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Ritorna per la quarta edizione il Festival dell’Accoglienza: “E mi avete accolto”

 

 

Verrà presentata venerdì 13 settembre 2024, alle 9.30, presso la Sala Colonne di Palazzo Civico in piazza Palazzo di Città 1, a Torino, la quarta edizione del Festival dell’Accoglienza “E mi avete accolto”. Il Festival è in programma dal 14 settembre al 31 ottobre 2024 e proporrà oltre cento eventi diffusi con più di 150 ospiti, per parlare di inclusione, accoglienza e mobilità umana. Alla conferenza interverranno Monsignor Roberto Repole, Arcivescovo di Torino e Vescovo di Susa; Stefano Lo Russo, Sindaco di Torino; Pier Paolo Felicolo, Direttore Generale della Fondazione Migrantes; Anna Paola Venezia, Segretario Generale ad interim della Fondazione CRT; Marco Gilli, Presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo e Sergio Durando, Responsabile del Festival dell’Accoglienza. A condurre sarà la giornalista Laura De Donato.

 

Mara Martellotta

“Fondazione Time2” Al via i Laboratori di “Open”

Nello spazio di corso Stati Uniti, a Torino, dedicato a persone “con” e “senza” disabilità

Iscrizioni dal 9 al 22 settembre

Dal doppiaggio alle tecniche teatrali, dalla fotografia all’illustrazione e al racconto in podcast: si sono riaperte lunedì 9 e proseguiranno fino a domenica 22 settembrele iscrizioni ai Laboratori di “Open”, lo spazio di diversità di “Fondazione Time2”, Fondazione filantropica famigliare nata di recente a Torino (corso Stati Uniti, 62/b) su iniziativa di Antonella e Manuela Lavazza, che anche quest’anno propone molte e nuove attività (consultabili sul sito di “Open”) per ragazzi dai 15 ai 29 anni “con” e “senza”disabilità.

Con la riapertura dei “Laboratori” – oltre alla “Sala Studio” con le sue 24 postazioni dotate di wi-fi gratuito e la “Caffetteria” diventata ormai un luogo di incontro, condivisione e tempo libero – prende nuovamente avvio anche lo “spazio di ascolto” di “Open”, con percorsi gratuiti di counseling a persone di età compresa tra i 18 e i 26 anni organizzato in collaborazione l’ “Istituto Change – Ecologia delle Comunicazioni nei Sistemi Umani” di via Valperga Caluso, a Torino.

Appuntamento particolarmente atteso, già moto seguito nella scorsa stagione laboratoriale, sarà sicuramente l’appuntamento con il “Teatro”, laboratorio tenuto in collaborazione con “Fondazione TRG – Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus”, che si propone di trasmettere le tecniche della recitazione, dall’espressione corporea, all’arte di stare in scena e all’improvvisazione (dal 10 ottobresino al 29 maggio 2025). A condurre le attività sarà Francesco Puleo e il corso si concluderà con la realizzazione di uno spettacolo che andrà in scena sul palco della “Casa del Teatro Ragazzi e Giovani” di Torino.

Quali le potenzialità della nostra voce? Come padroneggiare la nostra espressione e le nostre emozioni? Domande cui si propone di dare invece risposta il “Laboratorio di doppiaggio, consapevolezza corporea e tecniche di recitazione teatrale” (dal 7 ottobre al 25 gennaio 2025). Il corso, tenuto da Luisa Trompetto, mirerà a insegnare le principali tecniche del doppiaggio: dalla lettura del copione con le immagini a schermo alla padronanza dei tempi, volumi e intenzioni adeguate alle caratteristiche del personaggio da doppiare.

Con il “Laboratorio di scrittura, recitazione, montaggio e registrazione di un podcast” (dall’11 ottobre al 29 novembre) – realizzato in collaborazione con “Fondazione TRG” e tenuto dalla speaker radiofonica e podcaster Francesca Bacinotti e dal conduttore Matteo di Palma – si scoprirà come raccontare storie e comunicarle in maniera efficace per realizzare contenuti originali, mentre con “Fare fotografia” – condotto da Paola Mongelli (dall’8 ottobre al 28 gennaio 2025) – si punterà a immortalare le immagini in modo creativo e personale, oltre allo studio dei lavori di grandi fotografi contemporanei e non.

Per finire il “Laboratorio di illustrazione”, diviso in due moduli: quello “grafico”, curato da Roberto Blefari (dal 9 ottobre al 29 gennaio 2025) e quello dedicato alla “creatività manuale”, tenuto da Francesca Tabasso (dal 4 febbraio al 27 maggio 2025).

Ai vari laboratori si potrà accedere tramite l’iscrizione sul sito di “Open Time2”. Il costo dei laboratori è di 20 Euro, eccetto il “Laboratorio di Teatro” che ha un costo di 35 Euro.

Per maggiori informazioni sulle modalità di partecipazione e sui posti disponibili ci si può rivolgere a open@fondazionetime2.it

g.m.

Nelle foto: Open Teatro, Open Podcast, Open Illustrazione

Settembre torinese nelle circoscrizioni sotto il segno di sport e cultura

Un programma congiunto che, negli ultimi tre fine settimana di settembre, porterà su tutto il territorio cittadino una grande festa all’insegna dello sport e della cultura. Circoscrizioni in Mostra e Festa dello Sport, due iniziative degli assessorati alla Cultura e allo Sport della Città di Torino, daranno vita, per la prima volta, ad un unico palinsesto ricco di attività sportive e culturali, organizzate all’aperto nei parchi cittadini e rivolte a persone di ogni età.

“Le cittadine e i cittadini avranno l’opportunità – dichiarano gli assessori alla Cultura e allo Sport Rosanna Purchia e Domenico Carretta – di assistere a spettacoli, partecipare a talk e laboratori e provare gratuitamente, con l’aiuto di istruttori qualificati, tante discipline sportive, mettendosi in gioco e divertendosi. Sarà un modo per celebrare la ricchezza dell’offerta sportiva e culturale presente sul nostro territorio e di farla conoscere agli abitanti dei diversi quartieri. Un sentito ringraziamento va ai presidenti e ai coordinatori delle Circoscrizioni, il cui impegno è stato davvero essenziale, e a tutte le associazioni sportive e culturali che rendono possibili queste due iniziative e che ogni giorno lavorano con passione, cura e professionalità”.

IL PROGRAMMA

Le attività sportive e culturali, organizzate con la collaborazione di oltre 150 realtà operative nella nostra città, si svolgeranno nei giorni 14, 15, 21, 22 e 28 settembre, dalle ore 10 alle ore 18 circa e saranno a partecipazione libera e gratuita.

Sabato 14 settembre

La Festa dello Sport porterà al parco della Clessidra (Circoscrizione 1) dimostrazioni e prove gratuite di ginnastica ritmica, ginnastica artistica, yoga, tennis tavolo, arti marziali, danza, oltre a twirling, attività di fitness, orienteering e giochi popolari. Saranno inoltre allestiti laboratori, concorsi a premi e un dibattito sul legame tra sport e salute a cura di ASL, LILT (Lega italiana per la lotta contro i tumori) e Special Olympics. Nel programma di Circoscrizioni in Mostra, tante iniziative tra cui laboratori di teatro e di direzione d’orchestra.

Sempre sabato 14, al parco Peccei(Circoscrizione 6), si potranno invece provare gratuitamente tante discipline sportive, tra cui minibasket, pallavolo, arti marziali, danza hip hop, pilates, calcetto a 5 under 15 e tennis tavolo. Tra le attività del programma culturale, uno spettacolo di danze tradizionali, uno spettacolo di musica e recitazione, una mostra, giochi e animazioni teatrali e un laboratorio di calligrafia.

Domenica 15 settembre

Al parco Carrara (Circoscrizione 4) saranno numerose le proposte sportive: pallavolo, yoga, pilates, calcio, tennis, padel, ginnastica artistica, ginnastica ritmica, acrobatica, atletica leggera, bocce, nordic walking, nuoto, fitness in acqua, pickleball, ballo, sci, skateboard, arti marziali, yoga, pilates, ciclismo, rugby, scherma, scherma storica, gruppi di cammino, ginnastica dolce e ginnastica posturale. Al pomeriggio uno spettacolo  di burattini per bambini darà il via al programma culturale, che proseguirà con un concerto, uno spettacolo teatrale e un laboratorio.

Sarà una domenica all’insegna dello sport e della cultura anche nella Circoscrizione 5. In piazza della Vittoria la Festa dello sport organizzerà dimostrazioni di pallacanestro, tennis tavolo, ginnastica e yoga e danza, oltre a dibattiti sui temi della nutrizione per gli sportivi e del rapporto tra giovani e sport. Nell’adiacente piazza Chiesa della Salute, invece, a partire dalle ore 10 si terranno talk, laboratori e spettacoli di danza e teatro.

Sabato 21 settembre

Il fine settimana successivo, protagoniste saranno le Circoscrizioni 3, 2 e 7. Sabato 21, al parco Ruffini (Circoscrizione 3) si susseguiranno, dalle ore 15 alle 19, dimostrazioni e prove gratuite di pallavolo, basket, rugby, scherma, calcetto, flag football, hit ball, floorball, palla tamburello, mini tennis, roller, atletica leggera, nuoto e attività fitness in acqua, bici, tandem, jumping, yoga, pilates, ginnastica dolce, karate, difesa personale, hip hop, bowling, laser tag e attività aerobiche. Il programma culturale prevederà invece, alle ore 15, la proiezione del reportage Spettacolo tra storia e attualità e alle 16 uno spettacolo di musica e teatro.

Domenica 22 settembre

Al parco Rignon (Circoscrizione 2) si potranno sperimentare scherma medievale, badminton, twirling, ginnastica ritmica, danza moderna e contemporanea, danza orientale e pilates. Molto variegato il programma culturale al parco Rignon, tra concerti, laboratori, performance di teatro e danza, letture e talk.

Al parco Colonnetti, sempre nella Circoscrizione 2, le attività sportive inizieranno alle ore 12, con dimostrazioni di boxe, ginnastica ritmica, ginnastica artistica, beach wrestling, spike ball e ultimate frisbee, per proseguire con basket, beach volley, padel, scherma, yoga, pilates, circuit training, parkour, varie discipline dal mondo delle arti marziali, del circo e del fitness, danza e balli per adulti e ragazzi e gioco danza per i bambini dai 3 ai 6 anni.

Al parco della Colletta (Circoscrizione 7), sin dal mattino si potranno sperimentare numerose discipline sportive tra cui pattinaggio, calcio, basket, disc golf, ciclismo, arti marziali e atletica e assistere, nel pomeriggio, a due spettacoli teatrali.

Sabato 28 settembre

L’ultimo appuntamento con la festa della Sport e Circoscrizioni in mostra sarà al parco Di Vittorio, in Circoscrizione 8, con dimostrazioni e prove gratuite di skate, hitball e danza e un programma culturale che a partire dalle ore 10 proporrà laboratori, talk e spettacoli dal vivo.

E sempre lo sport sarà protagonista giovedì 3 ottobre alle ore 11.00 in strada del Villaretto 182, quando si terrà la cerimonia di intitolazione di strade e piazze a grandi nomi del mondo sportivo da parte della Presidenza del Consiglio comunale. Nasceranno così piazza Luca Colosimo, via Giampiero Boniperti, via Andreina Sacco Gotta, via Alfonsina Strada e via Giorgio Ferrini.

Inoltre, nelle sedi di Circoscrizioni in Mostra, saranno proposte attività di ascolto, coinvolgimento e presentazione di progetti della Città di Torino. Saranno presenti la cargo bike di Voci di Quartiere, iniziativa curata da Urban Lab che da settembre tornerà a raccogliere il punto di vista di chi vive, lavora e studia a Torino; il servizio di accompagnamento al Piano Integrato Urbano offrirà letture per tutte le età in collaborazione con la rete delle  Biblioteche civiche torinesi e fornirti informazioni sui cantieri e i progetti nell’ambito di TorinoCambia – Le Biblioteche; e i presidi territoriali de La cultura dietro l’angolo, si presenteranno ai cittadini e racconteranno il calendario delle loro attività, realizzato insieme agli enti culturali che partecipano al progetto.

Festa dello Sport e Circoscrizioni in Mostra sono progetti della Città di Torino, sviluppati in collaborazione con le Circoscrizioni cittadine e il coinvolgimento delle associazioni del territorio. Circoscrizioni in Mostra è realizzato da Fondazione per la Cultura Torino, partner Intesa Sanpaolo.

Il programma completo delle iniziative è disponibile sul sito www.comune.torino.it/eventi

La Torre, psicologa psicoterapeuta: “riconoscere e comprendere le persone attraverso l’ascolto”

Intervista alla psicologa psicoterapeuta Elena La Torre

 

Elena La Torre è psicologa e psicoterapeuta. Dopo aver conseguito la laurea triennale in Scienze Tecniche Psicologiche, ha ottenuto una laurea magistrale in Psicologia Criminologica e Forense, sue grandi passioni. Dopo essersi iscritta all’albo degli psicologi, ha iniziato a frequentare la Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica all’Università degli Studi di Torino, che ha terminato nel gennaio del 2022 e, in seguito alla quale, ha potuto iscriversi all’albo degli psicoterapeuti. La scelta di una tale scuola di specializzazione è nata dall’esigenza di conoscere il mondo della clinica pura, oltre alla criminologia. Durante il percorso di studi, e il successivo inserimento nel mondo del lavoro, ha avuto modo di incontrare diverso contesti in cui si affaccia la figura dello psicologo clinico, partendo dalle comunità psichiatriche per approdare all’ambito ospedaliero. Il suo percorso formativo le ha permesso di conoscere ambienti che oggi sono diventati il suo lavoro.

Con quale fascia d’età lavori maggiormente e con quale senti di riuscire a esprimerti al meglio nella tua professione di psicologa ?

Sia nel privato sia nel pubblico ho sempre lavorato con adolescenti e adulti. Non ho una reale preferenza rispetto al tipo di utenza trattata. Ogni sofferenza psichica e le relative cause sono per me interessanti da perlustrare e curare nella loro specificità. Posso però dire essermi riconosciuta maggiormente capace nell’ascolto in due settori particolari: mi riferisco al lavoro con le donne vittime di reati di maltrattamento, tematica a me cara e che ho potuto sperimentare durante i tirocini di formazione presso il corso di laurea magistrale. Il lavoro con questa utenza è stato per me fonte di crescita umana e lavorativa. Grazie a una docente, per me tuttora punto di riferimento, ho successivamente fatto esperienza nel mondo dell’oncologia durante la Scuola di Specializzazione. Inizialmente non pensavo che tale settore avrebbe rappresentato il mio futuro, considerato il corso di studi da cui sono partita, ma questa esperienza mi ha dato così tanto da trasformarla nel mio lavoro. Attualmente, infatti, lavoro a stretto contatto con la malattia. Questo può far paura perché ci si rende conto che potrebbe far parte del proprio percorso di vita. Il lavoro in oncologia permette di osservare da vicino i limiti e le fragilità dell’essere umano e provare impotenza di fronte a una situazione al di là del nostro controllo. Per lavorare in modo funzionale sto imparando a non farmi sopraffare dalla paura dell’incertezza del futuro, quanto piuttosto cerco di percorrere un processo di accettazione di quello che è realmente l’essere umano, e di godere dei momenti di normalità che spesso diamo per scontati. Credo che, dal punto di vista professionale, nei momenti di difficoltà sia necessario affidarsi a supervisori o terapie personali, così da poter consapevolizzare meccanismi di difesa che possono ostacolare un buon lavoro clinico. Poi ho la mia attività nel privato…ciò che mi sento di dire è che ogni storia di vita è per me preziosa.

Ti sarà capitato di sentire che i giovani tendono ad essere e a rimanere fragili proprio perché non sanno affrontare i problemi e gli ostacoli della vita, e preferiscono spendere migliaia di euro da uno psicologo che poi non risolve i loro problemi. Che ne pensi ?

È diffusa l’idea che lo psicologo costi milioni di euro e non serva poi a molto. Ho sentito la frase, milioni di volte, “Ma tanto ascolti e basta, mica ti stanchi”. Stare in silenzio durante una seduta non vuol dire non lavorare. Per il professionista è importante far sentire l’altro riconosciuto e compreso attraverso l’ascolto e aiutarlo a riconoscere parti di sé autentiche. Durante la seduta il grande lavoro è fatto dal paziente che decide di mettersi in gioco e la ragione e di un fallimento del percorso potrebbe essere ricercata nella reale disponibilità del paziente a risolversi e comprendere i motivi che lo hanno spinto a chiedere aiuto. È più facile concepire l’utilità del lavoro di un fisioterapista piuttosto che del lavoro psichico: il contatto è  reale, il risultato è oggettivo. L’astrattezza con cui si lavora con la mente non è sempre compresa, ma questo non vuol dire che il nostro intervento sia meno utile.

Quali sono i temi ricorrenti di disagio ?

Rispetto a tale domanda devo far riferimento al lavoro nel privato, dove le richieste sono eterogenee rispetto al contesto ospedaliero, che tratta una tematica specifica. Per quanto riguarda la mia esperienza, le problematiche relazionali sono le più frequenti, per lo più con il partner. Ho avuto modo di comprendere che questo potrebbe essere sintomo di dinamiche disfunzionali nel nucleo famigliare originario. Non vuol dire che la famiglia sia stata una cattiva famiglia, ma che il soggetto si sia trovato inconsapevolmente ad assimilare e rendere propri strumenti relazionali che in età adulta generano disagi, che potrebbero essere risolti con una motivata ricerca di strumenti più consoni alla propria persona.

Queste difficoltà sono sempre le stesse nelle persone o pensi che la società e il nostro modus vivendi generi di volta in volta problematiche diverse ?

Questa opinione è puramente personale. Credo che le dinamiche intrapsichiche sottostanti i disagi siano per lo più uguali. Fosse il contrario non sarebbero per me comprensibili studi effettuati nei primi anni del Novecento, e che invece risultano profondamente attuali. Penso che sia la società in cui viviamo, o il modus vivendi, a dare un diverso significato al disagio in sé. I periodi storici hanno dato più o meno attenzione ad alcuni tipi di disturbi piuttosto che ad altri, in base alle mode, ai ritmi e alle abitudini. Oggi chi è iperattivo lavora, si impegna ed è considerato integrato in questa società, ma sarebbe da chiedersi se queste dinamiche siano in realtà anche sane. Pochi si chiedono fino a che punto l’iperattività di un soggetto porti a un pensiero produttivo.

 

Gian Giacomo Della Porta

Tanto ci pensano loro

Da molti anni più nessuno parla di impegno politico, di partecipazione attiva alla vita della comunità alla quale appartiene, di impegnarsi in prima persona per i propri ideali.

Giorgi Gaber cantava

La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche il volo di un moscone
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione

Ma parliamo, appunto, di oltre cinquanta anni fa.

Ora, assistiamo ad un esercito di leoni da tastiera, prevalentemente ignoranti anche scolasticamente parlando (non basta la laurea per essere colti, al massimo si è eruditi), che vogliono lasciare nella storia una piccola traccia del loro insignificante passaggio su questo pianeta e scrivono, sui social, volendo dimostrare che loro sanno come andrebbe fatto quello, che ti dimostrano perché non sia stato fatto bene se non fosse che, così facendo, dimostrano soltanto di non conoscere assolutamente la materia del contendere e, in aggiunta, si inimicano chi, al contrario, sa di cosa parla diventando così sempre più soli, sempre più isolati.

Come non bastasse, alcuni sprovveduti usano i social per diffamare o calunniare qualcuno, non consapevoli che aver usato un social costituisce un aggravante per il numero di persone potenzialmente raggiunte dal messaggio.

Sarebbe molto meglio per tutta la società, ed in particolare per questi casi pietosi, che in primis si contattasse chi davvero può agire per risolvere il problema o fornire informazioni attendibili (Ente pubblico, azienda fornitrice, Autorità di P.S., ecc) e, soprattutto, che non si fornissero informazioni fuorvianti che, nella migliore delle ipotesi, sviano le azioni opportune e ritardano la soluzione.

Appare palese che i social hanno solo dato il colpo di grazia ad un sistema già moribondo da anni, dove si delega lo Stato (nelle sue varie emanazioni) a provvedere a tutto, salvo poi lamentarsi che lo Stato non fa nulla (chi ha avvisato lo Stato che quel “qualcosa” non va)?

Nella loro ignoranza questi soggetti si lamentano che “paghiamo le tasse quindi pretendiamo dei servizi” ma non conoscono assolutamente cosa sia un “patto di stabilità”, una “legge di bilancio” o una “spending review”; al contempo, però, si vantano di far parte del volontariato magari proprio nei settori della sanitào della protezione civile che sono alcuni dei settori ai quali è destinato il gettito fiscale maggiore.

E’ evidente che sia più che mai importante, per loro, apparire anziché essere, mostrare anziché fare, lamentarsi anziché provvedere; ovvio che da un tale comportamento, per imprinting, le nuove generazioni non possano crescere meglio dei genitori (il frutto non cade mai lontano dall’albero).

Abbiamo, quindi, ottime probabilità di peggiorare non soltanto la comunicazione ma anche, e soprattutto, la partecipazione attiva alla res publica; va da sé che se per noncuranza, disinteresse o pregiudizio verso la politica, deleghiamo le persone sbagliate otterremo  risultati disastrosi, che andranno a sommarsi a risultati precedenti altrettanto disastrosi, e così via.

Siamo passati nel giro di poco più di 40 anni dalle lotte femministe, i cortei studenteschi, gli scioperi operai e le stragi terroriste (definirle politica è dura, ma era un loro modo di intendere la politica), le manifestazioni contro la guerra in Vietnam al disinteresse più totale.

Se chiediamo ad un diciottenne quali siano i principali ministeri, da quanti membri siano composte le due camere parlamentari credo che poco più del 5% sappia rispondere correttamente; il ritorno dell’insegnamento dell’educazione civica, volutamente rimossa da governanti che avrebbero dovuto fare tutt’altro nella vita, fa ben sperare ma è in casa che deve nascere tutto.

Se siete ignoranti e non ve ne vergognate, affare vostro; se non vi interessa che il mondo peggiori ulteriormente, pensate almeno alle figuracce che faranno i vostri figli.

Sergio Motta

La Mela di AISM festeggia 30 anni

A Torino il 4 ottobre per la Giornata del Dono,
sabato 5 e domenica 6 ottobre AISM in piazza per la lotta alla sclerosi multipla
Quest’anno “La Mela di AISM” celebra il suo 30° anniversario. Nato nel 1994, questo evento,
promosso dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) ha raccolto oltre 61 milioni di
euro, sostenendo la ricerca e i servizi destinati alle persone con sclerosi multipla. Oggi
l’evento continua a finanziare la ricerca e a potenziare le prestazioni necessarie per chi
convive con sclerosi multipla, NMOSD, MOGAD e patologie correlate.
La Mela di AISM anche nelle piazze di Torino
Come ogni anno, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, in occasione della
Giornata del Dono, il 4 ottobre, e nel weekend del 5 e 6 ottobre, “La Mela di AISM” tornerà
nelle piazze di Torino. I volontari di AISM, offriranno sacchetti di mele verdi, gialle e rosse,
delle varietà granny smith, golden e noared a fronte di una donazione minima di 10 euro.
Per il 30° anniversario, ritorna la borsina rossa contenente un sacchetto da 1,8 kg di mele e
un pieghevole informativo e un QR code per accedere a ricette esclusive di Chef Alessandro
Borghese. È possibile prenotare la propria borsina di mele contattando le Sezioni Provinciali
AISM, il cui elenco è disponibile sul sito www.aism.it/mela.
Chef Alessandro Borghese: 10 anni al fianco di AISM
Per il decimo anno consecutivo, Chef Alessandro Borghese è il volto della campagna La Mela
di AISM. “Da 10 anni sono al fianco di AISM per combattere la sclerosi multipla e le patologie
correlate. Solo la ricerca scientifica può aiutarci a trovare una cura risolutiva. Per questo è
importante partecipare a La Mela di AISM: cucinare è un atto d’amore, proprio come la
solidarietà” dichiara Chef Borghese.
Al suo fianco, la madrina Antonella Ferrari, attrice e scrittrice, il ballerino Ivan Cottini e molti
altri amici e sostenitori si uniranno alla causa, rendendo ancora più speciale questa edizione
del 30° anniversario de La Mela di AISM.
I progressi nella ricerca in 30 anni di “La Mela di AISM”
Iniziata come una semplice raccolta fondi, l’evento ha contribuito significativamente ai
progressi nella ricerca sulla sclerosi multipla e a potenziare i servizi alle persone con SM sul
territorio. Grazie ai fondi raccolti, sono state sviluppate nuove terapie e trattamenti che
migliorano la qualità della vita delle persone con SM. “Grazie ai progressi nelle nuove
terapie ad alta efficacia, le persone recentemente diagnosticate con sclerosi multipla
possono guardare al futuro con maggiore ottimismo, senza temere cambiamenti
significativi nei loro programmi di vita a causa della disabilità. Gli obiettivi futuri includono
l’identificazione delle cause della sclerosi multipla e delle malattie correlate, lo sviluppo di
cure definitive, e la scoperta di terapie che possano arrestare la progressione della malattia
e ridurre la disabilità. I risultati ottenuti finora hanno significativamente migliorato la
qualità della vita dei pazienti, e il prossimo passo è trovare una cura definitiva”. Dichiara
Roberto Caboni, Presidente della Sezione Provinciale AISM di Torino.

Spazio Nonni alla Fondazione Paideia

Da sempre figure di riferimento nella crescita e nell’educazione dei bambini, i nonni di tutta Italia vengono festeggiati il 2 ottobre, con una ricorrenza divenuta nazionale nel 2005. Figure insostituibili nell’infanzia dei piccoli nipoti, i nonni costituiscono un aiuto imprescindibile all’interno del nucleo famigliare, e questo è doppiamente vero quando in famiglia è presente un bimbo con disabilità. La Fondazione Paideia, che da oltre trent’anni sostiene le famiglie con bambini disabili, evidenzia l’importanza di riconoscere un supporto specifico non solo ai bimbi ma anche all’intero nucleo famigliare, per questo nelle sue sedi di Torino e Milano organizza incontri di formazione, informazione e confronto dedicati a genitori, fratelli e nonni. A ottobre, in occasione della festa dei nonni, riparte il progetto Spazio Nonni, gli appuntamenti rivolti ai nonni di bambini e bambine con disabilità. Nascono per offrire, a partire da temi molto specifici, momenti di riflessione e confronto tra pari. Ogni incontro prevede un tema specifico, comunicazione, giochi pratici, uso della tecnologia e suggerisce alcuni strumenti per comprendere al meglio i propri nipoti.

Giuseppe e Luigia, nonni che da tempo frequentano il percorso, raccontano: ”Ci siamo resi conto presto che nostra nipote aveva qualcosa di diverso dagli altri bambini, ma non sapevamo esattamente di cosa si trattasse. Non avevamo mai sentito parlare di autismo prima della diagnosi. Confrontarci con gli altri nonni è servito per farci vedere i problemi come una opportunità, può essere anche un modo vicendevole di farsi coraggio. Oggi riflettiamo sul fatto che, conoscendo nostra nipote, ci sembra di aver conosciuto un altro lato degli altri. Quello che abbiamo capito della nostra storia è che conoscere di più fa bene. Fa cercare soluzioni nuove, capire come approcciarci ai nostri nipoti, immaginare strategie migliori per comunicare e entrare in contatto con i bambini. Abbiamo anche capito che bisogna dar spazio a questi argomenti affinché diventino parte del senso di inclusione quotidiana”.

“Qualche anno fa – speiga Fabrizio Zucca, psicologo e psicoterapeuta della Fondazione Paideia – abbiamo avuto modo di riflettere sulle esperienze dei nonni all’interno di un gruppo per famigliari; oltre ai papà, che sono stati i nostri primi destinatari, c’erano anche uno zio e due nonni, e abbiamo compreso quanto fosse delicato il ruolo dei nonni all’interno della famiglia di un bambino e di una bambina con disabilità. I nonni si ritrovano a ricoprire due ruoli, quello di genitore di un figlio che si ritrova a gestire l’impatto con la disabilità e quello di nonni di un nipote con disabilità, e dei suoi fratelli e sorelle. I nonni vorrebbero saperne di più , a volte sono molto preoccupati, ma cercano di restare un po’ in disparte per non invadere, sanno che bisogna dar tempo alla mamma e al papà a loro volta di capire meglio. Questo percorso nasce per dare ai nonni un sostegno pensato per loro, un’occasione in cui possono condividere esperienze con altri nonni dal vissuto simile”.

I prossimi appuntamenti dedicati ai nonni, alla Fondazione Paideia, sono il 23 ottobre, il 4 dicembre 202, il 19 febbraio, 9 aprile, 21 maggio 2025.

Orario: 9.30 – 11.30

Fondazione Paideia, via Moncalvo 1 Torino

 

Mara Martellotta

Sharenting. La condivisione delle immagini dei bambini sui social

I  rischi connessi

Mentre mangiano o giocano, quando sono al mare o insieme ai loro amici, le foto dei bambini spopolano su internet, sui social, sui profili Facebook o Instagram . Questa volonta´ di condivisione ´ certamente un gesto di affetto e di orgoglio da parte di genitori, dei nonni e di tutti coloro che li amano, ma spesso e’ una rischiosa e inopportuna sovraesposizione delle vita dei minori in un luogo virtuale non del tutto sicuro, la rete informatica.

Il termine sharenting, la fusione dall’inglese tra share (condividere) e parenting (genitorialita’), coniato da poco in America, ci spiega, appunto, questa abitudine molto diffusa ovvero quella di postare con frequenza immagini di piccoli uomini e donne creando, il piu´delle volte, un involontario racconto digitale della loro vita.

Prescindendo dalla questione che riguarda la mancata consapevolezza da parte dei bambini sul fatto che la loro esistenza venga resa pubblica, ci sono altri risvolti legati a questa consuetudine che possono rivelarsi davvero drammatici, tra questi spicca l’appropriazione e l’ utilizzo improprio delle immagini che spesso sfocia in vere e proprie azioni illegali e deprecabili.

Questa “moda” e’ all’attenzione del Garante della Privacy che gia´ nella Relazione annuale del 2021 ha proposto di estenderne la tutela rispetto alla questione del cyberbullismo.

Spesso le foto dei minori sono accompagnate da informazioni sensibili come il nome, l’eta´ e il luogo di appartenenza, che rendono ancora piu´semplice il lavoro di chi potrebbe impossessarsene con cattive intenzioni.

Il Garante della Privacy riassume cosi´ i rischi dello sharenting:

Violazione della privacy e della riservatezza dei dati personali e sensibili del minore ogni volta che si pubblica, senza il suo consenso, un’immagine sui social network, così come stabilito dalla Convenzione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Mancata tutela dell’immagine del bambino che subisce la perdita del controllo sulle proprie informazioni con conseguenze sulla creazione della sua identità digitale odierna e futura. I contenuti postati online, infatti, restano e permangono a disposizione di chiunque.

Esiste poi il rischio delle ripercussioni psicologiche che potrebbero iniziare a manifestarsi nel momento in cui i bambini, crescendo, cominciano a navigare autonomamente. Se i loro genitori non hanno provveduto a tutelare la loro immagine e la privacy, i bambini dovranno fare i conti con quanto è stato pubblicato senza il loro benestare e immagini molto intime e private come quella del bagnetto, ad esempio, potrebbero andare nelle mani di chiunque.

Tra i rischi peggiori c’e´ senz’altro quello della pedopornografia. Alcune immagini di bambini in situazioni private, infatti, possono essere rubate, manipolate e inserite nelle squallide pagine digitali dei siti per pedofili. L’addescamento, infine, e´un’altra oscura possibilita´che si prospetta a causa delle immagini condivise, ma anche delle informazioni che le accompagnano, utili mezzi per creare ganci per avvicinare i minori online.

Il Garante invita a porsi diverse domande prima di condividere le foto dei propri figli: mio figlio sarebbe contento di avere sue foto postate? E´una azione sicura per la sua presente e futura identita´online?

Si tratta di problemi reali, di rischi concreti perche´ la rete, sfortunatamente, e´popolata anche da persone dalla scarsa cifra morale alla ricerca non solo di immagini da collezionare ma anche in attesa che qualche minore sprovveduto caschi nella sua rete con inevitabili e nefaste conseguenze.

MARIA LA BARBERA

Fonte: www.garanteprivacy.it

L’amico è…

Nel 1983 Dario Baldan Bembo, mostrandosi poeta prima che autore, scrisse la canzone “Amico è (L’inno dell’amicizia)”.

E’ l’amico è

una persona schietta come te

che non fa prediche

e non ti giudica

fra lui e te divisa

due la stessa anima

Però lui sa

l’amico sa

il gusto amaro della verità.

Ma sa nasconderla

e per difenderti

un vero amico anche bugiardo è.

Ma parliamo, appunto, di quarant’anni fa; nell’epoca attuale, al contrario, l’amicizia è stata citata a sproposito, sminuita dai social, vanificata da smartphone e tecnologia, cercata solo da chi segue ancora valori tradizionali.

Il proverbio “L’amico si vede nel momento del bisogno” si presta bene anche ai nostri tempi: solo che oggi va interpretato come una persona che non vedi per lungo periodo ma quando ha bisogno si ricorda di te e si fa nuovamente vivo.

Chi mi conosce sa che io periodicamente faccio un inventario delle amicizie: se sono degne di tale nome rimangono tali, altrimenti sono destinate a finire in cantina: non vengono dimenticate, ma diventano presto inutili.

Nel mio libro “Ventiquattro sfumature di vita” parlo proprio di questo: amicizia intesa come rapporto di scambio tra quanti sono come noi, hanno le nostre stesse vedute e ci danno ragione; l’amicizia, in realtà, è l’esatto opposto. De Andrè, Guccini e Bertoli nelle canzoni (ma non sono gli unici), Don Gallo nelle prediche hanno saputo testimoniare tutto ciò distinguendosi dalla massa.

Nel capitolo sull’amicizia parlo proprio di come nei decenni io abbia scremato le amicizie, talvolta mettendo alla prova i “candidati” per capire se fossero interessati alla mia amicizia o ad avere qualche servo sciocco in più.

Con alcuni mi sono finto sciupafemmine, squattrinato, senza auto, etilista e, com’era prevedibile, molti di loro si sono allontanatiperché non rispondevo ai loro canoni, non ero “utile” e non facevo fare loro bella figura in società.

Chi, al contrario, cercava una persona che li ascoltasse, con cui passare un week end al mare, o una serata al pub o anche solo due chiacchiere in famiglia mi è rimasto vicino perché quello potevo offrire loro: dopo 40, 50 e in alcuni casi 56 anni molti di loro sono ancora miei amici.

L’esempio eclatante è quello di un amico la cui figlia di chiamò dicendo che il padre era a casa con la febbre altissima, non poteva fare nulla da solo ma lei era in ferie (200 km) e non poteva venire; andai tutti i giorni per una settimana a portargli la spesa, cercandodi alimentarlo, cambiai le lenzuola sudate e arieggiai la casa fino a quando fu autosufficiente. Svariati anni dopo, rientrato lui in Italiadopo alcuni anni di lavoro all’estero, scoprii che si sarebbe sposato di lì a poco e mi invitò “verbalmente”; nel periodo del matrimonio mio padre si aggravò (e morì poco dopo) e non potei partecipare al suo matrimonio: non mi perdonò e chiuse ogni rapporto con me. Di certo se lo incontro per strada agonizzante, lo scavalco.

Poi c’è ancora un’altra sottospecie di amico d’interesse: quello che sta con te fin quando pensa di primeggiare nel confronto, che pensa di uscirne vincente nelle uscite a due, perché vali meno di lui, sei meno bello, meno ricco, meno tutto. Quando poi si sveglia dal sogno e si rende conto che hai molti altri valori per i quali, e grazie ai quali, lo hai spodestato dal trono di paglia allora ti blocca su whatsapp, si cancella dal gruppo di compagni di scuola e, in generale, sparisce da ogni forma di socializzazione.

Ai tempi del liceo, in particolare, ero circondato da figli della Torino bene che potevano spendere cifre enormi in una sera, guidare a 20 anni auto di lusso e, in generale, permettersi un tenore di vita lontano dai miei standard. Quando, a distanza di pochi anni, ci siamo rincontrati il loro atteggiamento è diventato di chiusura, di blocco non potendo più mostrare la loro superiorità economica e sociale (su quest’ultima nutro ancora oggi seri dubbi)e realizzando che io avevo raggiunto molta più fama e notorietà diloro.

Una riflessione, dolorosa ma oggettiva, mi ha portato a considerare con spietata lucidità che non erano veri amici, che non avevo perso nulla di importante, che anche il miglior divertimento offerto con secondi fini diventa pessimo rispetto ad un’offerta sincera, anche se molto umile.

Ho quindi coltivato le amicizie meritevoli, divertendoci nei momenti lieti e prestandoci mutuo soccorso in quelli tristi,provando gioia per le amicizie autoeliminatesi che non sanno cosa si sono perse.

Con gli anni ho imparato ad apprezzare gli inviti sinceri, il bicchiere di vino offerto senza fronzoli su una tovaglia rammendata, piuttosto che l’evento che dimostra palesemente di essere stato organizzato “pro domo sua” e non capisci quando scatterà la trappola.

I social hanno veicolato un concetto di amicizia lontanissimo dall’accezione originale del termine: basta chiedere l’amicizia a qualcuno e che quel qualcuno la accetti per essere classificato“amico” pur non conoscendosi e non avendo mai scambiato due parole e ciascuno non sa nulla dell’altro, nemmeno se la foto del profilo corrisponda realmente all’identità dichiarata.

I genitori dovrebbero, intanto, non portare all’esasperazione i figli mettendoli in continua competizione (sportiva, scolastica, sociale) con i propri compagni facendoli diventarehomo homini lupus”; poi noi stessi dovremmo renderci conto che lo specchio mostra soltanto il nostro aspetto esteriore, non quello che gli altri percepiscono: se pensiamo di essere “l’ombelico del mondo” mentre siamo soltanto “l’ano del quartiere” continueremo a infilare una delusione dietro l’altra.

Siamo davvero sicuri di essere meglio di chi ci circonda? Siamo realmente convinti che gli altri possano solo essere nostri allievi anziché i nostri insegnanti, magari in qualcosa di importante?

Sergio Motta

Empatia. Sentire, comprendere e accettare gli altri senza giudicare

“Ti capiva fin dove volevi essere capito, credeva in te fin dove ti sarebbe piaciuto credere in te, e ti assicurava di avere ricevuto da te esattamente l’impressione migliore che speravi di dare” diceva Francis Scott Fitzgerald. Questa è l’empatia, l’ inestimabile capacità di accogliere e sentire l’altro, di comprendere le sue emozioni e conoscere la sua esperienza senza calarsi nel giudizio o attivare una valutazione. 

E’ una facoltà abbastanza in controtendenza con il contemporaneoin contrasto con uno scenario sociale e culturale dove l’autocelebrazione, la continua competizione e l’egocentrismo sono le nuove virtù di riferimento e dove ascoltare l’altro anteponendo i suoi bisogni ai nostri, seppur episodicamentesembra un indicatore di  antiquata debolezza. Tuttavia qualcosa si è mosso, proprio in questo ultimo periodo questa gentildonna vestita di altrui sensazioni e conoscenza si è presentata alla nostra porta. L’esperienza di questo virus vissuta in condivisione,  la chiusura, il senso di impotenza, l’incertezza e il disorientamento che questo “veleno” ha portato con sé hanno stimolato la nostra capacità di  “coinvolgimento empatico”. Eravamo tutti lì, e parzialmente lo siamo ancora, a riorganizzarci la vita, il tempo, il lavoro, praticando rinunce e aspettando pazientemente che tutto finisse. Questa avventura ci ha costretto a “sentirci” di più, ci ha messo in una inedita posizione di comprensione.

Sapevamo perfettamente cosa provavano gli altri, in che situazione fossero, quali erano le difficoltà giornaliere da affrontare, sia emotive che pratiche. Bisogni, speranze, frustrazioni e nuove strategie di sopravvivenza ci hanno unito inevitabilmente e collocato sulla stessa lunghezza d’onda.Ecco cosa è l’empatia, non solo la capacità di “mettersi nei panni dell’altro”, ma avere ugualmente cognizione di ciò chel’altro sta vivendo, possedere le informazioni necessarie che ci garantiscano di poter  comprendere appieno la sua condizione di vita. Non solo implicazioni di tipo emotivo o sentimentali dunque, ma anche un impegno di tipo cognitivo, come afferma Lori Gruen autrice del bellissimo libro “La terza via dell’empatia”, e un lavoro continuo di aggiustamento e “calibrazione” del nostro esercizio empatico.

Pensare infatti che l’attività percettiva di cui siamo detentori sia innata o  esclusivamente connaturata è un errore, quest’ultima necessita di un lavoro giornaliero di ricerca, di sintonizzazione e rivisitazione, questo per non cadere in una eccessiva complicità sensoriale, tipica delle persone molto sensibili, o scadere, al contrario, nella completa e mancata identificazione e immedesimazione con il prossimo. Questa “percezione morale” va alimentata dunque, nutrita e sviluppata. Una mano ce la possono dare gli animali afferma la Gruen,che, capaci molto più di noi di entrare in comunione percettiva con i loro simili, sono in grado di partecipare emotivamente alla loro vita soddisfacendo così bisogni di assistenza e vicinanza. La loro spiccata  predisposizione allosservazione del comportamento altrui e la conseguente spinta all’ identificazione li rende maggiormente empatici degli appartenenti alla categoria del genere umano.

Dalla nostra storia recente dunque, dai fatti che ci hanno reso protagonisti involontari e impauriti, si rende necessario comprendere che abbiamo bisogno di empatia, di reciprocità, di scambio emotivo e conoscitivo. Al netto di ogni retorica e lungi dal conseguimento di facili adesioni cariche di sentimentalismi, dobbiamo convincerci che viaggiare abbandonati sul nostro binario, escludendo dalla nostra vita ogni corrispondenza con l’altro da noi, non può che portaci ad una malinconica solitudine.

Maria La Barbera