IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Questo è un Natale speciale, messo in mezzo a due guerre e due abortiti tentativi di pace. I pacifisti stanno dalla parte di chi fomenta la guerra e riempiono le strade di proteste e di violenza. Gli Angeli si asterranno dallo scendere sulla grotta di Betlemme e staranno nell’alto dei cieli. Chi dovrebbe stare dalla parte della pace sostiene per ignoranza che la forza difende la pace. La forza è parola di difficile definizione. E’ una lettura bignamesca di Machiavelli, priva di qualsivoglia caratura storica e intellettuale perché a tutelare la pace è la buona politica che non c’è più perché è affidata ad improvvisatori, magari dotati di grossa o minima corporatura, ma molto carenti di intelligenza politica. La democrazia è in crisi perché mancano i politici e quasi tutto è affidato alle mani sbagliate di chi non legge, non studia, non conosce, non sa neppure parlare con correttezza sintattica e grammaticale. Il mio vecchio amico Gallino metteva già in luce anni fa che, quando la filosofia teoretica è latitante, anche il normale ragionamento ne risente. Stiamo perdendo il senso della storia e della politica e la pace dipende soprattutto da queste due componenti diventate molto rare. Anche una visione cristiana della vita è in crisi: le banalizzazioni populistiche di Papa Francesco hanno dato un contributo non indifferente ad un laicismo scristianizzante. Tornando al tema di questi giorni, vi confido cosa ho deciso. Per gli eventuali pro Pal, in realtà antisemiti persi, e i filoputiniani ho fatto una scelta molto semplice: ho allentato i rapporti con loro fino al punto da renderli inesistenti. Tentare di aprire gli occhi ai sempliciotti e ai fanatici è impresa troppo onerosa, se non impossibile. Non leggo più le cose che scrivono e che non meritano neppure mezzo minuto di attenzione. A Torino ci siamo per ora liberati della mina vagante tra il capoluogo e la Valle di Susa. Ho notato che ci sono potenziali facinorosi sostenitori per ora verbali del centro sociale che fa della violenza e del vandalismo la sua unica ragione di vita. Troppi si sono rivelati a favore di Askatasuna. Anche qui farò lo stesso: chiudere ogni possibile futuro rapporto. Con gli intolleranti, insegnava Popper, si deve essere intolleranti. Io aggiungo che con i sostenitori a parole degli intolleranti bisogna essere intollerantissimi. Bisogna partire da certi professori che non possono imitare Toni Negri senza pagare il dazio. E da certe professoresse indegne di salire in cattedra, sia pure di scuole medie. Tra i vili sostenitori, magari sottovoce, dei violenti, paradossalmente, preferisco i violenti che offrono il petto agli idranti della polizia, che purtroppo non riescono a raffreddare le teste calde portate a delinquere. Certe teste sarebbe interessante sottoporle a Lombroso come se dovessimo fare un gioco perché esse non hanno nessun valore e nessuna utilità. E’ un brutto Natale, ma rifiuto la menzogna dei bottegai che attribuiscono la colpa di un Natale agitato alla Polizia e non al centro sociale che da trent’anni sconvolge la vita pacifica dei torinesi e dei valsusini. Speriamo che a Natale e Santo Stefano facciano tutti festa, astenendosi dai pensieri e dalle azioni abituali. Chissà che possano recuperare un po’ di responsabilità. Sarebbe un ottimo risultato che contribuirebbe ad una migliore convivenza civile.





LETTERE


Tutti i democratici torinesi, anche quelli non iscritti al Pd, gioiscono per lo sgombero del centro sociale Askatasuna. Il Governo in carica ha finalmente fatto quello che i governi precedenti non hanno avuto il coraggio di concretizzare. Lascio da parte il tentativo del Sindaco Lo Russo che ha tentato di trovare un compromesso con i contestatori occupanti, ponendo come condizione la rinuncia alla violenza da parte del centro sociale e dei contestatori cresciuti e invecchiati in corso Regina Margherita. Il consenso allo sgombero di Lo Russo dimostra la sua buona fede. Anche la Valle di Susa era diventata terreno prediletto di violenza in supporto ai no Tav. Una società democratica non può tollerare queste sacche purulente di violenza che creano danni, feriti, confusione, blocchi stradali, vandalismo. Possono diventare dei covi ideali per i terroristi e lupi solitari islamici. Questi contestatori devono finalmente capire che rompere le regole sociali minime anche solo con gli spray che devastano vie e piazze non è più consentito: questi signori devono riporre i cartelli, le catene, le armi proprie e improprie e cercare un lavoro, anche se i rivoluzionari professionali, sedicenti leninisti, non sanno lavorare come gli operai e gli impiegati. Sanno solo “cazzeggiare”. Il megafono è il loro strumento, quando non usano bombe- carta o armi ancora più dannose. I feriti delle Forze dell’Ordine sono ormai un numero patologico. Vorrei sapere i commenti degli intellettuali “democratici” che si troveranno a celebrare il
tanti anni fa, più di mezzo secolo, ci trovammo giovanissimi a militare nella Gioventù Liberale Italiana. Non ci trovammo sulle stesse posizioni, ma rimase sempre inalterato un rispetto reciproco, anche quando fummo su posizioni lontane. Ho letto con la dovuta attenzione l’articolo scritto insieme al tuo collega Mittone sul referendum relativo alla magistratura in seguito alla Legge Nordio. Il limite di questa legge è che essa non riguarda la responsabilità dei giudici, tema mai affrontato e risolto, ma non mi pare di cogliere un tuo particolare interesse per questo argomento come, invece, dimostrarono i radicali con Tortora che venne abbandonato a sé stesso proprio dai liberali di Zanone. Un momento infelice della storia del PLI, se si esclude Alfredo Biondi che fu uno dei difensori di Enzo. Si può discutere sulla Legge Nordio ed anch’io non la considero l’optimum; essa tuttavia è un lodevole tentativo di superare l’esagerato potere delle correnti politiche all’interno della Magistratura, un potere davvero patologico se si pensa allo scandalo devastante di Palamara che non si può accantonare come un incidente casuale e solo personale. L’eccessiva politicizzazione di una parte di Magistrati va arginata a tutela del diritto da parte del cittadino ad una giustizia giusta e indipendente. L’ indipendenza del giudice non è solo un diritto, ma un dovere dei magistrati. Molte delle tue osservazioni possono essere condivisibili anche perché provengono da un’esperienza di mezzo secolo di avvocatura iniziata nello studio della comune amica Magnani Noya, sicuramente garantista anche nelle sue scelte politiche che non esitò a stare dalla parte di Craxi dopo il suo tramonto politico e le condanne. Quello che si stenta a capire è se tu e il tuo collega voterete Sì o No al referendum. La stragrande maggioranza degli avvocati voterà Sì, anche ambienti qualificati della sinistra hanno annunciato un voto favorevole alla separazione delle carriere e ai due CSM che rappresentano il punto più importante della riforma. Tu sembri a metà strada tra il Sì e il No, anzi più favorevole al No come l’avvocato Grosso che ha scelto di presiedere il Comitato per il No, memore anche dei suoi illustri precedenti famigliari. Io invece non posso dimenticare la grande lezione liberale di Vittorio Chiusano, principe del Foro, che accompagnò con favore la riforma Vassalli, vedendone tuttavia la incompletezza. Vorrei anche ricordare la lezione di Pannella e di Sciascia e la tragedia di Tortora che sembrano interessarvi poco. Ma per i liberali valgono più che mai quelle posizioni autenticamente radicali nel senso storico della parola: da Pannunzio a Pannella, a Mellini. Quei nomi restano una guida e una bandiera più che mai oggi.





E’ sicuramente utile tornare a parlare di cultura classica in una società e in una scuola che hanno scacciato il latino e il greco come un inutile fardello, un odioso fastidio per gli studenti, considerato un retaggio dell’ oscurantismo. Ma gli incontri torinesi voluti dall’ex preside di Ivrea Ugo Cardinale non hanno certo lo scopo di portare alla ribalta la classicità. Basti pensare al fatto che è stato Alessandro Barbero , già docente di storia medievale a Vercelli, a inaugurare la kermesse torinese, parlando di San Francesco d’Assisi, con dubbio gusto perché il tema è il titolo di un suo libro che contende il primato ad Aldo Cazzullo, anche lui diventato negli stessi mesi studioso apprezzatissimo di San Francesco. Un altro tema di incontro del Festival chiarisce ulteriormente le idee: ”Da Omero a Tik Toc.” Ho letto che Cardinale vuole avvicinare al classico la Generazione Z, forse con questi sistemi riuscirà a scuotere la loro “divina indifferenza” per dirla con Montale, ma i discorsi non saranno certo quelli volti a recuperare il senso della cultura di Manara Valgimigli e di Concetto Marchesi, anni – luce lontani da Cardinale. Infatti il centro degli interessi dei nuovi classicisti classisti è Luciano Canfora glottologo antico di fama, ma soprattutto polemista gramsciano temerario, agguerrito e molto fazioso. Chiuderà l’iniziativa un incontro rivelatore del vero intendimento su “L’odierna sfida al capitalismo selvaggio” dove l’aggettivo “odierno” tradisce i veri intendimenti. Peccato che non abbiano previsto qualcosa sulla Palestina naturalmente in chiave pro Pal, ma in effetti i Romani decretarono la fine degli Ebrei e provocarono la diaspora. Un tema scivoloso che l’ex insegnante per molti anni a Trieste, l’esimio prof. Cardinale (che era contemporaneamente anche preside a Ivrea) ha preferito non toccare. Il suo tema era “Da Aristotele a Elon Musk”. Il richiamo all’odioso Musk appare una scelta volta a gettare in politica odierna anche Aristotele. Un soccorso rosso che i glottologi dalla penna rossa hanno anche quest’anno voluto generosamente portare a sostegno della politica militante di oggi. Il festival del Classico è poco più che un pretesto. Si sono dimenticati di invitare il compagno Angelo d’Orsi. Una dimenticanza davvero grave, se consideriamo la figura del censurato – censuratore più noto oggi a Torino, area metropolitana compresa. Sulla pagina Wikipedia dedicata al professore eporediese- mitteleuropeo leggo anche riferimenti a Bice Mortara Garavelli che conobbi e che frequentai. Trascuro cosa mi verrebbe voglia di scrivere in proposito, ma mi astengo perché accostare Bice, ordinaria di Grammatica italiana, a questi signori mi appare indelicato e inopportuno.