Sogni incapaci di tradursi in realtà: il capolavoro cechoviano inaugura la narrativa del Novecento
Dopo Zio Vanja, un altro celebre testo di Anton Cechov approda al teatro Astra, le Tre sorelle, per la regia di Emiliano Bronzino, in una produzione del Teatro Piemonte Europa. La vera anima dei personaggi è in questo testo teatrale rappresentata dalle cose non dette; ciò rende l’universo drammaturgico dell’autore russo a noi vicinissimo, anche a distanza di più di un secolo dalla stesura delle sue opere. Cechov anticipa, infatti, le rimozioni, i soprassalti di coscienza e le inquietudini tipiche dell’epoca contemporanea. Tre sorelle è un testo dai molteplici livelli interpretativi simbolici, il cui tema centrale è rappresentato dal tempo. L’atteggiamento contraddittorio con cui le tre protagoniste vivono lo scorrere del tempo emerge già dalle prime battute della piece; il tempo in cui vivono i personaggi è uscito dai binari e, invece di proseguire in maniera lineare, sembra bloccato in un circolo chiuso, in un eterno ripetersi della stessa situazione, in cui il futuro può essere solo sognato, a volte immaginato, ma quasi sempre irraggiungibile. Se si pensa a una via di fuga, questa potrebbe essere Mosca, luogo di un ricordo ormai cristallizzato, verso cui tutte e tre le protagoniste vorrebbero scappare, un ricordo, che, come tale, vive ormai relegato in un passato lontano. Considerato una vetta del teatro cechoviano, le Tre sorelle rappresenta una dissertazione sul tema della felicità e dell’infelicità, sospese tra un tempo allegro e uno crepuscolare, tra commedia di atmosfera e commedia di carattere. Nel teatro di Cechov, capace, come quello goldoniano, di grandi affreschi di personaggi, questa piece rappresenta la storia di un’assenza e di un vuoto. Nel presente la vita è naufragio e agonia e i desideri più profondi non hanno la forza di tradursi in atti di volontà. I personaggi invocano un futuro migliore, ma vengono poi a scontrarsi con l’impossibilità di realizzarlo. In questa vana attesa, anticipatrice di quella di un Godot che non arriverà mai, Cechov inaugura prepotentemente la grande narrativa del Novecento, mettendo a nudo rituali, ipocrisie e fallimenti dei suoi personaggi. Tra gli interpreti figurano Gisella Bein, Alberto Onofrietti, Marcella Favilla, Stefano Moretti, Maria Alberta Navello.
Dal 27 ottobre all’8 novembre 2015 al Teatro Astra. Sala Grande.
Mara Martellotta