GUSTO- Pagina 23

Giornata della Ristorazione, arrivano i piemontesi

Sabato 18 maggio 2024

I ristoratori torinesi e piemontesi hanno risposto con entusiasmo alla chiamata della seconda Giornata della Ristorazione promossa per il 18 maggio da FIPE-Confcommercio in tutta Italia con l’intento di valorizzare la cultura della ristorazione e della gastronomia e per celebrare i temi dell’ospitalità e della condivisione. 10 mila ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, taverne in Italia e nel mondo sono gli attori protagonisti di questo evento.

Per l’occasione, sono ben 500 i ristoranti piemontesi aderenti, di cui 200 nel torinese, coinvolti dall’associazione dei pubblici esercizi Epat Ascom, che sabato 18 maggio inseriranno nel menù un piatto dedicato al tema della Giornata, identificato quest’anno nel valore dell’Ospitalità.

«L’ospitalità – commenta la presidente di Ascom Confcommercio Torino e provincia Maria Luisa Coppa – è un valore particolarmente sentito nel nostro territorio, che si distingue da sempre per il garbo e il savoir faire nelle occasioni conviviali a tutti i livelli, dalle trattorie agli stellati. Questo dovrà rimanere un valore caratterizzante dei nostri ristoratori, mentre è sicuramente necessario continuare a lavorare sui cambiamenti dei modelli di business che ridefiniscono la sostenibilità economica delle imprese e rispondono alle nuove esigenze dei consumatori, sempre più sensibili all’esperienza, alla qualità, all’innovazione, all’impatto ambientale e all’inclusione sociale».

 

«I nostri ristoratori aderiscono con grande entusiasmo  – dichiara il coordinatore dei ristoratori di Epat Ascom Maurizio Zito – ad un’iniziativa che rende onore a quanti lavorano ogni giorno, con fatica e con passione, per dare un servizio fondamentale  nella nostra società, da sempre all’insegna della convivialità. È un mestiere duro, scelto in Italia da ben un milione e mezzo di persone, che hanno come primo obiettivo la soddisfazione del cliente, partendo proprio dall’Ospitalità e dall’Accoglienza, i temi portanti di questa Giornata della Ristorazione».

A Torino e provincia l’iniziativa è portata avanti da Epat Ascom, che ha organizzato una giornata divulgativa il 16 maggio nella sede istituzionale di Ascom Confcommercio Torino e provincia, in via Massena 20, a Torino. Incontri, dialoghi, talk e momenti gastronomici con gli operatori, gli stakeholder e i futuri professionisti del settore. Dopo i saluti di Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Torino, e di Vincenzo Nasi, presidente di Epat Ascom, si parla della centralità dell’accoglienza nella ristorazione in un dialogo con un’antropologa, un restaurant manager e due formatori per discutere il significato e le interpretazioni dell’ospitalità, coinvolgendo gli studenti degli istituti alberghieri e gli Academist di ITS Academy Turismo.

Nel cuore della giornata, nel Salone aulico prende vita una mise en place delle feste per accogliere la firma della Carta dei Valori della Ristorazione da parte delle Istituzioni regionali e cittadine, tra cui il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e l’assessore al Commercio del Comune di Torino Paolo Chiavarino, mentre i saloni del palazzo ospitano degustazioni e show cooking a cura dei Ristoratori Epat, dei Cuochi della Mole e dei Ristoranti della Tradizione Canavesana, con una degustazione speciale del Vermouth di Torino.

Nel pomeriggio si esplora l’ospitalità nei diversi tipi di ristorazione, dal ristorante tradizionale, a quello turistico, fino al fast food, analizzando l’importanza della professionalità, ma anche dell’ambiente, dei colori, della musica e dei profumi nell’esperienza di accoglienza.

Infine, la storia di 120 anni di ospitalità raccontata dai titolari di Casavicina e Celestino, due grandi realtà nate nei primi del Novecento come locande per il cambio cavalli e da sempre guidate dalle famiglie fondatrici impegnate nell’eccellenza del servizio.

La Giornata è anche l’occasione per realizzare nei ristoranti aderenti un’importante iniziativa di beneficenza a sostegno delle mense di comunità di Caritas Italiana.

Torino celebra la Giornata della Ristorazione con i ristoranti, i pasticceri e i gelatieri Epat, con l’Associazione provinciale Cuochi della Mole, con i Ristoranti della Tradizione Canavesana, con l’I.I.S. G. Colombatto di Torino, con l’I.I.S. Norberto Bobbio di Carignano (To) e con ITS Academy Turismo e Attività̀ Culturali.

Si ringraziano Agricooltur, Caffè Costadoro, Coalvi Consorzio di Tutela della Razza Piemontese, Cocchi1891, Docks Cash&Carry, Grissinificio Fayles, La Battistina, Piazza dei Mestieri, Tenuta Il Cascinone.

L’appuntamento è promosso a livello nazionale da FIPE-Confcommercio, la Federazione italiana Pubblici Esercizi, con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, del Ministero della Cultura e del Ministero del Turismo.

www.giornatadellaristorazione.it

Menù di primavera elegante e colorato al “Les petites Madeleines” del Turin Palace

Piove oltre i portici di via Sacchi e maggio sembra un concetto lontano. Quest’aria decadente porta dritto al “Les petites Madeleines”, il ristorante del Turin Palace. Nuvole e acquazzoni non permettono di aprire la terrazza dell’hotel a quattro stelle, una finestra su tutta Torino, ma la primavera si spalanca sincera muovendo i primi passi nella sala del ristorante. È l’effetto immediato delle pareti ottocentesche d’un verde appena accennato e delle tovagliette viola come distese di zafferano. Ci si accomoda su questo prato morbido e ronzano subito in testa i “Canti orfici” di Dino Campana (Einaudi, ET Poesia, 231 pagine). L’atmosfera è sottile e offre l’eleganza e i colori delle parole del poeta di Marradi. Si può mettere definitivamente da parte la malinconia delle temperature esterne e aprire, con appetito, le danze: si concluderanno solo a tarda sera e solo dopo aver visitato la terrazza, nonostante sia cullata dalla pioggia.

Il ristorante del Turin Palace tra pioggia e cibi di primavera

La carta di primavera sul tavolo ci dice che possiamo ordinare senza troppi pensieri. Attingiamo a piene mani da quella parte di menù dedicata agli asparagi, una selezione di pietanze pensata per onorare i frutti di stagione.

Si parte, quindi, con tartare di Fassona con asparagi e, per restare in tema, uovo a bassa temperatura con asparagi.

Sui primi piatti non ci sono dubbi: gnocchi di barbabietole, spugnole e blu del Monviso e, ancora, maccheroncini alle acciughe con olio aromatizzato al peperoncino e pangrattato.

 

Resta solo da decidere l’accompagnamento, ma per questo ci si affida subito a Luca, il sommelier. Scopriamo che al ristorante del Turin Palace il Nebbiolo si serve anche freddo. Pensare questo rosso intenso nel secchiello del ghiaccio fa strano, ma c’è un aneddoto dietro questa usanza. Pare che, infatti, così lo desiderò il poi futuro presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson quando, nel 1787, visitò Torino.

Un fiume di vino al Turin Palace

Dopo gli accenni di storia, torniamo presto al presente e iniziamo ad assaporare la magia della bottiglia che sarà regina della cena: un Verduno Velaperga di Ascheri. Il colore rosso scarico e il suo profumo suggeriscono subito che si tratta di una rarità, così come raro è il vitigno da cui nasce. L’etichetta blu spiega poi che è un vino solidale: una parte della produzione viene infatti donata alla onlus “Gusto della Solidarietà” per finanziare i progetti dei gruppi di Volontariato Vincenziano. È perfetto anche unito agli omaggi dello chef: un’oliva tonnata, finta ma perfetta, e un gazpacho con verdure. Ma il vero tocco di grazia arriva col pane, armonia di dolcezza e sapidità, accompagnato da un burro salato che, in bocca, diventa una danza. Le portate principali sono solo un’altra ventata di primavera: dal quadro verde e giallo dell’uovo al dominio dell’asparago fino alle note limonose della pasta.

Dolci poesie

Per rinforzare i dessert, ancora una volta, ci si affida a “quello che consiglia Luca”. E Luca, per tiramisù e millefiori di bosco, yogurt e yuzu, sceglie, rispettivamente, un ice wine ucraino (Chateau Chizay) e un forteto della Luja Piasa Rischei Loazzolo Doc.

Come dargli torto. E come darne allo chef, che per chiudere in bellezza ci omaggia con rocher, bavarese al lampone e gelatina. Nel frattempo, ormai, l’ultima metro è persa. Per qualche altro istante si sta tra le pareti un po’ fiorite un po’ rigate della sala, a rubare quella pace che sa donare un posto come questo. Poi, al momento di andar via, si hanno in dono i sorrisi del personale e una piccola confezione di madeleines che non avrà lunga vita. Prima di rientrare, però, va sciolta una promessa: il giro nella terrazza che una primavera piovosa ha tenuto chiusa più a lungo del solito.

 

Una terrazza per sognare al Turin Palace

Una volta su, è lampante che Torino abbracciata dal buio è ancora più bella. Porta in grembo inquietudine e mistero. Quasi si vede Dino Campana, che studiò per qualche tempo in un liceo poco lontano dal Turin Palace, mentre scrive del suo vagare: “Di notte, nella piazza deserta, quando nuvole vaghe correvano verso strane costellazioni, alla triste luce elettrica io sentivo la mia infinita solitudine” (p. 140). Ci si può sentire così di fronte a questo panorama struggente, ma l’aedo marradese in quegli stessi “ricordi di un vagabondo” (p. 142) parla anche di un passare di “ore di sogno […] che scioglievano in tenerezze i grumi più acri del mio dolore, ore di felicità completa che aboliva il tempo e il mondo intero, lungo sorso alle sorgenti dell’Oblio”. Ed ecco, infine, si sa che, oltre la pioggia, è proprio questo che lascia un po’ di primavera ritrovata in un maggio lontano.

Daniela Melis

Ritorna il Mercato della Terra di Torino

Dal 9 maggio il Mercato di Slow Food sarà in città due volte al mese, il secondo e il quarto giovedì, in orario pomeridiano-serale: dalle 17 e fino alle 22, per fare la spesa, conoscere i migliori produttori del territorio, assaggiarne le eccellenze e portarle a casa con sé.  L’appuntamento quest’anno arriva in piazza Carlo Alberto, nel cuore di Torino, a due passi dal Museo Egizio e da Palazzo Carignano. Sarà l’occasione per vivere una delle piazze storiche della nostra città in maniera speciale, con attività didattiche, degustazioni e anche collaborazioni d’eccezione con le realtà enogastronomiche vicine.

Torino, capoluogo del Piemonte, terra di grandi eccellenze enogastronomiche e patria di Slow Food e dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ha un patrimonio culturale immenso, che trova espressione in tante realtà agricole e artigiane che portano avanti il loro lavoro secondo i criteri del “buono, pulito e giusto“. Il Mercato della Terra di Torino è dunque un progetto che vuole dare massima espressione a questa ricchezza, coinvolgendo ogni volta una selezione di produttori tra i migliori del territorio: produttori di PresìdiMaestri del Gusto, aderenti al Paniere dei Prodotti Tipici della Provincia di Torino e molto altro. Non è un mercato qualunque, ma uno spazio dove acquistare e vendere il meglio della produzione enogastronomica, creare uno scambio e fare educazione.

Tra i produttori presenti, ci sono aziende e società agricole, frantoi, aziende vitivinicole e birrifici, realtà artigiane che proporranno in vendita una vasta gamma di prodotti: i clienti potranno acquistare – solo per citarne alcuni – frutta e verdura fresche e di stagione, formaggi e latticini di varia stagionatura, legumi, marmellate e composte, olio della campagna piemontese, uova di galline allevate free-range (all’aperto), mieli di montagna, farine, pasta secca, prodotti di panificazione, biscotti, vini del territorio e birre artigianali. Non mancano i Presìdi Slow Food, che hanno sempre una particolare rappresentanza. Ogni volta si alternano produttori diversi, per raccontare le stagioni e la biodiversità che la natura propone in ogni periodo dell’anno.

Al Mercato della Terra di Torino naturalmente non si farà soltanto la spesa. Come accade in tutti gli altri mercati contadini di Slow Food, alla compravendita si affiancano attività di didattica, occasioni di approfondimento e scoperta di realtà e tradizioni del territorio.

Eccezionalmente durante le sere di Mercato, inoltre, i locali di Piazza Carlo Alberto proporranno a menu piatti speciali che avranno come materie prime alcune delle eccellenze dei produttori selezionati da Slow Food, per un aperitivo o una cena speciali. Il Mercato della Terra è così una festa di piazza, che propone ottime materie prime, buon cibo e i migliori produttori buoni puliti e giusti!

I produttori presenti giovedì 9 maggio saranno:

– Agrimani (Trofarello, TO) | Verdura biologica di stagione;

– Azienda Agricola Matteo e Sabrina (Scalenghe, TO) | Produzione e vendita di formaggi di montagna;

– Azienda Agricola Pozzatello (Orbassano, TO) | Sedano Rosso di Orbassano, Presidio Slow Food: trasformati;

– Beesu (Torino) | Ecopack in cotone bio e cera d’api;

– Cascina Bonetto (Lusernetta, TO)| Antiche varietà di mele piemontesi, Presidio Slow Food, succo e pacioc;

– Che Fermento! (Torino) | Ortaggi fermentati;

– La monetina d’argento (Torino) | Biscotti, confetture e lollipop da frutta fresca;

– Lo zafferano di Pralormo (Pralormo, TO)| Zafferano biologico;

– Officinali della Collina (Pino Torinese, TO) | Produzione e vendita di oli essenziali, lavanda officinale e tisane;

– Terre della Seta (Racconigi, CN)| Dalle more di gelso di Racconigi, confetture, nettare, gelee, liquore, more essiccate e la linea per la cosmesi.

Di seguito le prime date del Mercato della Terra di Torino:

– giovedì 9 maggio

– giovedì 23 maggio

– giovedì 13 giugno

– giovedì 27 giugno

A breve saranno comunicate anche le date successive.

Per maggiori informazioni:

Fb: https://www.facebook.com/mercatodellaterraditorino

Ig: https://www.instagram.com/mercato_della_terra_torino/

Tigelle e gnocco fritto arrivano sotto la Mole

I classici della tradizione culinaria emiliana

 

  Tigella’s continua la propria espansione e annuncia l’apertura del suo primo locale a Torino in una posizione strategica nei pressi del Museo Egizio. Aperto in Via Principe Amedeo 11  il nuovo locale Tigella’s Torino Centro ospita fino a 80 persone e accoglie gli amanti delle tigelle e dello gnocco fritto per offrire un’esperienza culinaria dell’Emilia-Romagna più autentica in un ambiente accogliente e famigliare.

Fondata da Diego Vivaldi Paola Gaudimundo, Tigella’s propone un nuovo modo di preparare e gustare il cibo della tradizione emiliana, attraverso la scelta attenta dei semplici ingredienti con l’originale formula all you can eat e la continua ricerca di prodotti dell’eccellenza. L’offerta gastronomica punta sulla qualità delle materie prime, con un’attenzione costante alla stagionalità degli ingredienti, per affiancare alle farciture delle antiche ricette una varietà di combinazioni in grado di soddisfare i gusti di tutti.

La tigella è un pane tradizionale dell’Emilia-Romagna, regione rinomata per la sua ricca tradizione gastronomica. E’ un tipo di pane rotondo e piatto, cotto su una piastra calda e servito caldo e fragrante, perfetto da farcire con una vasta gamma di gustosi ingredienti:  dalla classica tigella con battuta di lardo e parmigiano, a combinazioni più audaci come salmone affumicato e maionese all’aglio, le possibilità sono infinite.  Lo gnocco fritto, altra tipicità, viene servito gonfio e dorato, croccante e vuoto all’interno, fatto apposta per essere farcito con salumi e formaggi e degustato  in compagnia.

In carta sono presenti menù tradizionali, regionali, baby, vegetariani e vegani con la possibilità di essere accompagnati da tigelle senza glutine e senza latte, gnocco fritto e salse con riordino illimitato, per soddisfare gusti, preferenze e intolleranze alimentari. Tutti i menu prevedono la personalizzazione di tigelle e gnocco abbinati a taglieri di terra, di mare, vegetariani e regionali, con libertà di composizione e farcitura grazie alle numerose salse home made salate e dolci.

Per il giorno dell’inaugurazione SABATO 11 MAGGIO è prevista una speciale promo: dalle 12.30 alle 23.00 menu speciale al prezzo fisso di 15€ in Formula Enjoy (1 tagliere tradizionale o vegetariano a scelta, 1 drink alcolico o analcolico, gnocco fritto, tigella e salse all you can eat). Dalle 18.30 DJ Set.

La nuova apertura di Torino è la quarta per il brand già presente con tre locali a Milano. Tigella’s Torino Centro è gestito in franchising dal franchisee Massimiliano Rizzi.

 

INDIRIZZI E ORARI TIGELLA’S TORINO CENTRO

–          Via Principe Amedeo 11 – aperto tutti i giorni dalle 19.00 alle 23.00, sabato e domenica anche a pranzo dalle 12.30 alle 15.00. E’ già attivo anche il servizio di take away.

Per prenotazioni  334 2213471

https://www.tigellas.it  – IG @tigella.s

“Sprissetto”, l’aperitivo per brindare piemontese

In esclusiva da Borello Supermercati

Arance, erbe e radici si uniscono in un sorso bilanciato ed equilibrato.  Sprissetto Classico è un aperitivo a bassa gradazione alcolica. La miscela degli ingredienti è segreta ed è ottenuto da un’infusione di erbe amaricanti, bucce d’arancio dolce, tintura di quassio e genziana. Il prodotto è in vendita in esclusiva da Borello supermercati. “La scelta di vendere questa bevanda nei nostri negozi – commenta Fiorenzo Borello, responsabile della nota catena di supermarket – rientra nella nostra ricerca di ‘piemontesita’ dei prodotti che proponiamo ai clienti, sempre all’insegna della qualità”.

Fiorenzo Borello

 

 

 

 

 

Una torta da 100 chili con 300 macarons rosa per il Giro d’Italia

Una torta da 100 chili con 300 macarons rosa e la bicicletta in cioccolato per celebrare la gara ciclistica più amata d’Italia e le eccellenze del territorio torinese

Torino, 4 maggio 2024 – Il Piemonte si tinge di rosa e profuma di panna e cioccolato, grazie all’iniziativa dei Maestri Pasticceri di Ascom Epat Torino e provincia e Conpait Piemonte Pasticceri d’Italia, che hanno realizzato una gigantesca torta di 100 chili per accogliere la prima tappa del Giro d’Italia 2024, il 4 maggio alla Reggia di Venaria. Un grande lavoro di squadra, apprezzato anche dall’assessore regionale Fabrizio Ricca, che ha voluto tagliare il dolce insieme ai pasticceri.

La torta, a base di panna e cioccolato e decorata con l’effige del Giro d’Italia è opera dei pasticceri torinesi Roberto Miranti (pasticceria Orsucci), Costantino Guardia, presidente del gruppo Pasticcieri Epat Ascom,Antonio Raimondo (pasticceria Raimondo), Fabio Lanfranco (Il Dolcino), Luca Ticli (pasticceria Sole e Luna), Matteo Bava (pasticceria La Baita), e Giovanni Dell’Agnese (pasticceria Dell’Agnese). La torta è arricchita da 300 macarons rosa realizzati da Fabio Lanfranco ed è accompagnata dal gelato alle fragole di Tortona, presidio Slowfood, di Silvia Wdowiak (gelateria pasticceria Casa Clara).

Accanto alla torta la scenografica bicicletta di cioccolato creata dal Maestro Pasticcere Nicolas Vella con il pastry chef Roberto Miranti, vincitore del programma tv Cake Star 2024 e cono d’oro al Sigep di Rimini.

«Siamo felicisottolineano i coordinatori del progetto Roberto Miranti, Costantino Guardia e Giovanni Dell’Agnese – di festeggiare con una nostra creazione la Maglia Rosa e la Grande Partenza del Giro dall’incantevole Reggia di Venaria. Siamo orgogliosi di essere stati chiamati dal Comune di Venaria per dare vita ad un’installazione dolciaria di grande effetto, che ci ha visti lavorare tutti insieme, con l’obiettivo di far conoscere a tutta Italia la nostra pasticceria e i suoi valori di tradizione, innovazione e alta professionalità».

Il clima di festa ed entusiasmo che accompagna il Giro si rispecchia così nelle creazioni dei pasticceri torinesi, con l’intento di celebrare la gara ciclistica più amata d’Italia e, con essa, anche il territorio torinese e le sue eccellenze. I Maestri Pasticceri si fanno promotori ed ambasciatori dell’accoglienza alla Carovana del Giro puntando sui prodotti del territorio.

La festa non finisce qua. Dopo la partenza del Giro, la torta e la bicicletta di cioccolato vengono distribuite ai presenti e ai volontari impegnati nella manifestazione.

Collabora all’iniziativa l’Ascom di Venaria, sempre attenta tramite il proprio presidente Christian Contu a promuovere e partecipare agli eventi di valorizzazione del territorio.

 

Festa della Birra Artigianale Piemontese a Ciriè

16-19 Maggio

La Festa della Birra Artigianale Piemontese torna a Ciriè dal 16 al 19 maggio, lungo Corso Martiri. L’evento offre una vasta selezione di birre artigianali della regione, street food, musica dal vivo e intrattenimento per tutte le età. Un’occasione da non perdere per gli amanti della birra e del divertimento!

Per il programma completo seguire le pagine instagram: Saporidalmondoofficial e facebook saporidalmondo.

Dettagli dell’Evento:

– Data: 16-19 Maggio
– Luogo: Corso Martiri, Ciriè
– Orari: 18-23 (16 Maggio) 10-23 (17-19 Maggio)
– Ingresso: Libero

Per ulteriori informazioni, visita l’evento Facebook (Saporidalmondo) o contatta via email a info@saporidalmondo.com

Viotti Rice Tour alla scoperta del Vercellese

Viotti Rice Tour, domenica 5 maggio 2024

Una visita nella campagna vercellese sulle orme di Viotti, con visita alla mostra “Viotti e Stradivari. La ricerca della perfezione”, degustazione del risotto Viotti e spettacolo della Camerata Ducale.

Vercelli, 26 aprile 2024 – La Strada del riso piemontese di qualità e la Fondazione Viotti Vercelli sono liete di invitarvi al Viotti Rice Tour – Visita, degustazione del risotto Viotti e spettacolo della Camerata Ducale Domenica 5 maggio, dalle ore 14.00.

Evento gratuito realizzato nell’ambito del FEASR Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali. Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020. Sottomisura 16.4.

Una visita guidata in pullman nella campagna vercellese, a Fontanetto Po, alla scoperta dei luoghi e della casa in cui nacque Giovanni Battista Viotti, il più importante musicista e compositore piemontese di ogni epoca. Dopo la visita al Mulino San Giovanni, sito di interesse dell’Ecomuseo delle terre d’acqua, ci sposteremo poi a Vercelli per visitare la mostra “Viotti e Stradivari. La ricerca della perfezione”, dedicata al violinista vercellese e al grande liutaio cremonese: dopo un percorso interattivo che vi lascerà senza fiato, potrete anche ammirare uno degli inestimabili violini Stradivari appartenuti proprio a Viotti.

Al termine della mostra sarà offerta una degustazione a base di prodotti locali presso il circolo ricreativo di via Galileo Ferraris a Vercelli, con protagonista il “risotto Viotti”, creato con ingredienti selezionati ad arte per il bicentenario dalla scomparsa del compositore, presentato per l’occasione dai Sommelier del riso.

Al termine della cena, alle 21, si potrà proseguire verso il Salone Dugentesco, per assistere allo spettacolo teatrale della Camerata Ducale “Lo scrigno e l’anima”: un testo (di e con Giovanni Mongiano) che, con un tono ora divertente ora drammatico, ci guiderà alla scoperta di una figura affascinante come quella di Viotti.

Posti limitati, prenotazione obbligatoria.

Contatti:

www.stradadelrisopiemontese.it

info@stradadelrisopiemontese.it

tel. 351 9593180

Programma

14.00 Ritrovo a Vercelli, parcheggio area ex Pisu

14.15 Partenza in pullman per Fontanetto Po

14.45 Visita esterna alla casa di Viotti

15.15 Visita al Mulino San Giovanni, sito di interesse dell’Ecomuseo delle terre d’acqua

16.45 Rientro a Vercelli

17.15 Visita guidata alla mostra “Viotti e Stradivari. La ricerca della perfezione”, presso l’Arca di Vercelli

19.00 Degustazione presso il Circolo ricreativo di via G. Ferraris, 52

21.00 Spettacolo teatrale della Camerata Ducale presso Salone Dugentesco

Museo Egizio: gli ambasciatori pasticceri dell’eccellenza italiana presentano ” Aromi dell’Antico Egitto” 

 
Il seminario aperto al pubblico, nella sola giornata del 5 maggio, organizzato da Apei, l’associazione degli ambasciatori pasticceri dell’eccellenza italiana, e presieduto dal Maestro Iginio Massari, presenterà creazioni d’alta pasticceria al sapore d’Oriente, tutte da degustare.
Per celebrare il duecentario dei luoghi culturali più visitati d’Italia,  ma anche per  “riesumare”  gli aromi di ciò che, probabilmente, gli antichi Egizi consideravano dolce.
Questo l’intento del primo seminario pubblico organizzato da APEI – ambasciatori pasticceri dell’eccellenza italiana – , presieduto dal noto Maestro Pasticcere Iginio Massari , presso la sala conferenze del Museo Egizio di Torino, nella giornata di domenica 5 maggio: tredici appuntamenti , visionabili e prenotabili sul sito del Museo  , con gli Ambasciatori Apei che , in coppia, dalle 10 alle 16.30, presenteranno le loro creazioni d’alta pasticceria , realizzate con ingredienti e aromi che già si utilizzavano nell’Antico Egitto. I prodotti saranno offerti in degustazione ai visitatori che avranno la possibilità di assistere alle dimostrazioni dei pasticceri e di conoscerli dal vivo.
Tra gli ambasciatori presenti, il Maestro Cioccolatiere  Guido Castagna e  il Maestro Pasticcere Fabrizio Galla, con la loro curiosa ” Tavoletta bes” , puro cioccolato del Ghana, abbinata e arricchita nel gusto dall’elisir del Faraone, a base di anice e menta.
” Siamo grati a APEI per avere ideato un evento di rivisitazione della cultura dell’Antico Egitto attraverso l’alta pasticceria, ispirato agli aromi e ai profumi dei nostri Giardini Egizi, che apriranno al pubblico il 1 maggio” – dichiara Evelina Christillin, presidente del Museo Egizio. 

Un dolce e profumato connubio fra cultura e pasticceria made in Italy, da conservare con cura.

CHIARA VANNINI
Museo Egizio – Via Accademia delle Scienze 6
Ingresso riservato ai visitatori

Sua maestà il maiale

Del maiale (ma non solo) e di ciò che, suo malgrado, ci regala…

Al dì dal porc”, il giorno del maiale, cadeva tra novembre e febbraio, tra i Santi e Carnevale e rappresentava  un giorno di gran festa per la famiglia contadina. Quello era il periodo canonico dell’uccisione e della pressoché immediata concia delle carni del maiale

Un tempo che si snodava dal 30 novembre, Sant’Andrea fino  – ma non sempre venivano rispettati gli andamenti stagionali – al 17 gennaio, Sant’Antonio Abate, protettore sacro degli animali domestici, della stalla e del cortile.


Un santo considerato, in particolare, protettore del maiale tanto da essere raffigurato nell’ iconografia popolare con accanto un maialino, fissando il “santino” sulla porta del porcile. Anche la fase lunare aveva la sua importanza nel rito della macellazione del maiale (fase di luna calante e luna nuova). Quel giorno non si poteva fare né il pane né la pasta, per timore che la carne potesse lievitare e deperire in breve tempo. Quando il norcino gli affondava il coltello nelle rosee carni si era certi che dell’animale nulla fosse buttato via: testa, orecchie, lingua, gola, lardo, coppa e lonza, spalla e zampino, pancetta e filetto, culatello, coscia e cotiche. Sì, perché del maiale si utilizza tutto. E avere il “maiale da ingrassare”, nella civiltà contadina, prima e dopo l’epoca degli “alberi degli zoccoli” ( descritta in modo straordinario da Ermanno Olmi), era segno di benessere. Il maiale -versione domestica del cinghiale – dalla notte dei tempi ha assolto un compito del tutto particolare: sfamare la gente. Infatti, era il solo animale allevato per puri scopi alimentari.

A differenza degli equini e dei bovini, animali da tiro e da soma, utili ai lavori nei campi o come “mezzo di trasporto” negli spostamenti,  o delle pecore e delle capre  – che  fornivano latte e pelli –  il maiale era invece  solo ( e quasi tutto) carne commestibile, che costituiva la stragrande maggioranza delle riserve di “ciccia” già dalla preistoria. Un nobile animale, preziosissimo, che offriva il meglio di se per condimenti, grassi e sapori, sugna, lardo, strutto, cotenne (basti pensare che, in origine, la bagna càoda piemontese era fatta con lardo o sugna). La sugna serviva a tanti scopi: dall’ingrassare gli scarponi ( per mantenerli morbidi e protetti ) e le ruote dei carri, fino a farne candele e ceri. Nemmeno le ossa e i “peli” si buttavano del maiale: con le migliori veniva prodotto del sapone, dalle unghie si ricavava uno straordinario concime e con le setole s’imbastivano robustissimi ancorché rozzi, tessuti. Disporre di un maiale era un ottimo  investimento: non è forse evocativo il fatto che, spesso se non sempre, i salvadanai hanno la forma di un porcellino? Fino a più di un secolo fa i  maiali erano cresciuti liberi di ingozzarsi di ghiande nei boschi dove prevalevano querce e farnie. Finite quelle, esaurita la scorta di cibo, per così dire, “naturale”, non avendo altro cibo per ingrassarlo ancor più, il maiale passava al macello. E, sezionato in tutto e per tutto, finiva per gran parte sulla tavola. Spesso dire maiale equivale a dire prosciutto e salume anche se non solo col porcello si fanno ottimi insaccati. Dove sono nato, nel profondo nord del Piemonte e  dell’Italia di “mezzanotte”, quando si parla di salumi è naturale pensare alle valli ossolane ed alle produzioni locali. Dal prosciutto crudo della Val Vigezzo alle mocette, dai violini di cervo e di capra alla mortadella. Nella valle Anzasca, ai piedi del Rosa, da Macugnaga a Castiglione, con carne della testa e del guanciale  – cotta e aromatizzata –  si produceva il salame di testa. Salamini, salamelle e salsicce da grigliare si trovano un po’ ovunque, mentre è difficile trovare ancora, la salsiccia di riso: un divertente salame povero con riso bollito e maiale che si conserva sotto grasso. C’è sempre, nelle lavorazioni artigianali, il “tocco” di qualità, il vanto di tradizioni che si trasformano in prelibatezze che, spesso, non ammettono confronti.

Ma non c’è solo il “made in Ossola” sul tagliere. C’è anche la scuola degli insaccati della “bassa” che, dalle sponde dei laghi Maggiore e d’Orta scende, tra colline e baragge, fino alle risaie del novarese. Una scuola antica, contadina, che vede per l’appunto nel maiale e nelle sue carni un punto di riferimento che, pur non essendo l’unico, è di gran lunga il principale. Immaginando di tracciare una “via del salame” è curioso vedere dove ci porta, accompagnando il rilievo gastronomico a quello geografico. Iniziamo dal cacciatorino, piccolo, gustoso e conosciutissimo salamino stagionato da mangiare crudo. Confezionato il più delle volte in “collane”, è diffuso un po’ dappertutto ma è particolarmente prelibato quello di Borgomanero e dintorni. I ciccioli ( in piemontese “garisole”) di maiale o d’oca, sono invece dei piccoli pezzi di carne fritti e croccanti che si ottengono facendo sciogliere il lardo e il grasso dell’animale per ricavare lo strutto. Il “collo d’oca”, invece, è un caratteristico insaccato ottenuto nella bassa novarese imbottendo con carne e grasso d’oca aromatizzati la pelle del collo di questo pennuto. Si trova in due versioni, cioè cotto o crudo. Ed eccoci ad una delle parti migliori del maiale: la coppa ( o capocollo ). C’è da sbizzarrirsi. Fresca, questa carne dà lonze, filetti e braciole. Intera è nota come “carrè” mentre il capocollo è un insaccato che si ottiene con la carne della testa e delle parti posteriori tritata, salata, conciata ed “infilata” nell’involucro di budello cieco.

La stagionatura, in media, dura quattro mesi ed è una specialità molto diffusa in Valsesia. Il cotechino ( cudighin ), re delle feste di carnevale e piatto tradizionale per il fine d’anno ( accompagnato da fumanti, e beneauguranti, lenticchie) è un salume fatto con cotenne e carne di maiale, tritate per bene ed insaccate nelle budella grosse con l’aggiunta di spezie. Saltando la cotenna, pelle del maiale indispensabile per dar gusto ad alcuni piatti, e tralasciando il lardo che meriterebbe, da solo, una gustosissima riflessione ( “nobilitatosi” agli occhi del grande pubblico grazie a quelli d’Arnad e di Colonnata ), ecco la lonza (o lombata) e le luganighe. La prima, riconducibile a quella parte del maiale macellato che comprende uno dei lombi, con tutta la parte dorsale (costolette e coscia o spalla ), in alcune zone della bassa novarese o del vercellese è trattata e aromatizzata, quand’è fresca, come un salume. Le seconde sono tipiche di Cannobio, ultimo borgo dell’alto lago Maggiore prima di varcare – a Piaggio Valmara – il confine con la confederazione elvetica. Si consumano per tradizione a gennaio, con l’avvio del nuovo anno: salamini con un impasto ottenuto mescolando, in varie quantità, carni di maiale, lardo, aromi, pepe e vino rosso. Uniche nel loro genere e assolutamente da non perdere. Poi c’è il sanguinaccio, composto appunto da sangue di maiale, latte, lardo, pane grattugiato, spezie, aglio e vino. Il tutto insaccato a dovere nel budello dello stesso maiale. Antico piatto contadino nelle lunghe giornate d’inverno della pianura novarese e vercellese, si consumava arrosto o lessato. Sulle mortadelle c’è molto da dire. Vanno spese subito due parole per quella della Val d’Ossola, tutelata e “certificata” anche da Slow Food. Simile al salame ma con l’aggiunta di una piccola percentuale di fegato, che le conferisce un gusto del tutto particolare, è da provare. E’ prodotta in due differenti forme: una é insaccata in budello sottile ed è ripiegata ad “U” e legata in modo tradizionale; nell’altra versione é insaccata in budello grosso e legata a stella. La stagionatura é di circa un paio di mesi e il prodotto è consumato sia crudo che cotto. Una delle “regine” è la mortadella di fegato d’Orta.

Costituita da un impasto a grana fine di fegato di maiale con carne di suino, grasso di sottogola e spezie, si presenta a forma di ciambella. Un particolare non secondario è  l’impasto. Alcuni lo condiscono con del vin brulé, preferibilmente barbera; altri invece usano del vino bianco per dare “tono” alla mortadella che, in ogni caso, sarà poi fatta stagionare per qualche mese. A detta di alcuni ricorda la “salama” ferrarese e si può mangiare sia cotta ( con la purea di patate )che cruda o affumicata. In dialetto cusiano quest’insaccato è conosciuto come “fidighin”e trova la sua terra d’elezione sulla sponda orientale del lago d’Orta, tra il paese dell’isola di San Giulio e Gozzano, oltre che nell’areale tra l’aronese e Borgomanero. La pancetta drogata di montagna (conciata con spezie, aglio ed un “fiato” di grappa) non si trova solo dove i sentieri s’inerpicano e si devono fare i conti con le “ragioni della montanità”( asprezza dell’ambiente, altrimetria in crescita, clima conseguente, accessi ardui) ma anche in collina.Se ne producono di buonissime nel Vergante, nell’entroterra del lago Maggiore, sulle “motte” che fanno da contorno al vasto panettone del Mottarone, la “montagna dei milanesi”. Ma, tornando alla pianura del riso e variando sul tema del maiale, ci si può imbattere di nuovo nell’oca o nell’anatra e, parlando questa volta di prosciutto, è d’obbligo spendere almeno un cenno al petto affumicato d’oca. Minuscolo e signorile prosciutto senz’osso, ottenuto dal petto di uno dei più interessanti e prelibati protagonisti della vita sull’aia, si conserva a lungo e si consuma crudo. Raro da trovare, riserva delle sorprese molto piacevoli al fortunato che lo gusta, lentamente, con la stessa assenza di fretta con cui si confeziona. In subordinata si può deviare sul prosciutto d’anatra: una piccola coscia speziata, salata, lasciata all’aria o affumicata.

Per chiudere, almeno virtualmente, il cerchio dei volatili, due parole sul salame d’oca o, come dicono nella bassa novarese, il “graton d’oca”. Famoso quello di Fara – terra di buone uve e di buon vino – con l’impasto di carne cruda tritata e insaccata nella stessa pelle dell’animale. Alla voce salami, ritornando al maiale ed allargandoci a cavallo e asino, c’è un lungo elenco da scorrere: dal “cotto” d’Oleggio al crudo di Sillavengo, dagli “asinini” di Bellinzago ai “cavallini” di Castelletto Ticino, Arona, Borgomanero e Cressa. Ma un occhio di riguardo va dedicato al “salam d’la doja”, l’insaccato fresco di maiale immerso nel suo grasso e conservato nel tradizionale orcio di terracotta, la doja piemontese. Appena preparati si lasciano asciugare per una decina di giorni per poi infilarli nell’orcio e annegarli nel grasso fuso di maiale. Prodotti tipici della terra delle risaie, sono uno dei componenti fondamentali della “panisa” o “paniscia”. Sull’origine dell’arte di far salumi c’è chi giura che occorra scavare fino alla preistoria, all’età del ferro. Per non voltar troppo indietro la testa e poter dare, comunque, un giusto peso alla “gloria del maiale” si può citare un celebre gastronomo francese, Grimod de La Reynière che, all’inizio dell’ottocento, sui suoi Almanach des Gourmands, scriveva così: “..é il re degli animali immondi, le cui qualità sono del tutto incontestate. Niente lardo senza di lui e di conseguenza niente cucina, niente prosciutto, né salsicce, né sanguinacci, né insaccati e di conseguenza niente salumieri”. E dopo averne tracciato un profilo dal quale non si scartava nulla, concludeva così: “..Qualunque buongustaio se sente pervaso da una profonda gratitudine verso il maiale ed è indegno di quel titolo se non nutre questo sentimento nel suo cuore”. Che dire, di più? Oui, monsieur de La Reynière…nous sommes d’accord avec vous: la viande de porc c’est trop bonne!

Marco Travaglini