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Scuola, Salvini: “In Piemonte 15 mila alunni disabili, ma il ministro dorme”

 “In Piemonte ci sono 15.049 alunni con problemi di disabilità: ragazzi e ragazze con relative famiglie che soffrono più delle altre le troppe incertezze.

Mancano circa 50mila insegnanti di sostegno specializzati in tutto il Paese, il trasporto pubblico è indebolito da tagli e restrizioni che mettono a rischio la frequenza scolastica, l’eventuale isolamento o quarantena avrà effetti devastanti su studenti e genitori e le linee guida sono lacunose, escludono le famiglie e non garantiscono progetti inclusivi. Rivolgo un appello accorato al ministro Azzolina: nessuno deve restare solo. Gli studenti disabili e le loro famiglie non sono invisibili e non meritano di essere cancellati come il governo ha fatto con il ministero ad hoc voluto dalla Lega. È necessario un impegno anche economico concreto, serio, efficace. C’erano problemi negli anni passati, dopo il virus e la chiusura i problemi saranno ancora più grandi: cosa ha fatto il ministro negli ultimi sei mesi, ha dormito?”. Lo dice il leader della Lega Matteo Salvini.

Bertinotti il liberale

Così a 80 anni Fausto Bertinotti si scopre liberale. Però, bel risultato dopo aver fatto dal 1994 al 2006 il segretario di Rifondazione comunista.

Penso il segretario più longevo di questo partito nato dalle ceneri del PCI. In verità è da una decina di anni che sostiene che il comunismo ha storicamente toppato, usando gentili eufemismi. Dopo la Bolognina non scelse e fu chiamato
in Rifondazione da Armando Cossutta sostituendo il torinesissimo Sergio Garavini. Armando Cossutta comunista che piu comunista non c’era scelse Bertinotti come segretario nazionale,
lui che arrivava da una cultura tutt’altro che comunista filosovietica. Nato a Milano e formatosi sindacalmente a Novara e scelto da Emilio Pugno per sostituirlo alla camera del lavoro di
Torino. Segretario regionale Cgil proprio 40 anni fa durante i 35 giorni. Fu l’inventore della parola d’ordine:  l’uso politico della crisi Fiat. Torino una roccaforte di Rifondazione, tant’è
che alle elezioni ammistrarive e politiche dopo lo scioglimento del Pci prese più voti che il Pds. Perlomeno a Torino la maggioranza dei dirigenti aderi’ al progetto occhettiano ma la maggioranza dei votanti segui’ Rifondazione con la promozione sul campo di personaggi come Marco Rizzo,  settima o ottava fila nel pci, diciamo quello vero. Fu questo il limite maggiore di Rifondazione: essere una copia sbiadita dell’originale, difatto irripetibile.
Piaccia o non piaccia la caduta del muro di Berlino aveva cambiato radicalmente le cose dando una direzione alla Stori, inconfutabile. Il congresso non fu una passeggiata anche sul piano esistenziale. Gianni Alasia, ex socialista, ex psiuppino con il sottoscritto non fu tenero. Davanti a 200 compagni disse che mio padre si girava nella tomba nel vedere la fine politica che avevo fatto.
Carino, no? Alasia fu tra i capi  rifondaroli torinesi. Cosa diceva Fausfo Bertinotti? Nulla, allora era alla Cgil nazionale. Forse aspettava il suo vate: Pietro Ingrao. Poeticamente poi disse: “non mi avete convinto” e si ritiro’ nel suo Aventino culturale politico ed esistenziale. Dettaglio: anche Achille Occhetto era ingraiano. Prima Palmiro Togliatti e poi Enrico Berlinguer il centro, Giorgio Amendola e poi Giorgio Napolitano la destra e Pietro Ingrao la sinistra cosidetta movimentista e ferocemente anti sovietica. Tutti si aspettavano che Fausto Bertinotti o seguisse il Vate nell’ Aventino o il PD. Nulla di tutto questo. Sergio Garavini fu messo lì per mediare tra i cossuttiani e la gruppetteria varia, poi Armando Cossutta iscrisse Fausto Bertinotti facendolo diventare segretario (addirittura) segretario generale. Così un filo sovietico come Armando promuove un libertario, socialista ed azionista Bertinotti. Perché? Tentava di governare le mille anime presenti in Rifondazione
e, diciamola così, pararsi a sinistra. Cossutta non ci riuscì e con il governo D’alema fondo’ Comunisti italiani. Infatti le cose per Rifondazione andarono in modo accettabile, poi la discesa verso l’oblio del nulla. Calo costante di iscritti e di votanti. Resse comunque,  il nostro Fausto Bertinotti. Fino al 2006 segretario e poi Presidente della Camera. Terzo comunistra dopo Nilde Jotti e Pietro Ingrao. Batte’ sul filo di lana Massimo D’Alema. Il  Governo Prodi bis duro’ poco ma ebbe un non invidiabile primato: 106 sottosegretari per accontentare tutte le componenti del centrosinistra. Dai rifondaroli  ai margheritini. Faustino caratterizzò subito la sua Presidenza. Alla camera luoghi di culto per tutte le sensibilità religiose. Fulminato sulla via di Damasco? Non credo proprio. Un esempio per tutti. Suo figlio si chiama Duccio in onore di Duccio Galimberti avvocato anrifascista cuneese ucciso dai fascisti nel 1943 e soprattutto azionista e grande amico dei fratelli Rosselli che per l’appunto volevano coniugare socialismo e liberalismo.
Poi Torino capitale della classe operaia era anche capitale del liberalismo da Cavour a Gobetti. Ennesima domanda : cosa c’entrava Fausto Bertinotti con Rifondazione? Assolutamente nulla ma come si dice, Parigi val bene una messa. In politica è molto labile il confine tra opportunità ed opportunismo. Non penso che Fausto Bertinotti sia un opportunista, mentre penso che colse al volo un’occasione per lui unica. Vero che dovette mandare giù bocconi per lui amari. In politica c‘è questo ed altro. Non è andata bene per chi nel 1991 fondo’ Rifondazione. Le minestre troppo riscaldate sanno di rancido. Andò bene per Fausto Bertinotti Presidente della Camera, scusate se è poco. Dopo, essendo libero da impegni politici, ogni anno, nei relativi convegni ne aggiungeva un pezzo. Ora tutto portato a compimento tra Papa Francesco e liberalismo,  la mutazione genetica è avvenuta. Aveva proprio ragione Bertrand Russell: se a vent’anni non sei comunista sei senza cuore se a 40 lo sei ancora sei senza cervello. Ed io aggiungo che la maturità è tutto, se la raggiungi ad 80 meglio tardi che mai.
Patrizio Tosetto

Scuola, Grimaldi (LUV): “misurate la febbre a Cirio”

“Nella sua incandescenza da annuncio, solo rumore di fondo, tanta confusione e poca sostanza”

 

“C’è solo rumore di fondo nella Giunta regionale in merito al rientro a scuola e così si mandano in tilt le famiglie che ogni giorno assistono a questo delirio da “annuncite”; il suono della prima campanella è stato confermato per il 14 settembre, e questa è l’unica cosa certa, su tutto il resto Cirio, Chiorino, Icardi e Marnati fanno solo baccano come se fossero già all’uscita da scuola – commenta Marco Grimaldi, capogruppo di Liberi Uguali Verdi in Regione.

“Cirio si misuri la febbre e porti l’autocertificazione in Capigruppo appena gli passa l’incandescenza da annuncio” – commenta Grimaldi, ricordando i numerosi strilli di agenzia prontamente ritirati o sbugiardati: “sul finire della scorsa settimana Marnati ha annunciato che ci sarebbe stato un medico in ogni scuola, fatto smentito categoricamente lunedì scorso dall’Assessore Icardi; martedì l’Assessora Chiorino, prima di fare scena muta davanti alle nostre domande, ha annunciato 500mila euro per l’acquisto futuro di termometri per ogni scuola, mentre oggi, su tutti i giornali, leggiamo che la Regione non ha spedito neppure un termometro. Ma non basta – prosegue Grimaldi – ad aggiungere altra confusione c’è l’Ordinanza regionale di ieri, nel quale Cirio ‘raccomanda a tutte le scuole di ogni ordine e grado del Piemonte di adoperarsi con ogni mezzo a disposizione al fine di procedere alla misurazione della temperatura corporea agli studenti prima dell’inizio dell’attività didattica’ ma obbliga anche tutte le scuole a leggere le autocertificazioni prima di entrare”.

“Noi non ci stiamo capendo più niente, e immagino in che condizioni siano i tanti genitori alle prese con uno o più figli che lunedì dovrebbero entrare in classe: noi avevamo ipotizzato che la misurazione della febbre all’ingresso potesse essere effettuata per la fascia d’età 0-6, dove i numeri sono piccoli e la situazione più gestibile, non ci immaginiamo certo cortei e assembramenti di centinaia di studenti davanti alle scuole elementari, medie e superiori. Anche perché – commenta Grimaldi – a me non risulta che la Giunta abbia provveduto a organizzare una macchina così imponente di controlli, né che i termoscanner siano arrivati in qualche scuola”.

Pci in festa a Torino

La Festa del Partito Comunista Italiano si svolge a Torino in via Carlo Ignazio Giulio 25 bis (angolo corso Valdocco) al Circolo ARCI LA CRICCA il 10-11-12-13 Settembre 2020

 

Trasporti, Avetta (Pd): “Ma la Regione che pensa di fare?”

Alberto Avetta (Pd): “Serve una strategia chiara su investimenti e scelte: garantire la sicurezza degli utenti del TPL e scongiurare l’uso massiccio dell’auto.”

 

 “Le considerazioni del direttore dell’Agenzia Mobilità, laddove afferma che il trasporto pubblico locale tornerà a regime non prima del 2023, confermano le nostre previsioni che, peraltro, avevamo puntualmente riportato in una mozione depositata dal Gruppo PD in Consiglio regionale nello scorso aprile. Sarebbe davvero un peccato se questa Regione, a seguito della crisi Covid, non raccogliesse la sfida di ripensare il modello di TPL soprattutto nel ripensare la relazione tra le aree extra-urbane e il centro città, con particolare riferimento alla mobilità in ingresso e uscita verso Torino da parte dei pendolari”: lo afferma il Consigliere regionale Alberto AVETTA (Pd), a margine dell’audizione del Direttore dell’Agenzia della mobilità, ing. Cesare Paonessa in Commissione regionale trasporti.

“La flessione della domanda di TPL causata dal Covid c’è, ed era ampiamente prevedibile per tante ragioni: ora, se non vogliamo compromettere i progressi che negli anni sono stati realizzati per garantire una mobilità pubblica a sempre più basso impatto ambientale, occorre adottare tutte le misure idonee a garantire la sicurezza degli utenti del TPLanche agendo sulla percezione del pericolo con adeguate campagne di comunicazione che, tuttavia, non vediamo ancora all’orizzonte. Affrontare l’emergenza Covid di per sé è necessario ma non sufficiente: serve una strategia chiara sugli investimenti e sulle scelte. Ad oggi registriamo che gli unici soldi destinati dalla Regione al rinnovo dei mezzi pubblici sono quelli messi a disposizione dal Governo nazionale”

“Se le prossime settimane non saranno affrontate adeguatamente – conclude Alberto AVETTA – la flessione del TPL si consoliderà nelle abitudini dei cittadini e rischia di trovare risposta nel ritorno all’utilizzo massivo dell’auto privata. E questo è uno scenario che dobbiamo assolutamente scongiurare sia per le conseguenze finanziarie sulle casse delle aziende di trasporto sia per le conseguenze sull’aria che respiriamo”.

Referendum Sì o no? Con Morando e Boni

REFERENDUM COSTITUZIONALE: INCONTRO/SCONTRO TRA ENRICO MORANDO (SI) E IGOR BONI (NO)

Si svolgerà giovedì 10 settembre, a Torino, alle ore 18, presso l’NH Collection Hotel di Piazza Carlo Emanuele II, 15 (Piazza Carlina) un incontro/scontro tra le ragioni del SI e le ragioni del NO.
Sono a disposizione 50 posti che verranno assegnati fino ad esaurimento.

Parteciperanno all’evento:
Igor Boni – Presidente nazionale di Radicali Italiani, sostenitore del NO
Enrico Morando – Presidente di LibertàEguale, già Senatore del PD, sostenitore del SI
Modera l’incontro il giornalista Oscar Serra.

Riqualificare gli spazi urbani ed incentivare il commercio per far ripartire Torino nella fase post Covid

 Se ne discute, con molti ospiti, nell’ambito della Festa dell’Unità in Tour allo Sporting Dora

 

Riqualificazione degli spazi ed un rinnovato ruolo del commercio, quale volano per una città che sta tentando di uscire da una crisi economica non semplice. Questo un binomio imprescindibile per avviare un cammino di ripresa di Torino nella fase post Covid, come dimostrano i due dibattiti promossi giovedì 10 settembre presso lo Sporting Dora, in corso Umbria 83 a Torino.

Il primo momento di incontro sarà alle 18 e è  rappresentato da una tavola rotonda sul tema “Il testo unico dello sport e il ruolo dei Comuni. Riqualificazione degli spazi e partecipazione “.

Prenderanno parte alla tavola rotonda Patrizia Alfano, presidente UISP Piemonte; Ezio Dema, presidente provinciale AICS; Luciano Cecca, vicepresidente Coni Piemonte; Enrico Colia,  coordinatore Sport Circoscrizione 5; Sonia Gagliano, coordinatrice Sport della Circoscrizione  4; Paola  Parmentola,  coordinatrice  Forum Sport PD Metropolitano.

Si dibattera’ delle tematiche del commercio e del turismo a Torino nel corso della successiva  tavola rotonda serale, che prenderà avvio alle 21. Vi parteciperanno il presidente di Turismo Torino, Maurizio Vitale; il presidente  ASCOM  Maria Luisa Coppa; il direttore dell’ASCOM Carlo Enrico Carpignano; il presidente della Confesercerti Giancarlo Banchieri; il direttore della Confesercerti Torino Carlo Chiama ; la consigliera comunale Maria Grazia Grippo; il coordinatore al  Commercio della Circoscrizione 1 Giovanni Straniero,; il capogruppo della Circoscrizione 1 Thomas Ponte; il capogruppo della Circoscrizione 4 Lorenzo Repetto e la consigliera della Circoscrizione 5 Mary Gagliardi.

Si può consultare,  essendo l’evento all’interno della Festa dell’Unità in Tour, il sito www.partitodemocraticotorino.it

Mara Martellotta

Ruffino (Fi): “Chi ha paura delle preferenze?”

L’on. Daniela Ruffino, deputata di Forza Italia, interviene sul tema della legge elettorale 

“L’abolizione delle preferenze ha segnato una grave frattura nel rapporto dei cittadini con la politica, e di riflesso con le istituzioni. Chi pensava di combattere la corruzione o un mercato dei voti più immaginario che reale, con l’abolizione delle preferenze ha rafforzato la partitocrazia e i “cerchi magici“ che nei diversi partiti fanno corona al leader di turno. Hanno spezzato ogni legame fra il candidato e il territorio.
     Oggi è decisivo, con il ritorno al proporzionale, ripristinare le preferenze e cancellare quell’obbrobrio che sono i listini bloccati. La democrazia per essere e dirsi liberale deve incentivare la competizione fra i candidati di una lista, deve, soprattutto, riconnettere la rappresentanza politica al territorio. Tornare al proporzionale senza le preferenze sarebbe un attentato alla democrazia perché come unico risultato avremmo oligarchie sempre più forti ed elettori sempre più lontani dalla politica. La preferenza restituisce lo scettro del comando all’elettore, che torna padrone di scelte fino a oggi subíte perché imposte dai partiti. Non bisogna essere fedeli al leader di turno per essere eletti, ma avere piuttosto un curriculum politico dignitoso, fatto di esperienze amministrative, di conoscenza del territorio e di un rapporto costante e schietto con gli elettori. Per questa via si può restituire alla politica la sua funzione fondamentale di guida civile e di crescita della società”.

“Tre ragioni per dire NO”

REFERENDUM  / Lunedì 7 settembre, presso la storica sede del Collegio degli Artigianelli, si è tenuta una affollatissima – ovviamente con regole Covid – conferenza stampa per la presentazione del documento intitolato “Tre ragioni per votare NO”. L’appello ha visto come estensori e primi firmatari Guido Bodrato, Giampiero Leo, Giorgio Merlo, Francesco Pallante e Alessandro Risso quindi persone di cultura e tradizione cattolico democratica e popolare.

L’appello, però, si è presentato come aperto “a tutte/i coloro che si sentono “accomunati dai valori espressi nella nostra Costituzione”.
Infatti le adesioni si sono rivelate rappresentative di un arco culturale e politico estremamente ampio e variegato. Dall’ex sindaco Valentino Castellani, al segretario della “Nuova” D.C.Mauro Carmagnola , dal noto intellettuale prof.Franco Quaglieni, dall’autorevole rappresentante del Coordinamento interconfessionale del Piemonte prof. Bruno Geraci, (il quale ha appunto illustrato un articolato e profondo documento del suddetto Movimento, che non ha dato una indicazione tassativa di voto. Il Movimento “Noi siamo con voi”, però ha completamente concordato la necessità di una forte ed educativa, azione politica e culturale volta a risanare i danni di oltre un quarto di secolo di antipolitica e di demagogia). Dalla leadership regionale e cittadina delle Sardine, con Mattia Angeleri e Paolo Ranzani, all’associazione culturale cattolica “Esserci” – presidente Giancarlo Cesana – dal già segretario del PCI – PDS – PD, Giorgio Ardito a importanti ex onorevoli ed ex consiglieri regionali o comunali di svariata provenienza, quali Daniele Cantore, Alessandro Bizjak, Silvio Magliano, Domenica Genisio ecc. Dalla rappresentante dei Radicali Italiani Patrizia DE Grazia e del partito radicale transnazionale Chiara Ardito, a storici esponenti della cultura cattolica come Luca Rolandi, Daniele Ciravegna, Paolo Girola, Luigi Vico. Tutti uniti come è scritto nel documento da una appassionata difesa della carta Costituzionale. E con la speranza come ha dichiarato l’ecumenico Giampiero Leo che “questa battaglia – condotta con passione, serietà e spirito unitario possa essere l’inizio di un’inversione di tendenza rispetto alla “demagogia al potere”. la partita è durissima, ma si presenta un’occasione e non va sprecata”.

 

Tre ragioni per votare NO

Il 20-21 settembre saremo chiamati alle urne per confermare o respingere la legge che ha ridotto del
36% il numero dei parlamentari.

La vittoria del Sì al referendum appare scontata: è comprensibile il rifiuto da parte dei cittadini di
una classe politica autoreferenziale e via via peggiorata nel corso della cosiddetta Seconda
Repubblica, caratterizzata da un bipolarismo forzato ed estremista, da partiti personali, da
“rappresentanti del popolo” scelti in realtà dai capi partito. Deputati e senatori hanno perso il
contatto con gli elettori, perché per il proprio destino politico è molto più importante la fedeltà al
capo, che decide le liste bloccate, piuttosto che il consenso delle persone. Il servilismo fa ormai
premio rispetto al merito. Così da un lato si sviliscono le Istituzioni rappresentative, dall’altro
aumenta la sfiducia dei cittadini che si manifesta nel crescente astensionismo elettorale.

In questa grave crisi di credibilità della politica, è un falso problema il numero dei parlamentari.
Diminuirlo non influirà sulla qualità della classe dirigente e del dibattito politico. Ci pare quindi
poco significativo discutere sulla consistenza del taglio (che ci farà diventare il Paese europeo con
meno rappresentanti in rapporto al numero di abitanti) o sui risparmi che ne deriveranno (57 milioni
annui, che rapportati al bilancio medio dello Stato di 800 miliardi ne rappresentano lo 0,007%).
Non è sui numeri che va posta l’attenzione.

Noi sottoscrittori, con radici in differenti culture politiche ma accomunati dai valori espressi nella
Costituzione, voteremo NO per tre sostanziali motivi.

1. Per mantenere la rappresentanza dei territori
Tagliare il numero dei parlamentari mette in discussione le fondamenta della democrazia
costituzionale, con la sua capacità di esprimere il pluralismo e la complessità della società.
Il taglio di oltre un terzo dei parlamentari riduce notevolmente la capacità di rappresentanza,
soprattutto a danno delle aree interne e periferiche e delle formazioni politiche meno grandi.
Se il fondamentale ruolo del parlamentare è portare la voce dei cittadini nelle Istituzioni, il taglio
approvato indebolisce fortemente questo principio e con lui la centralità del Parlamento – e dunque
del popolo – nel sistema costituzionale democratico.

Sappiamo bene che con la prassi dei “nominati” si è perso il necessario rapporto tra elettori ed eletti.
Ma non per questo le regole, e i numeri, devono essere modellati su una realtà negativa che va
invece cambiata. Perché se ci rassegniamo ad avere un Parlamento svilito composto da “nominati” e
incompetenti, il loro numero può benissimo venire azzerato, non solo ridotto.

2. Contro la demagogia al potere

Il taglio dei parlamentari realizza uno slogan elettorale dei Cinquestelle, in linea con la cultura
antipolitica e antiparlamentare del Movimento fondato sul “vaffa…”. Ma anche i populisti di destra
si sono allineati al Sì, così come il Partito Democratico, piegato alle convenienze di governo.
Inutile dire che il taglio è fine a se stesso, e manca ogni analisi seria sui veri punti critici della
qualità degli eletti e del funzionamento delle Istituzioni: la costruzione dell’esperienza, attraverso
percorsi di formazione e di partecipazione all’attività istituzionale, e il riconoscimento del valore
del confronto politico aperto al compromesso per la soluzione dei problemi.

Con il NO si può dare un forte segnale di rifiuto di una politica urlata, basata sullo scontro e
banalizzata in slogan, imperante nella vita pubblica italiana e nei gruppi dirigenti degli attuali
partiti, caratterizzati da scarsa competenza, silenzi su verità scomode, mancanza di visione.

3. Per difendere la democrazia rappresentativa

La crisi del Parlamento, oltre che dalle carenze e degenerazioni dei partiti “personali”, deriva anche
da una campagna politica e mediatica che punta a svuotare i principi della democrazia
rappresentativa. Stiamo vivendo da tempo una deriva antidemocratica determinata da leggi elettorali
oltre il limite della costituzionalità, dalla logica dello scontro politico, da partiti del capo, liste
bloccate e conseguente svalutazione del Parlamento, svuotato di funzioni dall’abuso di decreti
legge. Ora il taglio dei parlamentari. Il prossimo prevedibile passo di questa deriva sarà
l’introduzione del vincolo di mandato e l’abolizione del voto segreto, con la motivazione di evitare il
deprecabile trasformismo dei singoli deputati (sarà solo ammesso il trasformismo dei capi partito…).
Per alzare la mano a comando e convertire in legge i decreti sarebbero troppi 60 parlamentari, non
600. Con questo simulacro di democrazia, basta che il corpo elettorale (anche una minoranza,
peggio per chi si astiene…) si esprima ogni 5 anni votando (o televotando, magari sulla piattaforma
Rousseau…) il proprio leader preferito nel teatrino mediatico, con un rapporto diretto tra il
cittadino/individuo e il potere. In realtà, un individuo sempre più solo e un potere sempre più
concentrato in poche mani.

Il Sì al referendum è funzionale a questo disegno, che respingiamo totalmente.
Intendiamo quindi difendere la democrazia rappresentativa disegnata dalla Costituzione, e
ribadiamo che il numero dei parlamentari è un falso problema.
La fondamentale battaglia politica per rigenerare il Parlamento e recuperarne autorevolezza sarà
ottenere una legge elettorale che permetta al cittadino di avere rappresentanza scegliendo un partito
e all’interno di quello le persone ritenute più meritevoli. Quindi proporzionale e preferenze. La
democrazia rappresentativa può rigenerarsi solo affidando la piena responsabilità di scelta ai
cittadini e riscoprendo il valore del confronto, anche conflittuale, rivolto – in un’ottica di “bene
comune” – alla soluzione dei problemi collettivi.
Ma sulla legge elettorale fanno solo fumo i partiti della Seconda Repubblica e i loro capi, schierati
quasi al completo per il Sì al taglio e tutti decisi a non mollare la prerogativa di scegliersi i
cortigiani.
Chi vuole cambiare questo stato di cose, superare un Parlamento di maggiordomi e tornare ad
assemblee formate da persone libere e forti del consenso degli elettori, incominci votando NO a
questo demagogico referendum.

Guido Bodrato, Giampiero Leo, Giorgio Merlo, Francesco Pallante, Alessandro Risso

Aderiscono
Pier Giuseppe Accornero
Mattia Angeleri
Chiara Ardito
Giorgio Ardito
Eusebio Baucè
Carlo Baviera
Alessandro Bizjak
Antonio Bona
Rodolfo Buat
Franco Campia
Aldo Cantoni
Daniele Cantore
Pier Angelo Carando
Mauro Carmagnola
Valentino Castellani
Sandro Cattaneo
Giancarlo Cesana
Daniele Ciravegna
Giuseppe Davicino
Maria Rosaria Ferrara
Emilio Gazzano
Domenica Genisio
Donatella Genisio
Bruno Geraci
Paolo Girola
Franco Maletti
Egisto Mercati
Davide Mosso
Aldo Novellini
Giuseppe Novero
Laura Perugini
Pier Franco Quaglieni
Paolo Ranzani
Luca Rolandi
Gianni Sartorio
Daniele Stella
Giampaolo Testa
Alberto Vanelli
Marco Verga
Luigi Vico

 

Referendum, il Pd dice sì

La Direzione del Pd ha approvato la proposta del segretario Nicola Zingaretti di votare sì al referendum del 20 settembre

Nel partito le posizioni pro e contro il taglio dei parlamentari sono però rimaste immutate. Certo il sì  rafforza l’alleanza con M5s, nella speranza che ora siano i pentastellati a decidersi sull’utilizzo delle risorse del Mes e il cammino delle riforme.  “Mentre propongo il SI – ha detto Zingaretti all’Ansa – dico che dobbiamo respingere le motivazioni banali che il taglio del numero dei parlamentari farebbe risparmiare soldi allo Stato. I risparmi sarebbero minimi e non costituiscono il motivo principale del nostro si’. Il motivo principale sta nel fatto che a questo atto possono seguire altre riforme”.