politica- Pagina 24

Autonomia differenziata: un progetto che viene da lontano

Proviamo a fare chiarezza sulla bollente questione delle autonomie regionali.

E partiamo, come doveroso se vi vuole capire l’essenza del problema, da dati storici.

Realizzata l’unità d’Italia, lo Stato emanò la prima legge che regolamentava gli enti locali con L.20/3/1865 (“Legge Ricasoli”), ripartendo il territorio in provincie, circondari, mandamenti e comuni. Le provincie, in particolare, si configurarono come “sede di decentramento dell’amministrazione centrale” con a capo il prefetto, un funzionario nominato dal governo per verificare la rispondenza degli atti degli enti locali alle leggi statali.

I poteri degli enti locali furono fissati con un decentramento amministrativo con le leggi del 21 maggio 1908 n. 269 e la legge 4 febbraio 1915, n. 148 (i Testi unici delle leggi comunali e provinciali).

Nel Regno d’Italia, pertanto, le regioni non esistevano come enti territoriali.

La nascita delle regioni può essere fissata nel 1870, quando un certo Pietro Maestri raggruppò a fini statistici e didattici le provincie in “circoscrizioni territoriali”, rimpiazzando i precedenti compartimenti che ricalcavano gli stati preunitari.

Il termine “regione” apparve come sostituto del termine “compartimento” per la prima volta nell’Annuario statistico italiano del 1912. Fino a quel momento le regioni erano una pura espressione geografica, del tutto priva di contenuti in termini di compiti istituzionali e poteri amministrativi.

La nascita ufficiale delle regioni come enti territoriali risale al 1948, quando l’art.114 della Costituzione stabilì che “La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni”, precisando che “Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione.” (art. 115)

Si fissarono anche in 19 le Regioni: Piemonte; Valle d’Aosta; Lombardia; Trentino-Alto Adige; Veneto; Friuli-Venezia Giulia; Liguria; Emilia-Romagna; Toscana; Umbria; Marche; Lazio; Abruzzo e Molise; Campania; Puglia; Basilicata; Calabria; Sicilia; Sardegna. (art. 131)

A Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige/Südtirol (costituito dalle Provincie autonome di Trento e di Bolzano) e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste furono concesse forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.

Peraltro l’innovazione rimase lettera morta per decenni, in assenza delle leggi ordinarie che precisassero con chiarezza, compiti, funzioni e poteri della nuova entità.

La svolta avvenne solo negli anni ’70, con un primo parziale trasferimento di poteri dallo Stato alle Regioni e con le prime elezioni che sancirono l’avvio dell’amministrazione decentrata e la realizzazione della prima autonomia (o, volendo usare una terminologia oggi ossessivamente usata negli slogan, si approvò un decreto “spacca Italia”).

L’impianto decentrato fu ulteriormente potenziato nel 2001 con legge costituzionale n. 3/2001 che riscrisse l’intero Titolo V della Costituzione, sovvertendo i tradizionali rapporti tra Stato centrale ed enti periferici.

Infatti l’art.114 venne riscritto come segue: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Provincie, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Provincie, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.”

La modifica sembra di poco conto, con la nascita delle città metropolitane e con l’inversione dell’ordine degli enti territoriali rispetto al testo originario fissato dai padri costituenti, ma in realtà fu l’inizio di una rivoluzione che creò enormi problemi nella ”coabitazione” fra potere centrale e potere locale, anche per la mancata chiarezza delle sfere d’influenza, con l’avvio di centinaia di contenziosi e cause presso il TAR.

Un primo, importante cambiamento riguarda la struttura dello Stato, non più identificato con la Repubblica ma come parte di quest’ultima, sullo stesso piano delle altre entità territoriali che la compongono. Un palese declassamento per valorizzare e potenziare l’autonomia locale. In quell’anno finì la posizione di primazia dello Stato, che fu spezzettato fra venti Regioni, un centinaio di Provincie, una decina di migliaia di Comuni.

Un secondo sostanziale cambiamento fu l’introduzione di nuove materie in cui le Regioni potevano ottenere autonomia, prevista dall’art.116 della Costituzione; e non in maniera e con procedura uniforme, ma ognuna per conto suo, su espressa richiesta da approvare con accordo con il governo da ratificare in Parlamento.

Le materie in questione sono:

  • quelle oggetto di “potestà legislativa concorrente”, (previste all’art.117 della Costituzione). Le materie in questione sono rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni, commercio con l’estero, tutela e sicurezza del lavoro, istruzione professionale, ricerca scientifica e tecnologica, tutela della salute, alimentazione, protezione civile, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, previdenza complementare e integrativa, valorizzazione dei beni culturali e ambientali, casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
  • alcune tra quelle indicate al secondo comma dell’art. 117, ovvero organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

Fu in quel momento, e non oggi, che nacque il cosiddetto “regionalismo differenziato”.

Insomma, la Costituzione è stata stravolta, ma ben pochi hanno protestato, anche perché la Costituzione stessa prevede, saggiamente, che il testo possa essere modificato, rispettando precise procedure!

Procedure rispettate anche con il disegno di legge presentato dal Ministro Calderoli ed approvato in via definitiva dal Parlamento nel giugno 2024, scatenando un movimento di pesante opposizione con raccolta di firme per indire un referendum abrogativo.

Ogni opinione è lecita, ma i fatti sono indiscutibili: la riforma è legittima, l’autonomia differenziata è prevista dalla Costituzione, è stata approvata vent’anni fa da governi diversi da quello attuale formati dai partiti che oggi vogliono bloccare il completamento della riforma del Titolo V della Costituzione da loro modificato…

Gianluigi De Marchi 

demarketing2008@libero.it

Merlo: Turismo in montagna, l’Uncem ha ragione

Non tutto può più essere gratuito. Vanno coinvolte anche le grandi città.

“Il crescente, e positivo, turismo montano è un tema che va affrontato anche dalle città, da dove –
come ovvio – partono i turisti. Su questo versante ha perfettamente ragione il Presidente nazionale
dell’Uncem Marco Bussone. A cominciare dalla pianificazione della promozione turistica di quei
territori. Perchè, ormai, prima di acquistare immobili in montagna devi avere anche la garanzia che
ci siano dei sevizi adeguati nella montagna stessa. Ma quello che è ancora più importante, come
sostiene la stessa Uncem, è di prevedere delle misure che regolano i flussi nelle zone turistiche e
montane. In alcune aree già ci sono ma vanno indubbiamente rafforzate. Del resto, non tutto può
più essere gratuito. E i futuri e possibili introiti possono e devono essere destinati per finanziare
misure indispensabili e necessarie per garantire, ad esempio, la pulizia degli stessi territori
montani e la presenza di servizi essenziali a servizio delle persone delle comunità.
Insomma, forse è giunto il momento per far sì che il turismo, giusto e sacrosanto, nelle zone
montane sia affrontato anche dalle amministrazioni comunali delle grandi città. Con la
consapevolezza, comunque sia, che non potrà più essere tutto gratuito”.

Giorgio Merlo, Dirigente nazionale Tempi Nuovi Popolari uniti, Assessore Pragelato. Già Sindaco

Ferragosto, visita del Partito Radicale nelle carceri

Giovedì 15 agosto una delegazione del Partito Radicale, guidata da Sergio Rovasio, membro del Consiglio Generale del Partito Radicale e Presidente dell’Associazione Marco Pannella di Torino, farà visita, insieme al Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà della Regione Piemonte, Bruno Mellano, all’Istituto Penale Minorile Ferrante Aporti di Torino. La visita inizierà alle ore 10. Incontro con la stampa alle ore 12,30 fuori dall’Istituto.

Presso l’I.P.M. Ferrante Aporti in queste ultime settimane sono avvenuti gravi episodi di violenza ed è stato ripetutamente denunciato il sovraffollamento della struttura con gravi conseguenze per i detenuti e il personale e alla stessa struttura detentiva.

Verrà inviato al Presidente della Regione Alberto Cirio un report sull’esito della visita anche in vista delle visite da lui programmate prossimamente in alcuni istituti penitenziari.

il 14 agosto, alle ore 9 è prevista la visita presso il carcere di Asti presso la Casa Circondariale di Quarto, la delegazione sarà composta da Daniele Robotti e Paolo Giargia, membri del Partito Radicale.

Nel mese di agosto sono state programmate visite in diverse decine di Istituti penitenziari in tutta Italia nell’ambito della campagna ‘Estate in carcere’ promossa dal Partito Radicale e Forza Italia per denunciare le gravissime carenze delle strutture di detenzione: 65 suicidi nel 2024, sovraffollamento supera il 130% (61.140 detenuti rispetto alla capienza regolamentare di 51.269), violenza diffusa con centinaia di aggressioni al personale, gravissime carenze di personale (secondo recenti stime risultano mancanti 18.000 agenti penitenziari rispetto al fabbisogno), strutture fatiscenti, gravi carenze igieniche e sanitarie.

Il Partito Radicale ha sollecitato il Ministro della Giustizia Nordio a intervenire anche sulla grave carenza di personale dei magistrati di sorveglianza: 230 magistrati con uffici sottorganico del 50% che devono vigilare su 190 Istituti, 86.000 soggetti in eseuzione penale esterna, 100.000 liberi sospesi con l’ulteriore aggravio di 200.000 pratiche di liberazione anticipata inevase.

Pd in visita al carcere di Torino: “Situazione insostenibile”

CARCERE LO RUSSO E COTUGNO.  ROSSOMANDO, GRIBAUDO, CONTICELLI : “ AFA, SOVRAFFOLAMENTO E CARENZA DI ORGANICO”

“Abbiamo aderito all’iniziativa di Movimento forense e Nessuno tocchi Caino per la visita nelle carceri italiane nella settimana di Ferragosto. Il caldo torrido e il periodo di ferie estivo rende ancora più drammatica la situazione degli istituti di pena, con le inadeguatezze infrastrutturali, di sovraffollamento, e le carenze di personale ormai endemiche.

Al Lorusso Cutugno di Torino su una capienza teorica di 1100 posti oggi sono 1500 le persone detenute, compresi i semiliberi che lavorano all’esterno ma dormono in carcere, con 200 agenti di polizia penitenziaria in meno rispetto all’organico previsto, a cui si aggiunge il periodo di ferie e il turn-over. Gli ultimi  invii del governo sono bastati appena a coprire i trasferimenti.

“Abbiamo visitato padiglione femminile e il piano terra del padiglione B, oltre ai locali dell’accoglienza e dell’immatricolazione. Non è stato possibile ancora una volta avere accesso al padiglione C, dove le condizioni risultano più precarie e pressanti sia per i detenuti sia per i lavoratori della polizia penitenziaria.

Le misure alternative e i percorsi di reinserimento restano un miraggio, legato anche alle carenze di organico e alla mancanza di volontà politica di investire su percorsi reali di recupero, mentre aumenta anche il numero dei bambini detenuti con le madri ad oggi  6 a Torino.

La presenza di un’area sanitaria di una sezione per la salute mentale fa sì che su Torino si concentri una elevata quota di popolazione carceraria con problemi di salute, che risente le stesse lungaggini e carenze dei cittadini piemontesi rispetto ad analisi e approfondimenti specialistici, ma che in carcere diventano più drammatiche e insostenibili.

La violazione  di quanto previsto dalla nostra costituzione è palese ed evidente, un carcere così  oggi  produce insicurezza e disagio, che ricade su tutti coloro che vivono o lavorano al proprio interno”.

Lo affermano, a margine del sopralluogo alla Casa circondariale Lo Russo e Cotugno di Torino,  Anna Rossomando, Vicepresidente Senato; Chiara Gribaudo, vicepresidente Commissione Lavoro Camera dei Deputati ; Nadia Conticelli, consigliera regionale Piemonte

Reddito familiare, Ambrogio (Fdi): “Dati OCSE incoraggianti”

“I dati dell’area OCSE, relativi al reddito delle famiglie nel primo trimestre, sono assolutamente incoraggianti per l’Italia, che registra l’incremento maggiore tra le 38 nazioni analizzate. Ciò è stato possibile grazie all’aumento della retribuzione dei lavoratori dipendenti e dei trasferimenti sociali, che hanno garantito alti standard di welfare e azioni efficaci in ottica socio-assistenziale. Negli ultimi vent’anni, in Italia, reddito e potere d’acquisto non hanno segnato particolari progressi: questa è una stortura che incide a 360 gradi sulla vita delle famiglie, delle imprese e, quindi, sulla salute dei conti pubblici. Dobbiamo continuare a lavorare affinché quello che è, ad oggi, un circolo vizioso si trasformi in una traiettoria socio-economica positiva, caratterizzata da crescita, benessere e occupazione. I numeri  sono confortanti e la strada, pur ancora lunga e piena di insidie, pare sempre meno impervia: in meno di due anni, grazie al governo Meloni, ottenuti risultati straordinari”. Ad affermarlo Paola Ambrogio, Senatore di Fratelli d’Italia e componente della Commissione Bilancio di Palazzo Madama.

La coalizione non è un pallottoliere

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

La coalizione politica, o l’alleanza politica e di governo, non possono trasformarsi in semplici e
banali pallottolieri. E questo per una ragione molto semplice. E cioè, una coalizione è seria e
credibile e può ambire a svolgere un ruolo di governo solo se c’è una comune convergenza
politica e programmatica. Insomma, l’esatto opposto di ciò che sta facendo l’attuale cartello delle
sinistre. Se è vero, com’è vero, che c’è un comune quadro valoriale, culturale e politico delle tre
sinistre esistenti – cioè quella radicale e massimalista della Schlein, quella populista e demagogica
dei 5 stelle e quella fondamentalista ed estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis – è altrettanto
indubbio che tutto ciò che si aggiunge a questo campo appartiene alla sfera del trasformismo e
dell’opportunismo politico. Appunto, la logica del pallottoliere. Del resto, è quasi patetico leggere
ogni giorno le reazioni dei maggiori esponenti delle tre sinistre di fronte all’ultima piroetta politica
del capo di Italia Viva, Renzi. Una piroetta del tutto comprensibile per poter mantenere in
Parlamento una manciata di amici cari alle prossime elezioni politiche ma che prescinde, com’è
ormai evidente a tutti, da qualsiasi valutazione politica, culturale e programmatica. In attesa, è
solo questione di tempo, che la stessa operazione la faccia anche Calenda. Ovvero, e
sintetizzando, dire l’esatto contrario per anni e poi, d’incanto, cambiare radicalmente opinione
perchè, guarda caso e all’improvviso, c’è un nemico irriducibile alle porte che va combattuto con
tutte le forze e con tutti i mezzi a disposizione. E il nemico, almeno così pare di capire, sarebbe
quello che siamo ormai alla vigilia – cioè siamo sempre alla vigilia…- di una svolta illiberale, di una
deriva dittatoriale, di una torsione autoritaria, di una negazione delle libertà democratiche e di
espressione, di una sostanziale cancellazione dei valori e dei principi costituzionali. In sintesi,
siamo alla vigilia di una piena ed organica regressione fascista.
Ora, al di là di queste baggianate, è di tutta evidenza che ci troviamo di fronte ad una vera e
propria caduta di credibilità della politica e delle regole elementari della democrazia. E cioè, ci si
inventa un nemico mortale che ovviamente non esiste perchè è del tutto virtuale, si monta una
propaganda martellante attraverso il sistema mediatico amico – i soliti e notissimi quotidiani e gli
altrettanto noti talk televisivi – e il gioco è fatto. C’è solo un piccolo particolare, come la concreta
esperienza insegna. E cioè, la logica del pallottoliere – qualunque sia la stagione poltica in cui la
la pratica – è semplicemente incompatibile con la cultura di governo. Perchè, appunto, unendo il
diavolo e l’acqua santa, come si suol dire, tutto si può fare tranne una cosa: garantire un governo
serio e credibile al paese.
Ecco perchè, almeno questa è la speranza, mancando ancora un po’ di tempo in vista delle
prossime elezioni politiche, auguriamoci che il cartello delle sinistre impari la lezione. Del resto, è
appena sufficiente guardarsi indietro per evitare ulteriori figuracce.