SPETTACOLI- Pagina 177

La rilettura di Paravidino, tra borse griffate, scagnozzi traditori e figlie innamorate

“Peachum. Un’opera da tre soldi” in scena al Carignano sino a domenica

 

In principio (era il 1728, forse la prima commedia musicale della storia?) fu John Gay con la sua “Beggar’s Opera”, in seguito, due secoli esatti dopo, Bertolt Brecht e Kurt Weill diedero alle scene “L’opera da tre soldi”, che oggi, a quasi cent’anni di distanza, Fausto Paravidino riscrive, rendendola indefinita (“Un’opera da tre soldi”) e con la temperatura della nostra epoca, approfondendone e contemporaneizzandone le dinamiche, le forme violente, i meccanismi del denaro. Mette al centro della rilettura – non più il “Moritat” o altro, trovano posto in mezzo alle parole nuove microfoni, chitarre elettriche e le musiche di Enrico Melozzi – Peachum, portandolo a divenire l’emblema di una vera e propria società di mercato, “dipende dal denaro senza neanche prendersi la briga di esserne appassionato, non è avido, non ambisce a governare il denaro, è governato dal denaro”, così il nuovo autore definisce il proprio protagonista. Vigila attento sulla sua proprietà, lui, il vecchio re dei mercanti, divenuto un venditore (chiamiamolo trafficante) di borse griffate, una tribù a formare quanti fanno mercato per lui e lui nel proprio negozio ad alzare i prezzi e a vendere per un bel po’ di euro. Ma qualcosa un giorno, come nelle vecchie fiabe o nelle antiche tragedie, qualcosa non va più per il verso giusto, gli viene portata via la figlia. Una parte della sua proprietà. Inizia qui la strada dell’agguerrito Peachum per riagguantare quanto è suo, avventure e disavventure s’uniscono, tra consorti che pensano soltanto allo shopping e alle sedute nel centro benessere con le amiche, tra scagnozzi che vanno e vengono non sempre al meglio della fiducia, tra sindaci (anzi, è una sindaca) che flirtano e strizzano l’occhio alla mala, tra figlie che hanno deciso la rivoluzione perché innamorate perse del malavitoso. Un strada che mostra la miseria dietro l’angolo, in ogni sua forma, dei poveri e di chi si vuole arricchire, la guerra dei ricchi contro i poveri che mette la maschera del nuovo millennio.

Peachum vorrebbe mantenere un ordine, secondo la sua volontà e la sua visione, Mackie Messer con la sua banda di naziskin (pronti a tradirlo nel momento in cui il capo sembra prendere altre strade) non può invadere quella prestabilita e ben governata “proprietà”, vuol dire sovvertire quell’ordine. Come non può alterarla la sindaca, messa un giorno ad hoc per salvaguardarla, se gli equilibri si rompono spetterà a Peachum giocare quel gioco che li ricomporrà. Tra siparietti da strada e abbozzi di interni borghesi (scene di Laura Benzi), Paravidino autore e regista porta avanti linearmente e sfacciatamente il proprio discorso e le proprie convinzioni, Rocco Papaleo è un Peachum dalla bella concretezza, moderno e filosofico. Tra le nuove idee e la miseria serpeggiante, da appassionarsi con gusto al ritratto che di Polly, la figlia ribelle del re dei mendicanti, costruisce scena dopo scena Romina Colbasso. Repliche al Carignano per la stagione dello Stabile di Torino sino a domenica. Quanti poi volessero fare dei confronti tra ieri e oggi, youtube può offrire scene delle repliche e soprattutto le prove al Piccolo milanese dell’edizione dell’”Opera” di Strehler e dei suoi attori, Milva e Santuccio e Tedeschi in testa, tanto per vedere quanto è cambiato il teatro.

 

Elio Rabbione

Le immagini sono di Luca Guadagnini

Concerto di Natale alla Reggia di Venaria

Sabato 4 dicembre

Protagonista l’Orchestra Barocca dell’Accademia di Sant’Uberto

 

E’ la Cappella di Sant’Uberto della Reggia di Venaria a ospitare sabato 4 dicembre alle 17,30 il tradizionale «Concerto di Natale» organizzato dall’Accademia di Sant’Uberto, in collaborazione con la Reggia di Venaria e con il patrocinio della Città di Venaria Reale. Giunto alla terza edizione, sarà eseguito dall’Orchestra Barocca dell’Accademia di Sant’Uberto, con voci soliste,  in collaborazione con il Liceo Musicale Cavour di Torino, sotto la direzione del Maestro Alberto Conrado. Il concerto è stato organizzato grazie a Compagnia di San Paolo, maggior sostenitore, e il contributo di Fondazione Crt, partners FITF – Fédération Internationale de Trompes de France e FRTM – Fondation pour le Rayonnement de la Trompe Musicale (sotto l’egida della Fondation de France).

Il concerto, per essere condiviso a un pubblico più ampio possibile, e visti i numeri realizzati dagli appuntamenti di primavera sulla rete, sarà trasmesso anche in streaming: si potrà seguire in diretta sul canale YouTube dell’Accademia di Sant’Uberto e sulla sua pagina Facebook.
Prevede l’esecuzione del Te Deum (Seibel 117) in Re maggiore di Johann David Heinichen (1683-1729), maestro di cappella alla corte di Dresda, la Suite orchestrale n. 3 in Re maggiore BWV 1068 di Johann Sebastian Bach (1685-1750), Il Laudate Dominum KV339 di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) e la Messa per il Santissimo Natale di Giovanni Alberto Ristori (1692-1753), grandiosa partitura composta per la corte sassone.

Il Liceo Musicale Cavour partecipa all’iniziativa grazie a due progetti PCTO di orientamento (acronimo di “Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento”, quelli che un tempi si chiamavano progetti di Alternanza scuola-lavoro), ovvero il “Coro da camera”  e il “Progetto Barocco”.  Ogni anno alcuni studenti del Liceo Musicale Cavour ricevono dall’Accademia di Sant’Uberto gli strumenti originali barocchi ed il supporto di tutor esperti. L’accordo di collaborazione prevede una formazione musicale, la lettura da partitura originale nel contesto storico, la realizzazione delle parti, e anche la pratica  dell’ attività di fonico e registrazione video-audio. Ogni anno si preparano due concerti che sono poi eseguiti alla Palazzina di Caccia di Stupinigi (in primavera) e alla Reggia di Venaria (il concerto di Natale, appunto). L’Accademia promuove, infatti, l’esecuzione di concerti in  residenze e chiese di corte, o beni culturali opportunamente scelti, in luoghi dove storicamente la musica scandiva i tempi dei diversi cerimoniali musicali, e dove oggi il suono concorre a restituirne la vita vissuta, per il pubblico di visitatori o di appassionati.

Il “Concerto di Natale”, ogni anno, include nel programma importanti partiture che comprendono il corno da caccia, arte musicale riconosciuta dall’UNESCO Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità nel dicembre 2020. La pratica, nata per le cacce reali nel XVII secolo con un preciso codice cerimoniale musicale, è stata infatti accolta subito come preziosa opportunità da grandi compositori. Prevede, per ogni edizione, l’esecuzione di un Te Deum, musica di “ringraziamento” tradizionalmente condivisa in tutta Europa, legata a grandi avvenimenti, ma anche alla ricorrenza dell’ultimo giorno dell’anno, evento che mira a  creare nel tempo una rete di comunicazione internazionale.

L’ingresso  è libero ad esaurimento posti. Si richiede il Green Pass.

Olivetti e musica contemporanea

Arriva Solo con il clarinetto di Michele Marelli

 

4 dicembre | Ore 20.30

 

Allievo di Karlheinz Stockhausen, eclettico e capace di muoversi in un repertorio contemporaneo vasto e variegato, Michele Marelli porterà la musica negli spazi del Polo formativo universitario di Ivrea. Già insignito dal Teatro La Fenice di Venezia del prestigioso premio “Arthur Rubinstein – Una vita nella musica giovani”, è uno dei più importanti clarinettisti d’Europa.

È di nuovo l’Officina H, ex fabbrica Olivetti (via Monte Navale 2) a ospitare un viaggio nella creazione contemporanea il 4 dicembre, alle ore 20.30. L’evento, nell’ambito, del 20° EstOvest Festival, è una coproduzione con Gli Accordi Rivelati-Associazione Il Timbro, realtà con cui la manifestazione porta avanti da anni una collaborazione di successo.

 

Clarinetto, corno di bassetto e clarinetto basso sono gli strumenti utilizzati da Michele Marelli, fra gli interpreti contemporanei più apprezzati a livello internazionale.

Le infinite declinazioni del suono e un mirabile equilibrio esecutivo lo rendono cangiante e rigoroso, flessibile e profondo. Il repertorio, che va da Francesconi a Stockhausen, da Saariaho a Hosokawa, da Ferneyhough a Stroppa, rende il programma un territorio musicale sconfinato. La capacità di entrare nel personaggio con abilità unica e raffinatezza esemplare ci consegna un musicista in continua trasformazione, eppure sempre fedele a se stesso.

 

Il programma

Karlheinz Stockhausen, EVAs SPIEGEL, per corno di bassetto; Luca Francesconi, Tracce per corno di bassetto; Brian Ferneyhough, Time and Motion Study I per clarinetto basso; Kaija Saariaho, Duft per clarinetto; Karlheinz Stockhausen, Susani per corno di bassetto; Marco Stroppa, And sing until he drop per corno di bassetto; Toshio Hosokawa, Edi per clarinetto; Ivan Fedele, High per corno di bassetto; Mark Andre, iv 3 per clarinetto.

 

Michele Marelli

Diplomato in clarinetto con lode al Conservatorio di Alessandria e in Musica elettronica al Conservatorio di Latina, Michele Marelli è fra i migliori solisti di musica contemporanea della sua generazione. A 18 anni ha incontrato Karlheinz Stockhausen, con il quale per oltre un decennio ha instaurato un profondo rapporto artistico ed è stato scelto dal Maestro come solista del suo ensemble. Sotto la sua direzione ha interpretato prime esecuzioni assolute e inciso tre cd.

Fra premi internazionali e prestigiose collaborazioni con importanti festival nel mondo, ha collaborato con i più importanti compositori del nostro tempo come Helmut Lachenmann, György Kurtàg, Ivan Fedele, Marco Stroppa, Vinko Globokar, Franco Donatoni o Sylvano Bussotti.

 

Il biglietto per Solo ha il costo di 8 euro.

Informazioni e dettagli: https://estovestfestival.it/programma/solo/

Van Gogh On Ice in prima mondiale

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Lo spettacolo che non avevate mai visto

La poesia, il genio e il tormento del Maestro dell’Impressionismo in un’opera poetica mai vista prima. Una pista da ghiaccio, luci, colori, immagini, le note della musica classica dal vivo che avvolgono il pubblico, una compagnia di pattinatori di eccellente bravura. L’idea rivoluzionaria che unisce poesia, danza, musica e tecnologia per regalare un viaggio emozionante nell’arte magica di Van Gogh. Con il patrocinio dell’Assessorato allo Sport del Comune di Torino. “Lo sport si fa danza e la danza si fa arte. I pattini dei più grandi atleti internazionali disegnano il ghiaccio come il pennello sulla tavolozza mentre il ghiaccio diventa la tela, dipinta da proiezioni di ultima generazione”

Venerdì 3 dicembre ore 21 Palavela Torino

TFF. A Giuseppe Piccioni il “Premio Maria Adriana Prolo”

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A consegnarlo, al Cinema “Massimo” di Torino, sarà Margherita Buy

Venerdì 3 dicembre, ore 20

Più di trent’anni di gloriosa e prolifica attività. Giuseppe Piccioni (Ascoli Piceno, 1953) è sicuramente oggi fra i più grandi e singolari registi del cinema italiano, anche se il suo è  un “cinema di piccole storie e grandi speranze, un cinema intimo, capace di scavare nei sentimenti ma anche di raccontare grandi sogni e grandi cambiamenti…in cui le donne sono quasi sempre protagoniste, e che Piccioni sa ritrarre con originalità e profondità”. A lui, in occasione del 39° Torino Film Festival, l’“Associazione Museo Nazionale del Cinema (AMNC)” ha deciso di conferire il Premio “Maria Adriana Prolo alla Carriera 2021”, che sarà assegnato al regista marchigiano venerdì 3 dicembrealle ore 20, nella Sala 3 del Cinema “Massimo” di Torino. A consegnarlo sarà un ospite d’eccezione, una delle attrici più note e amate del cinema italiano, Margherita Buy, presenza importante nel cinema del regista, che nel corso degli anni e di molti film ha dato vita a tanti personaggi diversi: divertenti, drammatici, e anche commoventi, come quello di suor Caterina in “Fuori dal mondo” (1999), il film di Piccioni – vincitore del “David” e nominato dall’Italia come candidato all’ “Oscar” per il miglior Film Straniero – che sarà proiettato dopo la cerimonia di  premiazione. Intitolato a Maria Adriana Prolo (Romagnano Sesia 1908– 1991), storica della stagione pionieristica del cinema italiano e fondatrice nel 1956 del “Museo Nazionale del Cinema” (prima sede, un’ala del Palazzo Chiablese), il premio è un riconoscimento assegnato dal 2002 a una personalità del mondo del cinema che si sia particolarmente distinta nel panorama italiano. In passato, a riceverlo sono stati i registi Giuseppe Bertolucci, Marco Bellocchio, Ugo Gregoretti, Giuliano Montaldo, Massimo Scaglione, Cecilia Mangini, Daniele Segre, Bruno Bozzetto, Lorenza Mazzetti, Costa-Gavras e David Grieco. Con loro gli attori e attrici Piera Degli Esposti, Lucia Bosè, Ottavia Piccolo, Roberto Herlitzka, Elio Pandolfi, il compositore Manuel De Sica, lo sceneggiatore Giorgio Arlorio, il film-maker, artista e operaio Pietro Perotti e l’esercente e storico del cinema Lorenzo Ventavoli. Quest’anno, a seguire la premiazione – come già detto – sarà proiettata una copia 35 mm conservata dalla “Cineteca Nazionale” del film “Fuori dal mondo” (1999, 100’), prodotto da Lionello Cerri per la “Lumière & Co.”. La storia inizia quando Caterina (Margherita Buy), una suora sul punto di prendere i voti perpetui, si vede consegnare tra le braccia un bambino abbandonato in un parco. Dopo averlo portato in ospedale, suor Caterina va alla ricerca della madre del bambino, e nella lavanderia dove la donna lavora conosce Ernesto (Silvio Orlando), anche lui, a suo modo, coinvolto nella vicenda. Immerso nelle atmosfere invernali di Milano, il film è un “racconto commovente dove si incontrano solitudini saldamente costruite e diversamente motivate, ma capaci, in circostanze non ordinarie, di aprire una breccia nella propria corazza e di scoprire le possibilità che derivano dall’apertura all’altro”.

Il Premio “Maria Adriana Prolo” è un’iniziativa curata dall’ “Associazione Museo Nazionale del Cinema” nell’ambito del progetto “Nuovo Cinema Piemonte 2021”, sostenuto da Regione Piemonte e “Fondazione CRT”.

  1. m.

Per info: “Associazione Museo Nazionale del Cinema”, via Montebello 15 D, Torino; tel. 011/8138560 o www.amnc.it

Nella foto:

–         Giuseppe Piccioni e Margherita Buy sul set del film  “Il rosso e il blu”

Ritorno degli appuntamenti musicali dal vivo dell’Orchestra Polledro

E’ diretta dal maestro Federico Bisio. “Concerto d’autunno” alle Fonderie Limone il 7 dicembre prossimo

Grande ritorno  con un appuntamento musicale dal vivo dell’Orchestra Polledro con il “Concerto d’Autunno”, in programma martedì 7 dicembre prossimo alle 21, presso il Teatro Fonderie Limone, in via Eduardo De Filippo, a  Moncalieri.

Sul podio il maestro Federico Bisio, direttore stabile dell’Orchestra; primo oboe solista il maestro Carlo Romano, già primo oboe dell’Orchestra RAI.

Nella prima parte del concerto verrà  eseguito il Divertimento per Orchestra in Re maggiore n. 11 K 251 di Wolfgang Amadeus Mozart. I Divertimenti mozartiani prevedono una struttura piuttosto varia e sono stati scritti per archi e singoli strumenti a fiato oppure per soli fiati, il cui numero non è  rigidamente fisso.La formazione più  frequente contempla la presenza di due oboi, due corni e due fagotti. Il timbro strumentale riveste sicuramente in queste composizioni un ruolo significativo e queste rivelano la capacità da parte del compositore di contrapporre, per esempio, il timbro chiaro dell’oboe alla voce malinconica e leggermente nasale del corno inglese.

Una prova abbastanza indicativa dello stile di queste composizioni viene data dal Divertimento K 251, scritto da Mozart nel luglio 1776 per il compleanno della sorella Nannerl. Il brano risulta punteggiato da ritmi brillanti, arguti e leggeri di intonazione parigina, scelti per assecondare i gusti della sorella che, da brava clavicembalista, si era specializzata nell’esecuzione della musica francese.

Il Divertimento si apre con un tempo in forma di sonata dal ritmo vivace e allegro; segue un Minuetto in cui il musicista introduce variazioni e ornamenti al tema principale. L’Andantino rappresenta un delicato Rondò  con una serie di intermezzi che paiono siparietti di un’unica scena. Il secondo Minuetto risulta un tema che presenta sei variazioni, di cui l’ultima si richiama ciclicamente all’inizio del movimento. Il quinto tempo, Allegro assai, presenta l’andamento di un rondò, sviluppato ampiamente e con grande ricchezza di variazione timbrica. A concludere il Divertimento è una Marcia alla Francese, così denominata per il carattere particolare del ritmo, molto marcato e meno cantabile rispetto ai temi della marcia precedentemente composti da Mozart.

Il concerto proseguirà con l’esecuzione del Divertimento in Si bemolle maggiore n. 15 K 287 dal titolo “Seconda musica notturna di Lodron”, composto nel febbraio del 1777 per commemorare l’onomastico della contessa Maria Antonia Lodron, membro dell’aristocrazia di Salisburgo e amica di famiglia.

Concepito per organico di due corni e archi, come il K 251, questo Divertimento n. 15 K 287 e’ organizzato in sei movimenti che alternano temi svariati, minuetti, andanti e rondò di gusto e ispirazione settecentesca. Fa parte di quelle musiche che Mozart compose, insieme a Cassazioni e Serenate, prima che il viaggio a Parigi del 1777-78 lo riportasse al genere sinfonico più impegnativo. Mozart, tuttavia, nei suoi Divertimenti,  sarebbe riuscito a toccare vette capaci di superare non poche sinfonie precedenti. Il manoscritto del Divertimento n. 15 K 287 reca l’indicazione di “Divertimento a 6 Strumenti”, vale a dire un quartetto d’archi (violini primi e secondi, viole, bassi) e una coppia di corni, che si integrano agli archi per necessità.

Il primo Minuetto  di questo Divertimento rimane forse la “parte più perfetta di tutta questa opera perfetta”, come fu definito da Wyzewa e Saint Fox, per l’incanto del ritmo della danza tedesca e l’introduzione, nel trio, di modulazioni in sol minore, che rendono questo tono mozartiano contraddistinto  da un’inquietudine appassionata e al tempo stesso misteriosa.

L’Orchestra Polledro fa ritorno a Moncalieri a due anni dall’ultima esecuzione, con la presenza di un grande virtuoso dell’oboe, il maestro Romano, e la direzione del maestro Bisio, che con il loro carisma daranno un suggello particolare alla serata.

Mara Martellotta 

Piero Nuti è don Felice Cavagna, prete di campagna nella grande Torino

Con “Finestre sul Po” prende il via la “Grande Prosa” di Torino Spettacoli

 

Ritorna “la bella abitudine di andare a teatro”. Domani all’Erba con “Finestre sul Po” riapre la “Grande Prosa” nel calendario di Torino Spettacoli, divertimento assicurato e uno sguardo a quel piccolo capolavoro intimistico che Erminio Macario aveva già portato al successo e che oggi ha i tratti e la simpatia di Piero Nuti (93 anni all’anagrafe, energicamente portati). Un appuntamento che sta a significare anche il consolidamento di un rapporto, mai interrotto del resto, neppure durante il periodo di chiusura dei teatri, rapporto di lavoro continuo da un lato e di partecipazione e di informazioni dall’altra, che il pubblico ha con le sale dell’Alfieri, del Gioiello e dell’Erba.

Quindi dal 2 al 12 dicembre con una ripresa dal 26 sino al prossimo 6 gennaio (da giovedì 2 a sabato 4 dicembre ore 21, le domeniche 5, 12 e 26  ore 16; martedì 7 ore 21, mercoledì 8 ore 16, da giovedì 9 a sabato 11 ore 21; mercoledì 29 e giovedì 30 ore 21, alle 20,15 per la serata di Capodanno; domenica 2 e giovedì 6 gennaio ore 16) ecco sul palcoscenico di corso Moncalieri il testo di Alfredo Testoni, Giorgio Molino e Angelo Ciciriello, con al centro la figura di don Felice Cavagna, tranquillo e innocente prete di montagna, ma amante delle chiacchiere e impiccione, ospite in occasione dell’ostensione della Sindone della famiglia Galletti, media borghesia torinese. Inevitabile per il piccolo prete immischiarsi nell’amore contrastato di Berta Galletti e Giorgio Catelli, nipote del vescovo, atteso anch’egli nella casa. Sarà a quest’ultimo che don Cavagna confesserà in un godibilissimo srotolarsi di piccole avventure i suoi peccati di gola, la sua intolleranza per la gerarchia ecclesiastica e il fascino che il padrone di casa subisce verso una disinibita vedovella, che chiaramente non può non suscitare le gelosie della padrona di casa. La regia è di Simone Moretto, le scene di Gian Mesturino, le musiche di Leone Sinigaglia, altri interpreti Franco Vaccaro, Stefano Bianco, Barbara Cinquatti e Stefano Fiorillo.

Altri titoli della “Grande prosa” saranno “Caffè nero per Poirot” di Agatha Christie, che sicuramente bisserà il successo ottenuto in periodo ante covid (Gioiello, dal 16 dicembre al 1° gennaio), “L’attimo fuggente” con Ettore Bassi nel ruolo del professor Keating, insegnante diverso da ogni altro, desideroso di infondere ai propri ragazzi i veri valori della vita, insegnando loro a vivere attimo per attimo (“Oh Capitano, mio Capitano…”, ricordate?): e poi la setta segreta dei “Poeti estinti”, i pareri negativi del preside e le punizioni, la tragedia di Neil Perry per una vicenda che la trasposizione cinematografica con la regia di Peter Weir ha reso un autentico quanto indimenticabile capolavoro (28, 29 e 30 gennaio, all’Erba). Inoltre da giovedì 3 a domenica 6 febbraio, ancora all’Erba, “Quegli strani vicini di casa” di Cesc Gay con Kaspar Capparoni e Laura Lattuada, imbarazzi e divertimento nel mènage erotico un po’ appassito di una coppia; nella sala del Gioiello tre appuntamenti da non perdere: dal 25 al 27 febbraio, Milena Vukotic in “A spasso con Daisy” e la coppia Gaia De Laurentiis/Ugo Dighero, dal 3 al 6 marzo, in “Alle 5 da me” di Pierre Chesnot, penna brillante del teatro d’Oltralpe, ovvero due vicini di casa alla spasmodica ricerca di un partner, con lieto fine prevedibilmente d’obbligo, e ancora dal 18 al 20 marzo “Fiori d’acciaio” di Robert Harling, sei bravissime attrici, tra cui Rocìo Munoz Morales, Tosca D’Aquino e Paola Tiziana Cruciani, alla ricerca della solidarietà femminile per far fronte alle contrarietà della vita. Alessandro Benvenuti (26 e 27 marzo) in “Panico ma rosa per racontare la personale esperienza di lockdown e Gianluca Ferrato (dall’1 al 3 aprile) in “Tutto sua madre”, entrambi all’Erba.

 

e.rb.

 

Nelle immagini: Piero Nuti in “Finestre sul Po”, Ettore Bassi in “L’attimo fuggente” e la locandina di “A spasso con Daisy” con Milena Vukotic

Pietà per Icaro

FONDAZIONE EGRI per la DANZA
diretta da Susanna Egri e Raphael Bianco

I PUNTI DANZA 2021-2022

PIETÀ PER ICARO

Compagnia Francesca Selva

TEATRO MATTEOTTI

Via Matteotti, 1 Moncalieri

Martedì 30 novembre 2021 ore 21

Martedì 30 novembre alle ore 21 continua la Stagione Itinerante de IPUNTIDANZA 2021/2022 della Fondazione Egri per la danza al Teatro Matteotti di Moncalieri con lo spettacolo Pietà per Icaro della Compagnia Francesca Selva.

(Figlio figlio, povero figlio). Conosciamo la storia: la tracotanza di Icaro viene esaltata dal volo, sempre più vicino al sole, l’astro più importante del cielo che ci sovrasta. Disobbedisce al padre e.… precipita. Vittima della sua insolenza. E se invece Dedalo fosse responsabile della morte del figlio? Dedalo il genio, il Leonardo ante-litteram della mitologia greca, l’ingegnere costruttore…come ha potuto lui stesso dimenticarsi di essere stato giovane? Come sottovalutare l’euforia, l’entusiasmo, la follia dell’emozione che un giovane cuore sperimenta per la prima volta? Come non essere orgoglioso di un figlio che sfida il potere del sole, che vuole andare oltre alla mediocrità di una vita che ti lascia poi prigioniero e senza sogni? Icaro ha volato troppo in alto. Essere punito per un sogno. Non è forse quello che la mediocrità della morale comune vuole?”

Partendo dalla libera interpretazione della storia mitologica di Dedalo ed Icaro, quello che ha interessato la Compagnia è il concetto del labirinto, decodificando una metafora della società odierna. Dedalo è stato l’artefice, il costruttore del labirinto, ma non riesce nemmeno lui a trovare la via di uscita. Diventa lui stesso vittima e prigioniero, insieme al figlio Icaro. Il rapporto padre-figlio, lo scontro generazionale, apre lo scenario di una perdita sostanziale di quei valori, quei riferimenti anche di coscienza politica e sentimentale, che disorientano il padre, colpevole di non aver avuto la lungimiranza di tutelare il futuro del figlio e delle nuove generazioni.

IPUNTIDANZA 2021/2022 sono una rassegna di grande prestigio e la collaborazione tra la Fondazione Egri e Moncalieri è stata avviata ormai 6 anni fa, e da allora confermata convintamente ad ogni successiva stagione – dichiara soddisfatta l’assessore alla Cultura di Moncalieri Laura Pompeo – Una rassegna ricca, versatile e itinerante, ai vertici dell’intrattenimento e della ricerca artistica, che ha portato a Moncalieri produzioni splendide, nelle più prestigiose e suggestive location della città, tra cui il Castello Reale, le Fonderie Limone, Cascina Le Vallere”.

Pietà per Icaro

Progetto per un attore e un danzatore

Coreografia: Francesca Selva

Soggetto: Marcello Valassina

Interpreti: Roberto Gonnelli, Luciano Nuzzolese

La Stagione Itinerante de IPUNTIDANZA 2021/2022 è realizzata con il patrocinio di: Città di Torino, Città di Moncalieri, Città di Vigliano Biellese, Città di Verbania, Città di Cuneo

e con il sostegno di: MIC – Ministero della Cultura, Regione Piemonte, Fondazione CRT, Fondazione CRB, Fondazione CRC, TAP, Città di Moncalieri

La Stagione Itinerante de IPUNTIDANZA 2021/2022 focus Torino-Moncalieri è in collaborazione con: Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani, OGR – Officine Grandi Riparazioni, Associazione COORPI, Officina della Scrittura, Aurora

Media partner della Rassegna Interscambi Coreografici: Il Biellese, Radio Energy, Sipario, DanzaSi, La Guida.

Ufficio Stampa: Cristina Negri – cristina.negri@fastwebnet.it – cell. 333 8317018

INFO E PRENOTAZIONI: promozione@egridanza.com / 366.4308040 

BIGLIETTI: Intero € 15 Ridotto € 12 (over 65, under 12) Ridotto scuole e gruppi di 5 persone in su € 10

PROMOZIONE SCUOLE DI DANZA. Per le scuole di danza si offre la possibilità di prenotare in gruppo: il costo del biglietto per persona è di 10 euro (al posto del biglietto intero a 15 euro o ridotto a 12 euro) mentre qualora si volesse partecipare anche allo spettacolo del 23 novembre (Cigno)promozione speciale scuole di entrambi gli spettacoli sarà di 15 euro totali.

Per usufruire di tale promozione chiediamo di prenotare o di contattarci entro e non oltre giovedì 18 novembre entro le ore 18.00

Al via il Torino Film Festival numero 39

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Il Tff edizione 39 è il primo festival cinematografico italiano con  le sale piene di pubblico. Sono in programma 181 film, 14 mediometraggi, 59 cortometraggi e saranno proiettate 68 prime mondiali, 14 internazionali, 4 anteprime europee e 53 italiane. La rassegna si apre con la proiezione, al Multisala Uci Lingotto, dell’anteprima del super cartoon Sing 2 – Sempre più forte, una commedia musicale diretta da Garth Jennings,  nei cinema il 23 dicembre per le festività natalizie. Narra le avventure del koala Buster Moon e del suo cast di animali, pronti a debuttare con un nuovo spettacolo al Crystal Tower Theatre. All’inaugurazione Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, presidente e direttore del Museo Nazionale del Cinema, il direttore artistico del Tff Stefano Francia Di Celle. Per loro è il primo festival in presenza. “Finalmente siamo di nuovo in sala. Bisogna andare al cinema, vedere i film con altre persone”,  commenta Ghigo.

Sugli schermi “Il potere del cane” e “The French Dispatch”

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Il western antimachismo di Jane Campion, le pagine bianche della rivista di Wes Anderson

(From L-R): Elisabeth Moss, Owen Wilson, Tilda Swinton, Fisher Stevens and Griffin Dunne in the film THE FRENCH DISPATCH. Photo Courtesy of Searchlight Pictures. © 2020 Twentieth Century Fox Film Corporation All Rights Reserved

Nel Montana a metà degli anni Venti (ritrovato tra le terre e le alture della Nuova Zelanda di oggi), due fratelli diversissimi tra loro. Phil s’impone con la vilenza e incute paura, George è di animo buono e remissivo, taciturno e impacciato, lontano da tutto e da tutti, ambedue proprietari del più grande ranch che ci sia nella zona. Un bel giorno George sposa Rose, una vedova ancora certo piacente che fa andare avanti una cucina e quei pochi tavoli del locale e la porta con sé, a casa, nel ranch di famiglia, insieme a suo figlio Peter, ragazzo disadattato, introverso come nessuno, la solitudine e la timidezza fatte persona, aiuta sua madre a servire, mentre coltiva curiosità verso la medicina e intanto ritaglia nella carta dei fiori dai diversi colori. Appena entrati nella casa, Phil inizia a prendersi gioco di loro, a inveire: sembrerebbe gelosia, la lotta tra due fratelli per la donna che è venuta a occupare un posto ben preciso nella casa, e Jane Campion in questo suo stupendo “Potere del cane” – il titolo è tratto da un salmo della Bibbia, il potere del più forte sul più debole – che giunge con un Leone d’Argento dalla Mostra di Venezia a 12 anni dall’ultimo “Bright Star”, per un po’ ce lo lascia credere.

Ma nascosti tra la neve che cade e forma soffici tappeti bianchi sul terreno, tra le mandrie che corrono e alzano sipari di polvere, tra il fango e le nuvole che s’addensano in lontananza quasi a nascondere i monti dello spoglio paesaggio, tra sguardi e silenzi improvvisi, nascosti ci sono le colpe, i sentimenti e i vizi che nessuno vuole confessare, i tormenti covati in solitudine: Rose che nasconde bottiglie dappertutto e appena può ci si attacca, Phil che cura il proprio corpo e prende il bagno nel fiume, che sparge la propria mascolina sensualità, che allaccia con il ragazzo un rapporto nuovo tra chiacchiere e occhiate che sembrerebbero andare verso altre tormentate psicologie, dopo che ha accompagnato i fischi dei tanti mandriani al passaggio del ragazzo. Il film (tratto dall’omonimo romanzo di Thomas Savage, del 1967, e che l’autrice ha suddiviso in cinque capitoli) avanza lucidamente nel racconto dei personaggi, nello scavare al loro interno (anche a George, un ottimo Jesse Plemons, a cui non è dedicato troppo spazio, bastano parole e gesti ridotti per trovare una precisa e alta dimensione), si tiene lontano da quell’estetismo che tante volte in passato è stato rimproverato alla Campion, le asprezze di tutti affondano in quelle del paesaggio, che diventa un altro personaggio, angoscioso, cupo e onnipresente. Benedict Cumberbatch dà una prova vigorosa di machismo turbato alle fondamenta, ben lontano da quegli uomini della prateria che abbiamo conosciuto nei tanti western della storia del cinema, Kirsten Kunst sembra imporsi a tratti sui due colleghi e il giovane Kodi Smit-McPhee è Peter, capace di ritagliarsi uno spazio tutto suo, con precisa autorevolezza.

Un angolo di Francia, nella piccola città di Ennui-sur-Blasé (il nome la dice lunga sulle intenzioni o sui risultati finali del film: qualcosa del tipo “noia sull’indifferente a tutto, annoiato”), ricalcata su quella realissima di Angoulême, lavora la redazione di “The French Dispatch” – una sorta di “The New Yorker” tanto caro all’autore -, supplemento settimanale del quotidiano statunitense “Evening Sun”, stampato a Liberty in Kansas, un bel sfogliare di cultura varia, letteratura, arte e alta cucina. È diretto dal venerato proprietario, Arthur Howitzer jr: quando il venerato muore, la redazione decide di pubblicare i migliori articoli comparsi negli ultimi anni. Si leggerà quindi del reporter che ama addentrarsi in bicicletta nei quartieri più malfamati della città, regno di papponi e puttane, di delinquenti e di assassini; del pittore rinchiuso in carcere, dei suoi quadri e della sua musa che altri non è se non la sua guardia carceraria, dei mercanti d’arte che con vera e propria ingordigia pretendono le sue opere; della rivolta studentesca sessantottina; di un rapimento sventato e portato a buon esito da un eccellente chef.

Wes Anderson costruisce, passando indifferentemente dai suoi amati colori pastello al bianco e nero, un film dove ha allineato un vero e proprio presepe dei suoi attori più amati (Bill Murray in primis, è il suo attore feticcio, e poi Tilda Swinton, Owen Wilson, Frances McDormand, Jason Schwartzman, Saoirse Ronan, Edward Norton, Adrien Brody, Mathieu Amalric, Willem Defoe e poi ancora gli ultimi acquisti entrati nella scuderia, Timothée Chalamet, Léa Seydoux, Benicio del Toro, Kate Winslet, Christoph Waltz e via discorrendo), qualcuno in veste di protagonista di questo o quell’episodio, altri soltanto per un attimo, apparizioni fugaci a ispessire il panorama. Irreale, surreale, pretenzioso, ambiziosamente vuoto, “una lettera d’amore ai giornalisti” definisce Anderson il suo “French Dispatch”, presentato a Cannes 2021 quando era già stato prenotato per Cannes 2020: ma pare piuttosto un grosso dispetto, il resoconto di una banda completamente sfatta, malamente decorativa e presa per i fondelli. Si affida ai décor e alle pareti, ai siparietti che in studio vistosamente entrano e spariscono, si affida alla camera fissa e agli sghembi e claustrofobici ambienti per riempirli di dialoghi serrati e disperatamente (per lo spettatore) copiosi, si affida ad un puzzle che non troverà mai un suo punto centrale e una costruzione perfetta, dove gli incastri lasciano parecchio a desiderare e dove le troppe tessere scricchiolano. Chi scrive non ha nemmeno visto quell’originalità da molti sbandierata, anche perché nella zoppicante fattura ci aggiriamo per le medesime strade già percorse da Anderson più e più volte, l’ispirazione e un qualcosa che non assomigli troppo alla battuta d’effetto o al divertissement pretenzioso mi pare stano decisamente assenti. Si fatica a seguire, ci si annoia, si rischia di alzarsi veloci dalla poltrona e di scappar via dalla sala, si va a tentoni nel ricercare una narrazione con al proprio interno un che pronto a somigliare alla concretezza e che non lasci unicamente ogni spazio alle soluzioni formali.