Riabilitato (ha avuto restituito il grado e rimodulata la pensione), Bruno Contrada non ha visto un euro di risarcimento per gli oltre otto anni di detenzione – «94 mesi, 2970 giorni tra carcere e domiciliari», precisa – che ha dovuto subire. Ieri l’ennesima tappa di questa odissea giudiziaria che ha dell’incredibile anche per la tempistica.La Cassazione gli ha dato ragione, ha annullato il rigetto da parte della Corte d’appello di Palermo dell’istanza di risarcimento. Ma ha annullato con rinvio. Bisognerà trovare nuovi giudici d’appello «che non si siano mai occupati della mia vicenda, mica facile», ricorda Contrada, a cui assegnare il caso, e poi altra tappa in Cassazione. La terza.
Questa è giustizia da terzo mondo che grida vendetta , ma i giornali non ne parlano . Contrada ha diritto ad un po’ di pace . Si è rivelano un servitore degno dello Stato , malgrado le accuse infamanti che gli sono state vomitate addosso. Contrada ne e’ uscito a testa alta . Non si può dire altrettanto per i suoi persecutori che dovranno rispondere degli errori e della persecuzione che hanno orchestrato contro di lui .
Il fatto nuovo è la partecipazione del quotidiano “La Stampa“ con in testa il suo direttore e vicedirettore ad un evento pubblico di quel genere. Una tappa miliare nella storia del giornalismo, ha scritto sullo stesso giornale, il leader politico ed esponente Gay Ivan Scalfarotto, elogiando la scelta di campo fatta da Giannini e da una parte dei suoi collaboratori. Direttori come Alberto Ronchey, ne sono certo, sarebbero inorriditi da certi elogi. Se leggo nello stesso giornale il bellissimo articolo di Renato Rizzo su Ferruccio Borio, il mitico redattore capo della “Stampa”, in cui si ricorda come il giornale per iniziativa di Borio, riuscì a mobilitare oltre duecentomila torinesi ad esporre il tricolore nel 1961, centenario dell’Unita’ nazionale, vedo come il passato sia davvero una preistoria rispetto alle nuove scelte che forse si armonizzano anche con quelle di Lapo Elkann. Eugenio Scalfari direttore di “Repubblica” scrisse a Mario Soldati che avrebbe voluto iscriversi al Centro “Pannunzio”, ma che la sua indipendenza professionale glielo impediva. Scalfari non fu mai sempre così indipendente, ma in quel caso si pose il problema di non poter parteggiare formalmente e insieme informare con l’autonomia necessaria. Le ampie cronache offerte da “La Stampa” dimostrano che il giornale si è limitato ad esaltare i partecipanti e a pubblicare gli elogi non proprio imparziali di Scalfarotto. Possibile che un giornalista avveduto come Giannini non si sia neppure posto il problema di chi non ha ritenuto di sfilare o dissente dalle sguaiataggini del Pride evidenziate in passato dallo stesso padre nobile del “Fuori”, Angelo Pezzana e anche da Gianni Vattimo?
Il 5 giugno l’Agenzia Adnkronos ha battuto questa notizia: “Ho vinto la causa di diffamazione contro i giornalisti del” Fatto Quotidiano”, Marco Travaglio, Ilaria Proietti e Carlo Tecce”. Così la presidente del Senato, Elisabetta Casellati. “Questo il dispositivo della sentenza di condanna: ‘Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: accerta la responsabilità dei convenuti per il carattere diffamatorio, nei limiti e per le ragioni esposte , degli articoli del 17.11.2019 a firma Carlo Tecce, del 20.6.2020 a firma Ilaria Proietti, del 10.12.2019 a firma Marco Travaglio, nonché degli articoli dell’11.12.2019 e del 12.12.2019”. Ed ancora: “Per l’effetto condanna i convenuti in solido Società Editoriale Editrice il Fatto Spa, Marco Travaglio, Carlo Tecce (nei


con i filippini che ricordano ciò che molti torinesi hanno dimenticato, facendo prevalere i propri interessi materiali e, in molti casi, il loro cinismo, proprio di una città senza valori, nichilista, godereccia, in una parola, alla deriva, che si entusiasma per un film girato a Torino che apparirà ambientato a Roma. Giusta nemesi per una città che ha smarrito le sue radici storiche e non ha più da tempo una classe dirigente degna di questo nome.
Le polemiche, prendendo a pretesto un manifesto forse non proprio felice, ma che certo non è una “vergogna”, come dice l’ANPI, sul Giorno del ricordo delle vittime delle foibe e dell’esodo Giuliano- Dalmata, si ripetono per il secondo anno di fila dopo l’uscita lo scorso anno di un fazioso libello giustificazionista del dramma del confine orientale dal 1943 al 1945.
febbraio e travolge anche il festival di Sanremo dove Ornella Muti pubblicizza la legalizzazione della canapa indiana e Roberto Saviano ricorderà davvero da par suo i giudici Falcone e Borsellino “a titolo gratuito“. Il festival dovrebbe essere motivo di svago e non di propaganda politica. Almeno così era in passato. E non può essere tribuna privilegiata per i demagoghi. Anche la Polizia è oggetto di una campagna di stampa delegittimante per aver usato il manganello per contenere una protesta di studenti e di centri sociali che pretendeva di fare un corteo non autorizzato dalle disposizioni sanitarie. E una parte di studenti parla di repressione ( parola già usata nel 1968 e nel 1977), forse non sapendo neppure cosa significhi e i soliti giornalisti soffiano sul fuoco, elogiando l’occupazione del liceo Gioberti di Torino. Finalmente la ministra dell’ interno si è svegliata dal torpore dopo troppo lassismo che ha fatto moltiplicare il contagio e adesso fioccano contro di lei le interrogazioni e le interpellanze parlamentari da parte di gente faziosa ed irresponsabile. Voglio dirlo chiaramente: io sto senza esitazioni dalla parte del Prefetto e del Questore di Torino.