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La Torino delle due ruote: viaggio fra Vespa, moto e paesaggi

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La Vespa, un’icona intramontabile
A Torino, la Vespa è molto più di un semplice scooter: è un simbolo di italianità, di eleganza senza tempo e di un modo di vivere il viaggio che sa di libertà, leggerezza e storia. Da generazioni accompagna i torinesi nelle loro avventure estive, nelle commissioni quotidiane e nei momenti di svago. In città si vedono ancora modelli d’epoca splendidamente conservati, affiancati alle versioni più moderne, ma sempre con quell’inconfondibile fascino che solo la Vespa sa evocare. Basta un casco, un paio di occhiali da sole e si è pronti per partire, senza fretta, per godersi le strade della città o dirigersi verso i paesaggi collinari appena fuori porta. La Vespa è compagna perfetta per attraversare il centro storico, per arrampicarsi su verso la collina torinese, o per costeggiare il Po in una calda sera d’estate. Le sue linee morbide e il ronzio del motore diventano quasi poesia in movimento, un modo romantico e personale per vivere la mobilità urbana e oltre. Con l’arrivo dell’estate, moltissimi torinesi tirano fuori dal box la loro Vespa, la lucidano e la rimettono in strada per piccoli viaggi, escursioni e fughe improvvisate verso il verde della Val di Susa o i borghi incastonati tra le colline del Canavese. La Vespa non è solo un mezzo: è uno stile di vita, una filosofia del viaggio lento, che mette al centro il piacere di guardarsi intorno, di sentire l’aria calda sul viso e di godersi ogni chilometro.
Il Vespa Club Torino, passione e comunità
C’è chi ama la Vespa in solitaria e chi invece ha trovato nella passione per questo scooter leggendario un’occasione per condividere emozioni, esperienze e percorsi. Il Vespa Club Torino rappresenta da anni un punto fermo per centinaia di appassionati, una vera e propria comunità in cui la Vespa è il trait d’union tra persone di età, background e storie diverse. Il club non è solo un’associazione: è un luogo dell’anima dove si respira amicizia, appartenenza e desiderio di scoperta. Organizzano raduni, viaggi di gruppo, eventi tematici e tour che toccano luoghi suggestivi del Piemonte, dalle risaie del vercellese ai laghi alpini, dai castelli nascosti ai panorami mozzafiato delle Alpi Cozie. Le uscite collettive del club trasformano la strada in una piccola festa itinerante, fatta di Vespa colorate, bandiere, saluti ai passanti e soste gastronomiche nei posti più autentici. Ma dietro ogni viaggio c’è anche una cura maniacale per i dettagli, una passione che si vede nei restauri minuziosi, nei racconti tramandati tra i soci e nell’amore per la tradizione. Il Vespa Club Torino rappresenta un pezzo importante del tessuto sociale cittadino, un esempio di come la mobilità su due ruote possa anche diventare cultura e aggregazione. Partecipare a una loro uscita significa non solo guidare, ma anche ascoltare storie, stringere nuove amicizie, sentirsi parte di qualcosa di più grande. E non mancano i momenti di solidarietà, con eventi organizzati per beneficenza o per promuovere la sicurezza stradale, a dimostrazione che dietro un casco e una marmitta c’è spesso un cuore che batte forte.
Le moto, adrenalina e libertà nei paesaggi piemontesi
Accanto alla Vespa, i torinesi nutrono da sempre una grande passione per le moto. Che siano naked, sportive, custom o touring, le due ruote a motore rappresentano una vera valvola di sfogo per molti cittadini, un modo per fuggire dal traffico, per esplorare nuove strade e per ritrovare il senso più puro della libertà. L’estate è il momento in cui i motociclisti torinesi si rimettono in sella con maggiore frequenza, approfittando delle giornate lunghe e del clima favorevole per organizzare giri spettacolari nei dintorni. Le strade del Piemonte offrono scenari mozzafiato: curve sinuose che attraversano i vigneti delle Langhe, salite panoramiche che portano al Colle della Maddalena, sentieri d’asfalto che costeggiano i laghi di Avigliana o si inoltrano nelle valli meno battute del biellese. La moto diventa il mezzo ideale per esplorare in profondità il territorio, per raggiungere luoghi lontani dal turismo di massa, dove la natura è ancora autentica e il tempo sembra rallentare. I motociclisti torinesi si danno appuntamento in piazze, benzinai e locali storici, pronti a partire all’alba per un giro di centinaia di chilometri, spinti solo dalla voglia di guidare e di scoprire. C’è chi cerca l’adrenalina pura, affrontando i tornanti come in una sfida personale, e chi invece preferisce la dimensione contemplativa del viaggio, quella in cui il paesaggio è parte integrante dell’esperienza. Le moto, a Torino, non sono solo un hobby, ma un vero stile di vita. E in estate, quando la città si svuota e il richiamo delle montagne si fa più forte, non c’è niente di meglio che allacciare il casco, avviare il motore e lasciarsi portare dove porta la strada.
NOEMI GARIANO

I torinesi e la moda intellettuale

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La moda italiana nacque a Torino nel 1911 quando per la prima volta una donna indossò un paio di pantaloni di un sarto francese, subito suscitò incredulità e stupore ma con il tempo le persone iniziarono a prenderla d’esempio creandone nuovi modelli. Poco per volta nacque a Torino l’industria dell’abbigliamento. Dagli anni Trenta agli anni Sessanta Torino fu il polo industriale principale italiano per la produzione del tessile. Solo dagli anni Novanta in poi Milano diventò capitale della moda italiana.
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I BRAND INDIPENDENTI CHE SALVAGUARDANO IL PIANETA

Secondo numerose ricerche i torinesi si ispirano molto alle mode del momento e numerosi sono i brand indipendenti che sono nati proprio in questa città. Tra di essi il brand “Nasco Unico” di Andrea Francardo, un laboratorio artigianale dove le clienti possono scegliere come realizzare il loro capo direttamente nel laboratorio evitando così sprechi di produzione.
Un altro marchio è “Amma” di Luisella Zeppa che produce borse eco-sostenibili, con materiali naturali e lavorate con cura e maestria da tantissime generazioni.
Per chi ama invece i gioielli vi è il marchio “Raduni Ovali” realizzati con pietre preziose, ognuno unico nel suo genere grazie alle attente rifiniture a mano.
Moltissime sono le scelte dei brand e dei negozi, spesso le piccole realtà sono poco conosciute rispetto ai grandi marchi ma possono essere un’ottima occasione per indossare capi unici e con una particolare attenzione verso l’ambiente.
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COSA INDOSSARE IN BASE ALLE OCCASIONI

I grandi marchi di moda influenzano ogni anno il mercato con tessuti e colori diversi, ma per ottenere esattamente il risultato che si vuole ottenere quando indossiamo un capo non dobbiamo solo basarci sulla moda ma anche su delle precise regole di psicologia!
Secondo la scienza infatti indossare degli abiti rossi accellera il battito cardiaco di chi li porta e anche del suo interlocutore, che potrà tradurre quella sensazione in “voglia di fuggire” o “eccitazione”, questo vale soprattutto se la persona che indossa l’indumento è donna. Quindi se ad un primo appuntamento vogliamo fare colpo vestirci di rosso potrebbe essere una buona idea.
Se invece abbiamo un’occasione più formale, ad esempio lavorativa, il colore ideale è spesso il blu perché abbassa il battito cardiaco, rilassa e fa si che l’interlocutore si fidi maggiormente di noi. I politici sono spesso vestiti di blu proprio per questo motivo, Donald Trump per esempio ha il completo blu, la cravatta rossa che indica grinta e lotta e la camicia bianca che suggerisce chiarezza.
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COSA INDOSSARE CON PARSIMONIA

Vi sono poi dei colori che potrebbero non aiutarci a raggiungere il risultato sperato come il nero che suscita l’idea dell’oscuro, velato, misterioso e al contempo lussuoso.
Il bianco stimola in noi l’idea della pulizia ecco perché è molto usato nei camici da lavoro, è però un colore che non suscita emozioni, non è quindi adatto quando vogliamo creare un legame con l’altra persona.

Si occupa di colori anche l’armocromia ma in un accezione puramente estetica e non scientifica, molto utile quando il nostro obiettivo è quello di valorizzarci esteticamente.

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NOEMI GARIANO

 

 

L’Altro Campagnolo. Il gusto autentico di Monica e Flavio a Candiolo

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Tra le colline che fanno da corona a Torino, in una cornice calda e familiare, sorge L’Altro Campagnolo, ristorante condotto con passione da Monica Sbaragli e Flavio Ponzo, coppia nella vita e nel lavoro. Qui, l’eredità lasciata dai genitori di Flavio si rinnova ogni giorno, mettendo al centro materie prime d’eccellenza, piatti dal sapore radicato e un’ospitalità che ti fa sentire subito a casa.
Il locale ha saputo conquistare negli anni una clientela affezionata, grazie a una cucina che parla piemontese ma sa anche sorprendere, un servizio attento senza rigidità e un ambiente accogliente che fa della semplicità il suo tratto distintivo. D’estate, poi, la bella area esterna regala uno spazio verde perfetto per pranzi e cene all’aperto, lontani dal rumore della città.
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Antipasti che aprono il viaggio: fassone, uovo poke e aromi di stagione.
L’esperienza gastronomica inizia con una scelta mirata di antipasti: il fassone piemontese si declina in tre versioni – battuta al coltello, vitello tonnato e girello marinato – esaltando la qualità della carne e il rispetto per la materia prima. Ogni assaggio è calibrato, sincero, con il sapore protagonista senza sovrastrutture.
Tra le proposte più originali c’è l’uovo poke, una preparazione che mette insieme la cremosità dell’uovo, la dolcezza sapida della toma e il tocco fresco degli asparagi. È un piatto moderno ma perfettamente coerente con l’identità del ristorante: legato al territorio ma aperto alla sperimentazione.
Completano l’offerta altri antipasti stagionali, pensati in base alla disponibilità degli ingredienti e alla creatività dello chef, con una sensibilità particolare per il bilanciamento dei sapori e la leggerezza.
Una sinfonia di primi e secondi: tajarin, risotto e carni selezionate
I primi piatti sono un vero punto di forza: imperdibili i tajarin ai tre ragù, pasta fatta in casa condita con sughi diversi, dal classico ragù di carne a varianti più delicate o rustiche per un’esplosione di gusto che resta impressa. La pasta sottile, saporita, cattura perfettamente ogni salsa, e trasmette subito l’idea di una cucina curata, concreta.
Tra le proposte più sorprendenti c’è il risotto con pesche e funghi, un accostamento fuori dagli schemi che però convince grazie al gioco tra dolce e umami. È il classico piatto che incuriosisce sulla carta e conquista al primo assaggio, dimostrando che si può innovare senza strafare.
I secondi ruotano principalmente attorno alle carni, protagoniste indiscusse del menù: tagli selezionati, cotture attente, abbinamenti pensati per valorizzare il gusto naturale. Ogni piatto riflette la filosofia del ristorante: pochi elementi ma scelti con cura e portati al massimo della loro espressione.
Il gran finale: gelato artigianale e dolci d’eccellenza.
Il momento del dolce è tutt’altro che un semplice “di più”. Qui, il gelato viene preparato artigianalmente poco prima di essere servito, direttamente da Monica e Flavio. Il risultato è un prodotto cremoso, freschissimo, che cambia completamente l’esperienza rispetto ai classici dessert da freezer.
Le versioni con caramello salato e amarene sono tra le più amate, ma d’estate conquista anche l’abbinamento con la pesca fresca, in un connubio che sa di sole e semplicità. Accanto al gelato, la carta dei dolci offre anche altre proposte più strutturate, tutte accomunate dallo stesso principio: ingredienti veri, lavorati con passione.
Monica e Flavio hanno realizzato un ristorante che va oltre il semplice mangiare bene. L’Altro Campagnolo è un posto dove si respira la cura quotidiana, la passione per le cose fatte bene, la voglia di offrire un’esperienza che rimanga nel ricordo. Un ristorante che ha saputo crescere senza perdere il suo cuore e che continua ogni giorno a raccontare una storia fatta di sapori, famiglia e ospitalità autentica.
Un posto da provare almeno una volta, ma dove si finisce sempre per tornare.
NOEMI GARIANO

Il ristorante “Giudice” di Torino: Tradizione e Raffinatezza in Città

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Nel panorama enogastronomico torinese, il ristorante “Giudice” si distingue come una delle mete più apprezzate da chi cerca un’esperienza autentica, ma al contempo ricercata. Situato in una zona discreta ma centralissima della città, questo locale è diventato negli anni un punto di riferimento per chi ama la cucina piemontese rivisitata con eleganza e misura, senza inutili stravaganze. La filosofia del ristorante si percepisce subito: attenzione per la materia prima, rispetto per le stagioni e un equilibrio tra gusto, memoria e creatività che si riflette in ogni piatto. Il personale, cordiale ma mai invadente, accompagna il cliente in un percorso gastronomico che sa essere tanto rassicurante quanto sorprendente. L’ambiente, curato ma non ostentato, gioca su toni caldi e luci soffuse, con dettagli che raccontano una lunga storia fatta di passione e professionalità. Ogni dettaglio, dai tavoli ben distanziati alle posate lucide, dalla mise en place raffinata al servizio preciso, contribuisce a creare un’atmosfera che invita alla lentezza e al piacere della scoperta.
La carta propone piatti che affondano le radici nella tradizione regionale, come il vitello tonnato, i plin al fondo bruno o il brasato al Barolo, ma li reinterpreta con tecnica e leggerezza. Le porzioni sono calibrate, pensate per accompagnare il cliente in un percorso completo, magari con l’abbinamento dei vini suggeriti da una cantina che spazia tra etichette locali e proposte nazionali di grande pregio. Il pane fatto in casa, servito caldo in piccoli cestini, è il primo segnale di una cura che non lascia nulla al caso. I dolci meritano un capitolo a parte: dalla panna cotta classica al bonet rivisitato fino a interpretazioni più moderne come il semifreddo alla nocciola con croccante di fava tonka; ogni dessert chiude il pasto con una nota di poesia. E proprio questa è una delle chiavi del successo di “Giudice”: la capacità di essere contemporaneo senza rinnegare l’identità di una cucina che ha fatto la storia.
Pur essendo conosciuto e apprezzato, Il ristorante “Giudice” mantiene un profilo basso, lontano dai clamori e dalle mode passeggere. La sua clientela è variegata: coppie, professionisti, famiglie, turisti informati. Tutti accomunati dalla ricerca della qualità e dal desiderio di vivere un’esperienza gastronomica che vada oltre il semplice nutrimento. Non mancano i riconoscimenti, certo, ma ciò che rende speciale questo ristorante è la coerenza con cui porta avanti una visione fatta di serietà, gusto e rispetto. Chi entra dal “Giudice” non cerca effetti speciali, ma autenticità. E proprio per questo, spesso, ci torna. Perché in un’epoca in cui tutto è immediato, rumoroso e replicabile, trovare un luogo che sa di vero è qualcosa di raro e prezioso.
Il “Giudice” non si ferma mai. Ogni stagione porta con sé piccole novità che si inseriscono con naturalezza in un menù coerente, studiato nei minimi dettagli. Le proposte fuori carta, suggerite con discrezione dal personale di sala, sono spesso l’occasione per scoprire ingredienti meno noti o preparazioni inedite. Senza mai perdere il legame con la tradizione, la cucina del ristorante riesce a sorprendere con tocchi contemporanei, accostamenti armonici e cotture perfette. Le verdure provengono da piccoli produttori locali, le carni sono selezionate con cura maniacale e il pesce – presente in carta con misura – arriva fresco ogni giorno. Ogni piatto racconta una storia, un’intenzione, un gesto preciso. E questa precisione, che non è mai rigidità, si percepisce anche nel modo in cui ogni elemento viene pensato per dialogare con il resto del piatto, senza sovrastarlo.
Uscendo dal “Giudice”, si ha la sensazione di aver vissuto qualcosa di più di una semplice cena. È l’effetto che solo certi luoghi riescono a lasciare, quando la qualità incontra il senso del tempo, la discrezione e l’arte dell’accoglienza. Il rapporto qualità-prezzo è equilibrato, considerando l’alto livello della proposta gastronomica e la cura per il cliente. Chi cerca un’esperienza intima, misurata, lontana dai riflettori, trova qui una risposta rara. Non ci sono slogan, non ci sono mode da rincorrere. Solo un lavoro quotidiano fatto con passione e rispetto, in un luogo che parla sottovoce ma resta nella memoria. E forse è proprio questo il segreto del ristorante “Giudice”: la capacità di essere indimenticabile senza mai alzare la voce.
NOEMI GARIANO

Da Torino città ai campi tra i laghi: la favola agricola di Fabio Tofi e Alessandra Bernardi

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È torinese Alessandra e insieme al suo compagno Fabio ci accompagna alla scoperta del loro luogo magico, un luogo che ha conquistato il cuore di molti piemontesi: l’azienda agricola “La Terra dei Due Laghi”, incastonata tra il Lago Maggiore e il Lago d’Orta.
La terra dei Due Laghi non è solo una semplice realtà agricola; è il frutto di un sogno, della caparbietà di un ragazzo che ha deciso di costruirsi un futuro con le sue mani, partendo da zero.
Fabio aveva appena 18 anni quando ha preso una decisione che ha cambiato la sua vita: aprire un’azienda agricola. Mentre molti si chiedevano “cosa posso fare di nuovo?”, lui ha scelto una via inaspettata: coltivare zafferano. Ma non un qualsiasi zafferano: ha recuperato una varietà autoctona piemontese, quasi dimenticata, e l’ha fatta rinascere nei campi della sua famiglia.
Fabio ha cominciato la sua attività con la gavetta più dura, non arrivava da una tradizione di famiglia (il padre assicuratore, la madre medico) ma aveva un suo sogno e tanta caparbietà. Era presente nei mercatini più piccoli dove spesso ci rimetteva affrontando giornate in cui il costo del banco superava di gran lunga il ricavato dalle vendite. Tornava a casa a mani vuote, stanco, ma mai sconfitto. In quei momenti, in cui sarebbe stato facile mollare tutto, ha scelto invece di stringere i denti e andare avanti.
La svolta è arrivata quando il direttore di Coldiretti Novara lo ha notato e gli ha detto chiaramente: “Tu devi diventare presidente”. Così Fabio è diventato il più giovane presidente Coldiretti d’Italia, un riconoscimento che ha acceso i riflettori su di lui.
Poco dopo, in uno di quei mercati, un giornalista del Gambero Rosso lo ha definito “il re dello zafferano” in un articolo che gli ha aperto le porte del successo. Da quel momento, La Terra dei Due Laghi ha iniziato a diventare un punto di riferimento per gli amanti del buon cibo e delle storie autentiche.
All’inizio non c’era ancora un punto vendita fisico: Fabio coltivava, produceva e vendeva da casa o alle fiere. Oggi, invece, l’azienda ha un volto, un luogo curatissimo, costruito con materiali riciclati e decisamente accogliente. L’8 novembre scorso ha inaugurato il punto vendita e la nuova area dedicata agli aperitivi, immersi tra i filari di nocciole, i campi di zafferano e le vigne.
Lo zafferano resta il cuore dell’attività: l’azienda è oggi il terzo impianto italiano per produzione, con 6-7 chili annui. Ma attorno a questo oro rosso, Fabio ha costruito un vero e proprio ecosistema agricolo: prodotti a base di zenzero, nocciole, miele (grazie alle sue api), pasta, torte e dolci realizzati da terzisti di fiducia e poi selezionati per essere venduti o usati per gli aperitivi.
Oggi Fabio ha 24 anni e continua a non fermarsi: durante la stagione invernale lavora sulle piste da sci per mettere da parte il denaro necessario ad acquistare nuovi terreni in primavera. Si sporca ancora le mani, guida il trattore, cura ogni dettaglio, ma allo stesso tempo è un comunicatore naturale, capace di fare rete, coinvolgere mondi diversi e raccontare la bellezza della vita agricola con autenticità.
Non sono mancati i momenti difficili, quelli in cui avrebbe potuto gettare la spugna, ma Fabio ha capito una cosa fondamentale: nella vita non bisogna rincorrere il successo è il successo che arriva, se davvero nel proprio lavoro ci si dedica con tutto sé stessi, senza compromessi e senza scorciatoie. Lo si conquista quando si diventa così bravi da non poter più essere ignorati.
Accanto a lui c’è Alessandra, lei ha un altro lavoro, ma ogni volta che può è in azienda, per affiancare Fabio col suo spirito prettamente torinese analitico e concreto contribuisce con passione al progetto. Insieme Fabio e Alessandra trasmettono l’amore per una terra che non è solo lavoro, ma anche bellezza, identità e possibilità.
Una storia vera, fatta di fatica, visione e coraggio. Una storia che, nata tra i laghi del Piemonte, continua a crescere ed essere apprezzata e di esempio anche qui, a Torino.
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Noemi Gariano

Fame notturna? Ecco dove mangiare a Torino dopo mezzanotte

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Ci sono notti in cui una pizza al volo non basta. Notti in cui si esce da un cinema, da un concerto, da un lungo turno di lavoro o da una serata in cui si è semplicemente tirato fino all’ultimo. È lì che Torino, con la sua eleganza discreta e i suoi vicoli illuminati a mezza luce, rivela un lato meno conosciuto: quello di chi ha ancora voglia di qualcosa di buono da mettere sotto i denti, anche quando le cucine sembrano tutte spente. Ma, fortunatamente, non è sempre così. In città ci sono posti che resistono, che non si arrendono al coprifuoco gastronomico e che sanno ancora offrire piatti veri, fatti bene, anche quando le lancette dell’orologio girano oltre la mezzanotte.
Lasciando da parte il solito kebab consumato in fretta sotto i portici o le pizze da asporto poco memorabili, qui si parla di cucina vera, pensata e preparata con cura, capace di offrire ancora qualità e gusto anche oltre la mezzanotte.
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Dove le buone cucine aperte fino a tardi?
Un grande classico per i nottambuli affamati è Poormanger, che, pur non essendo aperto fino all’alba, spesso tira tardi abbastanza da accogliere chi esce da uno spettacolo o da una serata tranquilla. Le patate ripiene sono un comfort food perfetto, calde, ripiene di ogni ben di dio, e con un occhio alla qualità delle materie prime. Ottime per chi vuole sentirsi coccolato, ma senza spendere una fortuna.
Se invece la notte richiama la voglia di qualcosa di più solido e tradizionale, c’è la Trattoria Valenza, in zona Aurora. Un posto che profuma di casa, che ha mantenuto quell’atmosfera da osteria vera, dove i piatti arrivano fumanti e sinceri, senza tanti fronzoli. È uno di quei ristoranti che conoscono i notturni veri, quelli che cenano alle una e poi fanno ancora due chiacchiere davanti a un dolce della casa. Certo, bisogna arrivare preparati: non è un posto da passaggio veloce, è un posto dove si sta e se la notte è lunga, tanto vale passarla bene.
Poi c’è il regno degli irriducibili: Scannabue, zona San Salvario, che tira spesso tardi e propone una cucina contemporanea ma radicata. Qui si può trovare il vitello tonnato anche a notte fonda e non è cosa da poco. L’ambiente è curato ma rilassato, il personale abituato alla clientela che non ha fretta. Ottimo per chi cerca qualità, servizio e un bicchiere di vino anche quando fuori si sente solo il rumore dei tram che tornano in deposito.
Per gli amanti del mondo asiatico, Kukai in centro è una benedizione notturna. Spesso è aperto fino alle 2 del mattino, soprattutto nei weekend e propone ramen, sushi, piatti caldi e speziati che sembrano pensati proprio per chi ha ancora voglia di viaggiare con il palato anche a notte fonda. Il ramen piccante dopo mezzanotte è una coccola che ha qualcosa di terapeutico. Sedersi lì, sorseggiare un tè caldo o una birra giapponese e guardare la città rallentare è una piccola esperienza in sé.
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Street food notturno eccellente
E poi ci sono gli eroi silenziosi del cibo da strada, che resistono come fari nella notte. Uno di questi è Basilico Tredici, pizzeria gourmet che a volte tira tardi nei weekend. Quì troviamo impasti ben fatti, ingredienti di qualità e la possibilità di mangiare qualcosa di davvero buono anche quando le serrande di mezzo centro sono già giù. È perfetta per chi vuole una pizza ma non una pizza qualsiasi: qui ogni fetta è curata, ogni accostamento è pensato.
In zona Vanchiglia, un altro riferimento notturno è Da Emilia – la piadineria gourmet. È un locale piccolo, essenziale, ma il cuore che ci mettono in cucina si sente. Le piadine sono una rivelazione; impasto croccante al punto giusto, farciture ricche ma equilibrate, ideale per chi cerca qualcosa di veloce ma appagante. È il classico posto dove passi una volta e poi ci torni ogni volta che ti trovi in zona dopo mezzanotte.
In questo nostro ipotetico tourn culinario notturno non si può non citare il Bar Cavour, per una versione più sofisticata della notte torinese. Fa parte del circuito Del Cambio, ma è il fratello minore ribelle, quello che resta aperto fino a tardi con cocktail ben studiati e piccoli piatti da accompagnamento che sembrano rubati a una cucina stellata. Non è un posto da tutti i giorni, ma se c’è un’occasione speciale che si prolunga fino a notte fonda è il posto giusto dove concluderla con stile.
Infine, per i veri amanti del dolce, c’è un piccolo segreto che gira tra i torinesi: alcune pasticcerie e forni inebriano con i loro profumi le vie in zona Mirafiori, aprono prima dell’alba per preparare i prodotti del mattino e in certi casi si riesce a comprare qualcosa appena sfornato, anche alle 3 o alle 4 del mattino. Non è ufficiale, non è pubblicizzato, ma chi conosce i panettieri giusti sa dove bussare per un croissant ancora caldo in piena notte che diventa un’esperienza che vale la pena provare.
Torino, quando si svuota e si fa silenziosa, ha una poesia tutta sua e anche una fame tutta sua. Non serve accontentarsi del solito fast food o della pizza riscaldata. Basta sapere dove andare, e avere voglia di cercare. La città, se la ascolti, ha ancora molto da raccontare anche dopo mezzanotte. E spesso lo fa con un piatto davanti e un bicchiere in mano.
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NOEMI GARIANO

Torino dalle sue origini al toro più conosciuto al mondo

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La città di Torino fondata nel terzo secolo A.C dai Taurini fu poi tasformata in colonia romana dall’Imperatore Augusto che le diede il nome di Iulia Augusta Taurinorum passò sotto vari domini, fino a diventare nel 1861 la prima capitale del nuovo Stato unitario ovvero del Regno d’Italia. Torino è conosciuta in Italia e nel mondo con uno stemma raffigurante un toro, derivante dall’araldica medievale che nel 1360 scelse questo simbolo per la città perché assomigliava al nome della stessa. Numerose sono le leggende legate al nome della città, fra cui la narrazione di un drago che attaccò la città e un enorme toro che la portò in salvo. Nel 1300 nacque anche lo stemma con base azzurra a cui si sovrappone un toro in movimento e sormontato da una corona d’oro con nove perle. Il toro è diventato negli anni un vero e proprio simbolo della città, vi sono più di duecento fontane con questo simbolo (chiamate “Turet”) e in Piazza San Carlo, nel 1930, in onore di San Carlo Borromeo, è stata posta al suolo l’immagine in bronzo del toro, dove si crede che passandoci sopra si possa essere più fortunati.

IL TORO E LE SUE VARIANTI

Un’altra opera curiosa e molto conosciuta che si rifà al simbolo della nostra Città si intitola “T’oro” e si trova in via delle Orfane 20, l’opera rappresenta un toro con le corna dorate che esce diettamente da un muro. L’opera è stata creata dall’artista Richi Ferrero, il quale voleva raffigurare una città che sfonda e supera il passato trovando un nuovo futuro con occhi diversi. Vi è poi il “Toro tricefalo”, una scultura dello scultore francese Georges Faure su una balconata di C.o Vittorio Emanuele 58, che rappresenta un toro a tre teste, creato nel 2006 per la Biennale dei Leoni, Lione-Torino. Un’altra opera a forma di toro molto famosa è “Toh”, un manifesto della nuova società torinese che comunica i valori dell’inclusione e della pace, l’opera rappresenta un toro in metallo con dei pezzi di fontana che gli cingono il collo. Toh è stato creato dall’artista Nicola Russo che si è fatto ispirare dai “Turet” le fontane a forma di toro presenti nella città sabauda; Nicola ha immaginato tutti i torinesi che conoscono bene quel toro ma ne conoscono solo il volto e mai il corpo o lo stato d’animo, lo stesso toro immaginandolo rinchiuso nella fontana vivrebbe sensazioni negative di smarrimento e mestizia, proprio per questo crea una statua con un toro che rompe il metallo della fontana. Ecco, quindi, che il “Toh” diventa il simbolo non solo dei torinesi, ma di tutti coloro i quali vogliono uscire dagli schemi e guardare avanti evidenziando le proprie diversità, che in quanto tali li rendono unici. Parte dei proventi delle opere “Toh” va alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul cancro.

GLI ALTRI SIMBOLI DELLA CITTA’

Oltre al toro uno dei simboli classici di Torino è sicuramente la “Mole Antonelliana” situata nel centro storico della città, ed edificata dall’architetto Alessandro Antonelli nel 1863. Anche la Basilica di Superga è un simbolo del Capoluogo Piemontese oltre a molti altri edifici e monumenti storici come Il castello del Valentino, Palazzo Madama e la Porta Palatina risalente al periodo dell’Imperatore Augusto detta anche Porta Capitolina, ma comunemente nota ai torinesi col nome plurale di Porte Palatine. Torino ha numerosissimi simboli che rappresentano la città, ma è anche molto conosciuta per le numerose leggende esoteriche che riguardano la magia bianca e la magia nera, in particolare in un punto preciso di piazza Castello si dice che converga la magia bianca…ma questa è un’altra storia… che richiede una narrazione a parte.

NOEMI GARIANO

Torino dall’alto: l’esperienza gastronomica che conquista al Piano 35

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Torino sa stupire, e questa volta lo fa con l’eleganza sospesa del Ristorante Piano 35, all’interno del Grattacielo Intesa Sanpaolo, il più iconico della città. Da qui, la vista è qualcosa che va oltre il semplice panorama: un respiro ampio su tetti, viali, colline fino all’arco delle alpi. L’occhio si perde tra i dettagli urbani mentre la luce filtra attraverso la serra bioclimatica, trasformando ogni pranzo o cena in una parentesi sensoriale fuori dal tempo. Non è solo cucina d’alta quota, è un modo diverso di vivere la città.
Un viaggio tra sapori audaci e tecnica impeccabile. A guidare questo percorso enogastronomico ci sono Marco Sacco e Christian Balzo, chef che non temono di osare. I loro tre percorsi degustazione propongono un equilibrio perfetto tra inventiva e precisione. L’esperienza è multisensoriale, ogni piatto racconta una storia fatta di consistenze, abbinamenti inaspettati, ricordi rielaborati. Uno su tutti, lo storione con pesche, umeboshi, marshmallow, warasoya e wasabi: un piatto che sorprende e lascia il segno. Impeccabile il risotto all’aglio nero con gamberi di fiume, robiola e ciorella, eseguito con una tecnica che sfiora la chirurgia. L’atmosfera è rilassata ma attenta, mai rigida, con piatti dinamici e giocosi, pensati per incuriosire.
Un’esperienza che coinvolge tutti i sensi. Il ristorante propone anche la celebre carbonara au coq, piatto iconico del ristorante Piccolo Lago, da comporre direttamente al tavolo. Un’idea che parla di partecipazione, di gioco, ma anche di grande tecnica: la preparazione si trasforma in un piccolo rito condiviso, che unisce convivialità e alta cucina. È uno dei momenti più apprezzati del menu, capace di coinvolgere anche i palati più tradizionali. A completare l’esperienza, un servizio misurato e attento. Ogni dettaglio è curato con eleganza e precisione, in perfetto equilibrio tra formalità e calore umano. Il personale è preparato, disponibile, capace di guidare senza invadere, di raccontare i piatti senza mai renderli ostentati.
In questo spazio sospeso tra vetro, acciaio e cielo, la cucina si fa racconto e la città diventa scenografia. Il Piano 35 è più di un ristorante panoramico: è un luogo dove Torino si lascia riscoprire a ogni boccone, dove la tradizione incontra la sperimentazione e dove ogni elemento – dal design al menu parla la lingua della qualità. Una destinazione da vivere almeno una volta, per chi cerca un’esperienza che vada oltre il semplice mangiare bene. L’esperienza al Piano 35 non si esaurisce con l’ultimo piatto servito. È un percorso che rimane addosso, che continua anche dopo aver lasciato il tavolo. La carta dei vini, curata con grande attenzione, accompagna ogni portata con scelte che valorizzano tanto il territorio quanto le etichette più internazionali, selezionate per armonizzarsi perfettamente con l’identità del menu. La stessa filosofia si ritrova nei dolci, che chiudono il pasto con leggerezza e creatività, senza mai perdere in coerenza.
In un’epoca in cui l’alta cucina rischia di diventare spettacolo fine a sé stesso, qui si riscopre l’equilibrio tra emozione e contenuto. Piano 35 non cerca di stupire a ogni costo: preferisce raccontare, evocare, far riflettere. E ci riesce con la discrezione di chi sa, e non ha bisogno di dimostrarlo. Che siate torinesi in cerca di una nuova prospettiva sulla vostra città o viaggiatori curiosi con il desiderio di esplorare Torino anche con il palato, questo è un indirizzo che vale la salita. Letteralmente.
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Noemi Gariano

Torino, città che vibra al ritmo della vita

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Torino è una città che parla a chi sa ascoltare. I suoi portici silenziosi, i tram che scorrono lenti al tramonto, il fiume Po che taglia la città come un respiro lungo e costante: tutto racconta una storia, fatta di cultura, musica e rinascita. Perché Torino non è solo industria e storia, ma anche cuore e battito. È una città che ha dato i natali a persone capaci di lasciare il segno, spesso senza clamore, come fossero in punta di piedi. Ma quando si tratta di musica, il rumore lo hanno fatto eccome.
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Un suono tutto torinese.
Gabry Ponte è uno di quei nomi che ha fatto ballare un’intera generazione. Con gli Eiffel 65 ha portato il nome di Torino in tutto il mondo. Chi non ha mai canticchiato “Blue (Da Ba Dee)” almeno una volta nella vita? Quella canzone, nata tra i vicoli e gli studi torinesi, è diventata un simbolo degli anni 2000, un’onda di colore in un mondo che cercava nuove vie per sorridere. Ma Gabry non è solo un nome da classifica: è un uomo che ha sempre creduto nella musica come ponte tra mondi diversi, tra emozioni che a volte non si sanno dire ma si possono ballare.
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La rinascita di Gigi.
E poi c’è Gigi D’Agostino, un altro figlio di questa città. Icona della musica dance, anima introversa ma potente, capace di trasformare ogni beat in emozione. Per anni Gigi ha fatto vibrare le discoteche con i suoi pezzi diventati inni generazionali, da “L’Amour Toujours” a “Bla Bla Bla”. Ma è la sua storia più recente che tocca davvero. Quando ha annunciato di essere gravemente malato, il silenzio è caduto sui social come un peso. Nessuno se lo aspettava. E poi, a distanza di tempo, quel post semplice, diretto, che diceva: “Sto tornando a camminare da solo”. Quelle parole non erano solo sue. Erano di chiunque abbia lottato, di chiunque abbia avuto paura, di chiunque abbia capito quanto la vita sia fragile e potente insieme. Gigi è uscito dal buio e oggi la sua musica suona ancora, più vera, più intensa. Perché adesso ogni nota sa di vita ritrovata.
Musica che nasce tra le ombre e la luce perchè Torino ha un’anima complessa, fatta di luci basse e atmosfere che sanno essere malinconiche. È una città che non ha bisogno di gridare per farsi notare e forse proprio per questo è stata terreno fertile per una musica che arriva dritta al cuore senza fare rumore.
Gigi D’Agostino e Gabry Ponte sono due volti di una stessa corrente: entrambi figli di una città che sembra fatta di contrasti, dove la modernità incontra la storia, dove l’industria convive con la poesia dei caffè storici, dove le notti non sono mai solo notti, ma momenti in cui tutto può succedere.
Gigi ha sempre portato con sé una certa nostalgia, anche nei suoi brani più ritmati. Le sue melodie sono spesso malinconiche, come se raccontassero qualcosa che non vuole essere dimenticato. La sua musica è diventata una colonna sonora per chi aveva bisogno di evadere, di cacciare via i pensieri, ma anche per chi cercava un posto in cui rifugiarsi. Quando ha condiviso la sua battaglia contro la malattia, in tanti hanno capito quanto fragile possa essere anche chi sembra forte e inarrivabile. Ma Gigi non ha mai voluto essere un idolo: è sempre stato solo un ragazzo di Torino che ha messo nei suoni quello che non riusciva a dire a parole. E oggi, con la sua lenta ripresa, continua a essere un simbolo, ma più umano che mai.
Gabry, invece, ha scelto una via più solare, più internazionale. Ma non ha mai dimenticato da dove viene. Anche nei tour mondiali, anche nei festival più lontani, c’era sempre qualcosa di torinese nei suoi set: una certa eleganza nei suoni, una cura nel dettaglio, una sensibilità che non è solo tecnica ma viscerale. Ha sempre parlato della città con affetto, riconoscendole il merito di averlo formato, non solo come artista ma anche come persona. Perché Torino ti insegna a non accontentarti, ti mette alla prova, ti fa fare i conti con la solitudine e poi ti regala momenti in cui tutto sembra possibile. È questa scuola silenziosa che ha formato entrambi.
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Torino, città delle seconde possibilità.
E poi c’è un altro aspetto, forse il più importante. Torino è una città che sa aspettare. Che non dimentica. Che ti lascia andare e poi ti accoglie di nuovo quando sei pronto a tornare. Lo si vede nei vicoli della Vanchiglia, nei locali nascosti di San Salvario, nei tram che attraversano la città sotto la pioggia. È una città che cambia lentamente, ma con forza. Come chi ha sofferto e non ha perso la speranza. Forse per questo è così vicina alle storie di rinascita, come quella di Gigi, come i percorsi silenziosi ma solidi di artisti come Gabry. Perché qui, tra le Alpi e la nebbia, tra le luci soffuse e i sogni che resistono, c’è spazio per chi vuole riprovarci. Per chi cade e si rialza. Per chi balla anche con le lacrime agli occhi.
Torino non ha bisogno di farsi bella per piacere. È vera. E per chi la conosce davvero, è impossibile dimenticarla.
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NOEMI GARIANO

Allantè: La Creperia Torinese che Conquista i Palati

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SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO
Nel cuore di Rivalta, un angolo di Torino che riesce a mescolare tradizione e innovazione, c’è un luogo che sta rapidamente diventando il punto di riferimento per gli amanti della crepes: la creperia Allantè. Non è solo un locale dove mangiare una crepes; è un’esperienza che unisce sapori unici, ingredienti freschi e l’ospitalità torinese, che riesce a rendere ogni visita speciale. Quello che rende questo posto unico non è solo la qualità dei suoi piatti, ma anche la passione con cui ogni creazione viene preparata, a partire dalla scelta degli ingredienti, fino alla realizzazione finale.
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Un Vero Esempio di Eccellenza Torinese
Quello che più colpisce dei torinesi è la loro voglia di scoprire e apprezzare le eccellenze gastronomiche locali. La creperia Allantè è senza dubbio un riflesso di questa filosofia. Situata a Rivalta, ma a pochi passi dal centro di Torino, Allantè non è solo un luogo dove fare uno spuntino veloce, ma un angolo di Torino che invoglia ad assaporare crepes preparate con ingredienti freschi e ricercati, scelti per offrire al pubblico un’esperienza culinaria indimenticabile. Ogni crepes racconta una storia fatta di tradizione e passione per la cucina, ed è proprio questo che rende il locale così speciale agli occhi dei torinesi.
La proposta culinaria di Allantè si distingue per l’uso di prodotti di alta qualità, che spaziano dalle crepes salate a quelle dolci, tutte realizzate con maestria e attenzione al dettaglio. Non c’è dubbio che i torinesi apprezzino la possibilità di gustare piatti che parlano il linguaggio del territorio, arricchiti da ingredienti stagionali e sapori autentici.
Sapori Salati che Raccontano il Territorio
Tra le crepes salate, spiccano alcune combinazioni che raccontano perfettamente il gusto della stagione e la qualità dei prodotti utilizzati. Ad esempio, quando arriva la stagione della zucca, Allantè offre una crepes davvero speciale, con la dolcezza della zucca abbinata a sapori intensi come quelli del prosciutto e della toma. Non meno apprezzata è la crepes con gli asparagi, una scelta che esalta la freschezza e la qualità degli ingredienti locali. Per gli amanti dei piatti più saporiti, la crepes con il pâté di olive e la toma piemontese rappresenta un incontro perfetto tra tradizione e creatività. Ma non finisce qui: ogni ingrediente, dal bacon croccante alle uova alla Bismark, passando per funghi freschi, patate e prosciutti di altissima qualità, viene combinato in modo sapiente all’interno di una crepes leggera, ma ricca di sapore.
Anche le crepes preparate con farina di grano saraceno offrono una variante altrettanto gustosa, ideale per chi cerca un’alternativa senza glutine ma non vuole rinunciare al gusto. L’attenzione alla qualità dei prodotti, l’uso di materie prime fresche e il rispetto per la stagionalità degli ingredienti sono elementi distintivi che hanno permesso alla creperia Allantè di conquistare i cuori dei torinesi, diventando un punto di riferimento per chi cerca una cucina genuina e saporita.
Le Crepes Dolce Tentazione per Ogni Palato
Se le crepes salate sono una delizia per i buongustai, quelle dolci non sono da meno. Allantè offre un’ampia selezione di crepes che soddisfano anche i palati più golosi. La classica crepes alla Nutella è un must, ma non meno invitante è quella con il gelato alla viola, un connubio di freschezza e dolcezza che saprà conquistare anche i più scettici. Per chi cerca qualcosa di più particolare, la crepes con caramello salato è una vera delizia per chi ama i contrasti tra dolce e salato. Non mancano poi le versioni più golose, come quella con cioccolato bianco e crema di castagne, che fanno venire l’acquolina in bocca solo a sentirle nominare.
Ogni crepes dolce è una vera e propria coccola, perfetta per chi vuole concedersi una pausa golosa, ma senza rinunciare alla qualità e alla freschezza degli ingredienti. La creperia Allantè sa come stupire con ogni preparazione, creando piatti che si adattano a tutte le preferenze, ma sempre con un tocco di classe che la distingue.
Per i torinesi, Allantè è ormai un appuntamento fisso, un luogo dove ritrovarsi con gli amici o in famiglia per gustare una crepes preparata ad arte, in un ambiente accogliente e rilassato. Non è solo una questione di cibo, ma di un’esperienza che si lega alla passione e alla cura per la cucina che i proprietari mettono in ogni piatto.
La creperia Allantè rappresenta un esempio perfetto di come la tradizione gastronomica torinese possa essere reinterpretata in modo originale, senza mai perdere di vista la qualità e la genuinità degli ingredienti. Ecco perché, se siete a Torino o nei dintorni, non dovete assolutamente perdervi questa meravigliosa creperia, dove ogni crepes è un viaggio nel gusto che merita di essere vissuto. Ogni piatto servito è il risultato di un’attenta selezione dei migliori prodotti del territorio, un lavoro che non solo valorizza la tradizione piemontese, ma che porta con sé un’innovazione che sa come conquistare i palati più esigenti. Un piccolo angolo di Torino dove il tempo sembra rallentare, permettendo ai clienti di vivere una pausa gastronomica indimenticabile, che lascia sempre il desiderio di tornare.
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NOEMI GARIANO