POLITICA
Leggi l’articolo su L’identità:
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“Degli 87,7 milioni di euro destinati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti al Piemonte per la manutenzione e la riqualificazione delle strade provinciali, oltre 29 milioni di euro sono destinati alla provincia di Torino. Si tratta di un risultato straordinario, che conferma l’impegno della Lega e del vicepremier Matteo Salvini a favore dei nostri territori” affermano i deputati torinesi Elena Maccanti e Alessandro Benvenuto, che spiegano come
“queste risorse consentiranno di dare risposte attese da tempo: migliorare la sicurezza, rafforzare la viabilità e garantire interventi urgenti di manutenzione su strade che i cittadini percorrono ogni giorno. La ripartizione complessiva è parte del piano straordinario da un miliardo di euro per le Province e le Città metropolitane, fortemente voluto dal Ministro Salvini: una cifra record, che non solo è più cospicua rispetto al passato ma soprattutto è stata definita con criteri più equi, tenendo conto delle effettive esigenze di adeguamento della rete stradale gestita dagli enti locali”.

C’è un aspetto di grande interesse nell’attuale politica italiana. Anche se, per essere onesti
intellettualmente, è una domanda che campeggia già sin dall’inizio della seconda repubblica.
Anche se dopo il voto del 2022 è divampato in modo persin plateale. E la domanda è alquanto
semplice. E cioè, ma qual’è il modello di centro destra che la sinistra italiana – nella sua attuale
versione radicale, massimalista, populista ed estremista – desidera o preferisce? Faccio questa
domanda perchè i vari conduttori dei talk televisivi di sinistra – da Gruber a Formigli, da Floris a
Gramellini a molti altri -, i numerosissimi intellettuali che supportano il cosiddetto ‘campo largo’ e
gli stessi esponenti politici di questa coalizione, continuano a sostenere che purtroppo in Italia
non c’è un centro destra liberale, conservatore, democratico, riformista e realmente di governo.
Ovvero, detto con altre parole, non c’è un destra affidabile. Esiste, per usare il linguaggio corrente
di tutti i maggiori opinionisti e commentatori di sinistra, “una destra destra” illiberale,
tendenzialmente antidemocratica, certamente anti costituzionale e pericolosissima per la stessa
tenuta democratica del nostro paese e per salvaguardare le regole dello Stato di diritto. Insomma,
per farla breve, si tratta di una coalizione – quella dell’attuale centro destra – che può
tranquillamente degenerare, come dicono tutti i santi giorni i vari capi della sinistra, in una sorta
di regime antidemocratico, illiberale, dispotico, tirannico e profondamente e schiettamente anti
costituzionale.
Ora, ed arriviamo al punto centrale di questa riflessione, quale sarebbe il modello di centro destra
più gradito e più gettonato dall’attuale sinistra e dai suoi supporter mediatici? Credo, e senza
avere affatto la presunzione di interpretare quella corrente di pensiero, che si tratta di un modello
che si articola sostanzialmente in tre passaggi di fondo.
Innanzitutto dovrebbe essere un centro destra che non supera assolutamente il 5% dei consensi
elettorali. O meglio, per restare larghi, che non deve oltrepassare il 10% dell’elettorato italiano.
Una sorta, per tornare alla concreta esperienza della prima repubblica, di sommatoria
dell’elettorato del PLI e del PRI. Appunto, al di sotto del 10%.
In secondo luogo non dovrebbe essere un centro destra radicalmente alternativo alla sinistra
perchè altrimenti – ed è persin inutile ricordarlo – si mettono in discussione i principi fondamentali
della democrazia. E questo perchè, come noto, i valori democratici e costituzionali si identificano
sostanzialmente con i partiti della sinistra. Seppur nella sua multiforme espressione.
In ultimo, ma non per ordine di importanza, un centro destra credibile, e quindi accettabile,
dovrebbe sempre riconoscere la “superiorità morale” della sinistra e, al contempo, una incapacità
del declinare un vero e proprio progetto politico. O progetto di società. E questo non per
arroganza ma per un fatto politico e strutturale quasi oggettivo.
Ecco perchè, cercando di restare seri e anche trasparenti, forse è arrivato il momento per dire – al
di là delle singole e scontate valutazioni politiche che ciascuno può e deve fare – che un centro
destra democratico, riformista, credibile e di governo non deve essere accettato e certificato dallo
schieramento alternativo. Nel caso specifico dall’attuale sinistra. Perchè in democrazia c’è una
sola regola, piaccia o meno ai molteplici salotti, che vale. Ed è il giudizio popolare quando è
democraticamente e liberamente espresso. Tutto il resto, purtroppo, o è un semplice desiderio
oppure, nel peggiore dei casi, un modo per limitare e distorcere la democrazia. Ma sino a quando
vige l’attuale Costituzione tutto ciò non è possibile.
«La salute degli italiani oggi è fra le migliori del mondo.» E c’è un motivo preciso, secondo Rosy Bindi, che si
chiama “Servizio sanitario nazionale”. Ma oggi questo bene di tutti è a rischio. Per non perderlo occorre
reagire e invertire la rotta innescata dalla cronica mancanza di risorse, da una progressiva privatizzazione e
dall’autonomia differenziata delle regioni. Il nostro sistema resta un presidio di civiltà fondamentale, che
possiamo ancora permetterci e sul quale vale la pena investire, correggendo le disfunzioni che conosciamo e
fermando i tentativi in atto di puntare su un modello assicurativo più iniquo e costoso. A venticinque anni
dalla riforma che porta il suo nome, l’autrice sgombra il campo dalle ricostruzioni di parte e dalle polemiche
inutili e avanza proposte, chiare e coraggiose, volte a promuovere la rinascita di un servizio basato su equità,
solidarietà e trasparenza. Con un’analisi lucida e senza sconti per nessuno smaschera le contraddizioni di una
trasformazione piegata alla logica del profitto. E ricorda che tutti possono e devono battersi per difendere il
diritto alla salute sancito dalla nostra Costituzione.
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Rosy Bindi, vicepresidente dell’Azione cattolica (1984-89), è stata ricercatore di Diritto amministrativo
all’Università di Siena, eletta nel 1989 al Parlamento europeo e alla Camera dei deputati dal 1994 al 2018. È
stata vicepresidente della Camera dei deputati dal 2008 al 2013, presidente del Partito democratico dal 2009
al 2013 e presidente della Commissione parlamentare antimafia dal 2013 al 2018. Ha ricoperto gli incarichi di
Ministro della Sanità dal 1996 al 2000 e della Famiglia dal 2006 al 2008.
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• Prezzo di copertina: 16,50 euro
• Pagine: 176
• Anno: 2025
• Collana: Saggi
• Formato: brossura con alette
di Massimo Iaretti
L’articolo 14 della Costituzione statuisce che il domicilio è inviolabile. Spesso, però, il domicilio di un cittadino viene violato da malintenzionati e la casa diventa luogo dove vengono commessi vari reati oppure viene violato da chi lo occupa e spossessa il proprietario legittimo. La casistica è infinita e sovente al centro di fatti di cronaca.
Questa premessa è indispensabile per comprendere la ‘ratio’ alla base della proposta di legge di iniziativa popolare di modifica all’art. 14 della Costituzione promossa dal Partito Popolare del Nord. E non è un caso che questa via sia percorsa da una forza politica che ha come segretario federale Roberto Castelli, ministro della Giustizia dal 2001 al 2006 nei Governi Berlusconi II e Berlusconi III, per 5 anni consecutivi, un vero e proprio record per il dicastero di via Arenula.
La modifica, che per diventare proposta di legge di iniziativa popolare dovrà raccogliere entro 6 mesi 50mila firme di cittadini elettori ai gazebo o con l’identità digitale.
Il testo della proposta di modifica definisce tende a sottolineare la sacralità del domicilio (e la conseguente inviolabilità) definendolo ‘quale luogo ove si svolge in via primaria la personalità umana’, affermazione forte per la quale è proposta una tutela altrettanto forte: “La sua difesa contro chi vi sia introdotto in violazione di legge non è, in alcun caso, punibile. Prevedendo così una scriminante costituzionale che andrebbe – naturalmente apprezzata caso per caso dai Giudice – ad allargare il concetto di legittima difesa dell’art. 52 del Codice Penale e quello dell’art.53 che norma l’uso legittimo delle armi.
Sicuramente è un provvedimento che farà discutere, riprendendo un dibattito che nel Paese, oltre che tra le forze politiche dei diversi schieramenti, non si è mai sopito. Nelle ultime settimane i gazebo del Partito Popolare del Nord sono comparsi in Lombardia, in Piemonte, in Veneto, in Friuli per sensibilizzare sull’argomento di quella che sarà la campagna di raccolta firme e comunque, qualunque siano i tempi dell’iter parlamentare (molto spesso le proposte di legge di iniziativa popolare, figuriamoci se si tratta di proposta di modifica ad un articolo della Carta Costituzionale, una volta consegnate al Parlamento, rischiano di finire nel dimenticatoio, visto il basso numero di esse che arrivano alla fine dell’iter) ha l’obiettivo di fare parlare su un argomento che è sentito in modo trasversale rispetto alle coalizioni o alle aree geografiche.
“Una delle prime cose che ho detto una volta insediato al ministero – ha detto Roberto Castelli – è stata che ‘Io sto dalla parte di Abele, ovvero delle vittime , non di Caino. La legittima difesa è stata modificata ed ampliata ma non abbastanza e le pronunce di giudici politicizzati di fatto hanno depotenziato fortemente l’effetto delle riforme. Questa proposta e quelle ordinarie di modifica agli articoli del Codice Penale costituiscono, in ogni caso, un’occasione di dibattito e di stimolo per arrivare ad affrontare su basi concrete una tematica che trova ampio consenso tra i cittadini, affinchè si affermi la sacralità del domicilio e la sua tutela in modo netto e preciso”
“Difendere la ricerca significa difendere il futuro del Paese”
24 settembre 2025 – «La protesta che in questi giorni ha trasformato Torino in un’aula a cielo aperto rappresenta un segnale forte e chiaro: i nostri studenti, i ricercatori e i docenti non chiedono privilegi, ma condizioni dignitose per costruire il futuro dell’università e della ricerca in Italia».
Le consigliere regionali del Partito Democratico Simona Paonessa, Laura Pompeo e Emanuela Verzella esprimono pieno sostegno alle iniziative promosse dall’Assemblea precaria universitaria e ai collettivi che hanno organizzato le “lezioni in piazza” contro il sottofinanziamento strutturale del sistema universitario, il mancato rinnovo di centinaia di contratti e l’assenza di tutele previdenziali per i ricercatori.
«Il precariato dilagante e la carenza cronica di fondi rischiano di compromettere non solo la qualità della didattica, ma la stessa capacità del nostro Paese di innovare e di competere in Europa – sottolineano le consigliere dem –. Se il 70% dei precari rischia di rimanere senza lavoro da un giorno all’altro, siamo di fronte a una vera emergenza culturale e sociale».
Le esponenti del PD evidenziano inoltre la gravità delle recenti disposizioni del Governo che hanno eliminato l’esenzione IRPEF per le borse di ricerca e mantenuto l’onere dell’IRAP a carico degli atenei: «Tassare le borse significa colpire i giovani ricercatori nel momento più fragile del loro percorso, ridurre il loro reddito netto, negar loro ogni tutela previdenziale e scoraggiare il talento. È un errore strategico che rischia di compromettere la competitività del nostro sistema universitario».
A tale proposito, Paonessa, Pompeo e Verzella richiamano anche l’atto ispettivo presentato in Consiglio regionale dalla stessa Pompeo, che ha denunciato con forza l’impatto delle nuove norme fiscali: «Un grave passo indietro, che richiede una risposta immediata da parte delle istituzioni».
Al tempo stesso, Paonessa, Pompeo e Verzella riconoscono il valore della mobilitazione: «Gli studenti e i docenti hanno scelto forme di protesta costruttive, che non hanno penalizzato la didattica ma hanno aperto un dibattito pubblico prezioso. A loro va il merito di aver riportato la ricerca e l’università al centro dell’attenzione sociale».
Concludono le Consigliere: «La Regione Piemonte deve assumere un ruolo attivo nella difesa della ricerca. Chiediamo alla Giunta di farsi parte presso il Governo per rivedere la normativa fiscale, rafforzare i fondi regionali a sostegno della ricerca indipendente e promuovere un piano straordinario di stabilizzazione dei ricercatori precari. La precarietà non può essere la condizione permanente di chi fa ricerca: senza investimenti nella conoscenza non c’è futuro, né per i giovani né per il Paese».
cs
In merito all’audizione dei vertici di Iveco avvenuta oggi a Palazzo Civico, il consigliere di Sinistra Ecologista Emanuele Busconi dichiara:
<<Oggi abbiamo manifestato ai dirigenti di Iveco la nostra preoccupazione per il futuro dell’azienda dopo la cessione a Tata Motors.
La partecipazione al tavolo da parte della Città è fondamentale per favorire e monitorare la piena continuità occupazionale dei lavoratori e delle lavoratrici.
Quelle fornite oggi da Iveco sulla continuità per i prossimi due anni, non sono rassicurazioni sufficienti, così come non è sufficiente dichiarare che non ci saranno ristrutturazioni “sostanziali”.
La partita non è lessicale, ma politica: Iveco deve garantire che non si perderanno posti di lavoro e la sua presenza sul territorio e deve farlo pensando a lungo termine: è necessario un piano industriale ampio, come chiediamo da mesi.
Per questo insistiamo nel pretendere che la Regione e il Governo intervengano a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici>>
Il buono regionale Vesta per le famiglie con bambini da zero a sei anni è stato al centro degli argomenti trattati durante la discussione delle interrogazioni indifferibili e urgenti. Tre differenti interrogazioni sull’argomento, presentate rispettivamente dalle consigliere Alice Ravinale (Avs), Sarah Disabato(M5s), Valentina Cera (Avs) sono state presentate per chiedere chiarimenti sul funzionamento del cosiddetto click-day, cioè il sistema con cui la settimana scorsa è stato possibile presentare domanda online per ottenere il voucher regionale.
“In soli 25 minuti, dalla mezzanotte del 19 settembre, sono state esaurite tutte le risorse disponibili (10 milioni di euro) – hanno sostenuto le tre interrogazioni presentate – la maggior parte delle persone che ci ha provato non ha potuto accedere in tempo alla piattaforma digitale per problemi legati allo Spid o alla connessione lenta. Difficoltà riscontrate soprattutto dalle famiglie meno abbienti o che vivono in territori marginali, con scarsi apparati informatici, con una connessione lenta o con poca dimestichezza con la lingua italiana. L’uso del criterio “chi clicca prima vince” è contrario a ogni principio di equità nell’accesso alle misure sociali e rischi di aggravare le disuguaglianze già esistenti. È un sistema volutamente discriminante che, pur finanziato con fondi europei, ha lasciato indietro migliaia di famiglie con bambini piccoli”.
Alle interrogazioni ha risposto l’assessore Gianluca Vignale su mandato dell’assessore Maurizio Marrone. “Il click day ha consentito l’assegnazione del budget disponibile di 10 milioni a 10 mila famiglie aventi diritto in ordine di collegamento alla compilazione della domanda, come previsto dall’avviso pubblico. Il meccanismo click-day – ha precisato Vignale – ha permesso di beneficiare del buono Vesta anche e soprattutto a quella parte di società che normalmente viene penalizzata nelle graduatorie del welfare, come il ceto medio di cittadinanza italiana, che gli studi statistici hanno sottolineato esser la componente più in difficoltà circa la natalità”.
Il buono ha un importo graduale in base alla fascia Isee: 1.200 euro se inferiore a 10 mila euro, 1.000 euro se compreso tra 10 mila e 35 mila euro, 800 euro se compreso tra 35 mila e 40 mila euro. La Giunta ha espresso l’intenzione di aumentare le risorse stanziate per i prossimi anni fino al raddoppio del budget disponibile per il buono Vesta.
Nella stessa seduta l’assessore Vignale ha risposto anche alle seguenti interrogazioni: “Mancanza di medici di base nel quartiere Barriera di Lanzo (Torino)” presentata dal consigliere Alberto Unia(M5s), “Chiarimenti sulla sospensione delle prenotazioni presso l’Ospedale Santa Croce e Carle di Cuneo” della consigliera Giulia Marro (Avs), “Linea Torino-Ceres. Falsa ripartenza all’avvio delle scuole tra guasti e treni cancellati” del consigliere Alberto Avetta (Pd), “Stato dell’arte dei lavori per il nuovo ponte sul fiume Sesia tra Romagnano Sesia e Gattinara” del consigliere Carlo Riva Vercellotti(FdI), “Chiarimenti in merito ai provvedimenti della Regione Piemonte ai sensi del Decreto legislativo 62/2024 in materia di disabilità” del consigliere Domenico Ravetti (Pd), “Esiste un obbligo per gli Spresal di utilizzare mediatori culturali e traduttori nelle attività di informazione, formazione e inchieste ricolte ai lavoratori stranieri?” presentata dal consigliere Pasquale Coluccio (M5s).
Ufficio stampa Crp
“Il Piemonte difenda i suoi giovani ricercatori”
22 settembre 2025 – “La nuova tassazione sulle borse di ricerca post-laurea rappresenta un colpo durissimo per centinaia di giovani ricercatori piemontesi. Penalizza il merito, scoraggia il talento e rischia di compromettere la competitività dei nostri atenei. La Regione Piemonte non può restare in silenzio: deve intervenire subito, con misure concrete e coraggiose. Ho presentato un’interrogazione, alla quale auspico, data l’importanza del tema, di avere una risposta puntuale in tempi brevi, sull’impatto della Legge n. 79/2025, che ha eliminato l’esenzione IRPEF per le borse di ricerca e mantenuto l’onere dell’IRAP a carico degli atenei” spiega la Consigliera regionale del Partito Democratico Laura Pompeo.
“Questa modifica normativa, entrata in vigore il 7 giugno scorso, ha effetti immediati e retroattivi. I giovani ricercatori si ritrovano con un reddito netto ridotto fino al 30%, senza alcuna tutela previdenziale o assistenziale. È una situazione paradossale: si tassano come lavoratori dipendenti, ma non si riconoscono loro i diritti di chi lavora. Il Piemonte è un polo di eccellenza nella ricerca, con centri di rilievo internazionale nel campo della medicina, dell’ICT e delle scienze della vita. Occorre intervenire immediatamente o rischieremo di perdere competenze preziose e di alimentare la fuga dei cervelli verso Paesi con sistemi fiscali più equi” prosegue Laura Pompeo.
“Entrando nel dettaglio dell’atto ispettivo, voglio sapere dall’Assessore regionale competente se la Regione intenda intraprendere azioni legislative urgenti mirate ad intervenire direttamente sull’onere dell’IRAP, valutando una sua esenzione per le attività di ricerca o, in subordine, l’istituzione di un meccanismo di rimborso per gli atenei piemontesi, quali iniziative, anche di carattere finanziario mediante opportuni stanziamenti di risorse proprie, la Giunta intenda promuovere per supportare gli atenei nella gestione di questa emergenza fiscale e per garantire che i fondi destinati alla ricerca non vengano ridotti a causa delle nuove imposizioni e, infine se la Giunta sia disponibile a farsi portavoce, sia a livello nazionale in sede di Conferenza Stato Regioni, sia attraverso un confronto diretto con gli Atenei e i rappresentanti dei ricercatori, per sollecitare una profonda riforma del sistema di tassazione e un pieno riconoscimento dei diritti dei borsisti, al fine di confermare e consolidare il ruolo del Piemonte quale polo d’eccellenza per la ricerca” aggiunge la Consigliera Pd.
“La ricerca non è un lusso, ma un investimento. Tassare chi la fa significa indebolire il futuro del nostro territorio. Il Partito Democratico continuerà a battersi per una Regione che valorizzi il sapere, il merito e la dignità del lavoro scientifico” conclude la Consigliera Pompeo.
cs