SPETTACOLI- Pagina 12

Al polo Le Rosine “Nel cuore del Vajont – Ciao amore, ci vediamo domani”

Il polo artistico e culturale Le Rosine, in via Plana/8c, ospita un viaggio intenso all’interno di una delle pagine più dolorose della nostra storia recente. Attraverso parole, immagini e musica, lo spettacolo è incentrato sulle voci di chi visse quella notte del 9 ottobre 1963, una notte fatta di sogni interrotti e vite spezzate, ma anche la dimostrazione di forza di una comunità che non si è mai arresa. Testimonianze, documenti, musica dal vivo e immagini si intrecciano in una narrazione essenziale, che non cerca solo di ricordare ma di interrogare lo spettatore sul prezzo del silenzio, della superficialità e della presunzione umana. Lo spettacolo, curato dalla compagnia Terzo Tempo, suggerisce una riflessione dolorosamente attuale: i disastri ambientali non appartengono solo al passato. Dall’alluvione in Toscana, Marche e Emilia Romagna, fino ai fenomeni che devastano l’Asia, l’Europa, l’Africa e le Americhe, il clima sembra ribellarsi a un modello di sviluppo che ha ignorato troppo a lungo gli equilibri della natura. I ghiacciai si sciolgono, i fiumi esondano, la Terra brucia o frana: la realtà ci parla ogni giorno con la stessa urgenza che il Vajont ci ha lasciato in eredità. Non è un racconto di ciò che è stato, ma un invito a non ripetere gli stessi errori, a vigilare, a informarsi, a pretendere responsabilità, a capire che l’ambiente non è un nemico imprevedibile ma un alleato che chiede ascolto. Il ricavato dell’evento, a offerta libera, andrà a sostenere il Punto di Ascolto per Donne in Difficoltà – cicli di colloqui individuali con una psicoterapeuta, una delle tre opere sociali e gratuite dell’Istituto delle Rosine, realizzate grazie ai progetti dei corsi, all’affitto degli spazi e alla generosità di chi partecipa agli eventi.

Info: eventi@lerosine.it – www.lerosine.it

Mara Martellotta

La stagione Iperspazi di Fertili Terreni Teatro apre con Moby  Dick

San Pietro in Vincoli, da mercoledì 8 a sabato 11 ottobre prossimi

Lo spettacolo di apertura della nuova stagione intitolata ‘Iperspazi’, la nona del cartellone proposto da Fertili Terreni Teatro, sarà “Moby Dick”. Da mercoledì 8 a sabato 11 ottobre, per un numero limitato di spettatori, alle 19.30 e alle 21, andrà in scena nelle cripte di San Pietro in Vincoli Moby Dick, produzione A.M.A Factory, ispirato al romanzo di Hermann Melville, con in scena Angelo Tronca e Maddalena Sighinolfi.
Lo spettatore viene isolato da mondo esterno, immerso con delle cuffie in un ambiente sonoro, e sarà testimone di un racconto che esplora i temi della malattia mentale attraverso un flusso intenso di coscienza al cui interno troveranno spazio richiami delle balene e conflitti con demoni interiori, sprofondando in una dimensione onirica in cui personaggi e simboli del racconto prendono forma sia dal punto di vista sonoro sia visivo. Muovendosi tra le differenti stazioni in cui si compone la narrazione, un attore ripercorre i momenti salienti del romanzo nell’impianto recitativo che intreccia i tormenti di Acab e la voce di Ismaele, trasformando l’epopea marina in un’indagine profonda su ossessioni e schizofrenie.
Gli abissi dell’oceano diventano il teatro per dar forma alla riflessione collettiva sulla lotta contro i propri demoni, e dove follia e umanità  si incontrano nella profondità del mare.
“Da molti anni – osserva il regista Angelo Tronca – mi interessa il personaggio di Moby Dyck. Sono stati scritti una decina di saggi per cercare di spiegare appieno che cosa significhi la metafora usata da Meville quando ci parla di quest’uomo che caccia la balena bianca, ma  nessuno, giustamente, ha mai veramente colto nel segno. Nessuno è  riuscito a cacciarla veramente nemmeno concettualmente. Ho, quindi, scelto, una riscrittura per parlare di ciò che risuonava in me di questo romanzo. La ricerca di Dio, il suo significato, e la lotta con il circostante sono temi che mi hanno accompagnato essendo stato vicino a persone malate di mente. La loro sofferenza era simile a quella che leggevo nel capitano Achab. Di qui la scelta di scrivere una pièce capace di rimbalzare tra la storia di Melville ambientata  nell’Ottocento e la storia di uno schizofrenico del presente.
Per sottolineare e alimentare la dissociazione tra vero e falso, tra mito e realtà,  mi sono avvalso di un progetto  gestito da Massimiiano Bressan, che, mettendo il pubblico in cuffia, riesce a immergere gli spettatori in un sogno onirico dove i simboli della vicenda prendono forma sonoramente e visivamente”.
“Moby Dick di Angelo Tronca, liberamente ispirato al romanzo di Melville, è scritto come partitura vocale – spiega Massimiliano Bressan – con ritmi decisamente musicali, con pause e silenzi incredibilmente suonanti. Scopo del progetto sonoro è quello di portare nelle orecchie dello spettatore  il mondo che risuona ossessivamente nella testa del personaggio. Il mezzo tecnico, e questo risulta il messaggio, è il solo modo di percepire quel mondo mentale come si costruisce attimo dopo attimo. Il microfono tra i capelli di Angelo fa la funzione di Voce. Voce del pensiero, voce della materia,  voce del circostante. Inevitabilmente mai eguale. Le stanze riverberano , le ripetizioni non descrivono un luogo fisico, ma il continuo farsi di un luogo mentale fatto di distorsioni, di spazi immensi e microscopici nello stesso tempo.
Lo spazio fisico che circonda il personaggio viene usato, attraverso la ripresa microfonica, come strumento di creazione mentale”.
“Per contrasto – afferma Massimiliano Bressan – la parte musicale è  pop, recitando con la capsula microfonica a 360 gradi posizionata sulla fronte ed essendo questa estremamente sensibile, ho voluto restituire tutte le più profonde sfumature della parola e la manipolazione ed elaborazione di suoni dietetici nello spazio, quali l’accensione di un fiammifero, il suo suono, che può diventare un mondo sonoro. Si tratta di un viaggio partendo da uno dei testi più metafisici dell’avventura, cercando di capire ‘la bianchezza della balena’ all’interno di uno spazio scenico quasi calato nell’oscurità.
Per la Stagione Fertili Terreni Teatro vi è la possibilità di lasciare il biglietto sospeso tramite donazione online o con satispay e di entrare gratuitamente per alcuni under 35 grazie ai biglietti messi a disposizione attraverso la collaborazione con Torino Giovani.
Il costo del biglietto è  di 13 euro se acquistato online, 15 euro in  cassa la sera dell’evento.
I biglietti si possono acquistare online sul sito www.fertiliterreniteatro.com
Mara Martellotta

Le immagini di Andrea Macchia scrivono la storia del Festival delle Colline

Si inaugura all’Astra mercoledì 8 ottobre, i primi spettacoli

La scrittura di trent’anni di storia teatrale sono le immagini che dal 9 ottobre (sino al 9 novembre) si potranno ammirare nel Parcheggio Lancia, in piazzale Chiribiri, accanto alla Fondazione Merz. Le dobbiamo al mestiere e alla passione di Andrea Macchia, che dal 2012 segue, saremmo di dire quasi tallona, del festival gli spettacoli e gli incontri, ogni evento. Immagini che documentano, che fissano nella memoria, che raccontano tanti appuntamenti della nostra passione. E della lunga ricerca degli organizzatori. Non soltanto un lavoro per una catalogazione da trasmettere ostinatamente ad altri e a un domani, Macchia è un fotografo “capace di rubare con rispetto l’anima dei protagonisti in scena, di fermare l’attimo”. Tornare a scoprire alcuni dei tanti appuntamenti, i luoghi diversi, gli attori e le tante compagnie, italiane ed estere, più o meno lontane da noi, con cui in qualche modo abbiamo colloquiato. Migliaia di scatti disseminati negli anni di cui quelli esposti non sono che una piccola parte.

Un’idea di Sergio Ariotti e Isabella Lagattolla, una delle tante, non certo l’ultima, delle tantissime che sono state l’anima, il punto d’eccellenza di questi trent’anni del Festival delle Colline, anch’essa raggruppata oggi – scrivevo ad una prima presentazione sull’inizio dell’estate – “in quel logo più che esplicativo – dovuto a Marzio Zorio -, tre grandi X che in obliquo formano una lunga linea compatta, attraversate dagli oscillii zigzaganti di una sorta di elettrocardiogramma emotivo che sta lì a decifrare trent’anni di spettacoli”. L’immagine di una storia, un anniversario importante, il desiderio di una prima resa dei conti. Una storia che ha inizio un tardo pomeriggio del luglio 1996, quando Galatea Ranzi, con una pioggia da poco terminata, sulla scalinata di villa Bria di Gassino dava voce ai versi (gran bella scommessa quei versi!) di Clemente Rebora, primo dei primi appuntamenti di quel festival in nascita, dove avresti incrociato un nume tutelare come Marisa Fabbri, dove capitava di perderti per la collina mentre eri alla ricerca del posto stabilito per la rappresentazione, dove c’era Pippo Delbono, dove t’appassionavi a quelle compagnie che inventavano nuove scritture, Raffaello Sanzio o Socìetas soprattutto, a quei nomi, per tutti quelli di Emma Dante e Antonio Latella, che avresti seguito poi, più da vicino. Ecco, il festival è stato un invito a scoprire, nelle serate delle colline torinesi.

Fedele anche quest’anno alla propria successiva urbanizzazione, il festival si distribuirà in sette location della città, taluni inattesi, dalla Fondazione Merz al teatro San Pietro in Vincoli a Le Roi Music Hall, dal teatro Astra al Museo Nazionale del Risorgimento Italiano al Palazzo degli Istituti Anatomici, sino alla prima cintura delle Fonderie Limone di Moncalieri. L’inaugurazione è fissata all’Astra nella serata di Mercoledì 8 ottobre e vedrà in scena l’Agrupaciòn Senor Serrano, per la quinta volta ospite del festival e nel 2015 premiato alla Biennale veneziana con il Leone d’oro per il nuovo linguaggio teatrale. Portano in scena “Historia del amor”, regia e drammaturgia firmate da Alex Serrano e Pau Palacios, interprete Anna Pérez Moyan. Un’unica attrice a interrogarsi come nasce l’amore, quando si manifesta, perché continuiamo a cercarlo all’interno della nostra vita. a interrogarsi perché amiamo e perché amiamo come amiamo. Ci sarà, per la durata di 80’, il tratteggiare la storia dell’amore e l’esperienza propria dell’interprete, il suo mettersi a nudo, negli affetti e nel percorso amoroso, forse esperienza/esperienze nella considerazione che ci possa accomunare e quelle possano diventare le nostre. “Tutto questo avviene in uno spazio a metà strada tra un laboratorio e una discarica, dove l’attrice trova oggetti, resti e rifiuti generati dalla Storia dell’amore che la aiutano ad attivare la trama. ‘History of Love’ si avvale di video dal vivo, performance, oggetti e teatro fisico per costruirsi di fronte allo spettatore.”

L’11 e il 12, ancora nella sala dell’Astra, Federica Rosellini sarà interprete e regista di un testo, scritto durante la pandemia, di Marina Carr, tra le più importanti drammaturghe irlandesi, “iGirl”, per la traduzione di Monica Capuani e Valentina Repetti, testo scritto “per questi tempi di incertezza”, rappresentazione che diventa quasi un rito moderno, “uno sconfinamento nell’arte contemporanea”, tra teatro videoarte e musica. Con la scrittrice e l’attrice, ancora Rä di Martino e Daniela Pes a formare un gruppo compatto di quattro donne che creano un unicum “inedito, ibrido, imprendibile”, ma anche “delicato, commovente, sconvolgente”, laddove la prima ha acceso la scintilla nel raccogliere frammenti poetici e ricordi privati, odi personali a grandi personaggi della storia e dell’epopea tragica, un grande affresco che si snoda in 21 quadri. Uno dei tanti interessi che porteranno a seguire lo spettacolo sarà quel linguaggio “selvatico” pronto a creare “un’esperienza scenica immersiva, in cui il corpo della performer diventa corpo transumante, corpo-graffito, corpo-tatuaggio, veicolo di rifrazione e trasformazioni continue”.

Elio Rabbione

Nelle immagini, un momento di “Come gli uccelli” (foto di Andrea Macchia), all’edizione dello scorso anno del Festival; Anna Pérez Moyan nello spettacolo “Historia del amor” e Federica Rosellini in “iGirl” dell’irlandese Marina Carr.

I vincitori di Job Film Days. I premi della sesta edizione

Si è  conclusa al cinema Massimo del Museo Nazionale del Cinema la sesta edizione di Job Film Days, festival diretto da Annalisa Lantermo, tenutosi dal 30 settembre al 5 ottobre 2025.
La giuria, presieduta da Paola Randi e composta da Eva Parey, Paola Valentini, Matteo Berardini e Domenico Princigalli ha assegnato il premio come miglior film a “Mr Nobody Agaist Putin” di David Borenstein ( Danimarca/ Repubblica Ceca 2025, 90’).

Eccone la motivazione: realizzato tramite footage girato e trafugato con grande rischio per la sicurezza personale, ‘Mr Nobody Against Putin” è un documentario che testimonia anzitutto il coraggio del suo protagonista, Pasha, disposto a fronteggiare ritorsioni ed esilio pur di denunciare la deriva autoritaria della società russa seguita all’invasione in  Ucraina. Pasha è un insegnante, un lavoro determinante che diamo spesso per scontato e che, invece, si fa ancora più importante nel momento in cui propaganda, culto dell’autorità  e militarizzazione si impossessano della quotidianità scolastica.  Il film si costruisce su un punto di vista privilegiato e originale in grado  di svelare i meccanismi interni di un’autocrazia che promuove una cultura bellica radicata nel concetto di invasione, coltivata nell’etnocentrismo e nella mancanza di empatia, senza dimenticare la sofferenza vissuta dalle famiglie dei soldati caduti e lo spavento mal nascosto del machismo dei più giovani pronti a partire. Il documentario dimostra la sua assoluta necessità, in tempi in cui la società appare cieca e pronta a perpetrare simili orrori.

Il Gran Premio della Giuria è  stato assegnato a “How to Talk to Lydia” di Rusudan Gaprindashvili (Georgia/ Germania 2025, 72’)
La motivazione seguente: sorretto da un’intuizione che è assai potentemente cinematografica  e assai pertinente rispetto ai temi della salute e della sicurezza sul posto di lavoro. Si tratta di un documentario che pone in rilievo l’interazione tra l’uomo e l’intelligenza artificiale come va configurandosi nel capitalismo neoliberista di oggi. Raccontando una storia di migrazione economica in cui il lavoratore è  costretto ad “indossare” l’intelligenza artificiale  divenendo il suo supporto e completamento fisico, il film espone con molta chiarezza la doppia valenza di tale relazione, per cui ai vantaggi dell’automazione corrispondono nuovi rischi, a partire dalla stortura, paradossale, di rendere tale dinamica patologica nel suo sovvertimento. È  Lydia la voce generata dal dispositivo indossabile, che impartisce istruzioni dettagliate al lavoratore perché possa compiere incarichi fisici con maggior accuratezza e velocità, esponendosi, però, alle operazioni più rischiose del processo. L’alienazione generata passa anche per il linguaggio, che risulta appiattito ad una serie di istruzioni essenziali che trasformano la quotidianità verbale in un mantra solitario.

Il Premio al miglior film sulle tematiche inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro è andato ex aequo a “Naima’, film della regista Anna Thommen, (Svizzera 2024), e al film intitolato “Bad reputation” di Marta Garcia e Sol Infante (Uruguay Argentina 2024, 78’)

Il premio Job for the Future  JFD della Camera di Commercio di Torino è  stato assegnato come miglior cortometraggio  a “They can hear your smile” di Michael Jiřinic (Repubblica Ceca, 2024, 12′). Il premio al miglior soggetto in relazione alle tematiche del bando di concorso è  stato assegnato  a +10K di Gala Hernández López ( Spagna, Francia, 2025, 31′).
Il premio al miglior regista che abbia sviluppato temi di interesse per il Piemonte è stato assegnato  al film di Edoardo Brighenti “Dream Car Wash” ( Italia/ Regno Unito 2024, 13′).
La giuria composta da studentesse e studenti dell’Università di Torino, Politecnico di Torino e Scuola Holden  ha assegnato il primo premio per il miglior cortometraggio a “Queen Ant” di Michal Mróz (Polonia 2024, 8′).
La giuria studentesca assegna inoltre una menzione speciale a “The office Farewell” di Mehdi Pierret ( Belgio, 2024, 18′) e a “Dream Now Revolution Tomorrow” di Francesco Manzato ( Italia, 2024, 9′).

Per quanto riguarda il Premio “Decent work for All” , la giuria presieduta  da Dagmawi Yimer e composta da Cristina Voto, Paola Babos, Mattia Temponi  e Annamaria Gallone ha assegnato il premio come miglior cortometraggio  a “Patron Saint” di Fanie Soto ( Messico 2024, 15′)
ll premio al miglior soggetto in relazione alle tematiche del bando di concorso  è  stato assegnato a “The Weeper” di  Hamed Ghasemi (Iran , 2024, 20′).
Il premio per la miglior regia è stato assegnato a ”The Rocks Speaks” di Francois Knoetze e Amy Louise Wilson ( Sud Africa, Stati Uniti, Congo, 2024, 7′).
La giuria ha assegnato inoltre una menzione speciale  a “Touch” di Pedro Carvalho ( Brasile, 2024, 20′).

Per quanto riguarda i laboratori di scrittura “Dall’idea al soggetto Job Film Days” la giuria presieduta da Monica Repetto e composta da Fabrizio Bontempo  e Massimo Arvat ha assegnato il premio per il miglior soggetto a Giacomo Mosca con “Ritratto di un giovane indiano che scompare nell’indifferenza generale”. Il secondo premio è stato conseguito da Riccardo Berca e Rocco Zaupa per “Il nido della gru”. Il terzo premio è stato assegnato a Francesca Dursi per “Fuori servizio”.

Mara Martellotta

Rock Jazz e dintorni a Torino. I Negramaro e Marco Mengoni

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. All’Hiroshima Mon Amour dal 6 all’11 ottobre, va in scena l’edizione numero 17 del Resetfestival. Festival dedicato alla ricerca di nuovi talenti supervisionati da artisti già affermati come: Whitemary, Dario Mangiaracina de La Rappresentante di Lista e Andrea Laszlo De Simone.

Martedì. Al Peocio di Trofarello suonano Jill Yan, Mohini Dey, Jeremy Colson.

Mercoledì. All’Inalpi Arena per 2 sere consecutive, si esibisce Marco Mengoni. Al Teatro Concordia di Venaria è di scena Mostro. Al Lambic si esibisce il cantautore Mirco Mariani. Allo Spazio 211 è di scena Natalie Bergman e Preoccupations. All’Osteria Rabezzana suona il Cuanta Pasion Grup.

Giovedì. Al Vinile si esibiscono i Charlatown. Al Blah Blah suonano EFFEMME, Moneti & Michele Mud con la partecipazione di Davide “Dudu” +MONDOCANE.

Venerdì. All’Inalpi Arena arrivano i Negramaro. Al Circolino suona il Mark Bonifati Ensemble. Al Circolo Sud si esibisce Chiara Effe. Al Peocio di Trofarello è di scena Pino Scotto. Al teatro Concordia si esibisce Artie 5IVE. Allo Ziggy suonano : King Potenaz+ Sator. Al Blah Blah sono di scena Mondo Generator + Ritual King.

Sabato. All’Inalpi Arena si esibisce Salmo. Al Folk Club suona “El Mate” Trio. Al Circolo Sud è di scena Fonzie & la Massa Critica. Allo Ziggy suonano gli Inkubus Sukkubus. Al Blah Blah si esibisce Tony Mezzacarrica & i Carusi.

Domenica. Al Blah Blah suonano i The Buttertones.

Pier Luigi Fuggetta

La Cosmogonia della Terza Sinfonia di Mahler apre la stagione dell’Orchestra Rai

La Sinfonia n.3 in Re minore di Gustav Mahler ancava dai leggii dell’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai da 26 anni, per la precisione dal maggio 1999, quando a Torino la diresse in un concerto rimasto memorabile Giuseppe Sinopoli. Si tratta di una grandiosa pagina del primo repertorio del Novecento, per contralto, coro femminile, di bambini e orchestra concepita dallo stesso autore come una Cosmogonia in musica, celebrativa della natura e dell’innalzamento dalla dimensione umana a quella spirituale. Il concerto inaugurerà la stagione 2025/2026 della compagine Rai giovedì 9 ottobre alle 20.30, presso l’Auditorium Rai Toscanini di Torino, trasmesso in prima serata su Rai 5 a partire dalle 21.20 e in diretta su Radio 3, replica l’Auditorium Rai alle ore 20. Sul podio sale Andrés Orozco-Estrada, nato a Medellin, in Colombia, ha debuttato con la compagine della Rai nel maggio del 2022. Nell’ottobre 2023 ha iniziato una collaborazione di tre anni come Direttore principale. Accanto a lui, a dar voce al Lied del Quarto Movimento, il mezzosoprano Von Dung, interprete di rilievo del repertorio tedesco e al suo debutto con l’OSN Rai, il Coro Maghini, femminile, diretto da Claudio Chiavazza, il Coro di Voci Bianche del Regio di Torino, diretto da Claudio Fenoglio e un grande organico orchestrale per un totale di 164 musicisti coinvolti sul palcoscenico.

La Terza Sinfonia di Mahler fu composta tra l’estate del 1895 e quella dell’anno successivo, ma venne eseguita con lo stesso compositore sul podio solo qualche anno dopo, nel 1902, nella citta tedesca di Krefeld, nell’ambito del festival della Società Musicale Tedesca. Come la sinfonia precedente, la numero 2 del catalogo ha dimensioni enormi ed è intrisa di significati extramusicali. Si tratta di un poema musicale che abbraccia tutti gli stadi in ordine progressivo e che, partendo da quelli inanimati della natura, avanza verso quelli vegetali, animali e umani per approdare alla dimensione celeste. La costruzione dell’opera è organizzata in 6 movimenti: al primo un grande blocco, una sinfonia a sé stante, sono contrapposti gli altri 5, due puramente strumentali, il terzo e il quarto con interventi vocali e l’ultimo un Lungo Adagio strumentale. Mahler fu consapevole dell’eccezionalità del suo lavoro, della durata di oltre un’ora e mezza, che descrisse così: ”La mia Sinfonia sarà qualcosa che il mondo non ha ancora udito. La natura parla qui dentro e racconta segreti tanto profondi che forse ci è dato presentare solo in sogno”. Mahler giunge con questa Sinfonia a un punto della storia della musica in cui l’opposizione fra musica pura e a programma può finalmente tramontare. La presenza di un programma poi ritirato per la Terza Sinfonia può esserne la dimostrazione. Il significato musicale può essere inteso con o senza programma, ugualmente. In termini di durata la Sinfonia ha una distribuzione simmetrica, ma eccentrica, con due movimenti da oltre 30 minuti agli estremi, il primo e il sesto, e un’antologia di episodi più brevi a congiungersi.

Biglietti da 9 a 30 euro in vendita sul sito dell’OSN Rai e presso la biglietteria dell’Auditorium Rai di Torino.

Info: 011 8104653 – biglietteria.osn@rai.it

Mara Martellotta

Un grandioso e squinternato di Caprio, un “immenso” Sean Penn

Sugli schermi “Una battaglia dopo l’altra” di Paul Thomas Anderson

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Thomas Ruggles Pynchon jr. è uno scrittore americano, classe 1937, una decina di romanzi all’attivo, del quale non esistono immagini se non quelle che risalgono agli anni della scuola e del servizio militare. Un’esistenza da essere anonimo, irriconosciuto per le strade ma in piena libertà, con domicilio a Manhattan e padronissimo di andare al cinema, al supermercato come dal suo lattaio dietro l’angolo di casa: quando la CNN gli incollerà una telecamera per seguirne le tracce, lui chiederà di rimuoverla e verrà accontentato, lasciando poche immagini di un uomo alto, con un cappello da baseball blu e rosso che se ne va in giro tra il traffico della Grande Mela. Un essere da sempre appartato e lontano. Hollywood non lo avrebbe mai cercato se poco più di una decina di anni fa Paul Thomas Anderson, con la Warner Bros., non avesse scommesso nel portare sullo schermo “Vizio di forma”, la faccia di Doc Sportello affidata a Joaquin Phoenix (il romanzo è del 2009) e se non avesse oggi diretto quel “Una battaglia dopo l’altra” che deriva da “Vineland” (1990), da un po’ di giorni, forse più dagli estimatori dello scrittore e del regista, viene considerato il film dell’anno: il pubblico delle “solite” occasioni si avvicina, allo scrittore e al regista, con qualche fatica, titubante, a rilento.

Ma un certo preciso fascino lo s’intuisce nella pagina scritta e nelle immagini sullo schermo, diverse dalle radici, avendolo Anderson riadattato dagli anni reaganiani ai giorni nostri e secondo i propri gusti debordanti, il film lo possiede, eccome. Anche di Paul Thomas Anderson, sfogliando la sua filmografia, si contano dieci titoli – titoli che sono nella maggior parte capolavori, “Il petroliere” e “The Master” e “Il filo nascosto” con un oscarizzato Daniel Day-Lewis, nonché quel “Boogie Nights” a cui Leonardo DiCaprio rispose picche (“è il più grande rimpianto della mia vita d’attore”, avrebbe detto) e che oggi vediamo qui nelle vesti paranoiche e arruffate di Bob Ferguson, a girare dentro una vestaglia (il Grande Lebowski ha fatto proseliti nel nuovo millennio!) dai riquadri rossi per le strade assolate, accanto agli apparecchi telefonici della città e lungo quei lunghi nastri stradali, tutti sali e scendi, della California di cui Pynchon non può fare a meno -: e forse, nella cabala dei numeri, dieci e dieci, questo incrocio dell’anno non può essere privo di significati. Ma probabilmente stiamo guardando e ragionando oltre. Un altro agguantato quanto spericolato capolavoro di ritmo, vorticoso, una discesa all’inferno e tra i mali della nostra quotidiana società, le lotte e le sconfitte, e di montaggio incrociato, di maestria e di invenzioni di ogni singolo attore, di un racconto fluidissimo nonostante un narrato di 162 minuti, ma capace al tempo stesso di perdersi per mille rigagnoli e sottostorie e di reggerli con estrema padronanza, per cui si plaude a una sceneggiatura che, in compagnia del miglior attore protagonista (DiCaprio) e del miglior attore non protagonista (Sean Penn, è lui il più “immenso” della compagine attoriale: perfido e gigionescamente insulso, perfetto di postura e di alterigia e di tic, muscoli venati in bella mostra e magliette militari attillate, parente stretto dei tanti generali pettoruti visti al cinema – per tutti, Ford Coppola e Kubrick -, con quelle labbra che tentennano di continuo, quello squarcio che si porta su un lato della faccia offesa nelle inquadrature finali, il suo esercizio sessuale per essere pronto al comando panteresco di Perfidia, ogni attimo è da manuale, ogni battuta e ogni eroismo da strapazzo ti impongono di guardarlo e di ammirarlo), ci dobbiamo aspettare nelle nomination delle prossime statuette pronte per il Dolby Theatre. Senza tacere della presenza, su ogni red carpet, dello stesso Anderson in veste di regista.

Nella mezz’ora iniziale – che il New Yorker ha definito “rumorosa, tesa e straordinariamente propulsiva” – facciamo la conoscenza di Pat Calhoun detto “Ghetto Pat” e di Perfidia “Beverly Hills”, attivisti senza se e senza ma del gruppo rivoluzionario di estrema sinistra noto come “French 75”. Tra incendi e colpi di mitra, lui stralunato lei grande pancione in bella vista liberano immigrati dai centri di detenzione californiani, assaltano banche e mandano per aria tralicci della rete elettrica e uffici di rappresentanza di politici potenti: una lotta armata che non ammette limiti e ripensamenti. Quando dalla loro relazione nascerà la piccola Charlene, Pat cercherà in ogni modo di dissuadere la compagna a continuare la lotta armata, sempre più feroce, sino all’uccisione di una guardia giurata durante una rapina in banca: sarà allora che la donna incontrerà nuovamente una vecchia sua conoscenza, di guerra e piccanti intimità, quel capitano Lockjaw che le propone la denuncia dei compagni in cambio di una riduzione della pena. Lei entrerà nel programma di protezione testimoni e tra i compagni di un tempo sarà una carneficina. Trascorrono sedici anni, Pat ha preso la nuova identità di Bob Ferguson ed è un uomo che le droghe e l’alcol hanno reso instabile e confuso e un padre iperprotettivo e oltremodo ansioso nei confronti di Willa (guai ad un cellulari, stai attenta ai tuoi amichetti, si rientra presto la sera); Lockjaw, elevato a colonnello ed entrato per alti meriti nelle fila del gruppo “Pionieri del Natale”, tra suprematisti e nazistoidi accaniti, tra prove d’affiliazione e ricordi che riaffiorano e sospetti di paternità, vive nell’istinto intimo di dover dare a ogni costo la caccia all’erede di Perfidia, intenzionato com’è a chiudere i conti una volta per tutte. Sarà una lotta all’ultimo sangue tra due uomini, con una ragazzina nel mezzo che sa togliersela in ogni impiccio, che ha appreso perfettamente le idee e le azioni della madre, succhiate si direbbe con il latte, una lotta senza risparmio, nella scrittura di Anderson, di felicissime sorprese, di un susseguirsi di scene a pieno effetto, di personaggi che pur in una loro breve comparsa sono capaci di lasciare nella mente dello spettatore un segno netto, nella solitudine di quelle strade di cui sopra si diceva come nel chiuso di certi asettici uffici che sono rappacificazioni e chiarimenti e trappole di morte.

Non soltanto l’aspetto tragico e di lotta della vicenda interessa ad Anderson, lui – che ha avuto a disposizione un budget di 150 milioni di dollari ma che non si sa se porterà a casa un briciolo di guadagno di fronte a un pubblico piuttosto ostile, spaventato forse dalla eccessiva lunghezza della pellicola – scava con convincente proprietà di toni nei rapporti d’affetto e d’incomprensioni tra padre e figlia, lascia in sospeso – a tratti – ricordi e piccoli particolari fatti di azioni e di parole, ironizza (metteteci anche un monastero di suore che con fare disinvolto coltivano e consumano marijuana) e mette in caricatura una certa America trumpiana (ma io credo che stia anche ipotizzando un futuro distruttivo e nerissimo, con parecchie nuvole imbronciate all’orizzonte), dà la carica alla sua macchina da presa accelerando assalti e inseguimenti, l’intero svolgimento dei fatti che scalciano e pare che si sovrappongano, in una fantasmagorica, vulcanica, tragicomica velocità raramente incontrata sullo schermo. Tutto è condotto sul filo di un rasoio affilatissimo e non c’è assolutamente tempo per la noia. Considerata la bella prova dell’emergente Chase Infiniti che è Willia, veniamo a DiCaprio. Sta qui in una delle sue prove migliori, decisamente oltre quella maggiormente fisica di “Revenant” che dieci anni fa gli ha procurato l’Oscar, la più gigantesca e folle, squinternata, drogata di quella rivoluzione strasognata e ammuffita che ne fa un personaggio anche rinsecchito e amaramente disilluso (non a caso s’accontenta di guardare, lui attivista a brandelli, cosa succedeva sessant’anni fa in casa d’altri, nel mezzo televisivo e nella poltrona di casa, affidandosi alla “Battaglia d’Algeri” del nostro Pontecorvo), cedevole in tutta la debolezza ammonticchiata (gli è difficile durante una telefonata ricordare le varie parole d’ordine che gli offrirebbero una traccia per avvicinarsi al nascondiglio in cui è tenuta prigioniera Willia: momenti anche ricchi di spunti e immagini di divertimento), letteralmente scardinata in mezzo a quel caos infinito che sta nelle pagine di Pynchon come in quelle di un grande autore di cinema. Di quel Cinema che va scritto con la C maiuscola. E di cui fin troppo si sente il bisogno.

“Sex and Puppet”. Al via l’edizione numero 32 di “Incanti”

“Rassegna Internazionale di Teatro di Figura”. Grande protagonista “il genere femminile”

Dal 9 al 14 ottobre

Il Festival in cifre: 15 spettacoli5 prime assolute, 1 prima nazionale6 prime regionali. Per un totale di ben 23 appuntamenti (sul palco quasi esclusivamente “donne”) articolati in 6 giorni.

Perbacco! Se tanto ci dà tanto, sarà un’edizione per davvero coi baffi, la numero 32 di “Incanti – Rassegna Internazionale di Teatro di Figura”, in programma da giovedì 9 a martedì 14 ottobre a Torino e distribuita fra gli spazi di “Off Topic” (via Giorgio Pallavicino, 35), “Casa Teatro Ragazzi e Giovani” (corso Galileo Ferraris, 266/C), “Antro” (Largo Saluzzo, 34/E) e a Venaria, ai “Giardini della Reggia”.

Promosso da “Controluce Teatro d’Ombra” (con molteplici contributi, da parte di Enti quali il “MIC – Ministero della Cultura” e la “Fondazione CRT”, solo per citarne alcuni), il Progetto ha come sottotitolo e “filo rosso” che fa da collante agli oltre venti appuntamenti in programma, “Sex and Puppet”. Titolo da far sobbalzare, con una perplessa smorfia di diniego, i più incalliti “benpensanti”! Con coraggio, infatti, l’edizione 2025 vuole esplorare tematiche (il corpo, l’identità e la parità di genere, così come la sessualità non disgiunta da sensi e consensi) che portano alla riflessione critica e a una ben definita presa di posizione sulla relazione tra individui, potere e rispetto reciproco.

“L’obiettivo – dicono gli organizzatori – è stimolare il dibattito e il dialogo, rendendo il Festival un’occasione per sensibilizzare il pubblico sull’importanza di riconoscere e rispettare i confini, promuovendo un cambiamento positivo verso una cultura di uguaglianza e rispetto, nella vita e nell’arte. Si parlerà dunque di sessualità, relazioni e diritti con spettacoli che saranno, per la maggior parte, ‘Vietati ai Minori’. L’attualità entrerà nello spettacolo, con un teatro che potrà far arrossire e riflettere, aiutando a comprendere e invitando alla consapevolezza dell’altro, senza censure, grazie al linguaggio universale del ‘Teatro di Figura’”.

Attenzione, però!

Il Festival non vuole certo chiudersi all’attenzione dei “più piccoli”. A loro si rivolgono, infatti, due spettacoli magici e interattivi: uno per la primissima infanzia (0-3 anni), l’altro per ragazze e ragazzi tra i 6 e i 12 anni.

E questa volta sono gli adulti a essere “vietati”! Nel programma è inserito anche un “laboratorio per famiglie” per indagare e giocare con la luce e con l’ombra, prendendo ispirazione dalla mostra dell’artista britannico Anthony McCall e dalle sue “sculture luminose” (“Solid Light”) già esposte alla “Citroniera” della “Reggia di Venaria”.

Il programma dettagliato degli spettacoli è visibile nella sua interezza su: www.festivalincanti.it

Tra i nomi di maggior spicco del programma 2025: l’attrice israeliana Yael Rasooly (appuntamento il 10 ottobrealle 21, alla “Casa del Teatro Ragazzi e Giovani” con uno spettacolo che affronta il tema della violenza verso donne), la catalana “Compagnia Rauxa” (11 ottobrealle 20,45, sempre alla “Casa del Teatro Ragazzi e Giovani” in uno spettacolo in cui ci si interroga su quanto siamo in grado di manipolare i nostri pensieri per evadere dalla realtà), la Compagnia di Barcellona “Agrupacion Señor Serrano” ( in uno spettacolo dedicato esclusivamente a ragazzi e ragazze tra i 6 e i 12 anni, in programma l’11 ottobrealle 17, ancora alla “Casa del Teatro Ragazzi e Giovani”). Curiosa anche la commedia spagnola alquanto voyeuristica (“per tre spettatori alla volta”) “Madame Paulette” e ancora da segnalare la Compagnia spagnola, quasi tutta “al femminile”, interprete di spettacoli dedicati in modo particolare ai più piccoli, “EngrunaTeatre”.

Sempre alla “Casa del Teatro Ragazzi e Giovani” andrà in scena, infine, lunedì 13 e martedì 14 ottobre, il “Progetto Cantiere”12^ edizione, dedicato alle nuove generazioni di artiste e artisti. “Si tratta di un Progetto – affermano i responsabili – che lascia spazio alla creatività emergente, con un festival nel festival dedicato alle nuove generazioni che utilizzano il ‘Teatro di Figura’ come linguaggio principale: quattro compagnie sono state selezionate, tra più di 20 richieste pervenute, e da maggio ad oggi sono state accompagnate nelle varie fasi di creazione.  In questa dodicesima edizione, sulla scia dell’anno passato, ‘Progetto Cantiere’ è quindi entrato nel merito della creazione artistica, dando risalto al percorso e alle idee, al lavoro verso la concretizzazione delle stesse”.

Gli appuntamenti di “Progetto Cantiere” sono a ingresso libero.

  1. m.

Nelle foto: alcune scene tratte dalla “Compagnia Rauxa” e dallo spettacolo “Madame Paulette”

Note di Classica: Kirill Petrenko, Beatrice Rana e Brunello- Sollima le “stelle” di Ottobre

Giovedì 2 alle 20.30 all’auditorium Agnelli, debutto de “I Concerti del Lingotto” con la Die Deutsche Kammerphilharmonie Bremen diretta da Riccardo Minasi e con Beatrice Rana al pianoforte, impegnata ad eseguire musiche di Weber, Beethoven, Brahms. Giovedì 9 alle 20.30 e venerdì 10 alle 20, all’ auditorium Toscanini, debutto della stagione dell’Orchestra Rai con l’esecuzione della sinfonia n. 3 Mahler. L’Orchestra sarà diretta da Andrès Orozco-Estrada con Anke Vondung mezzosoprano,Coro Maghini Femminile, Claudio Chiavazza maestro del coro, Coro di voci bianche Teatro Regio Torino, Claudio Fenoglio maestro del coro. Venerdì 10 alle 19 al teatro Regio, debutto della stagione d’Opera con “Francesca da Rimini”. Tragedia in quattro atti di Gabriele D’Annunzio. Musica di Riccardo Zandonai. Lunedì 13 alle 18, debutta la nuova stagione di Polincontri nell’aula Magna del Politecnico con “I Concerti del Politecnico”. Claudia Ravetto violoncello e Claudio Voghera pianoforte, eseguiranno musiche di Beethoven, Mendelssohn e Brahms. L’Orchestra del Teatro Regio sarà diretta da Andrea Battistoni. Repliche fino a giovedì 23. Mercoledì 15 alle 20.30 al Conservatorio, debutto della stagione dell’Unione Musicale con Mario Brunello e Giovanni Sollima al violoncello. Eseguiranno musiche di Silvestrov, Offenbach, Sollima e Knaifel. Mercoledì 15 alle 20 e giovedì 16 alle 20.30, all’auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Kirill Petrenko eseguirà musiche di Janàcek, Bartòk, Beethoven. Sabato 18 alle 18 al teatro Vittoria Giulia Rimonda violino e Lorenzo Nguyen pianoforte, eseguiranno musiche di Chausson, Ysaye e Franck. Lunedì 20 alle 18 per i Concerti del Politecnico, Saskia Giorgini pianoforte, eseguirà musiche di Schubert, Liszt, Boulanger, Enescu, Debussy. Giovedì 23 alle 20.30 all’auditorium Toscanini per Rai Nuovamusica, l’Orchestra Rai diretta da Daniel Kawka e con Anna Tifu al violino, eseguirà musiche di Tanguy, Colasanti e Henze. Sabato 25 alle 18 al teatro Vittoria, Domenico Boggione al pianoforte con Antonio Valentino, eseguirà musiche di Beethoven. Lunedì 27 alle 20 al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, Fiamma & Foco eseguiranno musiche di Luzzaschi, Frescobaldi, Strozzi, Falconieri, Sances, Merula, Monteverdi. Sempre lunedì 27 alle 18 per “I Concerti del Politecnico, il duo Renda-Trucco con Mario Brusa voce recitante, eseguirà “ Lo Avrai Camerata Kesselring” (musica e letture). Mercoledì 29 alle 20.30 al Conservatorio per l’Unione Musicale Elisabeth Leonskaja al pianoforte, eseguirà musiche di Schubert. Giovedì 30 alle 20.30 e venerdì 31 alle 20 all’auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da da Andrès Orozco-Estrada e con Antoine Tamestit viola, eseguirà musiche di Ravel, Walton, Sostakovic.

Pier Luigi Fuggetta

Santa Pelagia per gli appassionati di classica

Agli appassionati di musica classica:  c’è  un appuntamento da non perdere, la stagione concertistica  Santa Pelagia, un interessante programma che si sviluppa con un ricco programma ad ingresso gratuito con prenotazione.
La stagione avrà inizio mercoledì 8 ottobre con il concerto di Andrea Motis Duo feat. alle ore 19.45 in via San Massimo 21 a Torino . “Incipit” è il titolo simbolico scelto per salutare la ripartenza delle attività all’interno del suggestivo coro settecentesco, e per delineare un percorso sonoro e culturale che guarda al futuro, rimanendo però saldamente connesso all’eredità del passato. Il trait d’union tra questi due orizzonti temporali è la voce, lo strumento primario, che in questa stagione si fa elemento di dialogo tra musica, parola, teatro e cinema. Un’apertura che guarda anche alle celebrazioni per i 250 250 anni della Fondazione OMI, in programma a partire da marzo 2026.
«In un mondo in cui nulla rimane statico – dichiara il Direttore artistico, M° Valentina Lombardo – la musica è forse l’arte che meglio rappresenta la continua trasformazione, l’incessante flusso di idee, emozioni e forme sonore che si rinnovano e si rigenerano. Per celebrare l’importante traguardo dei 250 anni della Fondazione OMI, la nuova stagione vuole essere un omaggio al passato e un abbraccio al futuro.
Ad aprire ufficialmente la stagione sarà il concerto evento con la straordinaria partecipazione di Andrea Motis – voce e tromba – in duo con il chitarrista Josep Traver.

Direttore Artistico: M° Valentina Lombardo
I concerti e gli eventi in programma a Santa Pelagia dall’ 8 ottobre 2025 all’ 1 luglio 2026 offrono un ventaglio unico e assolutamente originale di declinazioni sonore, provenienti tanto dal repertorio classico quanto dal panorama contemporaneo, raccolte e ulteriormente approfondite all’interno di varie sezioni tematiche.

“New Taste” è la parte dedicata al nuovo sulle trasformazioni in atto all’interno della musica di oggi attraverso le esibizioni dei compositori e degli interpreti più talentuosi del nostro tempo.

“Contatti Sonori” è invece lo spazio pensato per incontrare la contaminazione tra i generi, spaziando dalla classica al tango fino al cantautorato pop con l’obiettivo di mescolare pubblici diversi e aumentare il grado di condivisione musicale.

“Voxonus Festival XIV Edizione” è la stagione di produzione dell’Orchestra Sinfonica di Savona dedicata alla musica barocca.

“Itinerari di Santa Pelagia” è la sezione dedicata alla conoscenza della storia di Santa Pelagia grazie allo sguardo prezioso delle guide Somewhere Tours & Events che guideranno il pubblico alla scoperta delle attrazioni e degli aneddoti che si celano dietro questi luoghi, testimonianza del nostro ricco patrimonio culturale.

“Intrecci Musicali” è una rassegna concertistica di Fondazione OMI in collaborazione con il Conservatorio G. Verdi di Torino che vanta una storia decennale.

“Santa Pelagia Kids” è invece un gruppo di appuntamenti che offre ai grandi la possibilità di condividere la gioia e il fascino della musica con i loro piccoli.

Per informazioni e prenotazione: +39 011 8178968 info@operamunificaistruzione.it

GABRIELLA DAGHERO