SPETTACOLI

Hiroshima Mon Amour: una settimana di concerti e party

Tra folk metal, suoni mediterranei e anni ’80

Settimana ad alta intensità all’Hiroshima Mon Amour di Torino, che da mercoledì 17 a sabato 20 dicembre propone un calendario ricco di concerti e appuntamenti capaci di parlare a pubblici diversi, mantenendo lo spirito libero e musicale che da sempre contraddistingue lo storico club di via Bossoli.

Mercoledì 17 dicembre si parte con il ritorno dal vivo dei Folkstone, band simbolo del folk metal italiano, che approda per la prima volta sul palco dell’Hiroshima con il “Delirium Winter Tour – Special Edition”. Un’occasione speciale per ascoltare dal vivo i brani del doppio album Natura Morta, pubblicato lo scorso marzo, in uno show che promette di essere non solo un concerto, ma un vero momento di condivisione con il pubblico che da anni segue la band con passione.
Ore 20.30 – Ingresso 18 euro.

Giovedì 18 dicembre è la volta di Lello Analfino & T-Orkestar con il “Sicilia Express Tour”, un viaggio musicale che attraversa l’Italia portando sul palco tutta l’energia, i colori e i suoni della Sicilia. Tradizione e contaminazioni si mescolano in un live ad alto tasso di adrenalina, capace di far dialogare radici popolari e attitudine contemporanea.
Ore 20.30 – Ingresso 15 euro.

Venerdì 19 dicembre torna uno degli appuntamenti più attesi: il NON FARCELA PARTY, la festa solo per donne ideata da Francesca Fiore e Sarah Malnerich, fondatrici del progetto Mammadimerda. Una serata irriverente e liberatoria dedicata a chi ogni giorno si divide tra lavoro, famiglia, aspettative e realtà. Un party pensato come spazio sicuro, inclusivo e tutto al femminile, dove ballare, ridere, sfogarsi e celebrare senza filtri imperfezione, normalità e vita vera.
Ore 20.30 – Ingresso 15 euro.

Sabato 20 dicembre si chiude in pista con LET’S DANCE! Party Anni 80, un tuffo nostalgico nei “dieci anni più felici” tra Like a Virgin di Madonna, Bad di Michael Jackson, Drive In e spot della Morositas. Un viaggio musicale e culturale tra paninari e metallari, piumini Moncler e hit senza tempo, per ballare fino a notte fonda.
Dalle ore 22.00 – Ingresso 10 euro.

Valeria Rombolà

Baglioni e Cocciante all’anima Festival di Cervere 

Dopo Claudio Baglioni, anche Riccardo Cocciante ha scelto l’anfiteatro dell’anima di Cervere come location di prestigio per il suo nuovo tour che nel 2026 lo porterà ad esibirsi in dieci tra le location all’aperto più suggestive d’Italia.
L’appuntamento sull’altopiano di Cervere è per giovedì 3 settembre 2026, ma i biglietti sono già in prevendita su ticketone.it a partire dalle ore 11 di lunedì 15 dicembre.  Due giorni  più tardi, sabato 5 settembre 2026, sullo stesso palco salirà Claudio Baglioni, per il quale le prenotazioni sono già prossime al sold out.
Cocciante non si esibisce dal vivo in Piemonte da oltre trent’anni  e il suo concerto all’Anfiteatro dell’Anima sarà l’unica tappa del tour nel Nord Ovest, tra Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.

Per il patron di Anima Festival, Ivan Chiarlo, insieme alla sorella  Natascia, si tratta di un colpo straordinario quello rappresentato dal tandem Cocciante Baglioni, che viene a coronare nel migliore dei modi il decennale della manifestazione, cresciuta anno dopo anno con solidità e costanza, fino a raggiungere i massimi livelli in Piemonte.
“Anima Festival  – spiega Ivan Chiarlo – è il risultato del fantastico percorso compiuto insieme al pubblico e agli sponsor, grazie ai quali è stato possibile portare all’attenzione nazionale  un luogo di eccezionale suggestione, ospitando artisti di primo piano a livello nazionale e internazionale.  Il 3 settembre 2015 rappresenta la data di inaugurazione dell’Anfiteatro dell’Anima e siamo davvero onorati di celebrare questa ricorrenza con il concerto di Riccardo Cocciante, celebrando inoltre i cinquanta anni di uno dei suoi album più conosciuti, “Anima”.
Il concerto di Cervere si inserisce nel tour “Io… Riccardo Cocciante nel 2026″ e segnerà il ritorno live del maestro nell’anno in cui festeggerà i suoi ottanta anni.
Un’occasione speciale per ripercorrere dal vivo i brani che hanno contrassegnato la storia della musica italiana e internazionale,  firmati da uno degli artisti e compositori più celebri al mondo.
Il tour non sarà soltanto un ritorno sul palco, ma anche una celebrazione di canzoni che non  hanno età, capaci di rinnovarsi e continuare a vivere nel presente.

La tournée prenderà il via il 20 giugno 2026 al Parco San Valentino di Pordenone, per poi proseguire in piazza San Marco a Venezia, al teatro Greco di Siracusa, all’Anfiteatro degli Scavi di Pompei,  a Villa Este a Cernobbio, al castello Carrarese di Este, al Parco Archeologico di Egnazia a Fasano, all’Anfiteatro dell’Anima di Cervere e al castello Visconteo Sforzesco di Vigevano, per concludersi il 12 settembre allo Sferisterio di Macerata.

Mara Martellotta

Il più grande palcoscenico d’Italia: Piemonte dal Vivo al primo posto

Per il triennio 2025–2027, il Ministero della Cultura ha promosso la Fondazione Piemonte dal Vivo al primo posto nella graduatoria dei Circuiti multidisciplinari del Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo. È la prima volta che la Fondazione ottiene questo primato, con un punteggio di 80,92.

All’inizio di questa nuova triennalità, la Commissione Prosa del Ministero della Cultura ha riconosciuto un’eccellenza nel Circuito Regionale del Piemonte – dichiara Alessandro Voglino, Presidente della Commissione Prosa – per qualità, efficacia, diffusione e per effettività delle sue azioni in Italia. Noi lo consideriamo un modello perché i circuiti sono, secondo la nostra visione, uno degli strumenti principali per allungare le stagioni, per dare più vita agli spettacoli, per avere più luoghi di rappresentazione, che è la grande sfida del presente e del futuro del teatro italiano.

 

Sono diventata Presidente in un momento di grande crescita per Piemonte dal Vivo, un circuito che si è fatto interprete delle sfide della contemporaneità, cogliendo e facendo propri i molteplici segnali di innovazione – dichiara Manuela Lamberti, Presidente di Piemonte dal Vivo. Oltre all’attività tradizionale, infatti, il Circuito ha saputo sperimentare e integrare nuove traiettorie di sviluppo, nuovi linguaggi. L’innovazione tecnologica ci porta oggi a riflettere sulla transdisciplinarietà, elemento centrale del nostro tempo. Nel mio percorso intendo porre grande attenzione a questi mutamenti, tenendo la barra sulla centralità dell’uomo, ma accogliendo le grandi sfide che quest’epoca ci pone di fronte.

I dati confermano come in questi anni la Fondazione si sia fatta interprete del Programma Triennale della Cultura regionale, mettendo in pratica — nel quotidiano dei teatri, dei comuni, delle comunità — la visione strategica della Regione sullo spettacolo dal vivo e, più in generale, sul ruolo della cultura per lo sviluppo sostenibile, l’inclusione e il benessere dei territori.

Piemonte dal Vivo non è soltanto un Circuito, ma una vera infrastruttura culturale che cresce insieme ai suoi territori. È la voce dei teatri dei piccoli comuni, è lo sguardo dei ragazzi che si accende davanti a uno spettacolo, è l’emozione condivisa che unisce generazioni diverse – dichiara l’Assessore alla cultura della Regione Piemonte Marina Chiarelli Portare teatro, musica, danza e nuove forme d’arte in oltre 70 comuni significa offrire a ogni cittadino la possibilità di sentirsi parte di una comunità più ampia, viva e inclusiva. I risultati presentati oggi confermano questo valore: raccontano un Piemonte che investe con convinzione nella bellezza, nella partecipazione, nell’incontro e in un’idea di cultura accessibile e diffusa. Come Regione continueremo a sostenere questa energia, perché quando il Piemonte investe nella cultura investe nel futuro dei suoi territori, nella coesione delle comunità e nelle opportunità delle persone.

 

Tre modi di dire “Circuito”

Per il triennio 2025-2027 Piemonte dal Vivo sviluppa la propria azione intessendo fra loro tre assi fondamentali, a partire dalle 30 stagioni comunali in corso costruite con impronta multidisciplinare in sinergia con gli enti locali per portare sul territorio i vari linguaggi della messinscena, dal grande repertorio agli allestimenti più sperimentali, garantendo una proposta di alto profilo artistico per un totale in questa stagione di circa 300 repliche.

A questo primo asse, se ne intreccia un altro, il progetto Corto Circuito, che sostiene spazi rigenerati e nuove comunità culturali, favorendo lo sviluppo culturale attraverso pratiche contemporanee e processi partecipativi, con un totale di circa 180 repliche a stagione. Per il triennio 2025-2027 sono 20 le realtà di promozione teatrale coinvolte, attive in 26 comuni di cui 14 piccoli borghi. Corto Circuito alimenta luoghi presso cui le compagnie possano sperimentare in modo continuativo, generando innovazione artistica e coesione sociale: l’arte performativa diventa così motore di rinascita.

La terza direttrice è rivolta alle Nuove Generazioni, uno degli ambiti strategici della Fondazione. L’azione integra spettacoli, formazione e percorsi partecipativi, in dialogo con scuole e famiglie. Accanto alla programmazione per l’infanzia, cresce l’attenzione per il pubblico adolescente, con produzioni serali dedicate e attività di approfondimento, come il progetto Playtime. Esercizi per un futuro possibile per le scuole secondarie. I primi risultati di questo lavoro confluiranno nel volume Educare alla Bellezza, in uscita per Franco Angeli.

Nel corso del 2025, secondo i primi dati, la Fondazione Piemonte dal Vivo ha programmato circa 900 recite tra prosa, danza, musica e circo contemporaneo, raggiungendo 73 comuni in 8 province, attivando una rete composta da 156 spazi, tra teatri, luoghi non convenzionali e siti culturali. Una parte significativa di questa programmazione ha interessato le aree interne e i piccoli comuni sotto i 5.000 abitanti: un’azione che conferma la vocazione del Circuito al riequilibrio territoriale e al contrasto della marginalità culturale.

Lella Costa al Concordia: Otello, di precise parole si vive

Teatro Concordia

Giovedì 18 dicembre, ore 21

 

Otello, di precise parole si vive è il ritorno in scena, dopo 24 anni, dell’Otello di Lella Costa e Gabriele Vacis che preserva intatta la sostanza narrativa dell’immortale testo di Shakespeare ma mette in luce in modo unico e contemporaneo il dramma e la morte di Desdemona aggiornando le parti che contenevano allusioni non più comprensibili al pubblico contemporaneo. La storia di Otello, con temi come lavoratori stranieri, matrimoni misti, manipolazione e femminicidio, risulta incredibilmente attuale, rendendo ancora più impellente la necessità di continuare a raccontarla.

 

Succede con i grandi autori, forse soprattutto con Shakespeare: i loro testi, le loro storie, i loro personaggi sono, letteralmente, immortali. Continuano a parlarci, a stupirci, a incantarci; a volte ci aiutano perfino a capire chi siamo, cosa ci sta succedendo adesso. E quando incontri una di queste storie perfette in genere te ne innamori, e soprattutto ti rendi conto che non avrebbe alcun senso provare a inventarne un’altra per dire le stesse cose, ma che è lecito, forse perfino doveroso, continuare a raccontare quella. Precisamente quella. È quello che è successo a Gabriele Vacis e a me, e non una volta sola. È quello che ci ha entusiasmati a tal punto da pensare di riportare in scena, dopo 24 anni, il nostro Otello, preservando intatta la sostanza narrativa (Shakespeare) ma intervenendo e modificando quelle parti in cui l’attualità, o meglio la contemporaneità, richiedevano un aggiornamento. Quelle parti in cui lo stesso Bardo si divertiva a inserire allusioni e citazioni per noi incomprensibili (chi mai sarà quel “Signor Angelo” che condiziona perfino il Doge?), ma che sicuramente per gli spettatori dell’epoca erano chiarissime, e probabilmente molto divertenti. Se poi ci aggiungiamo una trama folgorante, il cui riassunto potrebbe sembrare una notizia di cronaca di oggi (un lavoratore straniero altamente qualificato, un matrimonio misto, una manipolazione meschina e abilissima, un uso doloso e spregiudicato del linguaggio, un femminicidio con successivo suicidio del colpevole), allora ci rendiamo conto di quanto bisogno abbiamo di continuare a raccontare e ascoltare questa storia. Precisamente questa.

Lella Costa

 

 

Ho sempre pensato che Otello fosse la tragedia dell’uccidere per amore. Se il Moro soffocasse Desdemona perché la odia non ci sarebbe dramma. Invece, che Otello ammazza la sua donna perché la ama, continuiamo a raccontarcelo dopo quattro secoli. È così, no? La tragedia si annida nel contrasto, nella contraddizione inconciliabile. Bene: ho appena espresso una stupidaggine. Sì, perché oggi sappiamo che quello non è amore. Non c’è mai amore quando c’è violenza e sopraffazione. E questo ce l’hanno insegnato le donne. Le più giovani in modo molto risoluto. Quello che ho enunciato, che Otello uccide Desdemona per amore, è un principio patriarcale. Proprio patriarcale, attenzione, non maschilista. Il maschilismo è un modo di comportarsi: quando mi accorgo, o mi costringono a prendere atto che è sbagliato, la smetto. È come fumare, lo so che fa male, però quando comincia a prendermi una qualche cardiopatia, smetto. Certo ci sono i recidivi, però anche loro lo sanno che stanno facendo una cosa sbagliata, anche se magari lo negano o lo giustificano con qualche ostentazione di libertà o pretesa di scorrettezza politica. Il patriarcato no. Non è che possiamo scegliere se essere o non essere patriarcali. Il patriarcato ce l’abbiamo dentro, in profondità, perché comincia da Zeus che si prende tutte le donne che gli piacciono, volenti o nolenti. Perché tutta la cultura occidentale, lo stesso continente in cui viviamo prende il nome da una ragazza, Europa, rapita dal patriarca per eccellenza, Zeus, appunto. E poi ci sono i patriarchi della Bibbia, l’altra colonna della nostra cultura, che non è che trattino le donne con grandi riguardi. Dev’essere per questo che tanti maschi sono disposti a riconoscersi maschilisti, perché da quello si può guarire, ma appena pronunci la parola patriarcato partono con infinite ed eruditissime contestazioni antropologiche, storiche, sociali il e chi più ne ha più ne metta. Raccontare l’Otello con Lella Costa significa provare a capire cosa possiamo fare, noi maschi, per emanciparci dall’umiliante condizione di oppressori a cui siamo condannati dalla storia. Me li vedo già, anche certi amici miei a pensare: ecco il solito maschio pentito che vuole autoflagellarsi e vai col tango… queste, ormai, sono le parole dell’arroganza maschile, sono le parole di chi insulta il padre di Giulia Cecchettin mentre cerca le parole per liberarci dalla prigione del patriarcato. Perché prima di tutto si tratta di trovare le parole, precise parole che ci aprano alla comprensione di tutti gli Otelli vittime di sé stessi prima ancora che dei tanti Iago che ci ammorbano, ma soprattutto precise parole che ci aiutino a comprendere la tragedia vera di Desdemona, che si annida nel profondo delle anime.

Gabriele Vacis

 

Lella Costa è attrice, autrice e scrittrice. Tra gli spettacoli più recenti: Le nostre anime di notte (2022), con Elia Schilton e regia di Serena Sinigaglia; Intelletto d’amore. Dante e le donne (2021) regia di Gabriele Vacis; La vedova Socrate (2020) di Franca Valeri, regia di Stefania Bonfadelli; Se non posso ballare… non è la mia rivoluzione (2020) regia di Serena Sinigaglia e La parola giusta (2019) regia di Gabriele Vacis. Ha pubblicato con Feltrinelli, Piemme e Solferino.

 

Gabriele Vacis, regista ed autore. I suoi spettacoli sono rappresentati in Italia e nel mondo. Ha promosso e diretto grandi eventi, festival e teatri. Il suo film Uno scampolo di paradiso ha vinto il Premio della Giuria al Festival di Annecy. È socio della Giovane compagnia PoEM.

Antonio Latella dirige Vinicio Marchioni in “Riccardo III”

 

Al Teatro Carignano dal 16 al 23 dicembre

Martedì 16 dicembre, alle 19.30, debutterà al Teatro Carignano il “Riccardo III” di Shakespeare nell’adattamento di Antonio Latella, che firma anche la regia dello spettacolo, e Federico Bellini, che ha curato la traduzione del testo. Protagonista della pièce teatrale è Vinicio Marchioni, attore romano, volto noto al pubblico del piccolo schermo, che deve interpretare il personaggio di Riccardo III, personaggio crudele e ambizioso, violento e manipolatore, di cui ha ampiamente approfondito le fonti storiche e saggistiche, e anche la botanica, perché a fare da sfondo alle sanguinose vicende del conte di Glouster è un eden di rose bianche. Antonio Latella affronta Riccardo III scegliendo come arma la parola, che diventa seduzione pura, forza che incanta e inganna, ricordandoci che a tradire il Paradiso fu l’angelo più bello. Il regista scava nell’incanto oscuro del testo in un giardino scenico che diventa luogo di desiderio e inganno, relazioni pericolose e poteri che si intrecciano. Riccardo, più che verso il trono, lotta contro il femminile, ed è proprio una donna a infliggergli la sconfitta definitiva, affiancata dal custode, un personaggio inedito che veglia sull’eden teatrale, difendendone la fragile bellezza.

“Il male è. Non è una forma, non è uno zoppo, non è un gobbo. Il male è vita – dalle note di regia di Antonio Latella – il male è natura, divinità. Il nostro intento è quello di andare oltre l’esteriorità del male, cercando di percepirne l’incanto. È chiaro che se il male stesso viene rappresentato attraverso un segno fisico, il pubblico è portato ad accettarlo: vede la mostruosità e la giustifica. Prova empatia e non simpatia per il protagonista. È ancora accettabile questo alibi della deformità nel XXI secolo ? Probabilmente il Bardo ne aveva bisogno per giustificare al pubblico, in qualche modo, tutte le malefatte del protagonista. A noi interessa la forza della parola e la sua seduzione e, perché no, la sua scorrettezza. Il serpente incantò Eva con le parole e, in ogni caso, bisogna pensare che fu abile in quanto riuscì a far staccare la mela dell’albero ad Eva, ma fu Adamo a morderla. Chi dei due peccò? Il male che mi interessa è nella disarmonia. Il male è il giardino dell’eden, una bellezza accecante, che pretendere un ritorno al figurativo, opulenta e ingannatrice, fatta di relazioni pericolose, di giochi di seduzione continui, e in questo Riccardo III è il maggiore dei maestri. La sua battaglia non è per la corona, non è per l’ascesa al trono, ma per la sottomissione del femminile, quando è il femminile che gli darà scacco matto, poiché sarà la regina madre a portare a termine una tremenda maledizione. La traduzione di Federico Bellini mi permette di giocare con tempi e andamenti ritmici quasi da commedia. Ci siamo presi il lusso, studiando i personaggi, di ampliarne uno già esistente e chiamandolo ‘custode’: apparentemente servitore del male e di Riccardo III, che con il procedere della narrazione  si scoprirà essere strumento di bellezza del luogo; un custode che vuole garantire la sopravvivenza del giardino dell’eden, quel custode che per questo è pronto a tutto, quel tutto sintetizzato dalla parola ‘amen’”.

Teatro Carignano: piazza Carignano 6, Torino

Orari spettacoli: 16-17-18 dicembre ore 19.30/17 e 19 dicembre ore 20.45/domenica 21 dicembre ore 16/22 e 23 dicembre ore 19.30

Biglietteria: Teatro Carignano

Mara Martellotta

Tra divertimento e magia con il “Funny Magic Show”

Alla Casa del Teatro di Torino, dal 26 dicembre al 6 gennaio prossimo, torna l’appuntamento con l’illusionismo con lo spettacolo “Funny Magic Show”, prodotto da Muvix Europa in collaborazione con il Circolo degli Amici della Magia di Torino, la più importante realtà di magia italiana, fucina di grandi nomi, quali Brachetti, Alexander e Luca Bono.

Si tratta di uno spettacolo unico, divertente e magico, adatto ai giovani spettatori cosiccome a quelli adulti che non hanno perso la voglia di lasciarsi stupire e incantare. Oltre venti spettacoli, tra pomeridiani e serali, fanno di questo show forse il titolo con maggior numero di repliche delle Feste torinesi. Saranno protagonisti il Clown Carillon, al secolo Paolo Casanova, reduce da una tournée in Germania, Austria e Stati Uniti con l’iconico Circus Theatre Roncalli, l’omino dei sogni, affiancato da Nox, dalla voce suadente e incantevole. Sara presente la comicità trascinante di Nicola Virdis, finalista di Italia’s Got Talent con il suo celebre tormentone “turn around” e l’inconfondibile cardigan rosso. Non mancheranno l’estro frizzante del Mago Alan, che farà breccia nel cuore degli spettatori più giovani, e gli esperimenti di telepatia e trasmissione del pensiero della misteriosa Madame Zorá, che coinvolgerà e sorprenderà il pubblico. Proseguirà con le immagini create con la sabbia da Mister Brondino, anche maestro di prestidigitazione.

Tutto questo e molto altro nello spettacolo diretto da Giancarlo Judica Cordiglia, che rappresenta un invito a sognare e ridere anche a Capodanno.

Biglietti: dai 14 ai 22 euro. 31/12 serata speciale di Capodanno – telefono: 389 2064590 – info: www.magic-show.it – casateatroragazzi.it

Casa del Teatro Ragazzi e Giovani – corso Galileo Ferraris 266, Torino

Mara Martellotta

Gypsy Musical Academy  in scena con “Hollywood Parade” 

 

La Gypsy Musical Academy porterà in scena al teatro Don Bosco di Rivoli ‘Hollywood Parade’ anche a scopo benefico

Il 17 dicembre prossimo alle 21, presso il teatro Don Bosco di Rivoli,  in via Stupinigi 1, la Gypsy Musical Academy  tornerà in scena con ‘Hollywood Parade’, un esilarante spettacolo in cui si cimenteranno i giovani artisti della sezione Accademia. I ragazzi faranno vedere il loro meglio con un “mash up” esplosivo tratto dai kolossal internazionali portati sui grandi schermi di Hollywood.
Questo show eccezionale vede la supervisione artistica di una vera stella internazionale,  Millie O’ Connell, protagonista di musical londinesi come “Alladin”, “Six” e “Rent” e in questi giorni ospite della Gipsy per allestire lo spettacolo al fianco dei gypsies.
Le coreografie sono firmate da Cristina Fraternale Garavalli, la direttrice musicale è Marta Lauria.
Il mash-up prevede la messinscena di titoli quali “Dreamgirls” storico musical con Beyoncé, “Footlose” con Kevon Bacon, “Smash” con Jennifer Hudson, “Nine” con Nicole Kidman e Fergie, “Burlesque” con Cristina Auguilera. Lo spettacolo non è solo occasione di grande intrattenimento,  ma è anche un evento a favore della Llifc, Lega Italiana Fibrosi Cistica del Piemonte. I fondi raccolti saranno orientati alla formazione del personale sanitario specializzato dei due Centri di Cura pediatrico ( Regina Margherita) e per adulti ( Ospedale San Luigi).

Gypsy Musical Academy

Via Pagliani 25

0110968343

info@gypsymusical.com

Mara   Martellotta

Vertigo, la stagione dell’Orchestra Sinfonica RAI guarda al cinema

Di Renato Verga
La stagione dei Concerti dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI continua a guardare al cinema con curiosità e intelligenza. Dopo le tre serate inaugurali dedicate al muto, il settimo appuntamento offre un trittico musicale di grande fascino: un capolavoro hitchcockiano, una fiaba stravinskiana e, per chiudere, uno dei vertici del sinfonismo ottocentesco. A legare i tre mondi, un direttore che Torino conosce bene e accoglie sempre con entusiasmo: Juraj Valčuha.

Si parte con Vertigo (La donna che visse due volte, 1958) di Alfred Hitchcock e con le musiche di Bernard Herrmann, un autore che ha trasformato la colonna sonora in un vero linguaggio psicologico. Herrmann, nato nel 1911, direttore d’orchestra prestato alla radio e scoperto da Orson Welles, debutta al cinema con Citizen Kane e trova in Hitchcock il suo alleato ideale. In Vertigo, film costruito come una spirale di desiderio e ossessione, la musica non si limita a seguire le immagini: le precede, le spinge, le interpreta. Fin dai titoli di testa, la spirale grafica di Saul Bass trova un equivalente perfetto nella spirale sonora: archi ipnotici, cromatismi in continua rotazione, armonie che sembrano sempre sul punto di cedere. La Suite proposta dall’OSN raccoglie i momenti più intensi: il Prelude vorticoso, l’aura sospesa dei temi legati a Madeleine, il crescendo quasi wagneriano di Scène d’Amour, le sezioni finali dove i motivi dell’inseguimento ritornano come un’ossessione ricorrente. Valčuha, che di Herrmann coglie la forza drammatica e la sorprendente autonomia sinfonica, guida l’orchestra con gesto chiaro e senso narrativo.

Cambio d’atmosfera con Le baiser de la fée, il balletto composto nel 1928 da Igor Stravinskij per i Ballets Russes e rielaborato prima in una suite (1934), poi in una seconda versione nel 1949. Una storia semplice e inquietante: una fata bianca e glaciale bacia un bambino, lo “segna” per la vita e torna a riprenderlo il giorno delle nozze. Un racconto di Hans Christian Andersen che Stravinskij trasforma in un omaggio al balletto romantico e soprattutto a Čajkovskij, suo nume tutelare. Non a caso, l’archetipo è quello classico dell’artista-poeta, figura sospesa tra realtà e fantasia, tra la quiete domestica e l’irresistibile richiamo dell’altrove. È il mondo delle Willi di Giselle, delle creature eteree che seducono e annientano, delle figure in bilico tra bellezza e morte. Qua e là affiora persino un’eco lontana di Petruška: sberleffi ormai filtrati, quasi un ricordo di gioventù. Valčuha mette in rilievo la brillantezza della scrittura orchestrale, ricchissima di colori, e l’orchestra risponde con morbidezza e slancio.

Dopo l’intervallo, la scena cambia nuovamente. L’orchestra torna in formato romantico, minime le percussioni e assenti le tastiere richieste nella prima parte del programma: è il segno che si entra nel territorio della Sesta Sinfonia Patetica di Čajkovskij, la più celebre e la più enigmatica del compositore russo. Valčuha sceglie un approccio che scava nella partitura senza indulgere al melodramma. L’incipit del primo movimento, tenue e cupo, appare particolarmente desolato, con dinamiche trattenute e una tavolozza sonora di grande sobrietà. Il successivo Allegro non troppo, con i suoi continui cambi di tempo, crea una sensazione di instabilità emotiva quasi patologica che il direttore rende con grande lucidità.

I due movimenti centrali, un valzer apparentemente rasserenante e un terzo tempo costruito su un tema di marcia sempre capace di strappare applausi anticipati (puntuali anche questa volta), non dissolvono del tutto la tensione sotterranea. E quando arriva il finale, l’Adagio lamentoso, la sinfonia rivela tutta la sua radicalità: un lento conclusivo che è quasi un addio al mondo, scritto da Čajkovskij appena nove giorni prima di morire. Valčuha evita i toni tragici estremi e sceglie una linea più moderna, fatta di trasparenze, dinamiche sottili, colori pastello e un’attenzione particolare alle pulsazioni ritmiche. Ottima la prova del timpanista Biagio Zoli, essenziale nel dare corpo alla drammaturgia interna del pezzo.

Ne emerge un Čajkovskij meno romantico del consueto e sorprendentemente vicino a un gusto mahleriano, proiettato verso il Novecento. Una chiusura intensa e misurata per una serata che ha saputo attraversare, con coerenza e leggerezza, tre mondi musicali lontani ma legati da un unico filo: la capacità della musica di raccontare ciò che le immagini – cinematografiche, coreografiche o sinfoniche – solo suggeriscono.

“Il Codice del Dáimon”, per la stagione “Iperspazi” di Fertili Terreni Teatro

Per “Iperspazi”, stagione 2025-2026 di Fertili Terreni Teatro, a San Pietro in Vincoli, da martedì 16 a domenica 21 dicembre alle 19.30, andrà in scena “Il Codice del Dáimon”, liberamente ispirato a “Il codice dell’anima” di James Hillman, diretto da Domenico Castaldo. Interpreti lo stesso Domenico Castaldo, Marta Laneri, Zi Long Yng, Marianna Rebellato, con la partecipazione di Camilla Bernardi, Mattia Gimigliano, Shuya Lu Gua, Meike Müller, e Alessandro Galeano per la drammaturgia. Le scene e i costumi sono di LabPerm Light, il designer Davide Rigodanza.

Le repliche dello spettacolo si inseriscono all’interno del programma “ORA” di Ama Factory e LabPerm, vincitore dell’avviso pubblico “Circoscrizioni, che spettacolo….dal vivo! 2025”.

La nuova produzione del collettivo torinese LabPerm, diretto da Domenico Castaldo, prende forma da un prolungato lavoro di studio teatrale attorno alla psiche, o vocazione umana, ghianda o dáimon che, per gli ideatori del progetto, si afferma attraverso una straordinaria forza emotiva, direttamente sprigionata dall’interpretazione dei performer. Ne “Il Codice del Dáimon”, in maniera neanche troppo velata, il testo dello psicanalista James Hillman accompagna lo spettacolo con le sue Auguste riflessioni sulla necessità della psiche di manifestarsi nella vita di ognuno di noi. Nel saggio si utilizzano diverse biografie straordinarie per esemplificare come il Dáimon abbia influenzato la loro esistenza e quella delle persone che ne vennero in contatto. Che cos’è realmente il Dáimon? La risposta a questa domanda si potrebbe definire come “forza istintuale”, che muove l’uomo oltre le influenze sociali e genitoriali”.

Da queste premesse, LabPerm ha costruito uno spettacolo che, a partire dai momenti eccezionali delle biografie dei performer, permette di incarnare il Dáimon personale in una figura archetipica. Davanti allo spettatore prenderanno forma Arianna di Creta, un principe decaduto, una santa folle e altri personaggi. Epifanie che aiuteranno il pubblico a immergersi nella narrazione e riconoscere il proprio Dáimon, strumento essenziale e potente alleato nel coltivare l’anima, la psiche, l’invisibile, parte imprescindibile della nostra vita quotidiana.

Biglietti: intero 13 euro se acquistato online / 15 euro in cassa la sera dell’evento. È possibile lasciare il biglietto sospeso tramite donazione online o satispay, e di entrare gratuitamente per gli under 35 grazie ai biglietti messi a disposizione grazie alla collaborazione con Torino Giovani.

www.fertiliterreniteatro.com

Mara Martellotta