico Fellini che aveva  conosciuto nel 1943 sul set di “Campo de’ Fiori”, il film con Aldo Fabrizi e Anna Magnani, l’ultimo girato prima del suo lungo distacco dal mondo del cinema. L’incontro avviene a Roma, Fellini la nota casualmente per strada mentre lei sta uscendo da un grande magazzino in una traversa di via della Croce. Caterina su suggerimento del regista Guido Sacerdote indossa un grande cappello marrone perché a Roma nessuna donna portava il cappello. Fellini, la nota, la riconosce, si fermano a parlare e l’istinto, così spesso decisivo, lo porta a chiederle di interpretare la parte della misteriosa ed elegante signora che appare in più di una scena del capolavoro “8½”. Nel 1974 avviene il folgorante incontro con Pier Paolo Pasolini che vuole la Boratto a tutti i costi in “Salò, le 100 giornate di Sodoma”; si dedica diretta da Filippo Crivelli anche all’affascinante esperienza dell’Operetta; interpreta Madama Pace in “Questa sera si recita a soggetto” per la regia di Giuseppe Patroni Griffi; nel 1987 partecipa al film di Luciano De Crescenzo “32 dicembre” e nel 1990 arriva l’incontro con Gigi Proietti per la realizzazione della situation-comedy “Villa Arzilla”. Un periodo di grande allegria, serenità e spensieratezza per il suo ritorno a Torino, dove negli 800 metri dello Studio 1 del Centro di Produzione Rai di via Verdi, il regista ricostruisce quattro ambienti ed un salone dove gli arzilli, sorridenti e vivaci protagonisti, i grandi Ernesto Calindri, Giustino Durano, Marisa Merlini e Fiorenzo Fiorentini si incontrano e scontrano per il divertimento dei telespettatori. La Boratto è la Greta Garbo di “Villa Arzilla”, un’ex attrice che non abbandona mai i suoi atteggiamenti da Diva.

Igino Macagno  

 

‘Il respiro della musica’: l’Orchestra Polledro a Chieri

Sul podio il direttore stabile Federico Bisio

 

L’Orchestra Polledro integra i primi dieci anni di attività 2012-2022 con la rassegna 2023 dal titolo “Il respiro della musica “, con il patrocinio della Città di Chieri. Sul podio Federico Bisio, direttore stabile dell’Orchestra, primo oboe il maestro Carlo Romano, già primo oboe dell’Orchestra RAI, contrabbasso il maestro Davide Vittone dell’Orchestra des Champs Elysées e Balthasar Neumann Ensemble.

Nella sala della Conceria in via Conceria 2 a Chieri, alle 21 verrà eseguito venerdì 27 ottobre prossimo di Gioachino Rossini Il Barbiere di Siviglia nella versione per due oboi, due clarinetti, due fagotti, due corni, due trombe e il contrabbasso di Wenzel Sedlak (1776-1851).

L’età dell’oro dell’harmoniemusik iniziò a fiorire quando l’imperatore Giuseppe II d’Austria istituì un ensemble, la Kaiserlich-Konigliche Harmonie nel1782, che impiegava gli oboisti e arrangiatori Johann Nepomuk Wendt e Joseph Triebensee. Essendo musicisti del Teatro Nazionale e della Hofkapelle ebbero l’opportunità di scrivere gli arrangiamenti delle opere che stavano rappresentando. Le melodie operistiche venivano rapidamente arrangiate per concerti formali, eventi conviviali, banchetti e persino per ballare.

Un’attività che pare accomunare tutti i trascrittori di armonie era il loro coinvolgimento diretto come esecutori. Sedlak, abile clarinettista e ultimo importante arrangiatore di armonie, nato in Boemia nel 1776 e morto a Vienna nel 1851, fu autore di circa 70 arrangiamenti di opere liriche, opere sinfoniche e balletti.

Sedlak era anche un solista di clarinetto a Vienna e si esibiva con il suo quintetto di fiati Sedlatzek’s Harmonie-Quintette e c’è motivo di credere che l’ imperatore gli chiedesse di scrivere degli arrangiamenti per la Kaiserlich Konigliche Harmonie, soprattutto dopo la partenza di Went e di Triebensee intorno al 1800.

In questi periodo altamente produttivo Sedlak trascrisse non solo molte opere di Rossini, ma anche opere liriche, sinfoniche e balletti di Bellini, Donizetti, Mayerbeer, con Weber e altri.

MARA MARTELLOTTA

Vincitore del Premio  Giubergia il MAAT Saxophone Quartet

Vince la decima edizione del Premio Renzo Giubergia il MAAT Saxophone Quartet, gruppo under 26 che si esibirà in occasione del concerto di premiazione del prossimo 20 novembre.

Dopo otto edizioni dedicate ai solisti, dall’anno scorso il Premio si è rivolto a ensemble da camera. Per l’edizione in corso la selezione era aperta a formazioni da 3 a 6 esecutori, con organico libero e senza vincolo di nazionalità, la cui età media non doveva superare i 26 anni.

È il MAAT Saxophone Quartet il gruppo under 26 che ha vinto la decima edizione del Premio Giubergia, prezioso riconoscimento che la Fondazione omonima assegna ogni anno a giovani talenti internazionali. Il riconoscimento di 10 mila euro è stato conferito da una commissione composta da Andrea Lucchesini, Alessandro Moccia, Francesco Dillon, Carlo Bertola e Andrea Malvano, attraverso due prove. Eliminatoria su materiale registrato e finale in diretta streaming.

La cerimonia di assegnazione si terrà nell’ambito del concerto di lunedì 20 novembre prossimo al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino alle ore 21. Il MAAT Saxophone Quartet, nato nel 2018 al Conservatorio di Amsterdam, è formato da quattro ragazzi d’origine portoghese, Pedro Silva, Caterina Gomez, Daniel Ferreira e Mafalda Oliveira, ottenendo importanti riconoscimenti, tra cui il premio per la musica classica “Premio Jovens Musicos”, il più prestigio premio per la musica classica in Portogallo, e il Dutch Classical Talent Award nel 2022. Attualmente l’ensemble si sta perfezionando presso l’Accademia olandese del Quartetto d’archi, dove lavora sotto la guida di Mark Danel, sullo studio del repertorio internazionale. Fin dalla sua fondazione il Quartetto ha rivolto il suo interesse verso la musica contemporanea collaborando con diversi compositori, tra cui Nuño Lobo, Arnold Marinissen e Kave Vares.

Il Premio Giubergia lega il suo nome alla Fondazione Renzo Giubergia, presieduta da Paola Giubergia, e nasce per onorare la memoria del Presidente di Ersel, con l’intento di promuovere talenti musicali nazionali e internazionali e organizzare concerti e iniziative di alto profilo, valorizzando luoghi di interesse culturale e architettonico nel nostro territorio.

 

Mara Martellotta

Voxonus Festival, note nel cuore di Torino

CON “VIVALDI CHE PASSIONE!”, VENERDì 27 OTTOBRE CONCERTO E CONFERENZA DEDICATI AL PRETE ROSSO VENEZIANO

Conferenza ore 18.30 per gli studenti del Collegio Universitario Einaudi, concerto alle 20.30 nel Coro della chiesa di Santa Pelagia

TORINO. Venerdì 27 ottobre un nuovo doppio appuntamento con il Voxonus Festival nel cuore di Torino. Questa volta sarà lo splendido Coro della chiesa di Santa Pelagia, in via San Massimo, a ospitare il concerto Vivaldi che passione! eseguito da Voxonus Ensemble ed Ensemble Accademia del Ricercare (Manuel Staropoli, flauti e oboe e Arianna Zambon, oboe). La conferenza musicale dedicata agli studenti del Collegio Universitario Einaudi, partner della rassegna, si terrà alle 18 all’interno del Coro della chiesa stessa, mentre il concerto, aperto al pubblico, è previsto alle 20.30 nella medesima sede (prenotazione obbligatoria).

“È un vero onore far parte delle iniziative dell’Opera Munifica Istruzione – spiega il direttore artistico del festival e presidente dell’Orchestra Sinfonica di Savona Claudio Gilio – i cui obiettivi di valorizzazione del patrimonio artistico sposano perfettamente l’intento del Voxonus Festival di aprire i luoghi di cultura alla cittadinanza. In questo caso, grazie al prezioso impegno del Collegio Universitario Einaudi, il coinvolgimento tocca da vicino anche un pubblico giovanissimo. Come da tre anni a questa parte, portiamo avanti con entusiasmo e grande partecipazione un progetto didattico per rendere la musica accessibile e attuale: da giugno a dicembre, dal mare alle Alpi”.

I concerti del Voxonus Festival sono realizzati in collaborazione con Collegio Universitario Einaudi di Torino e grazie anche al sodalizio con la Fondazione Opera Munifica Istruzione; con il sostegno di Ministero della Cultura, Regione Piemonte e Fondazione CRT. Il festival vanta inoltre il sostegno di diversi sponsor privati.

IL PROGRAMMA. Quattro concerti per strumenti a fiato, che grazie alla loro storicità acquisiscono sonorità brillanti e coinvolgenti. Vivaldi fu uno dei primi autori a utilizzare largamente gli strumenti a fiato in funzione solistica, esaltando non solo i flauti dolce e traversiere e l’oboe – che potevano già contare su una vasta letteratura – ma anche strumenti più desueti come il fagotto, per il quale il compositore scrisse ben 37 concerti. Pubblicati nel 1728, i sei Concerti per flauto traversiere op. X comprendono tre lavori con titolo, che Vivaldi aveva già dato alle stampe in versioni con organici diversi. Grazie al realismo della loro scrittura, questi concerti sono diventati tra i brani meritatamente più noti di Vivaldi. che dimostrò tutto il suo talento nel tradurre in musica i fenomeni naturali.

IL VOXONUS ENSEMBLE. Formazione a organico variabile composta da musicisti specializzati nell’esecuzione con prassi filologicamente informata e con strumenti antichi. L’Ensemble è una realtà sinfonico-corale votata al repertorio barocco, capace di esprimerne lo spirito esecutivo dell’epoca. L’ampio repertorio comprende composizioni di Bach, Vivaldi, Haydn, Schubert, Mozart, Tartini e opere di artisti ‘minori’ e prime esecuzioni. Si presenta in varie formazioni fino alla compagine completa che vanta oltre venti musicisti. Secondo lo spirito del festival, l’Ensemble propone ‘musica pregiata’.

LA LOCATION. La chiesa di Santa Pelagia viene eretta tra gli anni 1769 e 1772 per volontà delle monache agostiniane e su disegno dell’architetto Filippo Nicolis Di Robilant. L’attività religiosa è però di breve durata: nel 1800 le autorità francesi sopprimono il monastero affittandone i locali alla Regia Opera della Mendicità Istruita (ora Opera Munifica Istruzione) come “scuola di carità’ per i poveri. Di grande valore artistico, nonché sede dei concerti in oggetto, è il Coro ligneo. Il doppio ordine di stalli in noce è sormontato da una balconata riccamente decorata ai cui due lati opposti si trovano da una parte un pregevole bassorilievo in papier marché raffigurante l’Annunciazione e dall’altra il grandioso dipinto di Vittorio Amedeo Rapous.

IL FESTIVAL. Voxonus Festival è la rassegna di musica barocca e classica dell’Orchestra Sinfonica di Savona. Un circuito di 60 concerti, 22 location e più di 30 interlocutori pubblici e privati che si svolge da giugno a dicembre. Il brand Voxonus nasce in Liguria nel 2011 all’interno del progetto sette-ottocentesco Academia di musici e cantori, ma di lì a poco si sviluppa anche in Piemonte con il format Dalle Alpi al Mare, diventando uno degli appuntamenti più attesi. Il brand si sviluppa in sinergia con i territori, dando vita a narrazioni storico-culturali che ne esaltano l’idea originale: riscoprire la classicità musicale per guardare al futuro.

INGRESSO GRATUITO con prenotazione obbligatoria al seguente link: https://www.operamunificaistruzione.it/evento/6006/voxonus-festival

Il calendario completo dei concerti del Voxonus Festival è consultabile sul sito www.orchestrasavona.it