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Omegna, dal 22 agosto la 122^ edizione della Festa di San Vito

In palio anche un’autovettura, banco di beneficenza più ricco che mai. Concerti, musica classica, pop, eventi culturali, enogastronomia e area bimbi. Gli organizzatori: “Diversificare per attrarre nel segno della tradizione, 11 giorni di grande musica dal vivo e live show”.

Torna ‘San Vito 2025’. Quest’anno il calendario segna l’edizione numero 122 per uno degli eventi più antichi del Piemonte e in Italia, nonché altrettanto partecipati in grado di richiamare flussi turistici da ogni parte d’Italia e dall’estero.

Punto di forza uno strepitoso ‘Banco di Beneficenza’ unico in Italia, con una splendida autovettura ‘Skoda Fabia’ quale primo premio, e centinaia di altri che vanno da soggiorni turistici in rinomate location, a centri benessere, spa e sportivi, cene in ristoranti prestigiosi, elettrodomestici, tecnologia, informatica e molto di più.

La kermesse, di certo la più nota e rinomata per chi ama i laghi d’Orta, Maggiore e di Mergozzo, straordinaria e unica porzione geografica piemontese apprezzata in tutta Europa, andrà in scena come di consueto a Omegna, in provincia di Verbania, terra natia del celebre scrittore e poeta Gianni Rodari, da Venerdì 22 Agosto a Lunedì 1° Settembre, tradizionale ricorrenza di San Vitino.

Moltissime le novità in programma, con il ritorno delle tradizioni più emozionanti quali l’eccezionale e coinvolgente spettacolo piromusicale protagonista con un doppio appuntamento la sera delle domeniche 24 e 31 agosto. E con loro, in settimana ad arricchire una scaletta di tutto rispetto, una scelta musicale rivolta a grandi e giovani con artisti di primo piano della scena contemporanea dai repertori conosciuti e capaci di accontentare ogni tipo di pubblico. Insieme ai celebri ‘Salotti Diderot’ per fare il punto a metà tra storia e attualità con firme importanti del panorama letterario locale e nazionale, con una serie di dibattiti condotti dalla giornalista Sara Rubinelli insieme ai vari ospiti pronti a parlare di fede, bellezza e grandi temi.

A dare il via ai festeggiamenti, la sera di Venerdì 22 Agosto, il grande concerto bandistico della ‘Nuova Filarmonica Omegnese’ giunta al 40° della sua fondazione, per proseguire la sera di Sabato 30 con la partecipatissima Processione di San Vito animata dal Parroco Don Gianmario Lanfranchini che reca in sé la secolare e suggestiva benedizione del Lago D’Orta e delle imbarcazioni: una tradizione che prosegue dal lontano 1611 e che vedrà come di consueto la partecipazione del Vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla. Spazio anche alla musica classica con ‘I Concerti di Santa Marta’, tre appuntamenti serali in Collegiata. Sabato 23 Agosto aprono gli alunni del Liceo Musicale ‘Piero Gobetti’ di Omegna, Lunedì 25 agosto prosegue l’orchestra di musica barocca Ensemble Pecelli, il 27 agosto i clarinettisti del Quartetto Gama.

Come sempre, spazio anche alle eccellenze agroalimentari delle diverse regioni italiane e ai mercatini artigianali e con oggetti di antiquariato e modernariato che animeranno con una proposta ricca, variegata e allettante il lungolago omegnese per l’intera durata dei festeggiamenti.

Torna l’atteso appuntamento con la salita al Campanile della Chiesa della Collegiata, luogo denso di fascino e terrazzo incantevole per ammirare da un punto di vista privilegiato tutta la maestosa bellezza del Lago d’Orta dalla riva omegnese.

Mercoledì 27 sera, invece, ritorna presso il ‘Forum’ l’appuntamento con i cosiddetti ‘Fuochini’, ovvero i fuochi d’artificio a misura di bambino, che grande consenso riscuotono al pari dei grandi. Un’iniziativa che rientra nel cosiddetto programma ‘San Vito Bimbi’ rivolta ai più piccoli, con il Parco della Fantasia ‘Gianni Rodari’ pronto a trasformarsi in un’area ricca di attrattive e iniziative per i minori.

E con loro ben 11 giorni di spettacoli e musica dal vivo con un’accurata selezione di olcune fra le migliori cover band pronte a proporre le canzoni più famose di Claudio Baglioni, dei Queen e di Cristina D’Avena, oltre ai classici senza tempo della dance e del beat. Senza dimenticare ‘La Cittadella del Gusto’, area destinata alle associazioni agroalimentari del territorio intente nella proposizione di specialità zonali.

In attesa dell’arrivo del programma completo delle proposte di ‘San Vito 2025’, per Matteo Pino, Presidente del ‘Comitato Festeggiamenti’, “Proseguiamo con vigore nel cammino di rilancio e rinnovo, pur nel rispetto e nella continuità della tradizione della nostra Festa. Il post Covid ha visto un importante e significativo investimento finalizzato al ritorno all’origine con la reintroduzione dei magnifici fuochi artificiali suddivisi nuovamente su due domeniche, per un totale di oltre 50mila presenze registrate solo in quelle specifiche giornate. L’obiettivo è incrementare la visibilità di un evento multipotenziale e multidisciplinare in grado di rappresentare un’alternativa valida di soggiorno turistico di fine agosto per amplissime e diverse fasce di pubblico”.

Mentre per Valentino Valentini, Presidente dell’Associazione ‘Un secolo di San Vito’, “L’appuntamento con la Festa patronale omegnese punta a diversificare il target massimizzando la capacità attrattiva del territorio. Una kermesse che parla agli amanti della musica, dell’arte, della buona cucina, della tradizione, della cultura, della fede, dell’intrattenimento tutti vissuti su una terrazza naturale affacciata su un lago di grande suggestione quale quello d’Orta, che in Omegna ha una delle sue punte più note e stimate. Con l’intento di rinnovarsi restando fedeli a sé stessi, in un’ottica di avvicinamento e coinvolgimento progressivo di un maggior numero di giovani chiamati a partecipare attivamente anche in prima persona, oltre che alla fruizione, alla costruzione della nostra grande kermesse”.

Maggiori informazioni e l’intero programma disponibili sul sito www.sanvito-omegna.it.

L’estate degli altri

Molti italiani non andranno in vacanza, non se lo possono permettere

Quest’estate 8,4 milioni di italiani non andranno in vacanza, di questi, il 69 % (5,8 milioni) a causa di motivi economici: aumento del costo della vita, prezzi sostenuti per alloggi e trasporti. Secondo una ricerca Ipsos, infatti, gli Italiani pronti a partire cala al 72% contro il 76% del 2024.

La vacanza non e’ piu’ una scelta, ma un privilegio che si puo’ permettere un numero sempre minore di persone. Se si vuole andare nello specifico rispetto alla causa che porta alla rinuncia della partenza le ragioni preminenti sono: mancanza di risparmi da dedicare alle ferie, aumento dei costi di viaggio, imprevisti legati alla salute.

Chi rinuncia di piu’? Ancora una volta gli anziani sono coloro che fanno il sacrificio piu’ grande, il 23% tra i 65-74enni infatti rimarra’ a casa, soprattutto al nord-est.

Secondo l’Istat, nonostante il trend rispetto al 2022 sia rimasto stabile, resta comunque sotto i livelli del 2019, in sostanza quelli precedenti alla pandemia.

La vacanza estiva, dunque, rappresenta un indicatore sociale e i dati ci raccontano di una societa’ sempre piu’ caratterizzata da fragilita’ economiche e strutturali.

L’estate delle spiagge, dei tour intorno al mondo, delle passeggiate in montagna, della allegria e della spensieratezza, pertanto, non e’ la stessa per tutti. Ci sono persone, molte oramai, che vedranno gli altri partire, fare le valige, acquistare biglietti e guide turistiche nella consapevolezza che tutto questo non per loro non ci sara’.

Dietro questa netta differenza tra chi parte e chi resta c’e’ una sempre piu’ tangibile frattura sociale e l’estate rappresenta una linea di demarcazione, tracciata in neretto, tra chi puo’ e chi no; e’ lo specchio, dunque, del termometro sociale, cosi’ coma la modalita’ con cui si vive il tempo libero e’ un indicatore di benessere e opportunita’.

Il tanto anelato “stacco” per ricaricarsi e recuperare le energie spese per il lavoro durante l’anno dovrebbe essere una spettanza e rimanere sul balcone di casa aspettando settembre non lo e’ di sicuro.

Il diritto alla pausa e’ riconosciuto dall’articolo 36 della nostra costituzione “Sia il riposo settimanale, sia le ferie annuali sono previsti allo scopo di consentire al lavoratore di realizzare la propria persona anche in relazione ai suoi interessi ed ai suoi rapporti famigliari, nonchè di riposare e recuperare le forze”.

MARIA LA BARBERA

Le impercettibili rotte delle mongolfiere sul Verbano

Non avrei mai pensato, pur essendo dotato di buona fantasia, di subire con tanta forza il fascino del volo. Per di più su una mongolfiera per galleggiare nel cielo che sovrasta il lago Maggiore. Ero emozionato come un bambino. Il giorno prima della partenza avevamo controllato le previsioni meteorologiche. La mongolfiera non può staccarsi da terra in presenza di pioggia, temporali, vento troppo forte o gran caldo. Ma il tempo volgeva al bello. Il mio amico, pilota esperto, studiò i venti in quota e le loro direzioni per sfruttarne le correnti. Non vi dico che sensazione che provai quando ci staccammo da terra e iniziò l’ascensione. Il rumore del bruciatore, una fiammata e quasi non ci rendemmo conto di essere già in volo. In meno di un quarto d’ora l’altimetro segnava 3600 piedi. Stavamo  viaggiando a poco più di mille metri d’altezza. La magia di volare era indescrivibile. Il panorama era completo, vario, mobile. Il lago pareva una creatura viva. La nostra ombra, in basso, sfiorava l’acqua e le terre che la circondano. Da quassù le cose mutavano forma: i profili dei monti, il reticolo delle strade, le strutture di case e piazze, i corsi d’acqua, i battelli, la ferrovia. Era davvero un altro punto di vista, una visione diversa del  mondo. Ero eccitato. Come su una mappa in rilievo vedevamo i laghi d’Orta e di Mergozzo, il lungo fondovalle ossolano, la corona delle alpi Pennine e Lepontine. Ma erano i colori del lago, le increspature dell’acqua mossa dalla brezza di superficie, a provocare una vera e propria vertigine. Navigavamo nell’aria con traiettorie che lasciavano tracce impercettibili e sotto di noi non c’era angolo che non contribuisse a comporre la grande suggestione del paesaggio. Anche il tempo volava ed era giunto in momento di tornare con i piedi per terra e nel cuore la gioia intensa per questo memorabile viaggio.

Marco Travaglini

Itinerario di Ferragosto tra ristoranti di mare e città

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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Quest’anno dopo tanti anni passerò il Ferragosto a Torino perché di ritorno  da un incontro ormai  tradizionale a Bardonecchia dove vado la vigilia di  ogni Ferragosto, non voglio spingermi nel traffico delle autostrade per tornare al mare. Non credo che troverò la città deserta come nel lontano passato. E non è certo perché Torino sia diventata una città turistica. Per trovare un ristorante di qualità aperto ho dovuto prenotare a Pino Torinese, dove c’è una terrazza di straordinaria bellezza con cibi squisiti e accoglienza cordiale e professionale. Le sere d’estate era e resta un punto di ritrovo non di scontati vip torinesi ma di gente per bene, professionisti, docenti, imprenditori. Un ex ambasciatore mio amico vi  portava a cena le giovani amiche, affascinate dal suo fascino guerriero. A Torino i ristoranti  sono quasi tutti chiusi per ferie forse  anche perché i turisti si portano il panino imbottito. Nel Ponente ligure ho un po’ scorrazzato in questo ultimo mese  perché quasi ogni sera sul mare o nell’entrorerra  ho cenato fuori di casa da quando un vicino  mi ha di fatto costretto, almeno momentaneamente, a smantellare il mio terrazzo fiorito  dove invitavo gli amici.  Finora tra i nuovi e vecchi locali dove sono stato non ho trovato un posto che mi piaccia in modo particolare. Sono stato in una bellissima location alassina con vista mozzafiato sulla Gallinara. Purtroppo la qualità del cibo si è rivelata deludente e il servizio lentissimo. La ripida discesa per scendere al parcheggio era gravemente insicura. Basterebbe questo particolare per non replicare. Anche a Sanremo non ho trovato di meglio. Il mitico “  Rendez – vous” e il “Pesce d’oro” non hanno trovato degni sostituti.
Anche a Finale, se escludiamo un mitico locale di Varigotti, non ho trovato di meglio. La mia compianta amica, la scrittrice Giusy Audiberti,   si troverebbe a  disagio, lei che invitava sempre in posti belli e buoni. Anche a Savona un celebre locale noto a tanti torinesi per il nome non proprio invitante, ha cambiato del tutto ed è diventato deludente. I posti dove andavo con il mio amico partigiano autonomo –  specie ormai quasi estinta in Liguria – Lelio Speranza non ci sono più o sono gestiti in malo modo. Anche il mitico ristorante sul mare di Bordighera a pochi passi da Sant’Ampelio, ha preso ormai da tanti anni la strada della perdizione. Prezzi alti e cibi mediocri sono le caratteristiche quasi standardizzate di un’offerta gastronomica appiattita sulla banalità. Ho il sospetto che con la scusa del pesce abbattuto finisca di prevalere il pesce  scongelat. In un locale di Albenga ho avuto la nettissima sensazione di aver mangiato una gommosa coda di rospo non proprio fresca … Nel dubbio fondato non sono più andato in quel locale. In un carugio  del  Ponente ho visto due contenitori di “olio“ di frittura sospetto che forse i NAS  sanzionerebbero. La vecchia trattoria di Cisano sul Neva dove andavo con Sergio Pininfarina ha mantenuto qualità e prezzi che sono il blasone della famiglia Priano. Sono stato anche a Perinaldo, a Dolceaqua  e alla Mortola, ma le cene sono state deludenti. Ho sempre amato molto andare a cena fuori casa con gli amici che in parte  purtroppo non ci sono più. Andare a cena con Soldati o con Olivetti,  con Ronchey o con Casalegno era un’occasione per ritemprare il fisico e l’intelletto. Per non dire delle cene da “Armando al Pantheon“, dal ”Bolognese” e da Cesaretto dove cenai con Pannunzio, Flaiano e Maccari. Era il 1967.
ristorante
A volte nelle cene  c’erano anche amici, spesso giornalisti, che era meglio perdere che trovare: ti  invitavano, ma poi si facevano pagare la cena. Per un certo periodo sono stato assiduo cliente di un buon ristorantino di corso Matteotti; dovetti desistere perché il titolare mi chiese 30mila euro in prestito e mi telefonò parecchie volte fino ad obbligarmi a bloccare il suo telefono. Sulla collina torinese esistevano molti locali non tutti buoni, ma alcuni più che discreti. Anche la collina è oggi desertificata. Erano locali piacevoli non solo in estate. Anche il ristorante celebre per i tanti antipasti ha chiuso dopo un periodo di crisi comatosa per non parlare della “Fontana dei Francesi“ che era già da evitare negli anni 80 del secolo scorso. Ho scritto in passato un articolo in cui ricordavo tutti i locali torinesi dove ero stato, chiusi da tempo. Erano locali importanti, direi storici. E’ rimasto solo il “Cambio”, il locale storico per eccellenza in cui lo stile lasciato dal suo proprietaria comm.  Parandero resta un elemento della sua storia multisecolare. Tutto sommato, a Ferragosto, parlare di ristoranti anche non buoni è sempre meglio che ridursi a litigare su Gaza o su Putin. Anche una pizza è meglio. Per alcuni anni, transitando da Bordighera alla casa di   campagna di Almese mi fermavo a pranzare ogni Ferragosto alla Locanda della Posta  di Cavour quand’era ancora il ristorante dei Grassoni. Ogni volta mangiavo funghi reali in insalata, funghi fritti e fonduta con i primi tartufi. Oggi, in primis  le condizioni climatiche lo impedirebbero: verrebbe anche considerato un lusso sfrenato mentre quei pranzi erano alla portata di un universitario. Buon Ferragosto!

Tre locali celebrano la partenza da Torino della Vuelta

Per la prima volta in novant’anni la Salida Oficial della Vuelta a España 2025 sarà in Italia. Il 23 agosto  a Torino i migliori ciclisti di tutto il mondo si ritroveranno alla Reggia di Venaria per la partenza di una delle corse ciclistiche più importanti al mondo.

Un momento di vicinanza tra Spagna e Italia che, in alcuni locali torinesi, si sentirà particolarmente e stiamo parlando del ristorante Guarini di Serranos e della Pizzeria Flegrea, che non perderanno certo questa occasione di festa sportiva per celebrare la loro anima naturalmente filo iberica, nata dall’incontro tra la gastronomia spagnola e quella piemontese, di cui si fanno portavoci i due imprenditori a capo delle insegne.


Gianluca Poggio ed Enrique Jiménez, spagnolo da oltre trent’anni in Italia, sono soci in attività di ristorazione e gestiscono con passione il ristorante Guarini Serranos e la pizzeria Flegrea, realtà torinesi che incarnano pienamente lo spirito dell’iniziativa, valorizzando l’incontro tra Italia e Spagna. Da sempre i loro ristoranti contribuiscono  a raccontare il legame tra due culture gastronomiche straordinarie, in modo diverso, ma sempre con un’attenzione a questo fil rouge che unisce popoli, cucine e culture. Lo fa certamente il ristorante Serranos, primo progetto aperto nel 2014, capace di trasmettere un’autentica cucina spagnola fatta di tapas, prodotti locali e ricette della tradizione provenienti da diverse regioni iberiche.

Lo fa, anche più inaspettatamente, il ristorante Guarini, dove lo chef Luca Varone trae da sempre ispirazione dalla tradizione culinaria spagnola, mescolandola con quella piemontese  e proponendo, attualmente in linea con questo principio, piatti come le acciughe del Cantábrico Sanfilippo con burro all’aglio e bagnetto verde, o I particolarissimi plin della tradizione in brodo di jamon. O ancora il piemontesissimo risotto, che lo chef ha scelto di mantecare con robiola, lardo di Patanegra e ibisco, o con il secreto di Patanegra, che viene servito con burro affumicato e confettura di pesche, oppure con un tagliere di jamon o lomo iberico, da mangiare sorseggiando un buon vermouth.

Anche la storica pizzeria di Torino, la Flegrea, tiene alta la bandiera dell’amicizia tra Italia e Spagna contaminando il prodotto forse più italiano di tutti, la pizza, con prodotti diversi dal solito, provenienti dalla penisola iberica.
La dimostrazione più lampante, oltre al tagliere al prosciutto iberico, sempre disponibile in carta, è proprio la pizza Italia-Spagna, con mozzarella di bufala campana DOP, prosciutto iberico, basilico fresco e olio extravergine di oliva.

Infine anche il Velò, il bistrot del Motovelodromo, altro locale del gruppo, approfitta della partenza della Vuelta per celebrare tutta la sua anima ciclistica, espressione naturale del luogo in cui si trova. Sabato 23 agosto la tappa sarà  trasmessa in diretta per il pubblico e a seguire ci sarà una speciale “cena in rosso” sulla pista storica, con Paella & Sangria a 25 euro a persona, e un concerto live di Cane Vecchio Sa-Und, a ingresso gratuito.
Così,  proprio per la partenza della Vuelta a España 2025 da Torino, queste insegne torinesi di successo  avranno l’occasione di celebrare la Spagna con i loro piatti, proponendoli a tutto il pubblico della Vuelta.

Mara Martellotta

Eataly nella cultura pop americana: una finestra sul “Made in Italy” nella serie Matlock

Nella nuova serie Matlock, che vede Kathy Bates nel ruolo di Matty Matlock – un’avvocatessa scaltra e determinata che torna a combattere le ingiustizie da una prestigiosa law firm di New York – il secondo episodio offre uno spunto curioso: tra gli elementi di scena, appare chiaramente una busta di Eataly, visibile più volte durante una conversazione. Questo dettaglio, seppur apparentemente marginale, assume un significato simbolico: solo un marchio ben radicato nella quotidianità della Grande Mela poteva comparire in modo così naturale. Una conferma dell’avvenuto ingresso di Eataly – nata a Torino dall’idea dell’imprenditore Oscar Farinetti – nel costume dei newyorkesi.

Intanto, dal fronte Eataly – l’azienda simbolo del “cibo italiano di qualità” fondata da Farinetti – arriva una notizia significativa: è stato approvato un aumento di capitale da 75 milioni di euro, che sarà realizzato in due tranche, entro il 30 novembre 2025 e entro il 30 giugno 2026. Questo intervento finanziario sosterrà lo sviluppo del nuovo format Eataly Caffè e la continua espansione in Nord America, con nuove aperture previste a Philadelphia, Toronto e West Palm Beach, oltre a un nuovo punto su Lexington Avenue a New York.

Lo specchio delle stelle

23 agosto, ore 21.15chio delle stelle

IN COLLABORAZIONE CON IL MUSEO EGIZIO

Ospiti:
– Enrico Ferraris (egittologo e curatore del Museo Egizio)
– Marco Brusa (fisico e divulgatore scientifico di Infini.to)

Cosa vediamo davvero quando guardiamo il cielo?
Le stelle brillano identiche per tutti, ma le costellazioni che vi leggiamo – i racconti, le mappe, i significati – cambiano da cultura a cultura, da epoca a epoca. Il firmamento, a ben guardare, è uno specchio: un paesaggio culturale in cui ogni civiltà ha proiettato la propria visione del mondo, i propri miti, bisogni, poteri e speranze.

Sotto la cupola del planetario, esploreremo il cielo come lo hanno raccontato gli antichi egizi e come lo hanno interpretato altre civiltà: dai miti eroici della Grecia all’ordine celeste della Cina imperiale, fino alla visione matematica dell’astronomia islamica.

Attraverso immagini, narrazioni e proiezioni astronomiche, il talk mette in dialogo scienza, storia e antropologia per mostrare come il cielo sia sempre stato una costruzione culturale, oltre che uno spazio fisico. Anche oggi, nell’epoca dei satelliti e dei telescopi spaziali, guardare il cielo significa interrogarsi su ciò che siamo e su come ci raccontiamo.

A seguire spettacolo in Planetario “Il cielo degli egizi”.

Durante l’evento sarà possibile visitare le postazioni interattive del museo, usufruendo dell’audioguida gratuita dal proprio smartphone.

La partecipazione al talk è gratuita possedendo il biglietto di ingresso al Museo.

Biglietti disponibili qui: https://www.ticketlandia.com/m/event/museo-astrotalk-torino

 

Sarà attivo anche un servizio bar/ristorazione per i visitatori del Museo.

 

Dove il tempo si prende cura di sé: Watch Center, eccellenza artigianale nell’orologeria a Torino

Informazione promozionale

 

In un mondo dove la precisione conta, Watch Center si distingue da oltre cinque anni nel cuore di Torino come punto di riferimento per chi desidera affidare il proprio orologio di pregio, moderno o d’epoca, a mani esperte. Un laboratorio che è insieme atelier artigiano e centro di competenza tecnica, pensato per chi riconosce valore nella cura, nella trasparenza e nell’attenzione al dettaglio.

 

Riparazioni con tempi certi e trasparenza totale

Il cuore di Watch Center è il laboratorio a vista, dove ogni intervento – dalla revisione completa alla sostituzione con ricambi originali – è svolto internamente. L’efficienza è una garanzia concreta: I tempi di riparazione sono certi e vengono comunicati nel preventivo gratuito che riceverai in una settimana con gli interventi necessari e consigliati, con garanzia sull’intervento. Ogni cliente riceve aggiornamenti puntuali via mail, costruendo un vero rapporto post-vendita attivo, in cui la comunicazione attiva è parte del servizio.

Un’officina d’autore per l’alta orologeria

Specializzati nella riparazione e manutenzione di marchi come Rolex, Omega, Cartier, ma anche di orologi vintage e complicati come Heuer d’epoca, Jaeger- LeCoultre, Audemars Piguet e Vacheron Constantin, il team vanta oltre 20 anni di esperienza. La cura per orologi rari e da collezione si estende anche alla pendoleria e agli orologi da tavolo, con interventi su meccanismi unici che richiedono sensibilità tecnica e visione storica.

 

Un servizio su misura per chi dà valore al proprio tempo

Chi si rivolge a Watch Center condivide una stessa attitudine: l’attenzione per la qualità, l’autenticità e il rispetto per il proprio orologio. Ogni intervento è pensato su misura, con consulenza tecnica, trasparenza informativa e la garanzia che ogni fase – dalla diagnosi al collaudo finale – sia eseguita internamente, sotto il pieno controllo del laboratorio.

Un punto di forza distintivo?

La fiducia è il nostro bene più prezioso. Per questo, a chi torna da Watch Center riserviamo una cura continuativa, mentre ad ogni nuovo cliente garantiamo lo stesso livello di eccellenza che ci contraddistingue.

 

Originalità garantita: ricambi certificati e lavorazioni trasparenti

Ogni riparazione è eseguita con ricambi rigorosamente originali, selezionati con attenzione per garantire non solo l’integrità tecnica, ma anche il rispetto dell’identità e del valore dell’orologio. Un impegno che vale sia per i marchi iconici (Rolex, Omega, Cartier) che per i segnatempo più rari o vintage, dove l’originalità dei componenti può fare la differenza tra una semplice riparazione e un vero restauro d’eccellenza. Grazie al laboratorio a vista, ogni cliente può percepire l’artigianalità del lavoro e la coerenza con cui Watch Center espone e mette “in vetrina” la qualità del proprio operato. Ci prendiamo cura del tuo orologio, rispettando il valore che ha per te.”

 

Questo è più di un motto: è il modo in cui Watch Center si posiziona come partner tecnico, non come semplice fornitore

Watch Center è anche su Instagram e TikTok Segui il laboratorio dietro le quinte, scopri restauri incredibili, orologi da collezione e pezzi unici: Per ulteriori informazioni visita il nostro sito www.watchcenter.it

 

 

Watch Center Torino

Via Giambattista Bodoni 1/D

10123 – Torino

 

Contatti:

Tel.: +39 011 8170477

WhatsApp: +39 3513028010

mail: watchcentertorino@gmail.com

instagram: watchcenter.torino

Tik Tok: whatchcentertorino

facebook @watchcentertorino

 

Orari apertura pubblico:

dal Martedì al Sabato dalle 10:00 alle 13:00

dalle 15:00 alle 19:00

Domenica, Lunedì e festivi chiuso

 

Se i nostri orari non soddisfano le tue esigenze possiamo riceverti anche su appuntamento.

Watch Center è un laboratorio per l’assistenza tecnica di orologi di qualunque marca ed età.

Vantiamo le migliori attrezzature presenti nello scenario dell’orologeria mondiale. I nostri tecnici sono professionalmente formati nelle più importanti scuole svizzere e preparati per risolvere qualunque problema.

I supereroi conquistano il Forte di Bard 

Attivi fra Otto e primi Novecento, i grandi Maestri giapponesi dell’ “ukiyo-e” e del nuovo stile “shin hanga” ospiti eccellenti dello storico “Forte” valdostano

Fino al 30 novembre

Bard (Aosta)

Mettono le mani avanti gli organizzatori della mostra “Eroi. Evoluzione di un mito. Dal Giappone antico al contemporaneo”, ospitata fino a domenica 30 novembre prossimo nelle “Sale delle Cantine” dell’ottocentesco “Forte di Bard”“Il primo supereroe della storia – scrivono – non è americano e non si chiama Superman, ma è una supereroina giapponese, ed è nata nel 1848”. Dunque, scordatevi il nome di Gotham City, città immaginaria ispirata alla New York del “proibizionismo” in cui si svolgono le avventure del mitico Batman nei fumetti “DC Comics”. E fate altrettanto per “Kripton”, il pianeta originario, ma altrettanto immaginario, di Superman (“Kal-El” in “Kriptoniano”) inventato nel 1938 da Jerry Siegel e Joe Shuster. Il primo “supereroe” – meglio “supereroina” – della storia è donna e giapponese con tanto di “occhi a mandorla”, come da copione.

Questo quanto intendono precisare gli organizzatori, di cui sopra, attraverso un percorso inedito, fra stampe dipinti e arazzi (opere delle massime firme dell’arte nipponica fra XIX e XX secolo) teso a tracciare “l’evoluzione del concetto di eroe e le profonde differenze che emergono tra le figure eroiche della cultura mediterranea e quelle dell’immaginario giapponese, con i suoi antichi eroi e i suoi popolari supereroi contemporanei”: dall’universalmente noto “trittico” in legno di Utagawa Kuniyoshi (1798 – 1861) “Takiyasha la strega e lo spettro scheletro”, in cui la principessa Takiyasha (X secolo) recita un incantesimo scritto su un rotolo, evocando uno scheletro gigante emergente dal buio (opera esposta in Giappone nel Museo “UKIYO-E” di Kurashiki e, in copia, all’ “Honolulu Museum of Art” fra i maggiori Musei degli Stati Uniti), alla strabiliante raffinatezza dei viola e dei rossi delle tinture “all’anilina” di “Yoshitsune e i mille ciliegi” di Chikanobu Toyohara Yoshu, lui stesso militante nello “shogitai”, brigata d’élite di “samurai” ( Edo, 1838 – 1912) e fra gli ultimi maestri dell’ “ukiyo-e”, via via fino a Utagawa Kunisada (Edo 1786 -1865) forse il più famoso disegnatore di “stampe su blocchi di legno” del Giappone ottocentesco e Maestro dell’omonima “Scuola Utagawa”, per arrivare all’eccentrico e meticoloso Katsushika Hokusai (Edo 1760 – 1849) la cui notorietà resta soprattutto legata, oltre che ai suoi fantasiosi “manga” e alla scrittura e all’illustrazione di numerosi “gialli” per donne e bambini, alle “Trentasei vedute del Monte Fuji” e alla celebre “Grande onda di Kanagawa”.

Curata da Paolo Linetti, colto studioso d’arte giapponese e direttore del bresciano “Museo d’Arte Orientale Mazzocchi” di Coccaglio, in collaborazione con “Vidi Cultural” e l’Associazione Culturale “Mnemosyne” la rassegna si compone di 86 opere articolate in otto sezioni, popolate da eroi e supereroi in armatura dorata, figure epiche realmente esistite o guerrieri leggendari ed eroine “dalla spada impietosa”, principesse “che hanno ispirato paladine lunari” donne più o meno giovani pronte a morire a testimonianza della grandezza e potenza del proprio amore o “ninja” che combattono accanto ai loro “famigli” in forma di rospi, serpenti o gru. E qui l’eroismo non è tanto sfida impavida, dimostrazione di un coraggio che supera le resistenze dell’umano, ma soprattutto “senso dell’onore”, di un “dovere” e di uno “spirito di sacrificio” che chiamano a gran voce e non accettano rinunce. Non “gloria personale”, ma fedeltà, dedizione e, talvolta, “giusta” vendetta. Antologia di “culture” antiche e remote, ardue nel confronto con la narrativa e l’attualità occidentale, pagine ricche e fantasiose che ci permettono anche di ammirare, raccolti in mostra, preziosi “arazzi” della fine del XVII secolo, storiche “incisioni su rame”“stampe su seta” e numerose “xilografie”, opere per la maggior parte provenienti dalla Collezione dell’Associazione Culturale bresciana del Castello di Dello “Mnemosyne” e dal Museo d’Arte Orientale “Mazzocchi” di Coccaglio.

Due principalmente gli obiettivi della mostra, secondo il curatore Paolo Linetti e Ornella Badery, presidente del “Forte”: “Comprendere quali siano le caratteristiche che definiscono un eroe in quanto tale, passando dal Monte Olimpo al Fuji. L’itinerario sviscererà la natura dell’eroe nipponico, confrontandola con quella della cultura dell’epica mediterranea per meglio comprenderne tutte le sfumature. Il secondo è scoprire come il concetto di ‘supereroe’ fosse un argomento ben radicato in Giappone molto prima che in Occidente”.

Gianni Milani

“Eroi. Evoluzione di un mito. Dal Giappone antico al contemporaneo”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 30 novembre. Orari: mart. e ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19; fino al 7 settembre aperto anche il lunedì 10/19

Nelle foto: Chikanobu Yoshu “Yoshitsune e i 1000 ciliegi”, xilografie policrome su carta da gelso; Parte dell’allestimento (Ph. Marco Spataro); Paolo Linetti ed Ornella Badery (Ph. Marco Spataro)

Carmagnola pronta ad accogliere la 76esima edizione della Fiera del Peperone

Carmagnola si prepara ad accogliere la 76esima edizione della Fiera del Peperone, un evento  che dal 29 agosto al 7 settembre prossimo trasformerà la città in un vibrante crocevia di festa, cultura e gastronomia. Promossa con orgoglio dal Comune di Carmagnola e organizzata da SGP Grandi Eventi, questa manifestazione è un appuntamento fisso che celebra il Peperone di Carmagnola, vero protagonista indiscusso e anima pulsante del territorio.

Nato sotto il caldo sole del Sud America, uno degli ortaggi più amati della nostra tradizione è approdato nelle fertili terre della provincia di Torino agli inizi del Novecento, grazie alla lungimiranza dell’orticoltore  Domenico Ferrero di Borgo Salsasio. Da allora è  divenuto una coltivazione di pregio e una risorsa fondamentale per l’agricoltura e l’economia locale, tessendo una storia di eccellenza e qualità.
Il Peperone di Carmagnola non è un semplice ortaggio, ma è un simbolo di dolcezza, versatilità e tradizione. Si distingue per la sua polpa spessa e carnosa, il sapore intrinsecamente dolce e un notevole contenuto di vitamina C, caratteristiche che lo elevano al di sopra degli altri peperoni. La sua coltivazione segue rigorosi metodi tradizionali e sostenibili, garantendo un prodotto di altissima qualità capace di rispettare l’ambiente e le antiche pratiche agricole. La sua eccellenza è  attestata da importanti riconoscimenti, tra cui il Marchio di qualità del Consorzio del Peperone di Carmagnola e il riconoscimento come prodotto agroalimentare tradizionale (PAT) da parte del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Questi attestati certificano la qualità del prodotto, garantendone origine  e autenticità.

La 76esima Fiera del Peperone non sarà solo un’esposizione, ma un vero e proprio viaggio sensoriale e culturale. Un ricco palinsesto di eventi accompagnerà il pubblico alla scoperta di questa eccellenza territoriale e agricola. Oltre all’esposizione di tutte le varianti del Peperone, sarà possibile partecipare a showcooking, che sveleranno i segreti della sua preparazione, degustazioni guidate per apprezzarne ogni sfumatura di sapore e veri e propri percorsi enogastronomici,  il tutto arricchito da spettacoli itineranti e di intrattenimento pensati per gli addetti ai lavori, gli amanti del Peperone e le loro famiglie.

Ed è durante la kermesse che sarà possibile scoprire il gioiello della terra piemontese che si presenta in diverse affascinanti varietà, ognuna con la sua personalità e destinazione culinaria. Il Quadrato, dalla forma robusta, è perfetto sia consumato crudo per la sua freschezza sia ripieno e cotto al forno, dove la polpa mantiene  una consistenza ideale. Il Quadrato allungato, conosciuto anche come “Bragheis”, matura precocemente  ed è estremamente versatile. Si presta ad ogni tipo di preparazione, specialmente la cottura al forno. Il Tomaticot ha la forma tondeggiante  e schiacciata come un pomodoro, con la sua polpa spessa è l’ideale per antipasti raffinati e sfiziose conserve, anche in agrodolce. Il Corno di Bue, lungo e affusolato, è insuperabile per la classica peperonata e per la conservazione, grazie alla sua polpa compatta che assicura un’ottima tenuta in cottura. Infine il Trottola, dalla forma a cuore con punta estroflessa o troncata, è una qualità estremamente versatile che assicura alte rese in tutte le preparazioni culinarie. In tema di tradizione, il Peperone di Carmagnola rappresenta un ingrediente estremamente versatile, capace di elevare tanto le ricette tradizionali quanto quelle più innovative. È  l’anima di piatti iconici della cucina piemontese come la celebre bagna càuda, dove la sua dolcezza bilancia l’intensità dell’aglio e delle acciughe. Ma non solo, aggiunge un tocco di colore e un sapore unico ad antipasti, primi piatti, secondi e contorni. Grazie alla sua dolcezza naturale, è eccellente anche per conserve e salse, creando sapori autentici e inconfondibili.

Potete visitare il sito www.fieradelpeperone.it , dove troverete tutte le informazioni utili per raggiungere Carmagnola, vivere al meglio la Fiera e acquistare i biglietti per il Foro Festival.

Mara  Martellotta