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La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO:  Club o dopo lavoro? –  Dal sacrario del Martinetto a Torino che attende la salvezza dalle mummie – Lettere

Club o dopo lavoro?
La crisi dei club in passato più esclusivi ed elitari, sta  diventando sempre più evidente. Mancano i soci e i club si fondono insieme per mantenere un numero minimo di adepti. Agli incontri associativi si presentano persone in maglione, senza cravatta e immancabili scarpe da ginnastica. Ma il massimo del decadimento non era ancora accaduto: la preghiera del socio con una serie di rancide banalità ad imitazione della preghiera dell’alpino che rende lecita una domanda: la laicità dove è andata a finire?
Io entrai in uno di quei club con un preciso cerimoniale e indossando lo smoking come tutti i soci. Ci consideravano degli  snob o persino  degli affiliati alla massoneria, diceria  quest’ultima, che mi dava molto fastidio. Oggi  a volte sembra di essere in un dopo lavoro. Ci sono segni  di una decadenza senza fine  anche per l’età veneranda di molti soci e per parecchi parvenus passati bruscamente dal circolo parrocchiale di quartiere  ad ambienti non adatti e a loro   in passato giustamente preclusi. L’associazionismo  è finito e forse non potrà mai più resuscitare? Oggi la crisi sembra un tramonto senza speranze future di rinascita. Forse Internet ha distrutto un certo associazionismo che aveva un senso quando raccoglieva persone di un livello sociale e culturale omogeneo.
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Dal sacrario del Martinetto a Torino che attende la salvezza dalle mummie
Il Martinetto è un luogo reso sacro dal sangue versato dai patrioti del comitato militare del Gen. Perotti e del Capitano Balbis. Fa bene il Comune a rendere quel luogo più agibile e sicuro. La cerimonia ad 80 Anni dalla fucilazione nell’aprile scorso fu un po’ penosa. In effetti andrebbero rivisti tutti i monumenti cittadini  oggi in mano ad un assessore titolare di molte  deleghe  a cui non sa adempiere con la necessaria competenza: sempre inerzia, ritardi e polemiche se c’è lui di mezzo. Più luce, dice una consigliera dell’estrema sinistra, ai monumenti della Resistenza, quasi ci fosse una scala di priorità politica e storica anche nei monumenti.
C’è chi a destra  propone di illuminare il monumento a Vittorio Emanuele II e al Conte Verde, trovando ostilità e disinteresse.
Illuminare tutti i monumenti renderebbe Torino meno provinciale e più vicina a Parigi che nessuno accosta più a Torino. Anche Parigi è decaduta, ma parlare oggi di Torino come di  piccola Parigi appare ridicolo. E ’una città sporca, disordinata, con strade con scarsa  o nulla manutenzione dove i lampioni anche del centro non vengono mai puliti e dove molti  negozi importanti del centro hanno abbassato le serrande. Per gli acquisti natalizi sono  andato a Milano  e da Peck ho comprato le vivande per pranzo di Natale. Torino è  diventata una città  marginale priva di attrattive e  piena di accattoni e immigrati nullafacenti di cui in verità è ricca anche Milano. Cuneo è molto meglio. Lo dicono in molti: la qualità della vita non è confrontabile. Mancano, è  vero, le mummie egizie da cui Torino attende la salvezza, ma esse  non sono vitali neppure per il turismo torinese come molti pensano. Auguro a tutti i lettori buon Natale, ma quello di quest’anno, grazie anche  ad E l k a n n,   è uno dei più spenti e tristi degli ultimi decenni. Un Natale senza luci  perché quelle cosiddette d’artista sono ormai vetusta archeologia del secolo scorso che non merita nessuna  attenzione. Sono luci  che intristiscono le feste e rivelano un’arte banale se non insignificante:  solo  i suoi costi troppo alti la rendono “preziosa”.
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Milei liberista
Ho seguito un po’ il presidente  argentino della motosega Milei . Mi sembra un utile esempio ad un’Italia spendacciona in crisi. Un esempio liberale utile anche per noi.
    Gianni Cuminetti
Milei va contestualizzato in un ambito argentino in cui il Peronismo non è mai morto. Privatizzare, tagliare le spese (ma solo quelle inutili), rimettere in moto l’economia appare un ottimo progetto. I primi successi non devono  però illudere perché il disastro argentino è peggio di quello Italiano. Io non condivido l’anarco-liberismo perché lo Stato liberale è il perno su cui ruota una civiltà prospera e ordinata.  La parola anarchia mi fa ribollire di rabbia in tutte le versioni.
Ma non disprezzo Milei il quale  può sembrare un po’ troppo draconiano e semplicista. Ma la mala spesa italica induce anche  a chiedere di usare tante motoseghe. La vicenda dell’aumento scandaloso e immotivato  dello stipendio dei ministri non deputati a cui volevano regalare l’indennità parlamentare per eguagliarli con i non parlamentari è  indicativa della malafede arrogante e anche dell’ignoranza ingorda di certi personaggi che andrebbero – nella visione di un buongoverno einaudiano- sicuramente   segati, anche se la piccola motosega argentina non basterebbe!

Il pane a scuola

IL COMMENTO 

di Pier Franco Quaglieni

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La preside del liceo “Regina Margherita”  sta dimostrando una fermezza e un equilibrio nel governo della  sua scuola che mi ricorda i tempi del preside Roberto Berardi, futuro ispettore centrale del ministero della PI, un esempio unico e forse dimenticato.   Colgo l’occasione per aggiungere che Berardi andrebbe ricordato al “Regina”. Il Liceo  ha avuto  anche nella sua lunga  storia come preside il prof. Alonge che consentì  agli allievi di dar sfogo alla loro creatività, lo dico con ironia, che portò alla devastazione dei locali  con dei costi altissimi di ripristino, sicuramente non pagati dai genitori. Pagine belle e brutte di ogni scuola degli ultimi decenni del secolo scorso. Adesso la preside è oggetto di critica perché i genitori pretendono che i loro figli nel giorno del ritorno pomeridiano a scuola possano mangiare in istituto. Gli studenti e ovviamente le studentesse – guai a non citarli ambedue, magari con tanto di * come fanno al “Cavour” e persino il rettore non più molto magnifico dell’Università -hanno pranzato in aula senza porsi il problema  dello smaltimento dei rifiuti. La preside ha rimesso il problema del pasto al Consiglio di istituto che deciderà. Essa  vive concretamente la scuola e si rende conto del problema del personale e del fatto che la presenza di studenti fuori dall’orario di lezione  evidenzia responsabilità da parte della scuola.
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Questo episodio di cronaca mi  porta a raccontare una “soluzione” al problema quando ero giovanissimo professore incaricato  in un liceo il  cui preside, per ottenere il massimo consenso dagli allievi, non solo consentì i pasti agli studenti a scuola, ma obbligò  i docenti a turno a pasteggiare con gli studenti al fine di “socializzare”, portandosi da casa il “barachin”, come gli operai della Fiat quando non c’erano ancora le mense. Usò proprio la parola socializzare, il pover’uomo. Fior di professori si piegarono all’ordine  del capo di Istituto e arrivarono a scuola con il quartino di vino. Fui io solo  a rifiutarmi categoricamente per 4 anni di pranzare a scuola, sostenendo il diritto di pranzare dove ritenessi e soprattutto che tra i doveri del docente non c’era quello di assistere ai pasti degli allievi, socializzando. Per obbedire chiesi un ordine scritto (che  in realtà non arrivò mai), dichiarando che lo avrei impugnato nelle sedi competenti, come feci quando venne imposta la bollatrice contro la quale avviai in solitaria una battaglia che vinsi e che  portò alla sua rimozione, essendo l’unico strumento  legale di accertamento della presenza di un docente il registro di classe. La bollatrice serviva per bidelli e impiegati, forse per il dirigente scolastico, ma non i docenti.
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Piccole battaglie a tutela della dignità professionale dei professori che i sindacati confederali consentirono, se non favorirono, di  poter calpestare. La Cgil propose follemente le 36 ore impiegatizie per i docenti che svolgono un mestiere atipico e non comparabile con quello del personale non docente. Da quanto leggo la preside del Liceo “Regina Margherita” ha la schiena diritta e sa vedere nella scuola un luogo in cui si spezza soprattutto, se non esclusivamente, il pane della cultura.
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(foto di copertina: Facebook)

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: “Benito” di Guerri – Il soldato Balbis , un vero patriota – “Copie d’autore”, una mostra molto speciale – Lettere

“Benito” di Guerri
Il nuovo libro di Giordano Bruno Guerri, “Benito, storia di un italiano” sta avendo grande successo. Guerri è uno storico a 24 carati che ha indagato a lungo il fascismo e alcuni gerarchi come Bottai  e Ciano con quel distacco critico che esige la storia. Nel mare magnum degli ideologi preconcetti e dei tuttologi antifascisti, Guerri rappresenta un’altera pars senza la quale la storia diventa  misera propaganda politica alla maniera di Scurati. Guerri ha realizzato un libro fatto anche di fotografie che consentono di  cogliere il contesto nel quale Mussolini seppe muoversi, ottenendo il consenso soprattutto delle masse e del mondo intellettuale, mentre la borghesia fu più impermeabile alle sue seduzioni. Il “figlio del fabbro” fu il primo richiamo alla sua persona fin da quando era un leader socialista rivoluzionario di fronte a cui il capo della Cgil attuale  Landini è un semplice imitatore.
Guerri parla anche di una definizione di sé stesso da parte di Mussolini di un certo fascino intellettuale che lo allontana dall’uomo del manganello e dell’olio di ricino. Amava usare lo pseudonimo “l’uomo che cerca” che indica, come bene colse De Felice, che il potere non gli aveva dato alla testa. Gli italiani, secondo Guerri, più che fascisti divennero mussoliniani. La biografia aiuta a capire il perché si fosse via via determinato il culto del duce. Per capire la differenza tra la storia di Guerri e la “vulgata” basterebbe ricordare che lo storico del Medio Evo tuttologo Barbero citò la frase volgare con cui gli operai torinesi definivano Mussolini: “Monsu’ Cerutti, cul ch’a lu fica ‘n cul a tuti”, che coglie solo una parte di dissenzienti che senza pagare dazio si divertivano alle spalle del duce, andando poi regolarmente alle adunate in camicia nera. Guerri racconta  che i figli della lupa segnarono un futuro sinistro: come Romolo uccise il fratello Remo, così quelli che furono figli della lupa si scannarono in una sanguinosa guerra civile tra il ‘43 ed il ‘45. Abituati ai vari libri, figli monotoni di un pregiudiziale antifascismo, apprezziamo il tentativo che Guerri fa di capire prima di giudicare. E’ il discorso di Bloch. E il testo fotografico diventa di fondamentale importanza per capire una storia complessa come quella di oltre un ventennio in cui non ci possono essere solo ombre. La fotografia ci aiuta a capire come in parte Mussolini finì per ipnotizzare parte degli italiani. E a capire oltre le visioni settarie.
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Il soldato Balbis , un vero patriota
Alassio ha ricordato il capitano Franco Balbis, fucilato al Martinetto 80 anni fa , membro del Comitato militare del CLN piemontese comandato dal Generale Perotti,  anche lui condannato a morte nel 1944.
Balbis aveva combattuto eroicamente ad El Alamein e per fedeltà al giuramento al Re, come il generale Perotti, aveva offerto la sua esperienza militare alla Resistenza che senza l’apporto di militari come lui avrebbe fatto ben poco.
Gli smargiassi dell’antifascismo parolaio hanno avuto grandi celebrazioni torinesi, Balbis nulla. Perchè? Ad Alassio è stata celebrata una Messa in suffragio suo  e  dei suoi commilitoni caduti in Africa che Balbis chiese di celebrare ogni anno nella sua lettera di addio ai genitori.
Dieci anni fa fui io a ricordare Balbis nella basilica torinese di Maria Ausiliatrice. Ieri è stato ricordato nella chiesa salesiana dell’istituto Don Bosco di Alassio che lo vide allievo in liceo.
Un allievo davvero fuori ordinanza che forse i dirigenti dell’Istituto alassino oggi  non considerano abbastanza. Sta a ricordare Balbis ad Alassio una grande piastrella che onora un eroico soldato e un cristiano autentico fedele e coerente fino alla fine.
Ieri abbiamo onorato i soldati caduti ad El Alamein, come voleva lui prima di morire.Valdo Fusi in “Fiori Rossi al Martinetto “ ha scritto in modo mirabile  dell’epopea di “Francis”.
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“Copie d’autore”, una mostra molto speciale

Il fascino dell’arte abbraccia la nostra vita da sempre e la potenza della bellezza arriva nel profondo dell’anima ,diceva Thomas Mann. Davanti ad un’opera pittorica spesso possiamo ritrovarci, sentire, condividere sentimenti profondi. I grandi classici suscitano sempre forti emozioni: meraviglia e calore. Poterli ammirare è un dono che facciamo a noi stessi.  Risvegliare il  brivido emotivo, ammirando opere  di grandi pittori del passato è lo scopo di questa bella esposizione unica nel suo genere che viene allestita a Torino, ad ARTE, da Marco Giordano, pittore e musicista, nel suo atelier in corso Francia 169.

Si tratta di “COPIE D’AUTORE”: vengono proposte in copia opere di grandi maestri come Vincent Van Gogh, Modigliani, Jean Baptiste Corot, Michelangelo Merisi “Caravaggio”, ed altri. Le opere selezionate, ad olio, sono un percorso di studio, dedizione, amore e tecnica realizzate da diversi autori di alto livello formativo. Se non si può arrivare all’intoccabile opera dei grandissimi maestri, ci sono le copie d’autore. VENERDI’ 20 DICEMBRE ore 17- 21 potremo ammirare in anteprima la mostra che rimarrà aperta fino al 27 febbraio 2025, martedì, giovedì, venerdì, sabato e domenica ore 17-21. Marco Giordano è ‘ un artista di grande valore e di grandi meriti con un curriculum esemplare . che merita l’attenzione dovuta ad un uomo libero che vive per l’arte, senza arzigogoli politici, facendone la passione della sua vita.

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Ricordare Tortora!
La proposta di legge che intende riconoscere una giornata alle vittime della mala giustizia che hanno pagato con il carcere dei vistosi errori giudiziari. Una  di queste vittime è  stato Enzo Tortora. Ebbene l’associazione dei magistrati si dice contraria alla giornata perché indurrebbe “sfiducia” verso l’operato dei giudici. In più la data dell’arresto di Tortora , il 17 giugno, è considerata improponibile per lo stesso motivo del discredito. Il Pd si asterrà sulla proposta, dimostrando una concezione giacobina della giustizia. Siamo in un regime!  Susanna Tirozzi
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E’ vergognosa l’opposizione dell’associazione magistrati che dovrebbe tacere perché quei fatti di mala giustizia gettano di per sé discreto sui magistrati come il Caso Palamara,  quello che Cossiga definiva un tonno. Circa l’astensione del Pd va detto che il Partito è  pieno zeppo di magistrati intoccabili e anche faziosi. Ricordare le vittime della mala giustizia e anche i magistrati che non hanno mai pagato per i loro comportamenti, è un dovere civile. Basta alla impunità dei giudici!
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Tolte le sanzioni  ai no vax
L’idea di togliere sanzioni a chi in modo incivile e socialmente pericoloso davanti ad una epidemia si è sottratto al dovere della mascherina e dei vaccini, appare un colpo di spugna che viola le più elementari regole della giustizia. Questo fatto ci fa capire i personaggi che invece di dimostrare disciplina solidale si sono lasciati andare ad un ribellismo
ignobile come i leghisti e fratelli d’Italia.  Jacqueline Lupo
Mascherine coronavirus
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Togliere le sanzioni giustamente comminate a tutela della salute pubblica è un atto di barbarie che disonora chi ha promosso questa operazione davvero ingiusta che offende anche la memoria di chi la combattuto la pandemia e di chi è morto per il covid.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Elkann e la fine della Fiat – La Francia di Macron vicina al tracollo – Lettere

Elkann e la fine della Fiat
Quando conobbi il giovane John Elkann trassi l’ impressione positiva  di un giovane a modo consapevole che lo zio Umberto Agnelli, succeduto a Gianni, era il Capo. In effetti Umberto fu costretto a vivere all’ombra del fratello senza poter svolgere quel ruolo che Gianni non si rivelò all’altezza di affrontare, prigioniero tra Romiti e Ghidella. L’unico vero protagonista della storia della Fiat fu Vittorio Valletta che non viene riconosciuto, se non nella biografia di Piero Bairati.  Adesso, dopo il disastro di Stellantis, dare un giudizio su Elkann e il suo degno amministratore delegato dimissionario – un nuovo genere di “portoghese” abilissimo nel prendere soldi – appare inutile tanto vistoso è il fiasco imprenditoriale. Gli Elkann dovrebbero andarsene dall’Italia e tornare da dove sono arrivati, volendo  noi essere gentili con loro. Il danno prodotto è gigantesco. Ma la debacle rivela anche l’assenza di ogni politica industriale italiana almeno dall’epoca di Prodi e delle privatizzazioni, che hanno distrutto il patrimonio industriale italiano passato in altre mani con tante aziende chiuse o delocalizzate. C’è stato un alto tradimento perpetrato contro l’Italia che è diventata succube ruota di scorta. Di questo disegno si è reso complice anche l’ultimo rampollo Agnelli. Il penultimo, dopo la gestione non felice della Juve, è scomparso. La liquidazione al portoghese Tavares è l’ultimo episodio scandaloso che offende Torino e gli operai che stanno per perdere il lavoro. La politica e soprattutto il sindacato bisbiglia un dissenso indecente forse dovuto a connivenze passate. Guardate la fotografia di Elkann in ultima posizione e ad una certa distanza da Umberto Agnelli. Se fosse rimasto li’ o avessero lasciato Montezemolo, forse non saremmo dove siamo. Espressione drammatica della situazione  odierna sono la lettera di Elkann ai dipendenti  a cui vorrebbe infondere fiducia e speranza e la rivolta parolaia di Landini che fa rigirare nella tomba Luciano Lama. La situazione industriale italiana richiederebbe la mano pesante della Magistratura perché ci sono troppe oscurità.
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La Francia di Macron vicina al tracollo
La lunga storia della repubblica gaullista in Francia è al capolinea  dopo aver garantito molti decenni di stabilità di governi di diverso orientamento, per merito di un sistema elettorale che aveva salvato la Francia anche oltre De Gaulle, l’unico grande statista del 900 francese. Oggi quel sistema retto da un ambizioso e incapace come da noi è stato Renzi, è  alla fine. L’estrema sinistra e l’estrema destra hanno avuto il sopravvento, elidendosi a vicenda. Le ragioni non sono solo riconducibili a Macron, ma ad un mutamento economico e sociale di cui erano segni premonitori allarmanti  i gilet gialli e una immigrazione aggressiva che sta distruggendo la sicurezza delle grandi città. La protesta populista che si manifesta è un grave pericolo per le istituzioni repubblicane. La Le Pen rivela una incapacità politica vistosa che si manifesta anche nel nuovo fronte popolare il peggio della gauche. Sono due elementi segno di un ritorno al passato che sradica la Francia dal contesto europeo, dove Macron ha cercato di esercitare un ruolo egemone senza averne le capacità. Anzi, Macron  è uno dei padri della crisi  della UE. La Francia potrà riprendersi solo liberandosi dalla sua politica personalista, riuscendo a rilanciare un nuovo gaullismo, anche se anche in Francia manca una classe dirigente. Il problema vero dell’Europa è la mancanza di statisti sostituiti da comparse che rivelano tutti i loro limiti. Magari c’è qualche politicante in circolazione definito leader , ma gli uomini e le donne di Stato sia pure potenziali latitano. La prima comparsa è stata Macron che spera di passare alla storia per un discutibile restauro di Notre Dame dove temo si terrà il suo
funerale politico l’8 dicembre.
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I treni in Liguria
Lei che vive in parte in Liguria mi vorrebbe esprimere un giudizio sui trasporti pubblici tra Liguria e Piemonte?  Francesco Casula
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Giudizio pessimo. L’autostrada insufficiente è sempre paralizzata da lavori di manutenzione non fatti da decenni. Quindi le code sono all’ordine del giorno. Per i treni la situazione è ancora peggio soprattutto a Ponente. Cerco di sintetizzare anche dopo aver sentito chi lavora da trent’anni in ferrovia.  Genova e il Levante ligure sono serviti oltre che dal servizio locale / regionale anche da molti treni intercity, che già da soli elevano il servizio ad un buon livello. Ciò non accade nel Ponente dove treni di collegamento diretto con Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma sono praticamente inesistenti. Per questo sarebbe già sufficiente a giudicare il servizio con un voto basso: se aggiungiamo la bassa frequenza e qualità dei treni locali (vere tradotte per immigrati), allora il servizio merita un voto pessimo. Nel Levante nessuna delle 31 fermate è stata mai soppressa dalle Ferrovie e il servizio ha mantenuto quel livello di capillarità necessario per una regione montuosa come la Liguria, difficile per le comunicazioni. A Ponente si evidenzia un’altra situazione: treni veloci quasi inesistenti, il raddoppio della linea appare una scusa per spostare a monte i treni e decimare le stazioni che sono poche e lontane dai centri abitati e hanno provocato una diminuzione di utenti. Il raddoppio in posti come Alassio ed Albenga si rivelerà un disastro. Il nuovo governo non ha mosso un dito. I collegamenti col Piemonte sono pessimi. Io sono almeno vent’anni che non prendo treni, che sono quasi sempre in ritardo.
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Il referendum del 2 giugno 1946 in Tv
Il giornalista Aldo Cazzullo ha dedicato una trasmissione alla data storica del 2 giugno 1946, giorno del referendum. Come monarchico non ancora trentenne protesto per la faziosità di Cazzullo che ha dato spazio solo alla voce repubblicana e ha taciuto l’ipotesi di brogli elettorali e di violenze che ci furono.  Rita Assale
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Non posso giudicare perché non ho seguito la trasmissione e non intendo vederla in differita. Cazzullo ha la tendenza ad un protagonismo che non mi piace. Nelle sue interviste sul
“Corriere” è invece godibilissimo. La lettrice non deve stupirsi per le forti simpatie repubblicane dell’albese Cazzullo che forse giudica i monarchici estinti, mentre in realtà sono vivi ed operanti, malgrado alcuni gruppi siano penosi. Se conoscesse il “Regina Elena”, ad esempio, si ricrederebbe. Da quanto ho colto cercando di documentarmi, ho notato che Cazzullo ha elogiato Umberto II, come fece Mieli. Di più non posso dire. Certo è antimonarchico.
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Segre alla Scala
Ho sentito sul tg Sky che alla prima della Scala  il presidente della Repubblica Mattarella ha delegato a rappresentarlo la senatrice Segre. Mi sembra che il presidente  sia di norma sostituito dal presidente del Senato ai sensi dell’articolo  86 della Costituzione. Cosa ne pensa? Franco Franchini  
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Le funzioni presidenziali sono esercitate dal presidente del Senato  in caso di impedimento del Capo dello Stato. Andare ad assistere alla prima   della Scala  non credo però che sia una funzione istituzionale legata alla carica, anche se io ricordo di aver accompagnato il presidente del Senato  Spadolini che sostituiva il presidente Cossiga assente alla prima del Regio. La Russa non va proprio giù. Ma anche la Segre ai contestatori non piace perché filo israeliana o almeno non antisemita. Nel casino di stasera a Milano c’era un pessimo clima che mi ricorda il ‘68.  E questo mi preoccupa molto.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: L’unita’ d’Italia – Le vetrate di Notre Dame – L’Abbazia di Carpice – Lettere

L’unità d’Italia
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità di parti importanti della legge Calderoli sull’autonomia differenziata delle Regioni. Sarebbe stato opportuno posticipare la pubblicazione della  notizia dopo le elezioni regionali d’autunno, non essendoci urgenze all’orizzonte, ma restano comunque importanti le sette obiezioni di ordine costituzionale ad una legge che favorisce la frammentazione regionalista destinata a realizzare un autonomismo localistico  sbagliato e antinazionale.  Semmai sarebbe stato utile abolire le Regioni a Statuto speciale del tutto anacronistiche e fonte di sprechi,  tornando ad un regionalismo compatibile con l’unità d’Italia su temi come la Sanità, venuto drammaticamente in evidenza con la pandemia. Quello di Calderoli non è il regionalismo né  di Cattaneo, né di Miglio, ma quello confuso di un dentista bergamasco già autore di una legge elettorale tra le peggiori. Oggi sarebbe indispensabile, di fronte alla globalizzazione, un comportamento politico basato sulla rapidità delle decisioni e sull’unità nazionale. Rischiare di disfare l’unità d’Italia è un errore storico grave.  La Consulta,  dichiarando incostituzionale parte della legge, impedisce anche la celebrazione di un referendum su una materia giuridica complessa non riconducibile ad un sì o ad un no. L’abuso dei referendum è sempre in agguato e difficilmente  verrebbe raggiunto il quorum richiesto.
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Le vetrate di Notre Dame
Le vetrate  esistenti di Notre  Dame che si erano salvate dall’incendio che ha devastato un tesoro artistico e religioso dell’Europa cristiana, verranno sostituite con nuove vetrate oggetto di un pubblico concorso per volere di Macron. Si tratta di un’idea incredibile che non rispetta la storia.  Quelle vetrate creavano un clima emotivo all’interno del tempio che va conservato. Ascoltare una messa tra quelle navate era un qualcosa di unico che faceva cogliere il valore del misticismo anche nella Francia di Voltaire. Notre Dame va restaurata senza manomissioni post moderne che tradiscono la storia. Solo  l’affermazione della grandeur di un presidente incapace e ambizioso può giustificare la manomissione di un’opera che va lasciata come era. Questa notizia è passata nella più totale indifferenza. Anche la Francia ha perso il senso della sua storia?
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L’abbazia di Carpice
L’abbazia di Carpice a Moncalieri é in uno stato di forte degrado. La consigliera regionale Laura Pompeo,  già assessore alla cultura a Moncalieri, si è subito mossa per sollevare un problema che riguarda il patrimonio storico artistico del Piemonte: una realtà collegabile anche al turismo lungo il Po.

Laura Pompeo
C’è da sperare che la denuncia di Laura Pompeo non cada nel vuoto. Anche il FAI non ha valorizzato in modo adeguato  l’abbazia che considera riduttivamente solo  come “un luogo da non dimenticare”. Molti anni fa, quando mi occupai dai banchi del consiglio comunale dell’argomento, subii le battute di un assessore moncalierese che non sapeva dell’esistenza dell’abbazia medievale. Sarebbe interessante conoscere anche il parere del “sindaco – podestà”  di Moncalieri che parrebbe non occuparsi molto di cultura. Il Sindaco Vincenzo Quattrocchi mi chiese consigli sull’abbazia.
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I vandali
L’ennesimo corteo violento a Torino con poliziotti feriti non deve essere solo condannato , ma queste manifestazioni vanno vietate nel centro città e meno che mai nelle aree di musei e di interesse turistico. Offendere la bandiera nazionale  è un reato oggi tollerato.  Ulrico Raiteri
Concordo con lei, ma bisogna conciliare il diritto a manifestare con il dovere di non ricorrere alla violenza. Cosa difficile in presenza di giovani dediti alla violenza sistematica .Va fatta prevenzione, vietando certe aree auliche della città a rischio vandalismo. Un nuovo ‘68 non va tollerato, anzi va represso.
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Il sociologo Ferrarotti
E’ morto quasi centenario il fondatore della sociologia universitaria italiana  Franco Ferrarotti. Perché in Piemonte non si è parlato di lui che era vercellese e fu per una legislatura deputato eletto in Piemonte, subentrando ad Adriano Olivetti?    Prof. F. Catellani 
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I centenari sono considerati già morti quando sono ancora in vita, anche se Ferrarotti ha scritto fino all’ultimo periodo. Era considerato l’ultimo olivettiano e la figura stessa di Olivetti non è  certo valutata per ciò che è stata. Io non amo la sociologia, ma Ferrarotti è stato uno studioso stimabile che non si è mai sottomesso al giogo dell’egemonia gramsciana. Forse certi silenzi sono spiegabili con le baronie rosse che ancora dominano, malgrado le sconfitte culturali e politiche, nelle università e nei giornali.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: L’Italia Paese sicuro? – La “lupa” Bonino e Francesco – Lettere

L’Italia Paese sicuro?
Questa definizione di Paese sicuro o insicuro che viene usata per i migranti  potrebbe essere facilmente adattata anche per l’Italia o almeno per tante zone del Nord e del Sud. La insicurezza percepita da tanti italiani nelle grandi città non è un’ invenzione della propaganda. In effetti l’eredità ricevuta dai Governi precedenti e la scarsa efficienza dell’attuale Governo  hanno creato un disagio evidente, causato da immigrati nulla facenti sempre più prepotenti e aggressivi e da una delinquenza autoctona che si manifesta con ammazzamenti, furti, rapine sempre più eclatanti e numerose. Le zone circostanti delle grandi stazioni sono oggi a rischio: al minimo può capitare un borseggio. In certe ore le città sono preda esclusiva  della teppaglia italiana e/o straniera  e i cittadini sono costretti a rintanarsi in casa per tutelare se’ stessi . Chi può compra antifurti sempre più sofisticati per cercare di tutelarsi. I tempi della serratura contro la chiave bulgara sono trapassati. Ovviamente andrebbero anche aggiunti reati come l’occupazione di case e reati contro le persone per futili motivi. Anche molte realtà famigliari sono funestate da omicidi che appaiono a volte del tutto improvvisi e immotivati, come se essi fossero frutto di improvvisi impazzimenti. Dall’insieme si deduce un clima generale che provoca ansia sociale e individuale di grado elevato. Gli ansiolitici registrano consumi mai toccati prima non solo per problemi personali o di coppia. Chi può permetterselo, viaggia in taxi. Gli slogan  e gli anatemi di  Salvini non restituiscono tranquillità sociale, ma accrescono le divisioni e moltiplicano le tensioni. Se aggiungiamo le gravi preoccupazioni che creano ampi settori dell’economia e della produzione abbiamo una fotografia allarmante che forse  consiglierebbe a noi italiani di trasferirci da altre parti, ammesso che, visti da vicino, ci siano Paesi più sicuri. Anche noi emigranti? Non è un’ipotesi, sia pure un po’ paradossale, da scartare a priori. Occorre una classe politica capace che non si improvvisa  e che a ben guardare , non esiste neppure in Francia, ne’ in Germania e neppure in Spagna.
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La “lupa” Bonino e Francesco
La visita a Emma Bonino da parte di Papa Francesco fa quasi pensare al santo di Assisi che ammansì il lupo di Gubbio, se pensiamo che l’aborto è stato definito recentemente  omicidio e i medici che lo praticano   sono stati considerati dal Papa “sicari”. La Bonino ha il primato assoluto in tema di aborto sul quale è stata costruita la sua carriera politica. Il Papa vuole dare un esempio di bontà e di perdono , quasi di affetto verso la Bonino a cui porta fiori e cioccolatini quasi  come ad una innamorata. Ho conosciuto la Bonino in qualche occasione anche come Ministro degli Esteri. Una volta ho cenato con lei senza riuscire a stabilire se non un algido rapporto molto convenzionale. Mi sembrò molto fredda e distaccata e forse io le diedi l’impressione di un disincantato intellettuale fuori dal coro. Ero amico di Pannella e il rapporto tra i due leader si stava già incrinando. Per altro, io sono stato sempre distante dalle sue idee, che ritengo modeste e rimaste, malgrado i tanti  viaggi, sempre un po’ provinciali. Adesso Francesco ha quasi beatificato la “lupa di Bra” che, malgrado un cancro al polmone, continua a fumare come una turca,  come si diceva a Bra. Viene  comunque fuori una grande lezione di amore cristiano verso chi la pensa diversamente su temi fortemente divisivi, anche se su migranti e carcerati i due la pensano allo stesso modo. Sarebbe impensabile un Papa Wojtyla che va a far visita alla Bonino, portando fiori e gianduiotti. Ha sicuramente ragione Bergoglio nelle sue aperture che smorzano le dure parole sull’aborto e soprattutto sui “medici sicari”. Anche il vetero anticlericalismo della Bonino sembra essersi dissolto anche se non siamo in vista di una conversione . Sono gesti che possono  creare turbamenti in parte dei credenti, ma già il Cardinale Federico Borromeo fu molto “inclusivo”, si direbbe oggi con parola “follemente corretta” ( Ricolfi ), nei confronti dell’Innominato.
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Il Liceo Segré
Sono stata allieva del liceo Segre’  di Torino che in passato era il secondo liceo scientifico di Torino dopo il Galileo Ferraris. Ho dei ricordi contrastanti  sui professori e sui presidi. È una scuola che non mi è piaciuta. Lei ha ricordato il prof. Ottaviano, salesiano e docente di religione. Avevo un professore di lettere che andò in gita scolastica a Praga ed ebbe un’esperienza boccaccesca perché venne lasciato senza abiti e soldi. Una avventura che lo rese ridicolo.  Ricordo il preside Renato Taricco, un gentiluomo. Ha dei ricordi, lei che è uno storico della scuola torinese?    L. Lo Cicero
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Ogni scuola ha le sue luci e le sue ombre. Nessuna scuola è perfetta. E presidi e professori sono anche fallaci. Quel professore dell’avventura erotica a Praga fece il giro, ma i giornalisti ebbero pietà di lui marito fedifrago e amante derubato anche delle mutande. Ho conosciuto alcuni docenti, ma di nessuno non mai avuto una grande considerazione forse se eccettuo il prof. Gallino e  la germanista Tiziana Conti.  Ho conosciuto ed apprezzato i presidi Taricco, Rinaldi, Merlisenna, di cui divenni amico, tutti e tre degni di ricordo ed elogio.  L’unico che considerai non adeguato è stato un preside non vedente che abbandonò la scuola al caos,  non potendo sovrintendere di persona alla conduzione del liceo. Era incapace di decidere: un disastro. Ma nessuno protestò  per motivi non tanto di solidarietà ma di una mentalità politicamente corretta ante litteram.
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Gastronomie addio
A Torino sono scomparse le salumerie che erano un fiore all’occhiello della città, come è ancora così nella mia amata Bologna. A Torino  ci sono solo più  supermercati e Eataly. Che tristezza!  Giorgia Lissone Campanini
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È  proprio così. Torino, anche in questo settore, ha perso le sue  eccellenze. Rosaschino, Musso, Steffanone,  Castagno hanno chiuso da tempo.
E’ rimasto solo il grande Baudracco, l’artaiur del vecchio Piemonte, più gastronomo che salumiere. Una delle ultime buone  salumerie è quella dello storico gastronomo Bonelli, premio di alta gastronomia “Mario Soldati”. I supermercati hanno vinto. L’unico che conserva un po’ di stile gastronomico è  l’Esselunga  che ha mantenuto alto il nome del fondatore Caprotti. A contribuire a mettere in ginocchio i negozi è  stata anche  Eataly di Farinetti nata  sull’onda del profeta e vate Petrini. Eataly ebbe  i locali gratis del Comune, un privilegio assurdo per un’impresa commerciale enograstronomica a prezzi sempre molto alti, al di là della pubblicità. Farinetti che fa anche politica, è anni luce diverso rispetto a Rosaschino che aveva una boutique della bontà fatta con vera arte. Oggi a Torino non si trova più un salame ungherese originale.  Rimane inalterato solo  il  prestigio di Borgiattino, il re dei formaggi di alta qualità. In passato c’erano tre negozi  di Borgiattino, ora uno solo, ma la qualità  e la varietà sono rimaste  tal quali. Un equivalente di Pech, il negozio di salumeria di eccellenza da oltre 140 anni  a Milano, non c’è più da troppi anni. Forse a Torino non c’è mai stato. Anche la Fiat era molto meno dell’Alfa Romeo.

Anniversari, Quaglieni: “Non ci sto, andava ricordato anche Luciano Perelli!”

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

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Nel 1994 morì Luciano Perelli, storico  preside del liceo “Gioberti” ma il suo anniversario è stato ignorato. È  stata invece intitolata la biblioteca del liceo, enclave della sinistra  torinese, a Lidia de Federicis  docente  di Lettere italiane e soprattutto coautrice del “Materiale e l’immaginario”.  Una rivoluzionaria antologia, concepita con Remo Ceserani, che avrebbe dovuto cambiare il modo di insegnare e  studiare la letteratura in una dimensione  interdisciplinare e internazionale. Tanti sono ancora oggi gli ammiratori della professoressa dal carattere impossibile e dal modo di scrivere spesso riservato a pochi addetti. La de Federicis proveniva dal PSI  lombardiano,  ma il  suo punto di arrivo non fu certo il partito socialista. Era una professoressa molto  politicizzata e divisiva, sempre pronta a stizzirsi e a polemizzare. Su altri versanti disciplinari simile a lei fu Carlo Ottino del liceo “Alfieri”, uomo polemico all’eccesso, un dottrinario laicista che non voleva la laicità della scuola, ma l’ateismo di Stato, anzi la libertà per tutti salvo che per i cattolici.
Un po’ come le due sorelle “passionarie” Bovero. Ebbi l’ ingenuità di accettare di  essere fra i fondatori del Comitato per la laicità della scuola, per me una laicità intesa come apertura ad un metodo critico valido anche a prendere le distanze dalle credenze ideologiche piu’ o meno “cadaveriche”  che Bobbio cercò di smascherare. Dopo poco tempo dovetti andarmene dal Comitato perché esso era formato da fanatici che vedevano nelle religioni tutto il male possibile dell’umanità e volevano discriminare i credenti quasi la scuola pubblica e laica non dovesse accoglierli, ma ghettizzarli. Ovviamente il Comitato in questione andò a braccetto con il Cogidas, l’associazione, ormai estinta dei genitori antifascisti, di cui Ottino era il leader maximo. In quell’ambiente conobbi la de  Federicis che mi apparve molto faziosa, assai distante da Frida Malan laica e valdese, partigiana combattente, ma non irrigidita su dogmatismi  ideologici.   Quando presi in esame il volumone capolavoro della de Federicis, compresi da docente che esso era uno strumento non adatto per la maggioranza degli studenti: era un vero e proprio labirinto in cui mancava il filo di Arianna per orientarsi. E questo al di là dalle riserve di ordine ideologico assai facili da cogliere.
Non voglio tuttavia sottovalutare la professoressa a cui è stata dedicata la biblioteca di via Sant’Ottavio. Voglio invece  denunciare come quel liceo abbia ignorato Luciano Perelli, preside del liceo e docente universitario di chiara fama, autore di saggi scientifici e testi scolastici tra i più adottati. Perelli non aveva lo stesso orientamento della de  Federicis e quei professori forse non conoscono neppure Perelli  che era stato anche perseguitato dal fascismo a livello personale e famigliare, ma non ne menava vanto e non chiese mai  riconoscimenti per il suo passato. Forse  tuttavia neppure questo titolo è oggi riconosciuto dagli antifascisti ovviamente tutti, per motivi generazionali, a costo zero, ma  simili a  quelli che Flaiano considerava una sottospecie dei fascisti per il loro settarismo. Poteva  sicuramente essere onorata la de Federicis, ma non doveva essere ignorata la figura, più importante di quel liceo, che non è solo la scuola dove studiò Gobetti. Perelli morì nel 1994, amareggiato  e offeso da un vile attacco di  un giornale. Si tratta di un  anniversario dimenticato  o neppure conosciuto dal “piccolo soviet” del “Gioberti” . Uno studiato silenzio messo in risalto dalle Messe cantate celebrate in quell’istituto per la “compagna” Lidia.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Emilio Germano “Giusto tra le nazioni” – Il voto in Liguria e il condominio Italia – I fischietti di Moncalieri – Lettere 

Emilio Germano “Giusto tra le nazioni”
Verrà  conferito alla memoria di Emilio Germano la più alta onorificenza di Israele, quella di “Giusto tra le nazioni” per il suo coraggioso impegno nel salvare Ebrei braccati da nazisti e fascisti. Germano lo fece per la sua innata e intrepida  dolcezza di sentimenti, lui autentico cristiano e filantropo. Scrisse Galante Garrone all’atto della sua morte: “Moltissimi torinesi hanno conosciuto Germano e lo ricordano per una sua caratteristica (piuttosto rara , specialmente al giorno d’oggi): una illimitata bontà ingenua e piuttosto disarmata.”
La morte di un figlio ancora bambino lo colpì provocandogli un dolore indicibile. Da allora si dedicò con passione alla causa delle adozioni, dando un grande contributo umano e giuridico per affrontare un problema ancora non risolto negli Anni Cinquanta. Questo suo impegno lo fece passare come un sostenitore dei diritti civili propri del mondo laicista.  Ma la sua natura era altra. E gli va resa giustizia. Aiutò ,a rischio della vita, molti partigiani. Valdo Fusi nel suo “Fiori Rossi al Martinetto” scrisse di lui, anche se il suo operato fu diuturno e dicerto. Aiutò anche dei fascisti in pericolo di vita alla Liberazione di Torino, impedendo gesti efferati: una sensibilità, anch’essa nobilissima, che andò oltre la politica dell’odio di parte e della vendetta. Lo conobbi quando Arrigo Olivetti lo invitò al Centro Pannunzio nella sede “catacombale” di piazza Castello. Mentre stava tenendo una magistrale lezione, irruppero in sala dei goliardi che non osarono interromperlo, ma iniziarono a lanciargli in testa e attorno al palco degli aeroplanini di carta. Era il 1971. La goliardia sembrava morta, ma in quella occasione fece capolino. E ogni mio intervento per correre ai ripari fu inutile. Germano continuò a parlare imperterrito, indifferente alla stupida provocazione del tutto inspiegabile. Da vero signore egli non fece cenno all’incidente, mentre Olivetti tentò di scusarsi senza riuscirci. Lo vidi altre volte  e un magistrato così non lo conobbi mai più : un uomo disponibile a capire gli altri, ad interessarsi dei loro problemi, privo totalmente di quella  boria accigliata che spesso caratterizza certe toghe.
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Il voto in Liguria e il condominio Italia
Il voto in Liguria che ha registrato la vittoria del Sindaco di Genova Bucci ha ulteriormente messo in evidenza il forte astensionismo della maggioranza degli aventi diritto al voto. Un dato che evidenzia una democrazia malata che può portare al tracollo per consunzione del sistema. Una democrazia a cui manchi la partecipazione, si svuota.  Le elezioni diventano “ludi cartacei”, come li definiva Mussolini. Andare a votare diventa una finzione , non è   più  un diritto – dovere la cui mancata ottemperanza veniva e dovrebbe essere sanzionata per legge. Posso capire il fatto che i partiti – compreso il Pd , l’unico che mantiene un consenso significativo – non siano più attrattivi da tempo.
La presenza di liste civiche non riesce a bilanciare la situazione. In crisi è la politica nel suo insieme perché conta sempre più un personalismo che a sua volta è entrato in crisi. Si vota con una certa  convinzione solo contro qualcuno e non per qualcuno. La crisi della democrazia imputabile ad un attacco neo-fascista non convince più. Essa è in crisi perché l’assenteismo dal voto  le toglie legittimità. Avere la maggioranza, neppure così marcata, di una minoranza appare paradossale. Di fronte a questa drammatica situazione ogni altro commento passa in secondo piano. I politici devono fare una riflessione profonda sui loro errori che hanno generato la sfiducia tra i cittadini. Non pare che essi siano preoccupati perché sembra contare solo  l’elezione  e non lo scollamento che si crea tra eletto ed elettore. Ma va anche evidenziata la mancanza di senso civico di molti elettori che non fanno neppure la fatica di recarsi al seggio. Per altri versi anche le opzioni politiche più alternative appaiono poco convincenti. I grillini si sono drasticamente ridimensionati come i qualunquisti di Giannini dopo il 1948. Neanche il voto di protesta riesce a catalizzare consenso perché i grillini hanno clamorosamente fallito. Una democrazia vera non può comunque cullarsi, come se niente fosse facendo affidamento su quella che è ,a tutti gli effetti, una minoranza che esprime degli eletti delegittimati  . Se ci fosse il quorum previsto per i referendum le elezioni sarebbero nulle. Anche i referendum indetti è  probabile che non riusciranno ad ottenere il quorum. Una democrazia senz’anima non può reggersi a lungo. Dire che il calo dei votanti è proprio di una democrazia matura equivale a dire una sciocchezza. Stiamo arrivando ad una oligarchia senza qualità, composta da politicanti di mestiere eletti da una oligarchia che erode le basi stesse della democrazia. Tentare la scorciatoia del voto elettronico per far aumentare il numero dei votanti non appare una soluzione e può costituire un qualche pericolo. Siamo all’assurdo che difficilmente un condomino non partecipa all’assemblea di condominio, mentre rinuncia al condominio Italia, il più importante in assoluto.
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I fischietti di Moncalieri
Il 31 ottobre avrei partecipato alla manifestazione di protesta a Moncalieri  contro la ztl  in piazza Vittorio Emanuele e contro il sindaco che  forse si crede un podestà. I cittadini ricorrono ai fischietti, riprendendo ironicamente una tradizione  tipicamente moncalierese: la fiera dei fischietti.
Sembrava una fiera dimenticata invece la protesta popolare l’ha fatta rinascere. A volte  ci sono segnali  che ci dicono che non bisogna disperare sulle  sorti della democrazia. Già a Firenze nel Medio Evo ci fu il tumulto dei Ciompi. Per restare nella democrazia ci sarà modo per mandare a casa il Sindaco non rieleggibile per fine mandato e impedire che la “casta” dei suoi sostenitori prenda un’altra volta il Comune. In tal caso potrebbe esserci come vicesindaco egemone  o Assessore l’ex Sindaco: una sciagura.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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Cultura di destra
La prova offerta dalla destra al governo non è certo emozionante, anzi molto deludente. Mancano le donne e gli uomini all’altezza della situazione. Anche nel campo editoriale non ci siamo. Perché tutta questa impreparazione?  Gino Rapelli
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Le ragioni  sono molte. Innanzi tutto una classe di governo non si improvvisa. Per altri versi in quasi tutti i ministeri della cultura  anche con altri governi sono stati messi ministri di serie b o addirittura c. La comparsa di Spadolini fu una meteora passeggera. I professori a destra non sono amati. Nel campo editoriale siamo forse peggio. Case editrici come quelle di Giovanni Volpe o di Federico Gentile (ambedue figli dei grandi Gioacchino e Giovanni) non esistono.  Uno come Leo Longanesi è  impensabile.  Il “Borghese” attuale fa pena. La cultura conservatrice è una chimera. Eppure la destra governa. Sui tempi brevi è  possibile, sui tempi lunghi dovrà attrezzarsi perché senza un’anima intellettuale il potere diventa demoniaco o comunque sciatto esercizio di forza privo di lungimiranza.
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Il rifiuto di Elkann
Il rifiuto di Elkann di presentarsi in audizione in Parlamento a riferire sul presente e sul futuro di Stellantis appare davvero un gesto indegno che rivela come gli eredi Agnelli siano caduti in basso.     I. P. Ex operaio Fiat
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Sono d’accordo  il gesto di Elkann rivela arroganza assoluta e mancanza di rispetto verso lo Stato che ha finanziato la Fiat in tutte le occasioni. Oggi quel poco che resta della Fiat non è più italiano come non è italiano l’ing . Elkann . E’ la fine di un mito caduto in basso ed evaporato totalmente. La probabile chiusura di Stellantis rappresenterà un’ultima mazzata a Torino e ai torinesi. Un danno che può determinare un ulteriore sconvolgimento sociale. Colpevoli insieme ad Elkann ci sono anche i sindacati che nei decenni passati fecero di tutto per massacrare la Fiat. I sindacati che oggi scendono in campo in difesa della Fiat appaiono ridicoli, se la situazione occupazionale non fosse drammatica.

Alamein, nessuno ha diritto di offendere i nostri soldati caduti

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

S c u r a t i  che vuole insegnare la storia agli italiani, specializzandosi sulla vita di Mussolini, non manca mai di stupire e di fare indignare. Nella sua furia iconoclasta demonizza anche la pagina eroica di El Alamein quando l’Esercito italiano superò se stesso. Io a 14 anni volli andare a visitare l’immenso sacrario di soldati caduti in battaglia costruito da Paolo Caccia Dominioni che combatté nel deserto africano.
Andò a rendere omaggio a quei caduti anche il presidente Carlo Azeglio Ciampi. Attorno ai caduti della Folgore c’era una accusa di fascismo volta a sminuirne il valore. Ciampi volle andare al sacrario per far superare la faziosità di troppi che hanno vilipeso quei soldati “a cui mancò la fortuna, non il valore”, come è scritto sulla lapide che si può leggere ancora oggi nel deserto africano. Io a 14 anni rimasi colpito da quel silenzio nel deserto che fu l’unico omaggio a dei  soldati a cui tutti devono rendere gli onori. Adesso  S c u r a t i   offende anche i morti come fecero nel biennio rosso 1919 -1920 i socialisti massimalisti.
Uno come lui non può scrivere pagine storiche in cui il coraggio dei soldati italiani rifulge. Nessuno ha il diritto di offendere i nostri soldati della guerra perduta. Le offese  verso i Caduti sono atti di viltà. Io renderei omaggio anche ai ragazzi di Bir El Gobi, ai soldati del Duca d’Aosta, ai Carabinieri eroici di Culqualber. Essi forse sono salvi dal livore di  S c u r a t i  perché  lo scrittore ignora quegli eroi.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Trieste torna all’Italia nel 1954 – Vitaliano Brancati – È morto Paolo Griseri – Lettere

Trieste torna all’Italia nel 1954
Il  26 ottobre 1954  Trieste torno’ finalmente italiana dopo il disastro della II guerra mondiale. Rischio’ di diventare titina e jugoslava, pagando il trattato di pace del 1947, altamente  punitivo, che previde forti mutilazioni al territorio nazionale del  martoriato confine orientale. Chissà quanti italiani avranno ricordato l’anniversario di una data importante e ricorderanno il Presidente Giuseppe Pella che ebbe stroncata la carriera politica perché tenne una ferma e coraggiosa  posizione su Trieste?  C’è chi ha esposto  in questi giorni la bandiera tricolore per riannodare la Vittoria del 4 novembre 1918 con Trieste  nuovamente italiana  e per  ricordare il sindaco di Trieste Bartoli che espose il tricolore, malgrado il divieto  degli alleati anglo – americani. E bisognerebbe ricordare i martiri di Trieste del 1952 uccisi dal piombo degli inglesi mentre, di ritorno da Redipuglia, manifestarono per l’italianità della terra di San Giusto. Anche la cantante Nilla Pizzi con “Vola colomba” ricordò agli italiani la dignità nazionale infranta. Il presidente Einaudi andò a Trieste come il Re Vittorio Emanuele III nel 1918. Era un‘Italia sconfitta che aveva rialzato la testa e non era più  disposta a cedere ai ricatti. Chissà quanti l’avranno ricordata questa data  storica?
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Vitaliano Brancati
Il 25 settembre 1954 morì a Torino lo scrittore siciliano Vitaliano Brancati per complicazioni insorte in seguito ad un intentervento chirurgico. Se si esclude  il bel libro su di lui di Salvatore Vullo, nulla è stato fatto a Torino di significativo . Un premio  a lui intitolato ,dato a giornalisti torinesi a Pianezza non basta a ricordare Brancati, che ha  pagato  il fatto di essere stato un pannunziano non succubo della egemonia  gramsciana.
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E’ morto Paolo Griseri
È mancato Paolo Griseri uno dei migliori giornalisti della “Repubblica”  e della “Stampa”, un uomo colto, equilibrato che era riuscito ad andare oltre le vulgate ideologiche.
Una perdita grave per il giornalismo italiano. La sua apertura lo portava ad essere diverso da tanti suoi colleghi di testata.
Con  G i a n n i n i  direttore aveva poi lasciato la vice direzione della “Stampa” che in effetti era diventata un duplicato della vecchia “Unità”. Leggendo i necrologi di tanti che non stimo (uso un eufemismo), mi viene il dubbio se unirmi al coro di chi, non sapendo cosa scrivere, ripete l’augurio banale  della terra lieve. Per come l’ho conosciuto io, lo ricordo come un uomo rispettoso delle idee anche di chi non era vicino al suo mondo. Questo è il vero motivo di un elogio così ampio e condiviso.
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Lettere scrivere a quaglieni@gmail.com
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Dalla parte di Lo Russo

A fine novembre si terrà a Torino  l’assemblea dell’ANCI alla presenza del Presidente della Repubblica. In lizza saranno i sindaci di Napoli e di Torino e sui giornali appare una mobilitazione per vincere che in passato rimase sotto traccia. Lei cosa ne pensa?

Jacqueline Lami
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Non per ragioni campanilistiche, ma politiche e personali sto dalla parte di Lo Russo sperando che il tempo dedicato all’Anci non venga sottratto a Torino. Manfredi, il sindaco di Napoli, venne eletto anche dai grillini.  E tanto mi basta. Lo Russo da un certo tempo sta affrancandosi dall’ala demagogica della sua maggioranza che tanto danno provoca alla città  e sta rivelando doti amministrative che il suo competitor come sindaco alle elezioni non ha mai avuto e continua a non avere.
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Piazza Baldissera
Il casino continua. E’ impercorribile. Di chi la colpa? Elena Soffici
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Dell’assessore  competente, si fa per dire, Foglietta, persona che andrebbe sollevata dall’incarico insieme all’assessore Tresso. Sono le due fragilità della Giunta torinese che vanificano l’impegno di altri.
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Umberto II e i suoi luoghi
Le Residenze Reali e le sovrintendenze  hanno organizzato una due giorni a livello internazionale dedicata a Umberto II e i suoi luoghi. Bella iniziativa anche se la presenza di Gentile (che offese in un libretto la Regina Elena che avrebbe avuto un’avventura  con un dignitario di corte in assenza del re durante la Grande Guerra) appare del tutto inopportuna. Ma è stato bello che una parte di istituzioni si sia ricordata dei 120 anni della nascita del Re Umberto.   Vittorio Raiteri
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Concordo con Lei: un grande convegno in cui risalta la competenza dell’arch. Daniela Biancolini e di altri dirigenti e studiosi. L’ultimo Re andava ricordato. Io l’ho fatto sul “Corriere della sera”, unico giornale che abbia dedicato attenzione al Sovrano in esilio. Nessun giornale ne ha parlato con un conformismo stile  G i a n n i n i.