di Pier Franco Quaglieni
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La numerosa comunità giuliano, dalmata, istriana e fiumana di Torino e del Piemonte è in lutto, ma in lutto sono tutti gli Italiani che ritengono che le terre dell’Adriatico orientale fossero italiane e che l’infoibamento di 15 mila italiani e la cacciata di altri 350 mila dopo il trattato di pace del 1947,fossero iniquità feroci da denunciare e condannare come infamie: è morto a Roma il senatore della Repubblica Lucio Toth, magistrato di Cassazione a riposo ,presidente dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia dal 1992 al 2012.Seppe guidare la riscossa degli esuli della diaspora adriatica, ottenendo la legge istitutiva del Giorno del Ricordo che ancora dopo molti anni non sempre viene rispettata ogni 10 febbraio, come si dovrebbe fare. A Torino viene sempre ricordata, ma non nelle scuole che ignorano la ricorrenza, anche nel 70° della cessione alla Jugoslavia delle regioni orientali. Ho condiviso con lui passione civile e patriottica, ho partecipato a suoi convegni e lui ha partecipato ad eventi in cui ha portato la sua straordinaria esperienza di giurista e di storico. E’ stata la poetessa zaratina Liana de Luca ad avvicinarmi al dramma delle foibe e dell’esodo:la scuola non mi aveva detto mai nulla e fu Liana ad offrirmi l’opportunità di capire una pagina di storia ignorata per decenni che solo Gianni Oliva ha svelato con i suoi libri coraggiosi. Lucio era un gentiluomo di antico stampo, uno dei rarissimi esempi dove l’essere stato magistrato indipendente non configgeva con l’essere stato parlamentare.
Aveva l’equilibrio del magistrato di razza che sente fortemente il senso della giustizia, coniugandolo con la sua passione di italiano nato a Zara nel 1934.Toth aveva scelto di restare italiano, come Ottavio Missoni. Direi, orgogliosamente italiano. A Palazzo Carignano di Torino il primo Giorno del ricordo mi volle oratore insieme a Violante, Visalberghi, Fini. Sentii una forte emozione a parlare davanti ad Ottavio Missoni e tanti esuli. In quel contesto che richiamava anche emotivamente il Risorgimento, Toth ,nel suo memorabile discorso introduttivo ricordò,lui democratico sincero, l’apporto dei combattenti della RSI nella difesa strenua dell’italianità di Trieste,insieme ai partigiani della “Osoppo”. Di fronte ad un Fini che andava smarrendo le sue radici e di fronte a un Violante che ebbe il massimo rispetto del discorso di Toth,non foss’altro perché il presidente della Camera fu un convinto e decisivo sostenitore dell’istituzione del Giorno del ricordo. Toth ha lasciato testi fondamentali e l’ultimo suo libro è un atto d’amore per la sua Dalmazia,la storia di Zara dalle origini ai nostri giorni. Ho pensato a lui, quando, nel maggio 2015, ho accompagnato in uno straordinario itinerario storico sui luoghi della Grande Guerra -da Redipuglia al Piave, a Trieste- i soci del Centro “Pannunzio”.Quel percorso della memoria si concluse alla foiba di Basovizza, dopo essere stati alla risiera di San Sabba. Dissi che Shoah e foibe erano figlie del duplice odio razziale che ha contraddistinto il ‘900. Al Sacrario di Redipuglia ricordai che quei 100mila Caduti erano posti a presidio delle frontiere italiane e ricordai gli infoibati e gli esuli, citando Toth. Furono giornate emozionanti e memorabili che Lucio ha condiviso idealmente con noi. Ci mancherà la sua limpida coscienza di uomo e di italiano. In questi tempi bui abbiamo bisogno di riferimenti sicuri e Lucio lo è stato e lo rimarrà. Con la sua rettitudine morale, la sua intransigenza ideale ,la sua apertura al dialogo e alla discussione pacata, mai sopra le righe.
Ebbe un ruolo importantissimo, anche se fu un uomo modesto e riservato con cui era bello anche trascorrere una serata a cena da “Armando al Pantheon”, uno dei nostri posti preferiti. Fu lui a promuovere nel 2009 la presentazione alla biblioteca della Camera dei Deputati di un mio libro che fece molto discutere. Tenne la relazione più importante ad un convegno torinese su “1947anno di svolta”, in cui delineò la questione adriatica nella sua complessità storica e io ricordai con distacco storico Vittorio Emanuele III. Alla fine del mio intervento Lucio mi disse: ”Io avevo poco più di dieci anni e alla notizia della morte del Re soldato piansi”. Non aggiunse altro, ma la sua frase fu più eloquente del mio intero discorso. Era un europeista convinto che vedeva come le lacerazioni di settant’anni fa andassero superate, guardando all’Europa. Anche questo suo insegnamento resta importante. Italia ed Europa, un’endiadi indisgiungibile che solo i populisti rifiutano perché nel loro manicheismo incolto non ne comprendono il valore storico. Malgrado l’ odierno appannamento dell’”idea di Europa”, uso un titolo di Chabod, dovuto al prevalere degli interessi e delle cupidigie economiche delle caste di Bruxelles e di Berlino, l’endiadi che diede un senso alla vita intellettuale e politica di Toth, resta un valore da condividere e da difendere più che mai oggi. E’ il lascito più alto che Lucio ci ha lasciato e che bisogna continuare a difendere.