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Cattolici, politica e Stato. Dove sono finiti i cattolici democratici?

È perfettamente inutile scendere, ancora e per l’ennesima volta, nei dettagli del cosiddetto “ddl Zan”.

Tutti gli organi di informazione grondano di notizie, interviste, commenti, editoriali, pregiudiziali vari e posizioni assunte e decretate in modo netto ed intransigente. Ormai è un copione talmente noto, conosciuto e collaudato che prima di essere scandito ed approfondito sappiamo già che cosa recitano i vari attori in campo. Gli alfieri della laicità, e molte volte del laicismo, da un lato e i difensori d’ufficio degli “interessi cattolici” dall’altro. Sia gli uni che gli altri evidenziano un eterno derby che rischia solo di riprodurre, periodicamente e in occasione di grandi eventi, la solita disputa tra “guelfi e ghibellini” o la riproposizione degli “storici steccati” di antica memoria con grande gioia e giubilo per le rispettive tifoserie. Un copione, appunto, persin troppo noto per essere ulteriormente commentato ed approfondito. E l’occasione della nota della Segreteria di Stato sul “ddl Zan” è talmente ghiotta al riguardo che le rispettive casacche si sono tuffate a capofitto per cercare di recuperare, almeno in parte, lo smalto originario disperso in questi anni di politica populista, demagogica, antiparlamentare e smaccatamente incompetente e vuota. Cioè dopo il trionfo del populismo e del grillismo.
Ora, però, all’interno di questo quadro politico, culturale e legislativo, seppur convulso e frastagliato, manca all’appello – purtroppo e per l’ennesima volta – quella categoria di persone che un tempo si chiamavano o si qualificavano come cattolici democratici. O cattolici popolari. Cioè quegli uomini e quelle donne che per molti decenni hanno rappresentano nella storia politica del nostro paese, visibilmente e pubblicamente, quel cattolicesimo politico che sapeva difendere i valori senza trasformarli in una crociata integralista e clericale e che, al contempo, praticavano una profonda laicità dello Stato e dell’azione politica senza scivolare nei meandri del laicismo. Il tutto attraverso un metodo che veniva semplicemente definito come “cultura della mediazione”. Uomini e donne che, semplicemente, oggi non ci sono più. E non esistono più nè sul versante del centro destra dove prevale una linea più semplificatoria e più diretta volta alla semplice difesa “degli interessi cattolici”. A prescindere da qualsiasi elaborazione culturale nè, tantomeno, alimentati da quella “spiritualità del conflitto”, per citare il grande storico Pietro Scoppola, che ha caratterizzato per molto tempo il comportamento e la tensione dei cattolici impegnati in politica. Nè, a maggior ragione, si intravede questa categoria politica e culturale all’interno del Pd, cioè del più grande partito della sinistra italiana. Un partito sostanzialmente governista e di potere che, anche per essere fedele alle ragioni storiche e culturali della sinistra italiana e del populismo di marca grillina, ha del tutto abbandonato quella specificità e quella esperienza richiamate e sbandierate da alcuni padri fondatori di quel partito al momento della sua nascita nel lontano 2007. Di qui il confronto, scontato e anche un po’ noioso nonchè decisamente petulante, che leggiamo sui giornali o ascoltiamo nei vari talk televisivi.
Ma anche da questa vicenda, comunque vada a finire e destinata peraltro ad esaurirsi rapidamente, può scoccare la scintilla di un rinnovato protagonismo di quella esperienza e di quella originalità di essere in politica che ha caratterizzato la miglior stagione del cattolicesimo politico italiano. Mi riferisco a quella tradizione cattolico democratica, cattolico popolare e soprattutto cattolico sociale che ormai è ai nastri di partenza per una nuova avventura politica e che potrà, anche e soprattutto su temi come quelli che leggiamo proprio in questi giorni su vari organi di informazione, ritrovare quella freschezza culturale e quella progettualità politica e istituzionale ormai da troppo tempo sacrificati sull’altare delle mode effimere e vuote del populismo all’italiana.
E questo non per il bene dei cattolici, ma per la qualità della nostra democrazia, la credibilità delle nostre istituzioni democratiche e anche per la ripresa della politica con la P maiuscola.

Giorgio Merlo

Consultori, Canalis: “Dall’assessore Icardi nessuna indicazione “

La consigliera regionale Monica Canalis (Pd): “Dall’assessore Icardi nessuna indicazione specifica sul potenziamento dei consultori. Bisogna adeguarne il numero a quanto previsto dalla legge e aumentare il personale.”

“La legge 405/1975, che ha istituito i consultori familiari, prevede che ce ne sia uno ogni 20.000 abitanti. Purtroppo, però, in Piemonte ce n’è soltanto uno ogni 36.000 abitanti, con picchi negativi nell’Asl Città di Torino e nell’AslTO3, dove si arriva appena ad uno ogni 50.000 abitanti.

Nel mio Question Time ho chiesto all’assessore alla Sanità Luigi Icardi, cosa intenda fare per adeguare il numero dei consultori alla legge e per potenziarne il personale, che contempla competenze multidisciplinari (ginecologi, ostetrici, assistenti sociali, psicologi).

Il numero medio di ore lavorative di ginecologi e ostetriche è ampiamente al di sotto di quanto previsto dalla legge e della media nazionale, e le ore di psicologi e assistenti sociali sono ridotte ai minimi termini.

La pandemia ha portato fortemente l’attenzione sulla priorità della medicina di territorio e sul rilievo della medicina di genere, per questo mi ha stupito che l’assessore non abbia ancora fornito indicazioni specifiche sul potenziamento dei consultori, che sono servizi pubblici essenziali rivolti a tutte le fasce anagrafiche.

Faccio un appello affinché i consultori siano resi pienamente funzionanti, con gli spazi adeguati, la capillarità e gli organici necessari.

Monica CANALIS – Vice segretaria Pd Piemonte e consigliera regionale

Ferrovia, Maccanti: accelerazione su opere Torino-Lione e adeguamento Torino-Modane

Già commissario dell’opera ‘Terzo valico dei Giovi’, Mauceri è stato indicato dal Mims per soprintendere le opere.

Con la nomina arriverà il finanziamento integrale della parte ancora mancante, così da consentire ai lavori una veloce ripartenza con le commissioni Trasporti e Ambiente riunite insieme. Il provvedimento, inserito nel Dpcm, ora dovrà affrontare il passaggio alle Camere in modalità urgente. I cantieri già finanziati potranno ripartire e quelli da finanziare dovranno attendere i tempi dello sblocco delle risorse, ma sarà tutto piuttosto rapido. L’impegno della Lega è stato costante e parte da lontano. Non abbiamo mai smesso di chiedere lo sblocco dei cantieri, ora finalmente vediamo i risultati”.

Lo dice in una nota il deputato della Lega Elena Maccanti, capogruppo in Commissione Trasporti.

Scorie nucleari: Ruffino (CI) Sogin rispetti volontà territori

“Invitiamo ancora una volta la Sogin alla correttezza rispettando i territori. In una precedente mozione presentata da una vasta rappresentanza di forze parlamentari abbiamo chiesto al Governo che, durante le fasi per arrivare all’individuazione del sito per il deposito nazionale delle scorie nucleari, vengano coinvolte le comunità locali interessate rispettando le controdeduzioni che verranno avanzate dai sindaci.

Inoltre e’ importante che vengano risarciti i costi degli studi sostenuti dalle amministrazioni comunali”. Dichiara in una nota la deputata di Coraggio Italia, Daniela Ruffino. “ Ho partecipato a una riunione dei sindaci convocata dalla città Metropolitana di Torino ai quali va tutto il mio sostegno perche’ non siamo ancora al pieno rispetto degli accordi presi con Sogin attraverso il Governo. L’auspicio e’ che vi sia quel senso di lealta’ e collaborazione di cui si e’ parlato nelle audizioni con la società. Nel momento della decisione finale devono essere rispettate le scelte degli amministratori locali e delle popolazioni, suffragate dal valore delle osservazioni”, conclude.

FdI: “No ai rifiuti nucleari in Piemonte”

“Anche la Regione lo scrive nero su bianco: il Piemonte non è adatto a ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi”

a dichiararlo è la parlamentare di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli, dopo l’approvazione da parte della Giunta Regionale del documento che respinge tutti i siti individuati nei mesi scorsi dalla Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente idonee. “Fin da subito – prosegue Montaruli – avevamo sollevato insieme ai Comuni coinvolti una serie di importanti criticità, che ora vengono confermate dalle analisi puntali effettuate dalla Regione. Sono 130 pagine di relazione per ribadire come il Piemonte non sia un territorio adatto a ospitare depositi di questo genere. Ora il confronto si sposterà a Roma e mi auguro che tutti i parlamentari piemontesi possano trovare un linea comune al fine di difendere il territorio e portare all’attenzione del Governo queste importanti rilevazioni tecniche”, conclude la parlamentare piemontese.

Gioco d’azzardo, record di emendamenti: oltre 800 mila

Sono stati depositati altri 813mila emendamenti al Ddl 144 sul contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico, la cui discussione è continuata ieri nell’Aula di Palazzo Lascaris.

Di questi emendamenti al testo, 412mila sono a firma Marco Grimaldi (Luv), Sean Sacco (M5s) e Mario Giaccone (Monviso). Gli altri 401mila sono a firma Grimaldi, Sacco e Silvio Magliano (Moderati).

 

 

Damilano incontra i lavoratori Embraco

Embraco è una parola che finisce troppo spesso sui giornali e nei tg. Troppo spesso perché resta un problema non risolto, non affrontato a dovere. Embraco è una parola, ma dietro quella parola ci sono le persone, i nomi, i volti. Oggi li ho incontrati in piazza Castello.

Confesso che è stato doloroso vedere persone con questa voglia di fare e di non arrendersi costrette a scendere in piazza per dare una speranza alle loro famiglie. Non deve più accadere, nessuno deve essere lasciato indietro e dimenticato.

Abbiamo vissuto due anni di emergenza sanitaria e abbiamo capito quanto sia importante la salute. Subito dopo viene il lavoro.

Quello che sarà il mio impegno, la mia più grande preoccupazione e ansia, è riuscire a portare lavoro sulla città. Dobbiamo dannarci l’anima per prossimi cinque anni per portare a Torino i progetti più virtuosi dal punto di vista industriale. La grande sfida passa da qui, ma non solo: ogni crisi industriale deve essere al centro del progetto della Torino futura. Nessuno deve essere lasciato indietro, nessuno deve essere costretto a fare quello che fanno i lavoratori Embraco. Sono al loro fianco e mi farò portavoce delle loro istanze in tutte le sedi.

Paolo Damilano

Candidato sindaco del Centrodestra

Gioco d’azzardo: 85 mila emendamenti in Regione

Sono oltre 85mila gli emendamenti sinora presentati dai gruppi di opposizione al Ddl 144 sul contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico, il cui esame è cominciato ieri pomeriggio nell’Aula di Palazzo Lascaris.

La seduta del Consiglio regionale, nella prima parte, si è svolta con le richieste di inserimento di sette nuovi punti all’ordine del giorno, respinti a maggioranza dei votanti. Poi l’opposizione, intervenuta con rappresentanti di tutti i gruppi, ha chiesto il ritorno in Commissione del Ddl 144. Si è quindi partiti con la pregiudiziale che invoca un contrasto con l’articolo 32 della Costituzione sul diritto alla salute.  Poi altre pregiudiziali, una che ritiene la norma contraria all’articolo 9 dello Statuto regionale, sempre sulla tutela della salute e in seguito perché il Ddl contrasterebbe con l’autonomia dei sindaci. Si è poi passati a una pregiudiziale per contrasto alla libera concorrenza.

Nuove povertà che fare?

L’assessore regionale al Welfare, Chiara Caucino sottolinea , in particolare dallo scoppio della pandemia da Covid19, come il rischio che la nostra società sta correndo è l’aumento delle cosiddette «nuove povertà».

Persone, famiglie che se, fino a ieri, riuscivano a sopravvivere e ad arrivare alla fine del mese, oggi si ritrovano in estrema difficoltà, magari senza lavoro, con un mutuo o un affitto gravoso da pagare e i figli da mantenere, tanto da essere costretti a chiedere un pasto caldo alle tante associazioni di volontariato che si occupano degli «ultimi». Un fenomeno segnalato in forte crescita anche in Piemonte, complice, tra l’altro, la grave e preesistente crisi economica che coinvolge il settore auto e il suo indotto. In sostanza, secondo l’Istat , i morsi della povertà tornano a farsi sentire tanto che siamo tornati ai livelli del 2005. Con stime in preoccupante crescita. A confermalo sono i dati dell’Ires, presentati oggi nel Rapporto «Piemonte economico e sociale», che non lasciano spazio a troppe interpretazioni.

I numeri, infatti, parlano chiaro: l’Ires ha calcolato il rischio povertà in Piemonte in tre distinte fattispecie: 1- prima della pandemia 2 – alla fine del 2020, con i benefici e, in ultimo, alla fine dello scorso anno, ma senza i benefici stessi.
In sostanza si segnala un aumento di circa il 2% all’anno del rischio povertà con picchi del 5% all’anno nelle famiglie con minori.
In Piemonte il rischio, considerando tutte le famiglie, era del 15,0% prima della pandemia, del 17,2% a fine del 2020, con i benefici, e del 19,0% per le famiglie senza benefici. Più drammatica la situazione delle famiglie con minori. Qui il rischio povertà è passato dal 18.3% dell’«era» pre Covid all’attuale 25,5%. Non se la passano bene nemmeno i lavoratori del settore industria (dal 14,5% al 25,5%) e i lavoratori del settore servizi scivolati dal 16,1 del 2019 al 19,6%.

«Questi dati – spiega l’assessore regionale al Welfare, Chiara Caucino – confermano il rischio, anzi la triste certezza che era apparsa evidente fin da subito, tanto che mi sono immediatamente attivata per mettere in campo misure proprio a contrasto delle “nuove povertà”». «Come prima cosa – spiega Caucino – abbiamo offerto sostegno agli Ambiti territoriali per le azioni finanziate sul fondo Povertà (circa 35 milioni per 32 Ambiti Territoriali). Inoltre, sono stati stanziati oltre 10 milioni di euro in favore del Terzo Settore finalizzati proprio per le azioni di contrasto alle nuove e vecchie povertà. A questi si aggiungono altri 200mila euro stanziati per il nuovo protocollo con la Prefettura sui senza dimora».

«Non solo: – prosegue l’assessore biellese della giunta regionale – abbiamo messo mano con determinazione alla gestione del progetto europeo di sostegno ai senza dimora attivo nelle città di Asti, Alessandria, Biella, Cuneo e Novara. E istituito il coordinamento delle azioni finanziate sul Fondo estreme povertà in tutti i capoluoghi di provincia». «E per i più bisognosi – osserva ancora Caucino – abbiamo messo a disposizione 800mila euro per rinforzare la rete di distribuzione di cibo ai meno abbienti piemontesi, oltre che 450 mila euro al Banco Alimentare del Piemonte per un triennio».
Ma il lavoro non finisce qui. Anzi, il «difficile» comincia proprio ora, con l’auspicata «fine» dell’emergenza pandemica. «Lo stop, prima o poi inevitabile, del blocco dei licenziamenti, così come le conseguenze a lungo termine della pandemia in chiave occupazionale, rappresentano fattori che dovremo affrontare, mettendo in campo tutte le misure più efficaci per tutelare le famiglie e gli individui che più di altri sono stati distrutti dagli effetti nefasti del Covid e che devono essere sostenuti con ogni mezzo».

Altra azione importante, sempre per venire incontro a chi è più in difficoltà,  sta mettendo in campo grazie alla sua delega alla Casa: «Il nuovo Piano Casa – conclude Caucino – prevede investimenti per circa 10 milioni tra risorse regionali e fondi ex Gescal per ristrutturare e rendere assegnabili le migliaia di alloggi che oggi son vuoti, a fronte invece di liste d’attesa importanti. Mia intenzione è, anche in questo caso, tutelare i più fragili, coloro che hanno diritto a un aiuto, ma che, per colpe di chi in passato ha mal gestito la cosa pubblica, oggi non possono ancora usufruirne. Non a caso sto girando per tutti gli edifici di edilizia residenziale pubblica del Piemonte, collaborando in maniera davvero sinergica e concreta con i presidenti delle 3 Atc piemontesi, per far sì che quelle che un tempo erano soltanto promesse e parole diventino realtà».

Flash mob di Rifondazione  davanti all’Unione industriali 

Mercoledì 23 giugno alle ore 10,30, in Via Fanti 17, Torino davanti alla sede dell’Unione Industriali,  nell’ambito delle iniziative nazionali contro lo sblocco dei licenziamenti si terrà un flash mob 

per protestare contro la volontà  di andare alla completa rimozione di uno dei principi cardine della nostra Costituzione, il principio che attiene alla tutela del lavoro. Lavoro sempre più  malpagato, sottoposto a forme intollerabili di sfruttamento, di precarietà e di insicurezza. Forme insostenibili che insistono sul contenimento del costo del lavoro per occultare politiche industriali volte esclusivamente a massimizzare i profitti privati. Lo sblocco dei licenziamenti non può che aggravare ulteriormente una situazione di vulnerabilità e di ricattabilità della forza lavoro, situazione tanto più grave per le sempre più frequenti forme di violenza padronale rivolte contro lavoratrici e lavoratori in lotta.

Rifondazione Comunista e Sinistra Anitcapitalista