PAROLE ROSSE … E quindi la situazione è eccellente, era la conclusione della massima del “grande timoniere” Mao Tse Tung. La famosa citazione mi è ritornata in mente in questi giorni, sia parlando con alcuni esponenti della sinistra torinese , sia leggendo gli articoli dedicati alla scelta del candidato Sindaco della città di Torino
Purtroppo, a dispetto della citazione, la situazione mi sembra sì ideale ma per una nuova e più bruciante sconfitta. Questa volta avverrebbe, e sarebbe la prima, con la destra. Andando con ordine e provando a districarsi nell’affollata coalizione di centro sinistra, quindici sigle e oltre trenta partecipanti, riunita dal e intorno al PD (Partito Democratico). La partenza dell’operazione riconquista del Palazzo Civico, per le evidenti divisioni e veti contrapposti delle varie componenti dell’azionista di riferimento, della coalizione di centro sinistra, il PD, è avvenuta in ritardo. Deciso, non senza contrasti interni, che la strada era quella delle primarie, la stessa decisione, questa volta con divisioni tra i vari alleati, Radicali, +Europa, Verdi e almeno un candidato a Sindaco del PD a favore e con i restanti contrari o agnostici, è stata recentemente congelata fino a fine dicembre. Questo proprio mentre a Bologna, sempre il PD ed il centro sinistra, hanno definito che la strada per scegliere il successore a Palazzo d’Accursio sono proprio le primarie, pandemia o non pandemia. Spauracchio, credibile o no, condiviso o meno, agitato da molti sotto la Mole per il congelamento prima e l’annullamento poi delle stesse primarie. Discorso diverso quello di Roma dove le implicazioni politiche nazionali fanno pensare ad una scelta politica senza competizione interna per definire il candidato al Campidoglio.
Ma tornando alle vicende torinesi, mi hanno colpite alcune cose, per certi versi incredibili. relative ai nomi circolati finora. La cosa più inverosimile è stato l’appiattirsi sul nome del rettore del Politecnico Guido Saracco. Definito da molti, tra i quali un’autorevole esponente nazionale e parlamentare del PD torinese “ esponente dei poteri forti”. Proposto dalle liste civiche e centriste è diventato subito anche l’alfiere della parte più sinistra della coalizione. Scelta avvenuta senza prima definire un programma e rinunciando a priori a proporre un proprio candidato con un proprio programma. Alla faccia dei grandi temi cari, a parole, alla sinistra nostrana e cioè, periferie, lavoro, giovani, assistenza e così via. Ai più è apparsa subito una scelta dettata da interessi personali di qualche esponente della stessa area e di suoi eventuali, futuri ed ipotetici tornaconti. Una cosa mai vista. La decisione fa il paio con le dichiarazioni di uno dei garanti della lista civica che, invece di appoggiare il rettore Saracco, come scritto prima candidato proposto dalla stessa area e lista civica, ha dichiarato di preferire il capogruppo del PD in “sala rossa” (aula del consiglio comunale di Torino) Stefano Lo Russo. E siamo ancora alle schermaglie. La candidatura del rettore è nel frattempo tramontata, di qualche giorno la sua comunicazione dettata, e gli facciamo sinceri auguri, da motivi personali. Un’ultima cosa sulla proposta di candidatura del rettore, come pensavano di recuperare l’abisso elettorale del centrosinistra nelle periferie con la sua candidatura? Domanda che oramai resterà non solo un mistero ma anche senza risposta. Della sinistra della coalizione ho detto prima e merita di essere ricordato il tentativo, fatto a cavallo della scorsa estate, di mettere insieme buona parte dei partiti movimenti e soggetti della sinistra torinese, fallito per il prevalere di vecchi ed inossidabili personalismi. Rimangono le candidature del PD e di alcuni suoi esponenti. Il primo a lanciare la sua candidatura è stato Enzo Lavolta, attuale vice presidente della “sala rossa” ed ex assessore della giunta Fassino. Ex sindaco che ha dichiarato, tra gli scongiuri dei suoi sostenitori, di appoggiare con una parte dell’ala cattolica del PD il centrista Luca Jahier.
A seguirlo subito dopo un altro ex assessore della fulminante, soprattutto per gli elettori del centro sinistra e per i torinesi, giunta Fassino, Stefano Lo Russo, attuale capo gruppo del PD in consiglio comunale. Con grande dispiego di mezzi e di appoggi o “endorsement” che dir si voglia. Questo nonostante le velenose voci che parlano della sua come di un’operazione di puro “posizionamento” con obiettivo reale un posto nel futuro parlamento nazionale. Ancora una volta si è distinta, negativamente, la sinistra, in questo caso quella interna del PD. Alla candidatura di Enzo Lavolta è seguita quella di Gianna Pentenero, ex assessore regionale, prima con Bresso e poi con Chiamparino, con una conferenza stampa dove lanciava oltre alla sua, in alternativa quella dello, e qui le interpretazioni si dividono, lo stesso Saracco o, addirittura, Chiamparino. A ruota. un’altra autorevole esponente della sinistra locale nonché vice presidente del Senato e dirigente
nazionale del PD, Anna Rossomando, che, con uno sfortunato tempismo, spezzava più di una lancia in favore del rettore Saracco pochi giorni prima del ritiro dello stesso. Al poker dei principali esponenti dell’ala sinistra del PD torinese mancava Andrea Giorgis, attuale sotto segretario alla giustizia, ex capogruppo in comune e vicinissimo all’ex Sindaco e Presidente della Regione Sergio Chiamparino, che è stata lanciato un paio di giorni fa sui quotidiani torinesi. Subito il “fuoco amico” a bollarlo come candidato della ZTL (zona a traffico limitato) indicando con questo i quartieri centrali e collinari dove il PD fa il pieno dei voti e lo stesso Giorgis è stato eletto. Questo dovrebbe favorire sicuramente il sostegno del consigliere regionale di LUV (Liberi Uguali Verdi) Marco Grimaldi, autorevole rappresentante della sinistra esterna al PD che meglio di tutti rappresenta la sinistra fighetta e della movida e di parte di quell’area di sinistra rimasta orfana del rettore e che ora non sa che pesci prendere. Insieme a quello di Giorgis hanno incominciato a circolare i nomi di Mauro Salizzoni, in realtà il suo già da prima, luminare della medicina e votatissimo consigliere regionale, attuale vice presidente dello stesso consiglio e l’inossidabile, intramontabile, come dicono alcuni suoi detrattori, “buono per tutte le stagioni”, Sergio Chiamparino. L’ex sindaco, dicono i bene informati, nega decisamente. Da questo complicato, confuso e poco entusiasmante quadro emergono alcune considerazioni finali, sulla coalizione di centro sinistra, sulla sinistra del PD e su quella a sinistra dello stesso Partito Democratico. La coalizione appare tanto numerosa quanto velleitaria dove manca una guida chiara, sia politica che programmatica. Ruolo che spetta di diritto al principale partito della coalizione che, bloccato dalle divisioni ed interessi interni, non riesce a svolgere.
Fa venire in mente quanto disse un paio di anni fa lo storico e sempre lucido dirigente del PCI (Partito Comunista Italiano), Emanuele Macaluso, “il PD non c’è, ma è tutto quello che c’è”. La sinistra interna del PD esce spappolata, disintegrata con il rischio, grande, che a seconda dell’esito finale potrebbe portare anche a scelte estreme. La stessa candidatura di Andrea Giorgis, che ha il pregio di liberare, in caso di vittoria, un posto in parlamento, nel governo e nella direzione nazionale del PD e che quindi mette d’accordo molti parlamentari uscenti e aspiranti tali, non risolve tutte le divisioni e le fratture che si sono create, Rimane la sinistra fuori dal PD, ridotta oramai a percentuali minime, servirebbe molto tempo e spazio per elencare cause e responsabilità sia nazionali che locali. Il fallimento del progetto nazionale di LeU (Liberi e Uguali) non ha tenuto conto del risultato torinese che pure nel deludente risultato nazionale, a Torino ottenne il massimo dei consensi, non solo in percentuale ma in termini di voti assoluti. Più delle due ultime competizioni politiche, regionali e comunali. Ma se si esclude il tentativo di due esponenti di LeU torinesi tutti gli altri si sono accodati alle scellerate e fallimentari decisioni nazionali. Il risultato, l’anno dopo alle regionali, è stato di dimezzare i voti con LUV ed eleggere un solo consigliere, Grimaldi, con i resti e con uno striminzito e misero 0,15% di margine e pregiudicando così gli eventi futuri, a cominciare dalle elezioni amministrative del 2021. Diversi dei soggetti della variopinta e numerosa coalizione di centro sinistra torinese faranno fatica, qualcuno non ci riuscirà, a presentare la lista alle elezioni. Poi, di quelli che ce la faranno la maggior parte non eleggerà nessuno e farà da portatore di voti o da utili idioti che dir si voglia, al PD ed a chi ce la farà. Si stanno creando le condizioni per la “tempesta perfetta” e far vincere così le elezioni comunali di Torino, per la prima volta come scrivo all’inizio, alla destra. Vale la pena ricordare che, sembra oramai deciso, candida l’imprenditore Paolo Damilano, nominato, giusto per non dimenticare, dalla giunta regionale Chiamparino Presidente del Museo Nazionale del Cinema ed ora diventa l’alfiere della destra. Tutto questo e siamo solo all’inizio.


Non meno controversa ed ondivaga è stata la carriera politica, iniziata nel 1992 eletto alla Camera dei Deputati con il PSDI (partito socialdemocratico italiano) di Franco Nicolazzi e la breve esperienza di Governo, descritta prima, nell’ultimo governo della Prima Repubblica. Nel 1993 si candida, con un neo movimento, a Sindaco di Pomezia (Roma) ottenendo, non capiterà più, un lusinghiero 13% e l’elezione a consigliere comunale. Inizia una cavalcata tutt’altro che travolgente di candidature tutte segnate da miseri risultati. Lascia il gruppo socialdemocratico alla Camera e passa al Gruppo Misto. Sempre nel 1993 si candida, con Solidarietà Democratica a Sindaco di Roma contro Francesco Rutelli ottenendo lo 0,55% dei voti. Passa con il Patto di Mario Segni dal quale va via perché non ricandidato. Anno nuovo, il 1994, nuova candidatura, alle europee con Alleanza Nazionale e nuova bocciatura.
Rimasta più con i piedi e la mente al secolo scorso ed alle circolari ministeriali a cui seguivano, immancabilmente, le circolari esplicative che lasciavano il dubbio se inviate perché si rendevano conto di scriverle in maniera incomprensibile e se ritenessero dirigenti e funzionari delle scuole incapaci di capire. Tra dirigenti, , CTS (comitato tecnico scientifico), Consiglio Superiore dell’Istruzione ed una pletora di consulenti hanno prodotto, poco, lentamente e male. Hanno favorito la riluttanza di molti docenti, un’indagine parla del 70% contraria a riprendere l’insegnamento diretto, adducendo l’elevata età media degli insegnanti. Sconsigliando le sessioni d’esame in diretta. Fortunatamente invece si faranno. Mi chiedo ma quei docenti vanno a fare la spesa, affollano le parrucchiere, vanno per negozi o per strada? Perché , rispettando le norme, non possono fare gli esami? Per inciso l’INAIL ( Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) ha classificato la scuola, insegnanti compresi, a rischio medio-basso. E cosa dire di quegli insegnanti che hanno interrotto velocemente l’aspettativa quando hanno scoperto che le lezioni si svolgevano online?! Così molti precari sono rimasti a casa senza lavoro. Senza dimenticare la levata di scudi per fare tutte le vacanze pasquali quando le scuole erano chiuse da settimane. Al ministro, a tutto il suo ministero, consulenti compresi, gli italiani chiedono e vogliono sapere, ed hanno cominciato a farlo anche con manifestazioni nelle principali città, se dal 1 settembre i bambini delle materne, i ragazzi delle elementari e medie e gli studenti delle superiori avranno un aula sicura ed un insegnante.
classico della sinistra fighetta, di quella “gauche caviar” che tanti danni ha fatto e continua a fare, per la presenza dei blindati di esercito e carabinieri. Certo che non si risolve solo con quelli ma prima bisogna garantire un minimo di legalità. Gli assembramenti prima durante e dopo le limitazioni per il Covid 19 erano e sono principalmente di spacciatori e loro amici. Avere permesso certe concentrazioni senza controllo è una delle principali responsabilità. Non è un problema di ”abitabilità”, gli extracomunitari che si sono inseriti, come i meridionali immigrati allora, hanno un livello di adattamento e sopportazione superiore a chi spesso ne parla e chiedono solo di potere lavorare e vivere in pace tranquillamente nel rispetto delle regole. I primi ad essere danneggiati sono proprio loro. Alla “Barriera” ci sono affezionato e lì c’ho lasciato il cuore da quel lontano 14 luglio 1967 quando arrivai a Torino con la mia famiglia e come tanti altri andammo ad abitare in quel quartiere popolare. Così quando leggo in cronaca dei giardini di Via Padre D’Enza, dove ho frequentato la scuola media, mi scatta un moto di rabbia per l’abbandono in cui da decenni versa la “Barriera”. Senza un piano serio di investimenti in lavoro, servizi, asili e legalità la situazione non potrà che peggiorare. Mi sono soffermato a parlare del passato perché è impossibile parlare del presente in quanto l’attuale amministrazione, dopo avere fatto lì il pieno di voti, semplicemente non ha fatto nulla. Il prossimo anno ci saranno, almeno sono previste, le elezioni amministrative per eleggere il Sindaco e rinnovare il Consiglio Comunale ed i quartieri popolari faranno la differenza e se ne ritornerà a parlare. Urge un piano vero per quei quartieri. Alla sinistra è evidente che non possono bastare centro, collina e crocetta.
paese non è in grado, in questo momento, di gestire troppe emergenze. Tornando al tema, quanto fatto è un’azione di solidarietà in un momento drammatico per l’Italia. La solidarietà, lo sa bene chi è di sinistra, non è solo un sostantivo, ma un impegno etico-sociale in determinati momenti e situazioni. Con dieci milioni non si cancellano le leggi ad personam e tutto il resto per Silvio Berlusconi, non si cancellano le responsabilità per il crollo del ponte Morandi per il Gruppo Benetton e così via. Di queste e di altre vicende se n’è occupata e se ne occuperà la magistratura. Ora è il momento della solidarietà e della coesione a tutti i livelli e non dei distinguo e delle polemiche. In una situazione così drammatica non ce lo possiamo permettere. Arriverà il momento per ragionare sui ritardi del governo, della Protezione Civile, delle Regioni, dei singoli cittadini che non rispettano, sciaguratamente, le disposizioni, che vive lo stare in casa come un sacrificio insopportabile dimostrando la fragilità di milioni di italiani mentre tutto il sistema sanitario, medici, infermieri, paramedici e tanti altri fanno i veri sacrifici. Ogni cosa a suo tempo. Ora è il momento dell’impegno e della solidarietà e ben vengano sottoscrizioni come quella lanciata, oltre quattro milioni di euro, da Chiara Ferragni e da Fedez, o da quotidiani ed emittenti televisive. L’Italia ha bisogno che prevalga la parte migliore, ha bisogno, oltre che di solidarietà, di unità.