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Il caso Stampa & Repubblica: i diritti di giornalisti, fotografi, tipografi e impiegati

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Tutti i giornali, di qualsivoglia tendenza, sono un presidio della democrazia. Anche quelli faziosi che censurano le notizie e pubblicano solo le idee degli amici, hanno un ruolo. Se non piacciono, essi non vengono comprati ed è quanto accade a parecchi giornali italiani precipitati in pochi anni a ruoli marginali. Ci sono direttori come Giannini  che per la loro faziosità hanno contribuito ad allontanare lettori. Un giornale che non dà spazio al dibattito fino a giungere ad eliminare la rubrica delle lettere, è indifferente al rapporto con i propri lettori o non riceve più un numero sufficiente di missive  che possa giustificare la rubrica delle lettere. Anche i giornalisti e, in primis, i direttori sono responsabili della crisi dei loro giornali. Ciò detto, la campagna di odio che si è scatenata sui social  contro “Repubblica” e “La Stampa” appare, più che esagerata, indecente. L’editore non è certo immune da colpe perché, come ha detto Carlo De Benedetti, tutto ciò che egli ha avuto in mano lo ha rotto. Io ho comunque rispetto per i giornalisti, i fotografi, i tipografi, gli impiegati che si trovano su due ex corazzate che rischiano l’affondamento. Aggiungo che diffido delle solidarietà senza riserve espresse dai politici e  soprattutto mi infastidisce il presidente del Senato che si offre incredibilmente  come mediatore tra venditore e acquirente, esorbitando ancora una volta dal suo ruolo istituzionale. Sui due giornali in balia delle onde in un passato molto lontano ho anche scritto; non rinnego di averlo fatto, pur avendone un ricordo non del tutto  positivo. Ma questo non mi impedisce di  augurare  a tutti quelli che lavorano nei due giornali di ottenere il riconoscimento dei diritti che Elkann, come ha fatto con gli operai Fiat, non ha mai  rispettato.

La cucina italiana riconosciuta dall’UNESCO

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

E’ un grande risultato raggiunto  il riconoscimento internazionale dell’ UNESCO concesso alla cucina italiana. Tra i primi promotori che con costanza si sono battuti con autentica e colta  coerenza e con motivazioni storiche  di grande importanza risalta l’opera dell’Accademia della cucina italiana fondata da Orio Vergani nel 1953 e attualmente presieduta da Paolo Petroni.  Anche Mario Soldati e Dino Buzzati furono accademici. Importante è stato anche l’apporto di Casa Artusi di Forlì. Va riconosciuto l’apporto importante dato dal governo attuale per il raggiungimento dello scopo . Si è trattato di riconoscere la storia della cucina italiana ricca di apporti regionali che hanno creato un’unità gastronomica che l’Artusi per primo ha realizzato , quasi come un novello Cavour della gastronomia. Una ricca tradizione che ha unito Nord e Sud, superando le vicende violente  del brigantaggio meridionale in nome degli spaghetti. Per la Cucina è  accaduto un po’ come  con la lingua con Manzoni e De Amicis che con “Promessi sposi“ e “Cuore “ hanno reso unita la Patria italiana. Non è fuori luogo parlare di Patria italiana anche per una cucina amata in tutto il mondo e imitata e persino defraudata da volgari imitazioni che il riconoscimento UNESCO aiuterà a smascherare e combattere. Il solito Carlin Petrin ha limitato la portata dell’evento con la sua solita faziosità politica di vecchio comunista, parlando di meticciato e di osterie. Non merita una risposta . E’ il solito pauperismo che emerge anche tra le pentole . Non mi sono piaciuti neppure alcuni grandi chef che disertano le cucine per frequentare le televisioni. Attendo di leggere il grande Arrigo Cipriani, maestro davvero internazionale della cucina veneziana che lui, novello Marco Polo, ha portato nel mondo.

Il super classico politicizzato tradisce la cultura di Omero e Virgilio

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

E’ sicuramente utile tornare a  parlare di cultura classica  in una società e in una scuola che  hanno scacciato il latino e il greco come un inutile fardello, un odioso  fastidio per gli studenti, considerato un retaggio dell’ oscurantismo. Ma gli incontri torinesi voluti dall’ex preside di Ivrea Ugo Cardinale non hanno certo lo scopo di portare alla ribalta la classicità. Basti pensare al fatto che è stato Alessandro Barbero , già docente di storia medievale a Vercelli, a inaugurare la kermesse torinese, parlando di San Francesco d’Assisi, con dubbio gusto perché il tema è il titolo di un suo libro che contende il primato ad Aldo Cazzullo, anche lui diventato negli stessi mesi  studioso  apprezzatissimo  di San Francesco. Un altro tema  di incontro del Festival  chiarisce ulteriormente le idee: ”Da Omero a Tik Toc.” Ho letto che Cardinale vuole avvicinare al classico la Generazione Z, forse con questi sistemi riuscirà a scuotere la loro “divina indifferenza” per dirla con Montale, ma  i discorsi non saranno certo quelli volti a recuperare il senso della cultura di Manara Valgimigli e di Concetto Marchesi, anni – luce lontani da Cardinale.  Infatti il centro  degli interessi dei nuovi classicisti classisti  è Luciano Canfora glottologo antico di fama, ma soprattutto polemista gramsciano temerario, agguerrito e molto fazioso. Chiuderà l’iniziativa un incontro rivelatore del vero intendimento su “L’odierna sfida al capitalismo selvaggio” dove l’aggettivo “odierno” tradisce i veri intendimenti. Peccato che non abbiano previsto qualcosa sulla Palestina naturalmente  in chiave pro Pal, ma in effetti i Romani decretarono la fine degli Ebrei e provocarono la diaspora. Un tema scivoloso che l’ex insegnante per molti anni a Trieste, l’esimio prof. Cardinale (che era contemporaneamente  anche preside  a Ivrea) ha preferito non toccare. Il suo tema era “Da Aristotele a Elon Musk”. Il richiamo all’odioso Musk appare una scelta volta a gettare in politica odierna anche Aristotele. Un soccorso rosso che i glottologi dalla penna rossa hanno anche quest’anno voluto generosamente portare a sostegno della politica militante di oggi. Il festival del Classico è poco più che un pretesto. Si sono dimenticati di invitare il compagno Angelo d’Orsi. Una dimenticanza davvero grave, se consideriamo la figura del censurato – censuratore più noto oggi a Torino, area metropolitana compresa. Sulla pagina Wikipedia dedicata al professore eporediese- mitteleuropeo  leggo anche riferimenti a Bice Mortara Garavelli che conobbi e che frequentai. Trascuro cosa mi verrebbe voglia di scrivere in proposito, ma mi astengo perché accostare Bice, ordinaria di Grammatica italiana, a questi signori  mi appare indelicato e inopportuno.

Quando l’estremismo porta a esagerare

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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Ho conosciuto Vittorio Feltri che giocava a golf con il mio amico Camillo Olivetti. Notai già allora l’”incontinenza” affatto senile di Feltri che per il gusto della battuta avrebbe rinunciato a priori  ad un ragionamento meditato. Era il contrario di suo figlio Mattia Feltri che ha scelto ben altre strade. Vittorio Feltri è stato un giornalista di successo, malgrado alcuni infortuni clamorosi. Ha fatto aumentare le tirature dei giornali diretti, ma forse non basta questo risultato per fare un giornale che informi con un minimo di criticità e di indipendenza. Si può anche essere di parte e rispettare la deontologia  giornalistica che molti giornali di finta opinione trasgrediscono ogni giorno. Ma la condanna di Feltri decisa dal Tribunale civile di Torino che ha stabilito una penale di 20mila euro, è senza dubbio motivata. Il giornalista in una trasmissione radiofonica non si è trattenuto e ha detto testualmente: “Sparerei in bocca ai musulmani  che considero razze inferiori”.
Sembrano frasi attinte dall’imitazione esagerata fatta da Crozza. I difensori di Feltri hanno discolpato il loro assistito, sostenendo che lo stile satirico della trasmissione portava a parlare senza filtri. Di parere contrario è stato il Tribunale di Torino che ha ritenuto le parole del giornalista oltraggiose e distruttive dell’onore altrui. La trasmissione riguardava il momento cruciale della morte del giovane egiziano Ramy di cui ancora oggi si discute e di cui c’è gente che ne  continua a sostenere un’apologia immotivata e violenta. Oggi più che mai occorre un richiamo alla moderazione, ad un linguaggio in cui le parole, che a volte diventano pietre, vanno pensate con cura. I liberali non possono stare dalla parte di Feltri che si è lasciato andare ad una parodia peggiore di quella fatta dal fazioso e sempre più intollerabile Crozza che finge di fare satira per contrabbandare la più selvaggia faziosità politica.

Sempre intolleranti

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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Pier Franco Quaglieni

Al Salone del libro di Torino del 2017 il direttore Lagioia, il presidente della Regione Chiamparino, la sindaca Appendino impedirono ad una casa editrice di destra, Altaforte, di avere lo stand, malgrado lo avesse già pagato. Si mosse la tribù degli intolleranti. Un’autrice sciocchina propose niente di meno  che di offrire una percentuale del suo venduto (in verità quattro soldi) all’ ANPI come ulteriore risarcimento. Follie che sanzionai anche in un mio libro. Io andai a quell’edizione, esibendo il “ Trattato  sulla tolleranza” di Voltaire. Dovetti spiegare ad alcuni il senso di quella scelta, opposta all’esclusione maldestra operata da Lagioia. Alla Fiera di Roma in corso scrittori, editori e attivisti si sono  schierati contro lo stand di “Passaggio al bosco”. Hanno messo dei drappi neri sui libri, in effetti il colore giusto sarebbe  stato il rosso. Zero Calcare è il capofila della protesta. Eppure la rassegna si intitola “Più Libri più Liberi“. Una rassegna che , se si applicasse un criterio equanime dovrebbe escludere in primis i fascisti rossi. Un corteo di editori è arrivato alla stand contestato, urlando “ Via i fascisti dalla fiera” ,intonando poi “Bella ciao” .  Alcuni editori sostengono che “la democrazia non è una scatola vuota dove possono stare tutti. I fascisti per noi e per la Costituzione non possono stare”. In verità la Costituzione all’articolo 21 garantisce una libertà di pensiero senza limitazioni ideologiche di sorta. Mi ricordano alcuni estremisti che volevano escludere dal liceo “Segreé“ di Torino gli studenti di destra, dimenticando il diritto costituzionale all’istruzione. I cartelli “chiuso per antifascismo” in una fiera  rivelano anche un certo sciocco e ridicolo   autolesionismo. Dire che “il fascismo non è cultura” è un’altra  sciocchezza. Nel 1925, cent’anni fa, Giovanni Gentile scrisse il manifesto degli intellettuali fascisti a cui rispose Croce con quello degli intellettuali non fascisti. Basterebbe questo fatto storico a dirimere la questione. Quello che sta accedendo a Roma fa il paio con i pro Pal della violenza e degli spray che vogliono “bloccare tutto”. Il fascismo degli antifascisti, diceva Ennio Flaiano, è una realtà. Purtroppo siamo ancora fermi al palo, malgrado i decenni trascorsi. Povera libertà!

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: Pisanu tra Moro e Berlusconi – Gente di Piemonte – Lettere

Pisanu tra Moro e Berlusconi
A “Rai Storia “che alcune volte può anche essere interessante, ha dominato in una puntata sul compromesso storico e il rapimento di Moro  l’ex parlamentare e ministro Beppe Pisanu  capo della segreteria di Zaccagnini, uno dei peggiori segretari della Dc che stava portando insieme a Moro alla resa  incondizionata della Dc ai comunisti, dopo che nel 1976 la Dc mendicò il voto anticomunista, usufruendo dell’appoggio di Montanelli che invitata a votare lo Scudo Crociato, “turandosi il naso”.
Chi scrive voto’ Dc per la prima e ultima volta. Zac gli provocò il voltastomaco.  Sarebbe ora di vedere con il distacco della storia sia Moro sia Zaccagnini, anche se i grandi capi Dc non furono mai meritevoli di attenzione da Colombo a Taviani, da Andreotti a Rumor. Erano dei collettori di voti, mai degli statisti che lo fu il solo De Gasperi. Appare veramente incredibile come con totale disinvoltura Pisanu sia poi  diventato per lunghi anni Ministro degli interni con Berlusconi.
Era un mediocre abbarbicato al potere, ma rivendicare oggi il suo essere stato sempre un moroteo spiega tante cose anche di un ministro scialbo, pronto a tutto salvo salvaguardare lo Stato che  per i morotei era un optional. In Sardegna si distinse solo Cossiga, ma non c’è la benché minima possibilità di un confronto tra i due sardi.
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Gente di Piemonte
Ho ritrovato in un fondo di magazzino della mia biblioteca “Gente di Piemonte“ di Luigi Firpo, un volumone edito da Mursia nel 1983 . Non lo volli mai inserire nella mia biblioteca perché è un volume ancora oggi vergognoso . Dopo aver scritto di Leonardo , Erasmo da Rotterdam, Botero, Rousseau, d’Azeglio, Vittorio Amedeo II, Pomba, Galileo Ferraris, Giolitti, Solari, l’accademico spocchioso  Firpo chiude il libro con l’amico di casa Diego Novelli sindaco in carica di Torino, esaltato in modo servile forse anche  su suggerimento della moglie che era già allora  molto vicina al sindaco. Questo volume squalifica il suo autore che equipara un vivente a metà dell’opera con personaggi storici consolidati .Uno storico non può permettersi queste sbandate.
 Non volli il libro nella mia biblioteca, credo che adesso lo destinerò alla spazzatura. Se poi pensiamo ai gravi errori politici di Novelli e alle sbandate politiche successive al 1983, è lo stesso sindaco comunista che va messo sotto processo perché le esaltazioni mistiche di Firpo nei suoi confronti devono essere ridimensionate da un esame dei fatti reali che hanno portato Torino sotto la sua guida al declino. L’unica verità che emerge è che Novelli era un ragioniere seralista, anche se Firpo lo considera un grande intellettuale. Tempo prima del libro una sera a cena si lasciò scappare un giudizio negativo su Novelli considerato un giovane cresciuto in una casa da ballatoio di Borgo San Paolo con una finta cultura appresa in modo disordinato e frammentario, facendo il magazziniere in una piccola casa editrice. Era la fine degli anni 70, poi irruppe improvviso l’”amore” per il Sindaco che cominciò a frequentare abitualmente  la villa  con piscina del professore in viale Seneca.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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I Gobetti

Dà fastidio  leggere che Steve della Casa, ex Lotta Continua, noto per le imprese violente  dell’”Angelo Azzurro” di via Po  con conseguenze penali e il vecchio ottuagenario Bruno Gambarotta si occupano della due giorni sul figlio di  Piero Gobetti esaltato come grande uomo di cinema. Ho conosciuto Paolo  e mi pareva un uomo finito sia per il matrimonio  infelice con Carla che si credeva la vera erede di Piero, sia per altri aspetti  di vita a tutti noti, ma di cui nessuno parla e sui quali io stesso taccio. Narciso Nada fondatore del Centro “Gobetti” andò via perché non voleva mescolarsi con gli eredi. Ma oggi c’è anche Polito che inizia le sue Messe cantate in anticipo rispetto al 2026 per non perdere tempo. Segretario tuttofare di Bobbio, se ne considera erede al Centro “Gobetti“ che gode di una duplice sede: una in via Fabro e una al Polo del ‘900. Un privilegio ingiustificabile. Non crede che sia il caso di dire basta alle Messe Cantate?  Occorre la storia, non le litanie di Polito.  Innocenzo Rinucci

Piero Gobetti
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Conosco anch’io certi aspetti della famiglia Gobetti. So poco o nulla di chi gestisce oggi il centro intitolato all’eroico giovane morto di polmonite  a Parigi, come ha testimoniato Giuseppe Prezzolini che lo ha assistito in ospedale fino all’ultimo. A me delle biografie di Carla e Paolo Gobetti poco importa. Di loro ritenevo poco interessante e totalmente da rifiutare il loro livido comunismo senza mai un’ombra di dubbio. Ma evito di scrivere  di due persone che non ho mai ritenuto interessanti e di cui non ho mai avuto stima. Erano i discendenti di Piero, nel senso più letterale del participio presente del verbo discendere. Non voglio offendere, ma temo che questa sia la triste realtà.
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Viale assolto
Va riconosciuto che l’estremismo violento di un femminismo senza equilibrio ha subito una sconfitta sonora: il ginecologo Silvio Viale è  stato assolto in Tribunale dalle accuse di violenze sessuali a lui rivolte. È  stato fatto oggetto di campagne d’odio vergognose. Lei cosa ne pensa?    Teresa Siusi
Esprimo totale solidarietà a Viale che ha subito un linciaggio indegno. Non ho mai avuto comunanza di idee con lui, ma la sua coerente ed a volte discutibile battaglia va riconosciuta pienamente. Combattere un politico con le armi della diffamazione sessuale dimostra la bassezza dei suoi detrattori. Viale si è rivelato un galantuomo limpido, diffamato con l’intenzione di distruggerlo. Una vergogna.
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Non è Berrino?
Dopo anni di successi con un bistrot ad Albenga il signor Enzo Bellissimo è  stato costretto a chiudere il suo locale di successo perché il Comune  gli ha imposto di abbattere una veranda. Una cosa assurda. Adesso ha riaperto il bistro’  ad Alassio con un buon successo iniziale. Ma ho letto ieri che c’è già di chi parla di lui come del nuovo Mario Berrino pittore, re delle estati alassine al mitico  caffè Roma. Con tutto il rispetto non confondiamo Berrino che è stato unico ed irripetibile  – pensiamo al famoso Muretto – con altri a lui non comparabili.  Giuseppe Delfino
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Sono stato molto amico di Mario Berrino che ha voluto la piastrella con la mia firma sul muretto e conosco poco Bellissimo che ha subito un sopruso dal Comune di Albenga. Andrò a visitare il suo nuovo locale ad Alassio e mi auguro che il suo successo coincida con il futuro della perla della Riviera. Per ora l’unico che tiene banco è Giampiero Colli di Sail Inn che oggi non ha eguali.
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Le scuole
La valutazione delle scuole fatta dalla Fondazione Agnelli non è di per sé cosi’ attendibile e trasparente. Troviamo scuole in testa e in coda. Ma certo se il declassamento continua come nel caso del liceo d’Azeglio, qualche ragione ci sarà. L’enclave della sinistra faziosa si rivela non più credibile. Vive sulla memoria di Augusto Monti, un professore totalmente dimenticato. Mio nipote si è trovato malissimo. Giulio Ascani
Anch’io non capisco bene i parametri usati dalla Fondazione Agnelli. Ma risalta innanzi tutto  un fatto positivo: il liceo Botta di Ivrea, liberato del suo vecchio preside Cardinale, vola al primo posto nei licei classici. Il d’Azeglio è al settimo posto, ma nel ‘24 era al nono posto. Il penultimo posto. Il celebrato Liceo europeo Umberto I e ‘ all’ultimo posto e lo scorso anno non era neppure tra quelli classificati. Nei licei di scienze umane risalta all’ultimo posto l’ex magistrale “Regina Margherita”. Tra i Tecnici il celebrato “Sommeiller” e ‘ al penultimo posto. E ci sarebbero anche altri fatti rilevanti. I criteri adottati non sono spiegati in modo limpido. E questo è un limite alla ricerca.

Salta la conferenza, solidarietà ai Salesiani

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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Il teatro Valdocco è proprietà dei Salesiani i quali sono liberi – si spera ancora liberi – di accogliere o non accogliere conferenzieri. Il solito professore in quiescenza D’Orsi si lascia andare ad una ennesima,  astiosa polemica, come è nel suo stile narcisistico – comunista, contro i Salesiani perché non hanno ospitato una sfilata di faziosi che è difficile mettere insieme in bellicosa falange, mai così compatta ed esclusiva. Barbero, Canfora, Travaglio, Di Battista, Di Cesare (l’amica della brigatista rossa!), Moni Ovadia, Enzo Iacchetti, D’Orsi ed altri attivisti minori non sono dei conferenzieri, ma  sono un coro che canta una sola musica, quella del l’antisemitismo, del vetero – comunismo, dell’odio di classe e via discorrendo. La corale dei faziosi non può essere ospitata nella casa di Don Bosco e bene hanno fatto i salesiani a rifiutare la sala. La corale ha mille posti per esibirsi a Torino, ammesso che ci sia ancora un pubblico disposto ad ascoltarli. D’Orsi deve mettersi il cuore in pace, limitandosi a fare il pensionato. Persino le sue letture di Gramsci non meritano particolare  attenzione : sono le solite vulgate che uno storico comunista  come Spriano non avrebbe degnato di uno sguardo. Basta cultura faziosa. Anzi, va detto che la cultura faziosa non è cultura, ma propaganda: continuano a suonare il piffero di una rivoluzione per nostra fortuna impossibile. Anche per merito della loro alterigia monotona e ripetitiva che ha stancato.
Nella foto: il complesso salesiano del Valedocco

Gioielliere condannato: la politica non c’entra

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Pier Franco Quaglieni

Il gioielliere settantenne condannato in appello per aver ucciso due persone e averne ferita una terza che l’avevano aggredito nel suo negozio di Grinzane Cavour merita rispetto perché egli ha vissuto una tragedia di cui è stata la prima vittima insieme alla sua famiglia.  La legge sulla legittima difesa andrebbe ulteriormente ridefinita perché oggi chi gestisce un’attività commerciale è in balia della delinquenza non adeguatamente combattuta dallo Stato che spesso non tutela in modo adeguato il cittadino. L’idea della impunibilità di fatto ha fatto crescere a dismisura il numero di balordi che attentano alla vita e ai beni di onesti cittadini. Ma il caso del gioielliere di Grinzane, al di là di un’umana solidarietà, non può essere citato come esempio perché uccidere due persone ormai in strada, come attestano in modo inequivocabile le telecamere, non può essere considerata legittima difesa. La Corte d’ Appello ha ridotto la pena di tre anni considerando l’attenuante oggettiva di natura psicologica che nel caso del gioielliere lo ha portato a sparare. Si tratta di un uomo esasperato che aveva subito altre rapine e usciva dalla gioielleria, inseguendo i rapinatori che avevano attentato anche alla moglie e alla figlia. Voleva recuperare il bottino che i malviventi stavano portando via. Nessuno può dare giudizi su un caso tanto drammatico e nessun opinionista può inventare commenti politicamente motivati. La politica non c’entra. In questo quadro deve comunque prevalere sempre il valore della vita umana.  Può’ essere oggi difficile affermarlo, ma chi uccide non va portato mai ad esempio.  Può essere umanamente compatito, ma le ragioni della convivenza civile debbono sempre prevalere. Si può affermare che il gioielliere ha subito un’aggressione che poteva portarlo alla morte, non si può legittimare un comportamento dettato da una esasperazione che lo ha condotto ad agire d’ istinto. L’esempio americano che conduce tantissimi ad armarsi, non è valido per un Paese come il nostro. Può essere impopolare il dirlo, ma le ragioni del diritto e della civiltà liberale, pur nella confusione attuale, devono sempre prevalere.

Il Pd vada a scuola da Violante e Fassino

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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Ho sempre intrattenuto buoni rapporti con Luciano Violante e Piero Fassino e debbo dire che in tante occasioni ho condiviso ed apprezzato le loro posizioni. Anche oggi non posso non apprezzarli rispetto ad una classe politica inetta, incolta, demagogica e velleitaria al seguito di Landini. Luciano Violante ha assunto una posizione di ferma e inequivocabile condanna di Askatasuna e le prodezze manifestate nell’aggredire la “Stampa”. Altro che le mezze verità di molte donne piddine che sono in realtà  profondamente antisemite ed assai sprovvedute perché imbevute di propaganda alla maniera del piccolo Fornaro divenuto uno storico attendibile. Violante ha dichiarato : “Pro Pal senza freni. Siamo all’eversione, ora misure forti. L’antisemitismo è dentro la storia dell’Europa. Quella minaccia contro i giornalisti echeggia slogan simili pronunciati dai terroristi. Chi ha ucciso Carlo Casalegno e Walter  Tobagi ha messo in pratica proprio quella minaccia. L’unica cosa da non fare è trattare la vicenda come se fosse una ragazzata”. Ecco il politico di razza di sempre, non confrontabile con i nani odierni. Violante aveva ragione anche con Sogno che tentò, sia pure in modo ridicolo, il golpe bianco come lui stesso dichiarò  prima di morire. Ma c’è anche Piero Fassino, ex ministro e ultimo segretario del PDS, che esce dal silenzio e va in Israele in commissione parlamentare per ristabilire i rapporti amichevoli tra Italia e Israele perché  i governi vanno e vengono, gli Stati restano”.
Per Fassino Israele è “una società aperta, una società libera, una società democratica, una società che anche su questi due anni e sulle prospettive ha una dialettica democratica per chi propone certe soluzioni e chi ne propone altre“. Anche qui si nota la statura politica e la cultura di Fassino maturata in lunghi anni di impegno internazionale. Gli alleati dei cinque stelle hanno attinto da questi ultimi il manicheismo settario che li contraddistingue.  Stare contro Israele in modo preconcetto, accusandola di genocidio è una falsità che solo gli attivisti sempliciotti o i faziosi possono condividere. In passato gli attivisti si limitavano ad usare il pennello per attaccare i manifesti, oggi pretendono persino di dettare la linea.

Meglio Bernardini de Pace che Boldrini

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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La violenza contro le donne va condannata nella maniera più ferma e senza giustificazionismi  di sorta. Le donne restano il sesso debole, secondo un’antica espressione che pensavamo superata in nome di una parità sia pure faticosamente raggiunta. Oggi tuttavia nel rapporto uomo-donna, esse non sono solo la parte debole. A volte sono la parte forte anche nel momento di un divorzio. Lo sostiene una paladina delle donne come l’avvocato Anna Maria Bernardini de Pace che della battaglia contro la   violenza sulle donne è un presidio attivo e giuridicamente straordinario e insuperabile. Ieri mattina ho partecipato come socio all’assemblea dell’associazione “Marco Pannella“, un altro grande presidio di libertà in una società dove ogni forma di violenza e di odio, in primis quello antisemita, minacciano la libertà di pensare e di vivere. L’aggressione al giornale “La Stampa“ rivela un impazzimento collettivo molto preoccupante. Nel mio intervento di ieri ho affermato che la legge contro la violenza alle donne nel punto relativo al consenso “libero e attuale”  dell’atto sessuale va chiarito e precisato giuridicamente. Così come è formulato adesso, è fonte di condanne aprioristiche ingiuste.  Non si può andare a letto con il telefonino o con un contratto da aggiornare magari in itinere. Si tratta di un qualcosa di grottesco e persino ridicolo. Ricorda un’espressione odiosa di tempi lontani: le marchette, il gettone che le prostitute ricevevano ad attestare le loro prestazioni: il sesso contabilizzato che ne distrugge il valore vitale. E’ strano che se ne siano accorti solo  i leghisti, anche se la presenza di una giurista come Giulia Bongiorno fa la differenza. L’onere della prova di innocenza è giuridicamente inconsistente perché il principio giuridico è esattamente all’opposto. L’onere della prova spetta alla parte che fa valere un diritto in giudizio e non viceversa. Immemori delle improvvise  denunce, vecchie di anni, che hanno riempito le pagine dei giornali dedicate a registi, attori ed attrici, coloro che hanno perseguito una legge con un  voto unanime non hanno considerato che l’unanimita’ su un tema così delicato sacrifica la complessità dei problemi, semplificando in modo draconiano la realtà. Ho detto con una battuta un po’ semplicistica , ma vera,  che a dettar legge è l’on. Boldrini, eroina di un manicheismo spesso settario e sempre ideologico. A me piacerebbe leggere un testo proposto dall’avvocato Bernardini de Pace che ha accumulato un’esperienza unica nel corso di una lunga  carriera in rapporto costante con le donne. Inoltre la violenza nei rapporti non credo sia limitata solo al rapporto eterosessuale, come dimostrano le cronache. La verità è che l’amore è anche passione e seduzione e gelosia, tre sentimenti che nessun leguleio potrà facilmente regolamentare con certezza assoluta. Il problema si può tentare di risolverlo con l’educazione, ma non con quella degli improvvisati cultori di discipline che non conoscono: sociologi, psicologi, tuttologi, apprendisti stregoni. L’Eros resta un aspetto vitale carico di misteri, di piaceri e di sofferenze che ciascun essere umano deve affrontare o rinunciare a vivere. Sotto le coperte non valgono leggi , dicevano i vecchi liberali, contro i moralisti bacchettoni. Ho un’età tale da  poterne parlarne con il distacco che viene dalla pace dei sensi e dall’esperienza di vita. Certe Erinni non possono stravolgere la vita umana. Ripeto, tuteliamo le donne con leggi severe, ma esse debbono essere chiare e giuste. Direi umane. Io sono convinto che Marco Pannella avrebbe condiviso questo discorso, anche se non è mia intenzione “usarne“ il nome che resta legato ad un contesto storico diverso da un oggi in cui prevale la deriva irrazionalistica degli estremisti. Ma certo Marco Pannella è stato anche un maestro libertario di vita.