sempre circondato da dame smaniose di baciare la mano all'illustre ospite

Un turco a Savigliano

Correva l’anno 1483 e a Savigliano un principe turco si divertiva, come se niente fosse, nel carnevale cittadino tra sfilate e balli in maschera. Ma che ci faceva un Turco a Savian in una fredda domenica di febbraio di fine Quattrocento? Chi era costui? Era un principe ottomano che diventò, come d’incanto, il personaggio più importante della città, tra spettacoli e danze nei palazzi nobiliari, cortei carnevaleschi e concerti in piazze e vie del centro storico, sempre circondato da dame smaniose di baciare la mano all’illustre ospite, anche se infedele maomettano e figlio del “più grande e feroce nemico della Cristianità”, quel Maometto II che aveva appena conquistato Costantinopoli. Il Turco, di passaggio a Savigliano, era il principe Zizim, noto anche come Cem o Gem, il più giovane e sfortunato dei rampolli di Mehmet II, che non salirà mai sul trono imperiale perchè sconfitto in battaglia dal fratello Bayazed e che, dopo aver girovagato per l’Europa e l’Italia, alla corte di Papi, sovrani e cavalieri crociati, troverà una morte misteriosa a Napoli. Ma era pur sempre un principe e un poeta e ciò che qui ci interessa ricordare è il suo passaggio in Piemonte, attraverso Cuneo, Savigliano, Torino, fino ad Exilles, sulla strada verso la Francia. Soggiorni brevissimi durante i quali Zizim non fu arrestato in quanto figlio del sultano Conquistatore ma al contrario entrò nelle simpatie dei cuneesi che videro in lui un fiero ribelle anti-ottomano, forse l’ultima speranza di abbattere l’Impero sul Bosforo e riportare in mano cristiana la città di Costantino. Come aspirante al trono imperiale, Zizim restava pur sempre una minaccia per l’impero turco.

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Mamma, li Turchi nella Granda…verrebbe da dire, in un’epoca in cui l’odio verso la Mezzaluna soffiava sull’intera Europa (un po’ come oggi d’altronde, sia da una parte che dall’altra) e si cercava, assai faticosamente, di formare una grande crociata di re e cavalieri che andasse a liberare Costantinopoli, appena trasformata in una capitale imperiale di moschee e minareti. Si chiamava dunque Zizim il nostro bel principe che in realtà pare fosse tutt’altro che bello ma lo sfarzo dei suoi abiti orientali e il suo turbante fasciato di gemme e pietre preziose lo rendevano ugualmente affascinante e simpatico. Forse anche perchè sua madre, una concubina dell’harem del padre, era, probabilmente, una principessa serba. E poi era il figlio del grande sultano Maometto II che il 29 maggio 1453, a suon di cannonate, conquistò la capitale dell’Impero romano d’Oriente. Non era certo facile trovare un principe ottomano che scorazzasse per l’Europa alla fine del Medioevo, sicuro di farla franca e di non finire in qualche buia prigione della penisola a trascorrere il resto della sua vita. Zizim, governatore ottomano di alcune province dell’impero, poeta e scrittore, divenne ben presto un acerrimo rivale della corte sultaniale di Costantinopoli. Stava scappando dal fratello Bayazed che, alla morte del padre, era sul punto di salire al vertice dell’Impero come nuovo sultano ma doveva sbarazzarsi del fratello Zizim che pretendeva di essere il legittimo successore del sultano in quanto nato quando suo padre era già sul trono mentre Bayazed nacque prima della sua scalata al potere. Vinto in due battaglie dal fratello maggiore e ben consapevole di rimetterci la testa in caso di cattura, il principe Zizim fuggì in Egitto ma non trovò l’appoggio dei governanti mamelucchi. Lasciò la famiglia sulle rive del Nilo e partì per l’isola di Rodi dove ricevette accoglienza e sostegno politico da parte dei Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, i futuri Cavalieri di Malta.

 

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Il “prigioniero” Zizim divenne un prezioso alleato dei cristiani europei nella lotta contro l’inarrestabile espansione degli Ottomani, da usare, se necessario, contro il nuovo sultano. L’ospitalità a Rodi fu favolosa. Fu accolto dai Cavalieri di San Giovanni come se fosse un monarca mentre tutta la città era in festa con le strade affollate di cittadini, marinai e pescatori e con i balconi affollati da rodioti che volevano vedere il figlio del sultano che aveva cercato di distruggere la loro città. Zizim fu ospite del Gran Maestro dei Cavalieri di Rodi Pierre d’Aubusson che invece di tenerlo in prigione lo invitò a feste e banchetti con musica, donne e vino in abbondanza. Era un principe libero sull’isola ma costantemente sorvegliato dai Cavalieri. Per eliminare i suoi oppositori nascosti all’estero, Bayazed II (sultano dal 1481 al 1512) sguinzagliava i suoi 007 che si infiltravano nelle città nemiche senza troppi ostacoli. Avrebbe potuto assediare Rodi in qualsiasi momento ma l’isola, pur strategicamente importante, poteva aspettare il suo turno. Non solo, ma promise di far la pace con i Cavalieri, a condizione che tenessero sempre sotto custodia Zizim, sia a Rodi che in altre città europee. A tal proposito il sultano firmò un accordo con il Gran Maestro d’Aubusson impegnandosi a pagare una somma annua di 45.000 ducati all’Ordine di San Giovanni per tenere Zizim prigioniero e per evitare di trovarselo magari al comando di un’armata europea diretta contro di lui. Ma le spie turche infestavano il Mediterraneo e il Gran Maestro decise di inviare Zizim in esilio in Francia. Sbarcò a Nizza nel settembre 1482 ma una terribile pestilenza aveva decimato la popolazione, quindi Zizim proseguì la sua cavalcata fino a Cuneo dove giunse l’8 febbraio 1483 e poi a Savigliano il giorno successivo, nell’ ultima domenica di carnevale. L’ingresso in città fu trionfale. Scortato da un centinaio di uomini a cavallo tra cui quaranta devoti cavalieri turchi fu accolto dalle autorità comunali come un vero principe e, in suo onore, fu organizzata, come scrivono gli storici ottocenteschi Carlo Novellis e Casimiro Turletti nelle loro poderose Storie di Savigliano, “una magnifica festa da ballo in maschera e un concerto musicale sotto l’ampio portico di Emanuele Tapparelli illuminato sontuosamente per una splendida e capricciosa serata”. E le danze cominciarono… “Strano ricevimento per un Turco! Fu egli posto a sedere, con un vestito ricco e abbagliante, sopra una specie di trono frammezzo alle sue due donne, delle quali la favorita vestiva un abito di color cremesi e l’altra era in vestito ricamato d’argento”. Ignoriamo i particolari di questa festa, ammette il Novellis, “ma sappiamo però che le dame saviglianesi concorsero a rendergli omaggio e, nello accomiatarsi, non disdegnarono di fargli riverenza e di baciargli la mano. Ritirossi egli nel suo alloggio co’ suoi e dovendo poi proseguire la sua strada per la Francia, partì il dì seguente per Exilles”.

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Ma non è tutto, dopo le feste carnevalesche scoppiarono polemiche e scandaletti e sorsero gli scrupoli. “Fu dato carico a quelle donne, ricorda il Novellis, di aver baciato la mano a un infedele maomettano, quasi fosse un santo o un venerabile, e a gran fatica poterono ottenere di essere assolte dai confessori”. Prima di raggiungere la fortezza della Val Susa la comitiva partì alla volta di Torino, come racconta il Turletti, “salutata dalla popolazione accorsa in folla ad ammirare più che altro gli stranissimi costumi di quest’uomo di gran lunga più degno di sedere sul trono del padre che non il fratello Bayazed”. Dopo alcuni anni trascorsi in Francia il principe ottomano giunse a Roma, ospite-prigioniero di Papa Innocenzo III e poi di Papa Alessandro VI Borgia. Infine fu ceduto come ostaggio al re di Francia Carlo VIII che dopo aver occupato Roma restituì la libertà a Zizim, la cui vita, avventuosa e romantica, interessò a lungo le corti d’Europa e finì tragicamente a Napoli, dove il turco fu ucciso dal rasoio avvelenato di un finto barbiere. Era il 25 febbraio 1495 e Zizim aveva appena 35 anni. A Savigliano, da qualche tempo, il carnevale non impazza più come una volta ma siamo sicuri di veder folleggiare il grande principe anche in questi giorni tra nobildonne mascherate e danzanti, ansiose di baciargli la mano nei palazzi più blasonati e aristocratici di Savian, anche se in città nessuno sa chi fosse davvero Zizim-sultan…

Filippo Re