Ho partecipato al presidio dei lavoratori della Ipb di Brandizzo, la storica azienda che da 50 anni opera nel settore della costruzione stampi nel settore automotive e che nel suo stabilimento nel Torinese occupa 69 dipendenti. La proprietà ha comunicato loro la scorsa settimana la cessata attività per lo stabilimento, motivata con una perdurante mancanza di ordini e conseguenti perdite economiche.
Le competenze professionali di tutti i dipendenti Ipb sono alte, e va considerato il fatto che in Piemonte sono pochissimi gli insediamenti produttivi rimasti in grado di avvalersi delle loro prestazioni, dunque si tratta di un patrimonio da non disperdere. Si pensi che una decina di anni fa era stata aperta una sede in Polonia da IPB e i lavoratori del sito di Brandizzo erano andati sul posto per formare i dipendenti polacchi, mentre al momento non ci sono più rapporti tra le due sedi e le attività si sono parzialmente differenziate.
L’azienda ha deciso di accedere alla Cigs per cessazione dell’attività, unica soluzione a costo zero, e intende prima attuare il piano di riparto dei debiti con le aziende e poi procedere con con la cessazione dell’attività e i licenziamenti.
È dunque necessaria l’apertura urgente di un tavolo in Regione Piemonte, anche alla luce del fatto che l’azienda ha usufruito negli anni di incentivi statali per l’acquisizione di macchinari, impianti, e attrezzature nuovi di fabbrica.
Inoltre c’è un altro elemento da considerare con attenzione: è notizia di ieri la proroga della cassa-Covid fino al 30 giugno 2021. Una notizia indubbiamente positiva, che apre uno spiraglio concreto per la proprietà Ipb, che non potrà essere ignorato dal momento che cambiando la causale della cassa e usufruendo dunque di quella per Covid, i costi verrebbero abbattuti e si potrebbero rinviare i licenziamenti.
Segnalo infine che molte agenzie interinali del territorio richiedono profili con le competenze acquisite negli anni dai dipendenti IPB, quindi si dovrebbe valutare l’avviamento di un altro tavolo parallelo per verificare se ci siano attori industriali sul territorio interessati all’acquisizione di questa fetta di mercato, ed eventualmente ad assorbire dipendenti qualificati, anche attraverso una formazione che li renda spendibili per produzioni differenti
Il vice Presidente del Consiglio regionale: “Con medici e infermieri impegnati a fronteggiare il Covid19, mancano i vaccinatori. La Regione valuti il coinvolgimento del personale in congedo, se vaccinato. Pronto a rendermi disponibile”
“Di fronte al peggioramento della situazione epidemiologica in Piemonte, è prioritario accelerare la campagna vaccinale. Le principali criticità stanno nei ritardi delle forniture e nella complessità logistica ed organizzativa, ma anche nella capacità di somministrazione che è in evidente affanno. Mancano i vaccinatori. Un problema che diventerà sempre più evidente nella prosecuzione della campagna vaccinale, soprattutto quando arriveremo alla vaccinazione di massa della popolazione. Il tema dei vaccinatori è stato sollevato durante i lavori della IV Commissione in Consiglio regionale. Il nostro sistema sanitario si trova a dover reggere su quattro fronti: i vaccini, i tamponi, l’assistenza dei malati Covid19 con la pressione sugli ospedali in aumento causa terza ondata, infine garantire le attività urgenti e riattivare attività ambulatoriali, esami e visite, a oggi di fatto sospese in gran parte dei presidi sanitari. Pertanto, credo sia urgente e necessario verificare la possibilità di coinvolgere nella campagna vaccinale medici ed infermieri over 70, ora in congedo, ovviamente esclusivamente se vaccinati e su base volontaria. Queste persone potrebbero offrire un grande contributo, soprattutto quando si aggiungeranno nuovi centri vaccinali, penso ad esempio le farmacie. Auspico che la Regione Piemonte voglia valutare con attenzione questa ipotesi. Se così sarà, sono disponibile a tornare ad indossare il camice e fare la mia parte».
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Mauro SALIZZONI, vice Presidente del Consiglio regionale del Piemonte
Non molti sanno che nella XII legislatura del Regno d’Italia, l’ultima dove gli elettori poterono esprimere un voto, dopo l’approvazione delle ‘Leggi Fascistissime’ nelle quali il fascismo divenne regime, a Montecitorio rimase una piccola pattuglia di deputati che non vennero fatti decadere in conseguenza delle leggi speciali di difesa dello Stato che defenestrarono l’opposizione e sciolsero tutti i partiti ad eccezione del PNF.
Erano i due deputati sloveni Josip Wilfan ed Engelbert Besednjak eletti in rappresentanza delle minoranze slovena e croata. Rimasero nel Parlamento Italiano e con loro i colleghi tedeschi Tinzel e Sternbach, grazie al Trattato di Rapallo con la Jugoslavia del 1924 che Benito Mussolini non voleva prolungare ma al momento dell’entrata in vigore delle sopracitate leggi era ancora in vigore. Per i due deputati eletti dalla comunità slovena e croata della Venezia Giulia, nati nell’Impero Austro-Ungarico, portare a termine il mandato parlamentare non fu certamente semplice. Besednjak, di tendenze cristiano-sociali, insieme al nazionale liberale Vilfan, fu il più alto rappresentante di una comunità di oltre 500mila sloveni e croati che vivevano sotto l’ombrello del Regno d’Italia, in conseguenza dei nuovi confini dettati dalla pace di Versailles. Gli appassionati interventi del deputato ed avvocato nato a Gorizia regnante ‘Cecco Beppe’ (Francesco Giuseppe d’Asburgo) e diventato suo malgrado cittadino italiano sono raccolti in un volume ‘Engelbert Besednyak v parlamentu – Discorsi parlamentari dell’on. Engelbert Besednyak’ in italiano ed in sloveno, edito a Trieste nel 1996 a Trieste a cura del Circolo per gli studi sociali Virgil Scek. Nel libro vengono riportati interventi, interrogazioni, ordini del giorno dell’appassionato lavoro a Montecitorio a difesa della minoranza slovena e croata in Italia e, in generale, dei diritti umani. L’attività si articola a partire dall’indirizzo di risposta al discorso della Corona del 4 giugno 1924, nel quale Besednjak, il primo discorso pubblico del deputato pronunciato in lingua italiana nel quale sottolinea ‘l’importanza decisiva che ha la politica verso le minoranze per la missione che ha da compiere l’Italia nel mondo’, una mano tesa che il cosiddetto ‘fascismo di frontiera’ lasciò tale. Una particolare attenzione è dedicata alla soppressione delle scuole slovene ed alla riforma del ministro del Giovanni Gentile che imponeva l’italiano come lingua di insegnamento in tutta Italia. Nel suo ultimo discorso pronunciato alla Camera dei deputati, dichiarò che dopo l’abolizione delle scuole croate e slovene, ogni famiglia jugoslava in Italia sarebbe diventata essa stessa una scuola. Nel 1929 Besednjak emigrò in Argentina, ma già l’anno successivo ritornò in Europa per lavorare al Congresso delle Minoranze Etniche Europee di Vienna, di cui fu vicepresidente]. In seguito si stabilì nel Regno di Jugoslavia, a Belgrado. Nel periodo tra le due guerre lavorò nel Partito Popolare a supporto della fazione centrista guidata dal politico cristiano-democratico Andrej Gosar. Dopo il 1935, quando il partito decise di supportare il governo conservatore guidato da Milan Stojadinović, Besednjak si fece sempre più critico della sua linea. Passò gli anni della Seconda guerra mondiale a Belgrado, dove non si unì a nessuna fazione politica in lotta contro l’occupazione tedesca. Inizialmente si tenne a distanza sia dai partigiani sia dalle milizie collaborazioniste. Dopo il 1943 iniziò a collaborare con il cosiddetto “centro cattolico” guidato da Jakob Šolar e Andrej Gosar nella provincia di Lubliana e da Virgil Šček nella Venezia Giulia, nel tentativo di bilanciare il Fronte di liberazione del popolo sloveno di orientamento comunista e le varie forze anti-comuniste. Dopo il 1944 si avvicinò al movimento partigiano di Tito, ritenendo il movimento comunista l’unico in grado di realizzare l’annessione del litorale sloveno e dell’Istria alla Jugoslavia e di tenere unito un paese etnicamente così ricco. Nel 1950 Besednjak si stabilì a Trieste, dove collaborò alla fondazione dell’Unione Sociale Slovena Cristiana, che in seguito si fuse con altri partiti conservatori nell’Unione Slovena. Dopo l’annessione de facto della zona A del Territorio Libero di Trieste all’Italia nel 1954, si ritirò dalla vita pubblica. Alla fine degli anni cinquanta pubblicò un libro di memorie dedicato all’amico e collaboratore Virgil Šček, che resta ancora oggi una delle fonti più importanti per la storia dei movimenti politici sloveni e croati nel Regno d’Italia.
Engelbert Besednjak morì a Trieste nel 1968.
Massimo Iaretti
Meglio rinviare la resa dei conti
La cosa che stupisce maggiormente delle dimissioni di Nicola Zingaretti è che molti del PD, precisamente molti dirigenti, si sono stupiti. Ma non so, si parlano prima ? Nicola Zingaretti è un bravo uomo. Lo si vede subito. Si è dimesso perché tirato per la giacchetta e perché, nella vita, generalmente, per fare bene un mestiere , bisogna fare un mestiere per volta. E Zingaretti faceva il segretario part-time. Anzi, direi a tempo perso. Ed i non risultati si sono visti.
Unico consiglio che mi sento di dare agli amici del PD è di decidere chi sono e che cosa vogliono. Poi decidere chi deve gestire il tutto. Tanto faranno a modo loro. Sono circa 30 anni, gira e rigira, e sono gli stessi. Per intanto, ritorna la vecchia idea che il Toscanaccio ( Renzi ) lanci la sua OPA sul PD. L’80 % degli eletti deve l’ elezione a Lui. In verità Nicola Zingaretti è arrabbiato con tutti i suoi. E non lo manda a dire. Il termine giusto è esasperato. Indubbiamente ci sono piccolezze umane e ingordigia di potere. Ma come si diceva una volta , c’ è un problema di fondo. Il Pd non ha funzionato. L’ amalgama tra Margherita e Ds non ha funzionato. I Ds hanno poi perso verso sinistra e il centro ( democratico) ha perso a destra. Ridetto in altre parole, in Italia non c’è spazio per ( solo) due poli politici alternativi. Non si creda che gli altri siano messi così bene. Partiamo dai sondaggi. Vero che la Meloni continua ad aumentare nei voti. Ma non le sono sufficienti per farci qualcosa. Vero che con Conte i cinque stelle superano il Pd. Ma Casaleggio organizza la scissione, anche perché non gli danno più soldi. Forza Italia è di fatto orfana dell’ unicum, Berlusca. Persino il ritorno , in pompa magna di Matteo Salvini è offuscato dal suo non aver sfondato al Sud. Il covid ha molto complicato la situazione. Torino ed il Piemonte stanno a guardare.
Del resto non hanno alternative. Enzo La Volta 24 ore fa , pur di fare il candidato apre ai pentastellati. Ora, mi sa che anche per lui è tutto da rifare. Poi il Piemonte è alle prese con l’aggravamento della situazione sanitaria e la vaccinazione non decolla. Sia per la mancanza della materia prima, sia per ‘ indisponibilità di molti medici di base. Potremmo dire normale amministrazione.
Come, del resto molti professori che non vogliono “rischiare la vita”. Solo che non saremmo in una situazione normale. Indubbiamente ‘ instabilità politica complica le cose. Con la tragica consapevolezza che l’ Europa, ai vari livelli, sui vaccini ha toppato alla grande. Complicanze non solo nel centro sinistra. Rinviate ad ottobre le elezioni. Dunque Damilano è partito troppo presto per la campagna elettorale. Le critiche piovono . Complicato andare avanti così. Complicato avere fiducia nel futuro. Non ci sono alternative, se non quella di fare ciò che ci compete per uscirne. Mascherine e non assembramenti. Non sarebbe poi così tanto complicato fare il nostro dovere. Come non sarebbe complicato chiedere ai politici ed alla politica di smetterla di bisticciare. Rinviare, insomma il regolamento dei conti a pandemia superata. Nessuno chiede che finisca tutto a tarallucci e vino. C’ è modo e modo e soprattutto tempo e tempi. È decisamente prioritaria la nostra salute. Il resto, del resto, verrà dopo. Speriamo.
Patrizio Tosetto
I Consiglieri regionali Maurizio Marello e Domenico Rossi (Pd) hanno presentato un ordine del giorno avente per oggetto la proroga delle scadenze per il settore vitivinicolo.
«L’attuale situazione di emergenza ha determinato una forte crisi economica con una contrazione degli sbocchi di mercato e una conseguente inflessione delle vendite e delle capacità di reinvestimento delle aziende vitivinicole» spiegano congiuntamente Marello e Rossi.
Indicano, inoltre, nel testo dell’Odg: «Ad oggi il Regolamento CE 2220/2020 ha prorogato le scadenze relative alle Autorizzazioni di Nuovo impianto e di Reimpianto in scadenza amministrativa nel 2020 alla fine del 2021, tuttavia il provvedimento è riduttivo in quanto occorrerebbe una proroga ulteriore almeno a fine 2022 e in tal modo ricomprendendo anche tutte le Autorizzazioni di ogni tipo in scadenza amministrativa nel 2021». «La stessa situazione si verifica per quanto riguarda la ristrutturazione e riconversione dei vigneti per cui la scadenza amministrativa del 20 giugno 2020 è stata prorogata al 20 giugno 2021: occorrerebbe una proroga al 20 giugno 2022 mettendo le aziende in condizione di operare in modo più elastico e sereno, ricomprendendo anche qui le domande in scadenza amministrativa al 20/06/2021». «Anche per le domande OCM Vino investimenti è necessaria una proroga al 2022» aggiungono.
In particolare, dunque, i consiglieri chiedono a la Giunta regionale a prorogare al 2022 le scadenze relative alle misure di sua competenza e ad attivarsi presso il Ministero affinché si provveda a prorogare le scadenze del settore per le attività al 2022 e si mettano in campo tutte le azioni necessarie, anche con le istituzioni sovra-ordinate, per rendere operative le proroghe.
«Ci auguriamo che la maggioranza condivida con noi queste posizioni e che l’atto di indirizzo venga discusso al più presto in Consiglio Regionale» concludono i Consiglieri.
La politica è una cosa seria
FRECCIATE L’ex calciatore Marchisio rifiuta il corteggiamento del Pd e da’ una lezione a Zingaretti: la politica – dice – è una cosa seria.
L’arciere
ONG OGGETTO D’INCHIESTA . INTERROGAZIONE ALLA CAMERA.
“La giustizia farà il suo corso, ma il tema delle ong straniere nel mediterraneo è un problema politico.
Il Governo ne chieda conto alla Germania” a dichiararlo è la parlamentare Augusta Montaruli intervenendo sull’avviso della chiusura d’indagine notificata dalla procura di Trapani. “Da anni Fdi denuncia quanto sta avvenendo nel mediterraneo. Presenteremo un’interrogazione alla Camera sulla vicenda ma una cosa è chiara: se una ong batte bandiera tedesca è la Germania che dobbiamo ammonire sul comportamento delle stesse. Ci auguriamo che non si continui a chiudere gli occhi sul traffico di esseri umani .”
Rimandata in commissione la proposta di LUV sulla doppia preferenza di genere. Grimaldi: Dovremmo vergognarci della nostra arretratezza culturale, su questa sfida vince ogni volta la logica della conservazione.
“Ma quale blitz, ma quale colpo di testa: questa legge è ferma da anni. Dal 2018 per l’esattezza, da quando con Silvana Accossato e tante colleghe e concittadine diciamo le stesse cose. Penso che dovremmo vergognarci del fatto che il Piemonte sia fra le sei Regioni d’Italia in cui non si consente la doppia preferenza di genere, né si prevedono quote di lista. Nell’attuale Consiglio regionale piemontese le Consigliere sono solo 8 su 51; questi numeri non solo segnalano una diseguaglianza nell’accesso, sono il simbolo di un’arretratezza culturale che per fortuna in gran parte d’Europa non è nemmeno più concepibile. Eppure, per la maggioranza dei miei colleghi, evidentemente tutto ciò non fa scandalo, la logica della conservazione del potere maschile continua a vincere” – dichiara il Capogruppo di Liberi Uguali Verdi, Marco Grimaldi, dopo il voto che rispedisce in soffitta la sua proposta di legge ‘Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del o della Presidente della Giunta’.
“Sono favorevole al superamento del premio di maggioranza attraverso il cd listino – prosegue Grimaldi – così come vogliamo a che noi rivedere i collegi elettorali ma questo non può essere un alibi per non cambiare mai niente. Resto convinto che introdurre un criterio di parità di genere sia infinitamente più urgente e più necessario di qualunque altra modifica della legge elettorale regionale – continua Grimaldi. Poteva e doveva essere fatto subito, come abbiamo proposto, in maniera molto semplice avremmo almeno cominciato col correggere una stortura discriminatoria del nostro sistema di selezione della rappresentanza. Non esistono scuse valide per avere messo in soffitta questo passo di civiltà e giustizia. Non ci perdiamo certo d’animo e non continueremo a restare isolati come successo in Aula”.