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I ponti, l’inclusività, la confusione della massificazione

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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Pier Franco Quaglieni

L’ormai dimenticata rivista fondata dal fiorentino Piero Calamandrei si intitolava “Il ponte“. Dopo la guerra con molti ponti di Firenze distrutti , aveva sicuramente un senso. Ma era soprattutto la metafora politica  di un ex azionista diventato il cantore di una Resistenza che non aveva fatto. Cosa significava il ponte? Un collegamento tra tutti gli antifascisti o un collegamento dei laici con i comunisti , anche se Calamandrei aveva seguito Saragat nella scissione di Palazzo Barberini? Ho conosciuto alcuni direttori del “Ponte“ e notai la loro astiosa faziosità, malgrado i tempi fossero cambiati. L’Idea era quella di tante idee piuttosto confuse. Anche un altro mensile, assai meno importante, aveva nella sua testata il tema dell’ incontro. Un tema simile al ponte. Anche qui la confusione finiva di prevalere, salvo alcune fisse laiciste esibite in ogni numero fino a giungere all’irrisione di ogni religiosità. Mi è tornata in mente la metafora del ponte,  leggendo una intervista con mons. Francesco Savino in cui afferma che “essere omosessuali non è peccato”. L’intervista è una serie di ponti lanciati verso tutti. E’ comprensibile che la Chiesa “sia la casa di tutti e che tutti devono sentirsi a casa loro”. Ma la Chiesa “neutra“ che stinge i suoi valori per essere inclusiva al massimo grado, può diventare una chiesa priva di identità e in fondo non più frequentata dai cristiani, ma da altri che del cristianesimo accettano solo alcune apparenze, quelle più facili e superficiali.

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E l’idea della inclusività può diventare l’inizio della perdita di memoria storica (da dimenticare) e di senso religioso  smarrito per strada. Infranti tutti i confini, ci si illude di essere diventati migliori , ma si tratta solo di un’impressione fugace. Nel campo più generale della cultura deve prevalere un concetto plurale fatto di idee diverse e contrastanti, ma ridurre tutto al buonismo verbale finisce per appiattire e banalizzare  le idee. Non è obbligatorio lanciare ponti ad ogni costo, a volte i ponti levatoi metaforici appaiono indispensabili per schiarirsi le idee. Ci sono temi che portano a considerare  che tutte le vacche sono rosse, per parafrasare Hegel. La cultura crociana fondata sulla distinzione può aiutarci a non cadere nella confusione che ci porta a ripetere tutti le stesse cose. I ponti favoriscono i cori e i cori generano il conformismo.

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Se pensiamo ai grandi e piccoli inciuci politici dei tempi passati ci accorgiamo che essi non erano motivi di solidarietà di più ampio respiro, ma tentativi di soffocare le identità e i dissensi . I ponti lanciati in Italia cinquant’anni fa non hanno fatto circolare più liberamente le idee, ma hanno contribuito ad appesantire il clima. Oggi c’è la tendenza a vedere soprattutto un odio dilagante e un’intolleranza insopportabile: i manifestanti pro Pal ne sono una dimostrazione evidente e fastidiosa. Ma c’è anche il clima  ostile creato attorno all’ebraismo, un clima che tende a costruire ghetti da parte di chi, a parole, vorrebbe costruire ponti. Può sembrare un paradosso evidente , ma non è così. Su certi argomenti c’è lo scontro all’ultimo sangue, poi su altro si stende la melassa insulsa della  inclusivita’  ad ogni costo che diventa persino ridicola. Tocqueville vedeva nella democrazia maggioritaria la fine della libertà. A più riprese abbiamo avuto conferma che  Tocqueville sapeva guardare ai pericoli della irruzione delle masse. Anche oggi la massificazione delle intelligenze e perfino delle coscienze è un segnale allarmante. Forse bisognerebbe tagliare qualche ponte e schiarirsi le idee. La cultura è riflessione critica individuale, capace di continue revisioni. I cori indistinti sono l’esatto opposto della cultura. Le idee “chiare e distinte“ di Cartesio hanno più che mai un valore, anche se appartengono a quelle che Pannunzio definiva le “pattuglie di frontiera“.

Elkann, bene la messa alla prova. Ma perché dai Salesiani?

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Non mi stupisco per la messa alla prova per dieci mesi (30 ore al mese) dell’ing. John Elkann per chiudere in modo non traumatico la sua vicenda giudiziaria. Sarebbe stato infatti – si potrebbe dire, facendo un po’ di ironia -un grave danno per le sue aziende di successo non poter contare sul suo Patron
bloccato ai domiciliari.  Elkann ha seguito l’esempio del sindaco di Moncalieri che in alcune situazioni non avrebbe però adempiuto neppure agli impegni connessi con la messa alla prova. Non mi stupisco perché sarebbe una grave perdita per l’impresa ex Fiat e soprattutto per Torino, il Piemonte e l’intera Italia non poter contare sul suo capo carismatico e cavaliere del Lavoro.  Quello che invece mi stupisce e un po’ mi indigna e’ il fatto che i Salesiani di Don Bosco, quelli legati al bisnonno di Elkann, l’avv.Edoardo Agnelli, abbiano accettato come tutor nei loro istituti per ragazzi a rischio l’ingegner Elkann che non ha mai insegnato e non ha certo esperienza di ragazzi in difficoltà. Lui è stato un ragazzo fortunato nato nella famiglia giusta.  Non ha neppure grande sensibilità verso chi lavora, se è vero che si è rifiutato di ricevere e parlare con i giornalisti delle due testate da lui poste in vendita. Il patrimonio morale dei Salesiani è cosa nobile e seria,  lo dice uno che li ha conosciuti per cinque anni come educatori e docenti, anche moralmente esemplari. Uno dei ricordi più belli della mia vita insieme ai Fratelli delle Scuole Cristiane dove ho frequentato il liceo. Cosa avrà da insegnare il nipote dell’avvocato ad una generazione di giovani comunque molto lontana dalla sua agiata e privilegiata esperienza di vita? Non riesco ad immaginarlo. Eppure il nome dei Salesiani è stato messo in gioco forse non pensando a sufficienza alla delicata vicenda giudiziaria in questione.  A Torino esistono altre realtà operanti, anch’esse nella sfera religiosa, che meglio si attagliavano al caso. Magari non hanno accolto la proposta di Elkann. Ma anche i Salesiani avrebbero dovuto fare lo stesso. La sede giusta era un istituto industriale periferico a contatto diretto con realtà che potrebbero essere altamente educative innanzi tutto per il tutor e l’intera sua famiglia.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: Papa Leone e la kefiah – Franco Reviglio della Venaria – Sul treno con la Cgil – Da “Armando al Pantheon”- Lettere

Papa Leone e la kefiah

Che il papa Leone XIV abbia accettato la kefiah palestinese “come simbolo di lotta contro l’occupazione” è una notizia molto triste. Fa il paio con l’intervista del segretario di Stato Parolin silente per molti mesi, improvvisamente risvegliatosi antisraeliano. Che il dono venga da un attivista palestinese aggrava la cosa. Quel copricapo è conosciuto in tutto il mondo come un simbolo ostile ad Israele. Il Papa deve restare neutrale, esercitando una funzione di pace tra i contendenti. Questi sono episodi che sarebbero comprensibili in Papa Francesco, anche se di per sé censurabili perché la demagogia non deve mai lambire il solio di Pietro.


Franco Reviglio della Venaria

La morte a 90 anni di Franco Reviglio non è stata ricordata come meritava il personaggio. La statura morale e scientifica del professore ha portato a scrivere di lui come  del ministro di Craxi che per altro lo sostituì con il commercialista di Bari Formica. Ho conosciuto personalmente Reviglio ed ho anche presentato dei suoi libri.

Era un gentiluomo e un uomo di cultura degno della massima stima. Non aveva neppure quel giacobinismo che gli è stato attribuito per lo scontrino fiscale, un qualcosa oggi totalmente accettato. Il demagogo semmai fu l’ex azionista Visentini, uomo di rara, superba antipatia. Ricordo con nostalgia quando ci trovavamo al vecchio “Firenze“ a cena. Alla vedova Paola Thaon di Revel, ai figli esprimo la mia vicinanza affettuosa.

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Sul treno con la Cgil
A volte oggi si vivono situazioni paradossali, quasi incredibili. A causa di una manifestazione della GGIL a Roma volta a “bloccare tutto“  promossa di  sabato da Landini ho rischiato di non riuscire ad arrivare in taxi a Termini. Poi a fatica mi sono fatto strada e mi sono trovato  in  un vagone di militanti della CGIL con cappellino rosso e maglietta “Bella ciao” che hanno viaggiato senza prenotazione, vantandosi che in andata avevano viaggiato con Italo in business class.
Avrebbero voluto attaccare discorso anche con me, ma sono sopravvissuto al diluvio propagandistico in treno, tirando fuori un libro in cui mi sono immerso anche se era il dono di un tizio venuto  venerdì ad una mia conferenza  romana che ad ogni costo voleva rifilarmi le sue poesie che ho finto di leggere fino a quando mi sono addormentato. Per altri versi ho constatato  di persona il caos  in cui è precipitato il traffico ferroviario. Ho ascoltato infiniti annunci di ritardi e di guasti. Un’idea di inefficienza che non può non toccare anche le responsabilità dirette di un ministro che vuole occuparsi di tutto, anche di politica estera, ma non si occupa abbastanza dei trasporti. Le deficienze di Ferrovie italiane non sono più tollerabili.

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Da “Armando al Pantheon”

A cena da “‘Armando al Pantheon“, il mio ristorante preferito a Roma ho incontrato Peppone Calabrese il conduttore della trasmissione domenicale su Rai 1 che valorizza le tradizioni enogastronomiche italiane. Si è subito creato un rapporto tra di noi. Mi conosceva anche come amico di Mario Soldati di cui è un estimatore. È  stata una bella sorpresa incontrarlo. Alla domenica vedo sempre la sua trasmissione, un antidoto al tg pieno di notizie di guerra e di violenze. La campagna e i suoi prodotti e la vita semplice degli abitanti: un’alternativa alla vita frenetica e stupida a cui siamo condannati.

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Messa in dialetto
Cosa pensa di questa iniziativa a Pianezza che propone una Messa in dialetto piemontese? A me sembra un‘iniziativa impropria. E’ quasi impossibile ascoltare una Messa in Latino per colpa di Papa Francesco, il dialetto è del tutto fuori posto. Quanti fedeli comprenderanno il testo? Meridionali, emigrati ecc.?      Filippo de Baldi
Concordo con lei. Soprattutto mi domando quanti fedeli seguiranno la Messa. Il dialetto è sepolto anche per i piemontesi. Figurarsi gli altri. Il celebrante che è uomo colto si troverà in difficoltà.
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Quella foto su internet
Cosa pensa di questa fotografia che circola in Internet? Mi sembra il rischio politico peggiore in cui possa precipitare l’Italia. Edoardo Giletti
Lo penso anch’io. Manca qualche volto femminile per dare una qualche idea di parità e poi saremmo al completo. Spero che sia un brutto sogno.
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“Radicali” e IV Novembre
Ho letto che certi “radicali“ estremisti contestano il IV novembre non per scelta antimilitarista, ma perché è prevista una preghiera cattolica. Questo è anticlericalismo volgare alla Podrecca. Cosa ne pensa?    Francesca Ritucci
Non ho trovato riscontri documentati per rispondere. I veri radicali sono altra cosa .Io anche quest’anno sarò ad Alassio a parlare per il IV novembre e da sempre è prevista, insieme alla mia orazione, la celebrazione della Messa  senza problemi per nessuno. E’ un suffragio ai Caduti che solo gente rozza e fanatica può rifiutare con intendimenti politici molto meschini e pretestuosi.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: In difesa della libertà di insegnamento – Landini – Lettere

In difesa della libertà di insegnamento
Non ho mai avuto grande simpatia per i dirigenti scolastici (quasi sempre finti manager se non professori demotivati) e neppure per i presidi che peccavano di burocratismo spesso ottuso. L’unico anno in cui ho svolto una funzione direttiva ho capito la difficoltà di esercitare il comando in una comunità  accademica che il ‘68  ha privato dell’ordine necessario ad una  equilibrata convivenza tra diritti e doveri. Oggi molti presidi o dirigenti che siano, sono inquinati dalla politica e dal conformismo. Potremmo citare presidi capaci e perfino coraggiosi rispetto a tanti presidi inetti, presuntuosi, incolti.  I capaci e coraggiosi sono una minoranza. Da quando si può passare a dirigere una scuola elementare per poi passare ad un liceo classico senza titoli specifici, la funzione direttiva ha perso ogni  prestigio e autorevolezza. Di recente ho avuto rapporti con l’ex preside di un istituto tecnico e mi sono reso conto del livello bassissimo di preparazione di parte di certi dirigenti promossi per meriti politico – sindacali. Quel signore avrebbe potuto, al massimo, fare il capo bidello.  In altra occasione sono stato testimone della viltà di una preside succuba dell’enclave rossa che si illude di dirigere, asservita  come è alla CGIL e ai  CUB.
Quindi la situazione è complessa ed articolata, ma la tendenza è verso il basso. Ho firmato convintamente una petizione  contraria alla proposta dell’Aran di stravolgere le garanzie nel mondo della scuola, dando ai presidi l’autorità di sospendere fino a 30 giorni i docenti. Questo potere era affidato all’ufficio scolastico regionale che dava una qualche garanzia di imparzialità. La possibilità da parte di un preside di sospendere direttamente dal servizio un suo sottoposto è in modo evidente incostituzionale. Certe sanzioni può irrogarle solo  un organo terzo. All’Università è stata fatta carne da macello di un professore stimato sol perché un’allieva avrebbe visto occhi “libidinosi“ durante un esame. Un episodio indegno dall’Ateneo torinese.  Ho conosciuto una insegnante elementare perseguitata in modo indegno a partire proprio dal direttore didattico, servilmente  prigioniero  di gruppi  esagitati di genitori arroganti. La libertà di insegnamento va sempre tutelata, anche se molti professori odierni (ad esempio, quelli dei cortei pro Pal) non rappresentano certo l’idea migliore possibile dei docenti perchè sicuramente inquinano le loro lezioni con l’ideologia e la faziosità. Dare ai presidi il  potere  di giudici  è  un grosso errore e una minaccia alla libertà che deve animare la scuola pubblica come scuola di tutti. Concordo con il fatto che nella scuola debba essere riportato l’ordine, ma non  posso condividere una versione autoritaria della scuola. La figura del preside ha più ombre che luci e mi viene spontaneo domandarmi chi debba poi  controllare i presidi, reclutati tra il resto per decine d’anni senza la selezione di veri concorsi e con l’appoggio della CGIL.
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Landini
Landini ha dato l’idea di essere  un uomo incolto dai toni volgari che crede di aver ragione solo perché alza la voce. E’ una figura di sindacalista incapace di fare l’interesse dei suoi iscritti che in verità sono in larga parte pensionati. E’ un  grigio uomo di apparato che incarna l’Emilia  Romagna rossa in modo così ovvio da far supporre che abbia un deficit totale di personalità. La presidente del consiglio non è certo una gentildonna dell’aristocrazia romana, ma assomiglia ad una borgatara con forte e persino fastidioso accento romanesco. Accusarla di essere una cortigiana (che certo non significa appartenente ad una corte) significa offenderla nella sua dignità di donna. E’ strano che sia consentito a Landini di essere sessista senza che la solita Boldrini non si metta a strillare le solite banalità. Cortigiana significa di fatto prostituta, traduzione italiana di escort, una cosa da cene eleganti e altre sozzerie. Se Landini è esentato dalla più elementare educazione  e soprattutto dalle regole ferree del politicamente corretto c’è qualcosa nel sistema che non funziona. Fare l’opposizione è un diritto e persino un dovere, ma la  beceraggine trucida è  un’altra cosa. Forse nessun operaio della Fiat con la tuta blu usava il linguaggio di Landini. C’era una aristocrazia operaia che studiava persino alcuni libri, pur parlando in dialetto. Oggi quel mondo è finito con la fine della fabbrica torinese realizzata compiutamente, fin nei minimi particolari, da nipoti che cinicamente badano solo a far cassa. La volgarità – al di là della cravatta – non è tanto diversa. Ed è  anche per questo che nei confronti dei nipoti distruttori dell’ impresa torinese, tace, magari compiaciuto dell’obiettivo  raggiunto che il sindacato, malgrado gli scioperi, non era riuscito a compiere nel corso degli  anni.
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La Cittadella di Alessandria
Ho avuto modo nei giorni scorsi di visitare la Cittadella di Alessandria, monumento della città, con indicazioni turistiche già sull’autostrada. La Cittadella ebbe ruolo rilevante nei moti insurrezionali del marzo 1821: lì Santorre di Santarosa chiese a Carlo Alberto la proclamazione di una costituzione liberale.
 L’intero sito, una delle fortezza più grandi e meglio conservate d’Europa, è in stato di gravissimo abbandono: gli edifici, parzialmente vandalizzati sono fatiscenti ed a rischio di crollo, al punto tale da essere transennati e chiusi al pubblico. I bastioni sono interamente ricoperti da boscaglia a significare che non vengono ripuliti da anni, se non decenni. Una vergogna, probabilmente dettata da ideologia antimilitarista, della nota solita vulgata, che ignora e vuole ignorare la Storia d’Italia. A titolo di confronto posso citare le fortezze di Elvas (Portogallo), patrimonio Unesco, perfettamente conservate, area museale, aperte al pubblico.   Paolo  Vieta 

Sono stato alla Cittadella di Alessandria a parlare qualche mese fa, ma tutto intento a partecipare all’iniziativa, non ho prestato attenzione al contesto. La sua denuncia spero smuova l’interesse di chi dovrebbe provvedere ad un bene culturale alessandrino così importante.

Termosifoni in ritardo
Da anni la ditta Campidonico fa il servizio di riscaldamento nel mio condominio in modo quasi sempre decente. Da alcuni anni l’accensione però non è mai puntuale al 15 ottobre e non si fa più neppure l’assemblea obbligatoria, aperta anche agli inquilini, per il riscaldamento. Cose che in passato erano ovvie, oggi diventano oggetto di contenzioso. L’idea prevalente in tanti è di accendere più avanti per risparmiare e ovviamente tutelare l’ambiente secondo i dettami di Greta, ignorando gli ammalati che vivono nel condominio. Un piccolo segno di barbarie condominiale. Lei cosa ne pensa?    Arturo De Tullio
Vorrei poter stare tutto l’anno al mare dove accendo e spengo senza dover chiedere al vicino. In un mondo sfasciato come questo l’idea stessa di condominio è cosa superata. Sempre piccole beghe da chi ha pochissimi millesimi e si crede padrone del mondo. Amministratori che puntano solo a far fare continuamente  lavori straordinari per lucrare la loro parte di utile, senza guardare alla conduzione degli edifici. Gli amministratori nel giorno in cui deve  iniziare il riscaldamento sono irreperibili. Un fatto che dice tutto sulla mancanza di responsabilità e di serietà di certi personaggi, quasi tutti  sedicenti ingegneri, architetti  o geometri.
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Le panchine di via Roma
Questo sarebbe un anticipo di via Roma vietata alle auto e rialzata, quanto apprendo dal “ Corriere della sera“ .Vedo spuntare panche in pietra che sembrano assurde: senza lo schienale non potranno essere utilizzate solo dalla solita marmaglia che ci sale sopra con le scarpe. Possibile che questi sapientoni che ci governano, non sanno che le panchine vanno fatte con lo schienale? Sembra di essere ad Albenga dove un sindaco mise panchine senza schienale sul lungomare destinate a rimanere sempre vuote. Torino come Albenga , città definita la “nescia“, cioè la sciocca.
Brigitte Zilli
Concordo con Lei . Sono convinto che il sindaco di Torino  Lo Russo non possa approvare le panchine senza schienale . Mi domando anche che senso abbiano tante panchine in via Roma  , essendo una via con i portici dove la gente continuerà a passare anche per vedere le vetrine , diventate meno attrattive a causa di una crisi del commercio che  ha costretto i migliori negozi e locali a chiudere . D’ora in avanti si andrà in via Roma a sedersi sulle panchine senza schienale . Davvero strano .

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: La ciurma di terra della Flotilla – Un giardino dedicato ad Ada Rossi – Letter

La ciurma di terra della Flotilla
Il Liceo classico  “Cavour” di Torino, il liceo di Luigi Vigliani, di Ludovico Griffa, di Raimondo Luraghi, è una scuola della rete della Shoa, anche se adesso sventola SOLO la bandiera palestinese, con quella italiana e europea. Per giunta sventola dal balcone della presidenza! È una lezione illiberale e in contrasto con la legge. Che tristezza. Dietro le quinte  ad agitarsi  per la Palestina come può, c’è  probabilmente anche il presidente degli ex allievi, ottuagenario faziosissimo, e amico di Odifreddi, che in gioventù fu craxiano.
Che miseria. Odifreddi è  stato chiamato al liceo ad arringare gli studenti sulla flotilla. Allineato sul “d’Azeglio“, antifascista per volontà testamentaria  di Augusto Monti,  con due pietre d’inciampo lucidissime –   all’ingresso – di ebrei uccisi  nel vero Olocausto e  oggi in prima linea contro Israele. Come il “ Gioberti“ enclave degli estremisti di sinistra che dedicano la biblioteca ad una compagna comunista ed ignorano Perelli. La scuola torinese può vantarsi di essere la ciurma di terra della flotilla. In parte è la stessa che mesi fa ha onorato gli 85 anni del presidente degli ex allievi Cavour, ascoltando e applaudendo Barbero.  Tutto torna.
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Un giardino dedicato ad Ada Rossi
La presidente del Consiglio comunale di Torino Maria Grazia Grippo  ha inaugurato a Torino un giardino dedicato ad Ada Rossi che non fu solo moglie del più celebre Ernesto, polemista, carcerato e confinato durante il fascismo, coautore del manifesto di Ventotene . Tra i carcerati- mi raccontò Massimo Mila – Ada era chiamata Lady Rossi, ma il marito toscano traduceva  con L’è di Rossi.
Il suo matrimonio celebrato quando lui era in carcere, dovette attendere la liberazione per potersi concretizzare.
Ada ebbe la giovinezza rovinata , ma fu sempre partecipe convinta delle battaglie del marito. L’ho conosciuta. Me la presentò Marco Pannella. Mi disse subito, per rimarcare una distanza ben chiara, che non andò mai in via Veneto con Scalfari. Mi disse di essere con Israele e mi disse anche che bene aveva fatto Pannunzio a squassare il partito radicale per cacciare l’antisemita Piccardi accusato da De Felice, prove alla mano, di aver partecipato in Germania a convegni razzisti contro gli ebrei. Ernesto Rossi difese Piccardi, Ada fu al fianco di Pannunzio. Fu anche contro la demonizzazione del grande storico Gioacchino Volpe che Rosario Romeo voleva riscoprire e Rossi voleva restasse ghettizzato nel clima di faziosità di certo antifascismo un po’ fascista, avrebbe detto Flaiano. Una donna fedele a Rossi, ma capace di idee proprie. La laurea in matematica le dava un equilibrio razionale tutto speciale. Una gran donna.
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Il cdr de “La Stampa”
Ho visto che il cdr de “La stampa“ ha corretto il tiro:  non ha più messo nel suo comunicato  sindacale che la pubblicità a pagamento deve essere in linea con ciò che scrivono i giornalisti del giornale , un concetto che   viola la Costituzione. A me sembra che anche le idee non allineate al giornale dovrebbero trovare spazio sui giornali. E non a pagamento. Ma questo è un discorso troppo liberale.   Arturo Fina
Anch’io ho colto la correzione di rotta e ne sono contento. “ La stampa”, prima di Giorgio Fattori  direttore, non dava neppure notizia in cronaca dei comizi torinesi di Almirante in campagna elettorale. Così era interpretata la libertà di stampa fino agli anni 80. I giornalisti  scioperarono contro Fattori per mantenere la censura.
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Israele  pietra dello scandalo
Ho rotto una mia vecchia amicizia per la questione del presunto genocidio da parte di Israele. Sono da sempre filo israeliana. Io ho dati di prima mano da un mio cugino non ebreo che vive e lavora in Israele e non posso sopportare le sciocchezze che dice la mia vecchia amica di origini comuniste. Speriamo che la pace la faccia rinsavire. Celestina Guglielmini  Ivrea
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Io non ho rotto rapporti, ma li ho rallentati, anche se diventa molto difficile essere tolleranti con le guerrigliere casalinghe  o i professorini in maglietta e jeans  che credono di sapere tutto e non sanno nulla. Tanto sono ignoranti, tanto sono granitici nelle loro certezze. Come i vecchi fascisti diventati nel giro di poche ore tutti comunisti di fede incrollabile.
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Crosetto
Il divo Crosetto ministro della Difesa celebrato anche dall’opposizione,  ha dichiarato ai giornali. “L’ Italia pronta ad inviare Forze Armate in Palestina” anche  se i vertici militari sollevano dubbi. Mi pare una frase infelice che non spetta a lui pronunciare. A me Crosetto non è mai piaciuto fin dai tempi che lo chiamavano solo “Cruset”. Un gigante buono? Ho dei dubbi anch’io. Antonio Martini
Conobbi anni fa il futuro ministro ad un incontro che ebbi con Marcello Pera e un’altra volta a Fiumicino quando attendavamo insieme il volo di linea per Torino. Da quando è ministro, sembra tornato ad essere più democristiano che fratello d’Italia. Vive un’esperienza difficile e bisogna capirlo. Rinvio il giudizio. Certo, rispetto al sottosegretario di Fdl biellese, appare un politico serio che in genere sa controllare le parole.

Quando le armi vengono deposte rinasce la speranza di futuro

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
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La tregua a Gaza  come preludio indispensabile alla pace in Medio Oriente  e’ indiscutibilmente un fatto positivo. Quando le armi  vengono deposte rinasce la speranza di vita e di futuro. Questo è un insegnamento della storia di tutti i tempi che solo i settari e gli ignoranti  non riescono a cogliere. Quindi va riconosciuto a Trump il merito di aver fatto pesare la potenza degli USA verso la pace, così come hanno fatto i paesi arabi. Ho assistitito ad un penoso dibattito su Rete 4 durante il quale la sinistra e la destra settarie e incolte  italiane hanno dimostrato dei limiti abissali e imbarazzanti. Litigare sulla pace può sembrare un paradosso,come appare assurda l’analisi di tale prof. Orsini che pure ebbe il merito, in passato ,di scrivere un libretto sul riformismo socialista italiano che nessuno volle presentare. Molti mancano totalmente del senso della storia ,come diceva Omodeo. Dovrebbe sembrare scontato il fatto che Hamas non possa parlare di autodeterminazione della Palestina. Come sempre nella storia gli sconfitti che hanno scatenato la guerra il 7 ottobre del 2023 ,non possono dettare legge. Non c’è stato contro di loro il Vae victis dei Galli, ma, come sempre accade, essi debbono prendere atto della sconfitta. Quando l’ Italia perse  la Seconda Guerra Mondiale – malgrado la cobelligeranza 1943/45 – ci fu la perdita di Istria, Dalmazia, Fiume, Briga e Tenda, nonché la perdita delle colonie. Lo sentenziò il trattato di pace di Parigi in modo inappellabile. Basterebbe quest’esempio per capire che ad Hamas e’ stato riservato  nelle trattative egiziane un trattamento che appare quasi un inedito perché il terrorismo resta tale,al di là di come possa sembrare a chi in Italia  travisa la realtà. In ogni caso si tratta di sconfitti a cui è stata concessa la liberazione dei prigionieri in cambio degli ostaggi del 7 ottobre. La pace implica mediazioni e rinunce e questo è accaduto. Ma in altri casi non accadde.Roma rase al suolo Cartagine, i Romani con la distruzione del tempio di Gerusalemme decretarono la diaspora degli ebrei.E potremmo citare tanti altri casi della storia. La storia è inevitabilmente legata alla forza. Negarlo può equivalere a sentirsi buoni,ma non può addolcire la realtà. Bisogna praticare la pace,ma non si può non considerare a priori la guerra. Solo le anime candide o le anime prave possono sentire diversamente. Chi non ha studiato la storia deve tacere e limitarsi alle scampagnate pacifiste che si spera siano anche pacifiche. Nessuno può essere bellicista, la guerra non può certo essere giustificata, ma ma va capita come una variante drammatica della storia non episodica. La guerra, scriveva Croce, ha un che di ineluttabile nella storia dell’umanità. E aggiungeva che la pace non può essere iniqua per i vinti. Anche questo dev’essere un motivo di riflessione perché i valori umani devono o dovrebbero sempre prevalere, anche se il furore della guerra travolge il senso stesso dell’umanità. Si vedrà se la tregua tiene e avrà sviluppi positivi o se serve solo per il conferimento del premio Nobel per la pace. La storia intricata e sanguinosa del Medio Oriente richiede tempi lunghi per riuscire ad esprimere qualcosa di significativo. Nessuno è in grado di esprimere giudizi e previsioni di sorta. Il solo fatto che tacciano le armi e’ un fatto da salutare con gioia. Le polemiche settarie e l’odio devono essere riposti. E va ribadito il diritto di Israele di esistere non solo perché c’è stato l’Olocausto di sei milioni di Ebrei. L’unico vero genocidio nella storia dell’umanità. Ovviamente la pace non esclude, anzi potrebbe contemplare che schegge non necessariamente impazzite, anzi lucidamente coerenti con il proprio passato, possano scatenare e diffondere il terrorismo. E’ un’ipotesi da non scartare a priori perché la pace mediorientale potrebbe significare l’attivazione di nuove o  attualmente dormienti cellule terroristiche, islamiche o islamiste, soprattutto in Europa  e negli Stati Uniti.

Non andare in piazza e’ uno stile di vita

IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni

Pier Franco Quaglieni

Anche tre milioni di persone che marciano sono un’esigua minoranza di Italiani. C‘è chi dice che sono l’alternativa alla scarsa partecipazione al voto. Può darsi,  ma il vecchio Nenni diceva con qualche fondamento: piazze piene, urne vuote. Nelle Marche e in Calabria è accaduto così. Siete proprio sicuri che gli Italiani siano in maggioranza antiIsraeliani (malgrado il leader di Tel Aviv abbia fatto di tutto per inimicarsi il consenso e le simpatie?) e soprattutto antisemiti?
Il vecchio retaggio della sinistra  italiana e’ quello di essere contro Israele e filo- araba. Dal dopo guerra in poi.Sempre. Ma forse molti  non sanno che Israele è stata fatta oggetto di guerre  di aggressione che ha vinto e che vive minacciata dal terrorismo, da sempre. Molta gente non va in piazza perché non rientra nel suo stile di vita. Ma voi pensate  davvero che gli altri milioni di Italiani  non contino nulla? C’è un pesante conformismo che ristagna. Addirittura c’è chi vorrebbe persino limitare le pubblicità a pagamento sui giornali. Diceva Calamandrei che la libertà diventa importante quando incomincia a mancare. E’ una sensazione  che molti sentono .Il silenzio di Liliana Segre e gli insulti contro di lei sono un segno su cui riflettere.
Non si va in piazza perche’ non è nello stile di vita di molti, ma l’arma del voto, può essere più potente del vandalismo a cui alcuni si lasciano andare. Già nel Biennio rosso volevano “bloccare tutto” e hanno ottenuto il fascismo.  E’ una lezione storica che gli Italiani conoscono e non hanno dimenticato.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Marcello Soleri statista e patriota – La festa di San Francesco – La campagna d’Etiopia – Lettere

Marcello Soleri statista e patriota
Dopo due convegni a Cuneo , il 13 ottobre a Torino e il 23 ottobre a Roma si terranno due importanti incontri sullo statista liberale Marcello Soleri, mancato nel 1945 appena sessantenne quando era ministro del Tesoro nel governo Parri. I tantissimi giovani che, malgrado lo sciopero generale, hanno affollato il convegno a Cuneo (sua città natale di cui fu sindaco e deputato) promosso dalla Provincia, stanno a testimoniare che la sua storia esemplare di uomo delle istituzioni ligio ai suoi doveri verso la Patria (non è retorica nel caso suo parlare di Patria) interessa ancora, anzi rappresenta un riferimento etico- politico più che mai attuale. A Roma interverrà il ministro Gilberto Pichetto Fratin rappresentante di una tradizione selliana biellese che piaceva a Soleri.
Con la pronipote, l’egittologa Olimpia Soleri, ci sarà l’opportunità di conoscere aspetti della vita dello statista poco noti. Sarà l’occasione di rivivere la nostra storia, dall’ Italia giolittiana al fascismo e alla sua caduta. Soleri, nel 1922 ministro della Guerra, scrisse il decreto per lo  stato d’assedio  della Capitale al fine di fermare manu militari  la marcia su Roma. Il re Vittorio Emanuele non firmò , complice anche il presidente dimissionario Facta , un avvocaticchio giolittiano  di Pinerolo che stava trattando con Mussolini nell’illusione di un posto nel nuovo governo. Ombre e luci dell’Italia liberale al crepuscolo, prima della dittatura che Soleri combattè in Parlamento, con la lealtà dell’alpino partito volontario nella Grande Guerra , malgrado fosse con Giolitti contrario all’intervento dell’Italia: un vero liberale e un vero patriota.
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La festa di San Francesco
Negli anni della mia frequenza scolastica, all’ improvviso, il 4 ottobre -festa di San Francesco d’Assisi –  diventato patrono d’Italia insieme a Santa Caterina da Siena -fu giorno di vacanza. Quasi un non senso perché le scuole riaprivano il primo ottobre. Dopo un po’ di anni, quando ero al liceo, le scuole riaprirono direttamente  il 5 ottobre. Poi Andreotti, con l’austerità, abolì la festa insieme al IV novembre e alla Befana. Il 4 ottobre diventerà  a partire dal 2026 festa nazionale quindi non soltanto più per le scuole, come era in passato.
Ha un senso? Forse si’, anche se stupisce che la santa patrona sia stata dimenticata in un clima in cui  invece la parità è la parola d’ordine. Dovrebbe valere anche la parità tra santi patroni, anche se oggettivamente la fama del poverello d’Assisi  sembra costruita apposta per tutti i pauperisti e i filo arabi  che risiedono nel Bel Paes. Sarebbe un errore banalizzare perché Francesco è stato davvero un  grande. I libri recenti usciti su di lui non gli rendono giustizia perché ne fanno un “santino-immaginetta“ sulla scia di Papa Francesco. Miseria degli storici di oggi, dediti al conseguimento della loro sempre più ampia notorietà, anche  ricorrendo a San Francesco. Uno dei biografi l’ho visto  su Rai 3 saltellare tra banalità conformiste su Gaza e la presentazione del suo libro. Uno spettacolo fastidioso che mi ha portato a spegnere la tv dopo pochi minuti di ascolto.
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La campagna d’Etiopia
Ho seguito con interesse un documentario sulla campagna d’Etiopia del 1935/36 a Rai storia. Ho apprezzato molto che il nome di Angelo Del Boca, demonizzatore fazioso del colonialismo italiano, non sia stato neppure citato. Un segno che i suoi libri non hanno lasciato traccia, come ho sempre pensato che dovesse accadere. E’ stato un tentativo soprattutto da da parte di Mauro Canali di storicizzare la vicenda coloniale etiopica dopo 80 anni, come insieme a Gianni Oliva ho tentato di fare qualche giorno fa in una conferenza.
C’è stata una parziale, opportuna rilettura storica, andando oltre le ideologie. Peccato che del Duca Amedeo d’Aosta si sia parlato solo alla conclusione del documentario con le immagini della resa del Duca sull’Amba Alagi nel 1941. Amedeo di Savoia fu Vice Re di Etiopia e cerco ‘ di pacificarla e di promuovere grandi opere pubbliche. L’Italia costruì strade, scuole, ospedali e abolì la schiavitu’. Al Duca doveva essere dedicata più attenzione. Era un grande uomo meritevole di attenzione storica. Non ho mai dimenticato quando mio padre mi portò ad una Messa per il Duca a Roma con una partecipazione incredibile di gente. Carlo Delcroix, il grande invalido della Grande Guerra, ne parlò con l’oratoria straordinaria che lo rese un mito. Quelle parole non erano retorica , ma intravedevano la storia. Come a volte accade, fu un poeta a vedere prima degli storici la realtà.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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Il vessillo della Palestina
Stamattina nel centro di Savona, sul palazzo del Comune di Savona ho visto la bandiera “palestinese” accanto a quelle istituzionali. Un conato di vomito mi ha assalito: ma come, in una città medaglia d’oro della Resistenza al fascismo si innalza la bandiera di terroristi, tagliagole, stupratori e pedofili così senza nemmeno un minimo di vergogna! Dobbiamo aspettarci a breve anche qualche ritratto di Adolf o di Benito? O solo quelli dei capi di Hamas e dell’OLP? Degli ayatollah e dei talebani? Luciano Dondero

Comprendo il suo dissenso, anche se non condivido le Sue espressioni piu dure. Non credo ci sia un’attinenza con il fascismo. Molte città hanno scelto anche con il voto nei consigli comunali di stare dalla parte della Palestina.  Quella bandiera è legittimata da una delibera. La vicenda italiana ha preso questa piega. L’olocausto degli Ebrei appare un pallido ricordo. E’ una piega che non mi piace, ma il conformismo prevalente è questo. Spero che non si arriverà mai a quanto Lei paventa. Sono stato molte volte a parlare a Savona e ho incontrato un pubblico attento e rispettoso di tutte le idee. Parlai, invitato da un prefetto, anche nella giornata della Memoria e ricordai gli internati militati in Germania. A qualcuno forse non piacque quel richiamo. Dal prossimo anno il 20 settembre sarà la giornata dell’internato con legge approvata all’unanimità. Cerchiamo di essere fiduciosi.

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L’Italiano difficile

Mi è capitato di leggere la lettera di un neo laureato che mi ha scritto per avere informazioni su un evento. Ho rilevato con sorpresa una grave carenza di conoscenze sintattiche con soggetti in libertà e verbi che vanno per conto loro. Punteggiatura casuale e mancanza di chiarezza espressiva. Scrivere in Italiano diventa un problema . Non pensavo che la scuola  tollerasse situazioni per me incredibili.  Giuseppe Antonino

Non è così infrequente leggere frasi sconnesse scritte da gente che non conosce la più elementare sintassi. Studenti soprattutto degli istituti tecnici rivelano una grave incapacità espressiva, ma  anche nei licei non scherzano. Certo la scuola non prepara in modo adeguato e forse anche molti docenti non sono all’altezza. Il ministro dell’istruzione vuole ripristinare un’ora di Latino  che appare del tutto inutile. I buoi sono scappati  da tempo e la ripresa di una scuola degna di questo nome sarà cosa ardua. La povertà lessicale è un altro aspetto allarmante . Dopo decenni di demagogia scolastica stiamo vedendo i frutti devastanti della inettitudine delle diverse classi politiche italiane nei decenni. La stessa classe politica appare  incolta anche nel linguaggio  . Il facilismo ha desertificato gli studi. Chi scrive sul Pc si avvale del correttore  automatico, ma la capacità di scrivere richiede abilità oggi sempre più rare. Non vale il discorso populista  basato sul “scrivi come mangi“. Per fortuna non tutti i giovani sono così.

Ca’ Foscari, conformismo intollerabile. Un Paese in preda agli estremisti

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Quello che è capitato all’Universita’ Ca’ Foscari di Venezia in cui si pretende di imporre ai docenti una presa di posizione politica anti Israele, offende il mondo accademico italiano e vanifica quella libertà di insegnamento senza la quale l’Universita’ perde la sua stessa funzione. Il giuramento del 1931 richiesto ai professori dal fascismo e’ nulla al confronto. Chi ha a cuore la libertà degli studi e della cultura deve ribellarsi a imposizioni da regime totalitario che va ben oltre l’autoritarismo del fascismo.
Un altro aspetto appare ancora più allarmante dopo le occupazioni illegali del 3 ottobre in tutta Italia. Occupare strade, autostrade, scuole, università è vietato dalla legge e il recente “decreto sicurezza” va applicato perché senza una doverosa fermezza dello Stato a tutela dei pubblici servizi, della libera circolazione dei cittadini e del lavoro di tutti salta il presupposto stesso su cui si regge la libera democrazia. E’ violenza intollerabile occupare e “bloccare tutto”. Già questa espressione appare allarmante ed espressione di una forma mentis prepotente, inconciliabile con la democrazia e la stessa Costituzione della Repubblica. Il caos generato nel Biennio rosso dopo la prima guerra mondiale ha favorito il fascismo.
Non ci sto a rivivere le scene a cui ho assistito nel 1967 quando Giovanni Getto venne interrotto nella sua lezione. Il docente chiamò la polizia per garantire il pubblico servizio, ma venne attaccato da giornali e politici in modo vergognoso.Venne messo alla berlina e così nacque a palazzo Campana la Contestazione. Tanti anni dopo Luigi Bobbio che interruppe Getto ,riconobbe con me in privato l’errore commesso . Di lì in poi l’Universita’ divenne il bivacco di ragazze e ragazzi in eskimo che bloccarono la vita accademica per quasi due anni. Sono un testimone oculare di quello che accadde. Stiamo tornando a quel clima pesante che generò il terrorismo.
I democratici devono svegliarsi e il ministro degli Interni e la Magistratura devono intervenire non in modo esemplare (espressione sempre sbagliata), ma imponendo il rispetto della legge. I cortei del 3 ottobre hanno lasciato molti segni di violenza e di vandalismo anche a Torino. La statua del Padre della Patria Vittorio Emanuele ll è stato fatto oggetto di scritte. Anche il semplice monumento roccioso, sconosciuto ai più, dedicato ai Caduti in Russia è stato vandalizzato con una scritta. Giustamente l’Unione dei Reduci in Russia la ritiene un’offesa ai Caduti e alla loro memoria storica. Non credo tuttavia che i giovani manifestanti abbiano voluto offendere scientemente una pagina di storia che non conoscono. Hanno trovato una superficie su cui utilizzare lo spray e ne hanno approfittato. L’ignoranza storica è immensa. Se avessero saputo a chi è dedicato quel monumento non si sarebbero limitati a vandalizzarlo, ma lo avrebbero abbattuto. Quei Caduti nelle steppe russe come nei deserti africani sarebbero considerati nel modo peggiore possibile. Il loro eroismo è cosa che i giovani manifestanti non riescono neppure concepire.

Lo sciopero generale in Italia è un unicum 

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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L’impresa politico – umanitaria della Flotilla si è conclusa senza danni e con una visibilità mediatica senza precedenti. I dimostranti sono stati abili nel catalizzare attorno a sé tanto interesse. Il problema di Gaza ha avuto modo di emergere come mai era accaduto prima. C’è da domandarsi perché la Cgil di Landini abbia seguito pedissequamente i Cobas nella proclamazione dello sciopero generale, diritto costituzionale che va usato con raziocinio, come seppero fare Di Vittorio e Lama e non solo loro. Le esperienze post sessantottine dell’autunno caldo furono un errore del sindacato che si lasciò assorbire irrazionalmente dal clima della contestazione studentesca. Landini che già con i  referendum falliti in modo clamoroso, aveva dimostrato la sua pochezza politica, si è appiattito sui Cobas , un precedente grave che snatura la Cgil e la sua storia. L’estremismo non è mai l’atteggiamento proprio di un grande sindacato europeo. I tempi del primo sciopero generale del 1904 sono lontani e dovrebbero essere motivo di riflessione come anche il “biennio rosso”, che finì di favorire il fascismo, dovrebbe essere un altro motivo di confronto critico. Il realismo di Palmiro Togliatti fu cosa molto diversa. Non voglio utilizzare Togliatti a fini attuali perché sarebbe scorretto ,ma un pensierino su Togliatti andrebbe fatto. Soprattutto c’è da domandarsi perché solo in Italia sia stato proclamato lo sciopero generale. La Flotilla  – dicevano -era un’ impresa internazionale, ma in nessun paese del mondo è accaduto qualcosa di simile. Perché lo sciopero generale solo in Italia? C’è già chi rievoca la maggioranza silenziosa degli anni ‘ 70 e la marcia dei 40mila. Una reazione che va  a cozzare contro la strategia di Landini, protagonista di una stagione politica che può solo favorire la destra che, malgrado i suoi error , può trarre giovamento dall’estremismo velleitario di sinistra. Anzi, uno dei motivi della tenuta elettorale della destra è proprio ascrivibile all’avventurismo politico di Landini. Gaza si difende in altri modi, contribuendo a portare la pace. Lo sciopero generale in Italia non da’ nulla ai Palestinesi. Il movimentismo della ambientalista svedese è cosa inconciliabile con le scelte di un grande sindacato (di massa  si diceva un tempo) in cui purtroppo i pensionati e non gli operai sono la maggioranza. Un sindacato che pensa di destarsi a nuova vita, affidandosi ai giovani delle scuole e dei centri sociali, ha smarrito per strada la sua funzione storica.