ECONOMIA- Pagina 76

In crescita fatturato ed export dell’industria calzaturiera

Fermo il mercato interno (-1,3% la spesa delle famiglie). Attesa un’ulteriore decelerazione nei dati a consuntivo

Milano,  4 gennaio 2024

Il comparto calzaturiero italiano segna una crescita contenuta nei primi nove mesi del 2023, registrando, rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, un incremento sia del fatturato (+3% secondo l’indagine a campione tra gli Associati) che dell’export in valore (+3,2%). È la fotografia scattata dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici, che rileva però un calo dei volumi. Dopo i recuperi del biennio precedente, tornano in negativo le paia vendute all’estero (-8,7% su gennaio-settembre 2022) come pure sul mercato italiano (-3,1%), con l’indice Istat della produzione industriale in flessione del -7,4%. Pesa la battuta d’arresto del terzo trimestre, che si è chiuso con un -7,2% nelle vendite estere in valore (-12,3% in quantità) e con un -1,5% nella spesa delle famiglie italiane.

Dopo una partenza molto positiva, il 2023 – spiega Giovanna Ceolini, Presidente di Assocalzaturifici – si è chiuso in frenata anche a causa dei forti aumenti nei costi che hanno inciso sulla marginalità delle imprese. Esaurito il rimbalzo post Covid, i ritmi di vendita hanno subìto un netto rallentamento che, innescatosi già in primavera, si è reso ancor più evidente nella terza frazione dell’anno. Un trend ampiamente previsto, non certo facilitato dall’incertezza indotta dal difficile contesto geopolitico internazionale in cui, alla guerra tra Russia e Ucraina, si è aggiunto il precipitare degli eventi in Medio Oriente, con rischio concreto di allargamento del conflitto oltre alla debolezza dell’economia in diverse importanti aree del mondo”.

Nel report emerge come, tra i principali mercati esteri, meglio nel complesso l’andamento di quelli comunitari che, pur cedendo il -6,1% in volume su gennaio-settembre 2022, sono cresciuti dell’8,5% in valore, mentre le destinazioni extra-UE mostrano un arretramento ancor più pesante in quantità (-13,4%), accompagnato da un segno negativo anche in valore (-1,2%).

Accanto alla tenuta della Francia (+1% circa in volume e +17,1% in valore) si conferma la forte contrazione (-32,4% nelle paia e -22,5% in valore) dei flussi diretti in Svizzera, tradizionale hub logistico delle multinazionali del fashion (che hanno almeno parzialmente sostituito il transito nei depositi elvetici con spedizioni dirette ai mercati finali di destinazione). Sono peggiorate sensibilmente nel terzo trimestre (con cali di oltre il -20%) le vendite verso gli USA (che nei primi 9 mesi segnano -21,7% in quantità e -7,4% in valore) e la Germania (-16,6% nelle paia e stabile in valore). Performance sempre premianti in Cina (+17,2% in volume e +12,2% in valore), malgrado un ridimensionamento in valore nella terza frazione (ma il prezzo medio al paio, superiore ai 200 euro, resta di gran lunga il più elevato). E’ poi proseguita la ripartenza di Russia e Ucraina (+40% e +88% in valore rispettivamente su gennaio-settembre 2022), sebbene le vendite in questi due mercati restino ancora al di sotto del periodo prebellico.

Sul fronte nazionale, inoltre, se il 2023 ha visto crescere i flussi turistici, con positive ricadute sullo shopping di stranieri in visita nel Belpaese, gli acquisti di calzature delle famiglie italiane hanno evidenziato un andamento poco brillante, chiudendo i primi 9 mesi con segni negativi (sia nelle paia, -3,1%, che in spesa, -1,3%) sullo stesso periodo 2022 e, soprattutto, al di sotto del 5% circa a confronto coi livelli pre-pandemici del 2019, già largamente insoddisfacenti dopo anni di continue erosioni. L’autunno anomalo, dalle temperature quasi primaverili, ha affossato gli acquisti di abbigliamento e scarpe invernali.

Infine, non si arresta il processo di selezione tra le aziende (-148 imprese, tra industria e artigianato, nei primi 9 mesi, pari al -3,9%) nonostante resista l’occupazione (+2,1%, seppur ancora inferiore di circa un migliaio di addetti rispetto ai livelli 2019). Segnali poco incoraggianti provengono però dalla ripresa del ricorso alla CIG nella filiera pelle (+6,1%).

La Presidente di Assocalzaturifici, Ceolini,  ha colto l’occasione della presentazione dei dati economici del settore calzaturiero per intervenire sull’approvazione in via definitiva del disegno di legge sul Made in Italy e della legge di Bilanzio 2024: “Sono soddisfatta per queste misure che prevedono interventi di valorizzazione e promozione di asset strategici per il rilancio del Paese in termini economici ed occupazionali. In particolare la  tutela delle filiere strategiche tramite il fondo sovrano per il Made in Italy e il sostegno alle fiere internazionali. Li ritengo due strumenti imprescindibili per valorizzare le PMI manifatturiere del nostro Paese e aumentarne la competitività sui mercati internazionali. Alla stregua del fondo per la transizione digitale che nel nostro caso è di rilievo anche per il contributo alla certificazione ambientale VCS. Inoltre plaudo all’aumento delle risorse destinate alla lotta per la contraffazione e all’Italian Sounding, due fenomeni deleteri per le nostre produzioni, e all’ulteriore proroga al 30 luglio 2024 della scadenza per presentare la domanda di riversamento spontaneo relativo al credito d’imposta R&S indebitamente percepito. Quest’ultimo è un tema spinoso che sta diventando insostenibile per le nostre aziende. È necessario quanto prima che venga approvato il decreto attuativo per la creazione degli albi dei certificatori accreditati per  definire in maniera chiara cosa sia davvero inseribile a livello di ricerca e sviluppo. L’unica soluzione per garantire chi ha operato nel rispetto delle regole”.

La Regione sostiene le aziende che puntano su ricerca, sviluppo e innovazione

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La Giunta del Piemonte ha approvato una delibera di sostegno a progetti finalizzati alla valorizzazione dei risultati di attività di ricerca sviluppo e innovazione (RSI). L’obiettivo di questa misura, che dispone di un fondo di 20 milioni di euro, è quello di portare sul mercato i risultati delle attività di RSI. Saranno valorizzati progetti caratterizzati da significativo rilievo innovativo per le aziende proponenti o per il mercato di riferimento, in grado di proporre prodotti, processi o servizi radicalmente nuovi o in grado di creare nuovi segmenti di mercato.

L’obiettivo è di contribuire alla diffusione – nell’economia e nella società – dei risultati delle attività di RSI che consentano ai beneficiari l’introduzione di innovazioni di prodotto o processo nella produzione. I beneficiari sono Micro, Piccole e Medie imprese (PMI), ivi incluse le start up innovative e gli spin off industriali. Gli interventi ammissibili dovranno prevedere spese come: macchinari, impianti, attrezzature, oltre a eventuali consulenze (max 30%) per almeno 250.000 euro per le piccole imprese, incluse le micro imprese e 400.000 euro per le medie imprese. Il bando sarà disponibile a partire dalla prima settimana del mese di aprile.

“Condividere processi di crescita e sviluppo, modelli di eccellenza che fanno progredire il sistema imprenditoriale è un aspetto meritorio che deve essere valorizzato. – conferma l’assessore allo Sviluppo delle Attività produttive Andrea Tronzano – Sostenere aziende che hanno investito in ricerca sviluppo e innovazione è quanto mai utile per creare modelli da seguire. In un mondo in continua evoluzione, guardare al futuro in modo costruttivo permette, in un mercato competitivo, di possedere chiavi di sviluppo quanto mai performanti in grado di far eccellere il Piemonte.”

“Non c’è sviluppo senza l’applicazione di nuove idee e nuove tecnologie che infatti sono in grado di generare migliori prodotti e servizi – aggiunge l’assessore regionale all’Innovazione e Ricerca, Matteo Marnati – L’innovazione migliora la crescita della produttività apportando ampi benefici a consumatori e imprese, con un’attenzione particolare alle piccole e medie imprese, che sono la spina dorsale dell’economia della nostra regione»

https://bandi.regione.piemonte.it/pre-informazione-fondi-ue/dalla-ricerca-al-mercato-sostegno-progetti-finalizzati-alla-valorizzazione-dei-risultati-attivita

In 31 minuti da Porta Susa all’aeroporto, il nuovo collegamento dal 20 gennaio

Si avvicina la riapertura, il 20 gennaio, della linea che collegherà Torino con l’aeroporto di Caselle, diventando un collegamento prezioso per torinesi e turisti. “La nostra città è entrata in una fase di espansione ed è sempre più attrattiva, per questo è importante che sia supportata da un’adeguata rete di collegamenti e di trasporto pubblico locale che sarà al centro delle nostre priorità dei prossimi anni», sottolinea il sindaco della Città metropolitana e di Torino Stefano Lo Russo.

Il collegamento tra Torino e Ciriè sarà ogni mezz’ora con un tempo di percorrenza di 44 minuti. In 31 minuti, invece, sarà possibile raggiungere l’aeroporto dalla stazione di Torino Porta Susa e viceversa. Per l’attuale conformazione infrastrutturale della linea, il collegamento è inoltre garantito ogni ora tra Ciriè e Germagnano, da dove si prosegue con i bus fino a Ceres

Stellantis, Torino soffre. Calo di produzione a Mirafiori

Se il Gruppo Stellantis cresce nel suo complesso del 9,6 per cento nella produzione di veicoli nel 2023, le cose vanno peggio negli stabilimenti di Cassino (-11,3%) e nell’intero polo torinese,  con un calo del 9,3 per cento. “Se si vuole giungere all’obiettivo del governo di un milione di auto da produrre in Italia, bisogna incrementare i volumi del 33%”, secondo Ferdinando Uliano, segretario nazionale Fim-Cisl. Ma è mancata la spinta  da Maserati e dalla 500 elettrica: a Mirafiori nell’anno trascorso sono state prodotte 77.500 unità, niente male ma ci si aspettava di più. Si pensi che solo per la produzione della 500 full electric si sarebbe dovuto arrivare alle 90mila unità, e oltre le 100mila nel 2024.

Mercato rionale Vs ipermercato

Nel nostro Paese, proseguendo una tradizione dovuta alle invasioni arabe, quasi ogni Comune anche piccolo ha un suo mercato rionale. Torino, poi, detiene due record: quello di unica città italiana ad avere i mercati rionali tutti i giorni della settimana e di avere il mercato aperto (Porta Palazzo) più grande d’Europa.

Fino alla metà degli anni ’70 i mercati rionali ed i negozi di prossimità rappresentavano l’unica possibilità per acquistare alimenti, prodotti per le pulizie, abbigliamento, articoli regalo e casalinghi. Spesso il negoziante, conoscendoci, poteva guidarci nell’acquisto, avvisarci dell’arrivo imminente di un articolo e, soprattutto nei piccoli centri, farci credito segnando su un quaderno sapendo che a fine mese avremmo saldato.

Per particolari necessità potevamo andare in supermercati non eccessivamente grandi quali Upim, Standa e Rinascente.

L’arrivo dei primi ipermercati, inseriti in veri e propri centri commerciali, ha modificato radicalmente il nostro modo di fare acquisti: innanzitutto per la presenza di parcheggi che rendono più agevole recarsi a fare la spesa, poi per la presenza di carrelli, di sconti o offerte 3×2 in periodi prefissati, per la presenza di lavanderie e calzolai dove lasciare le cose all’arrivo e ritirarle all’uscita e di ristoranti dove rigenerarsi dopo la full immersion nel centro commerciale.

Come ha descritto molto bene Valentina Veronese su queste colonne il 6 dicembre 2022, gli ipermercati esprimono al massimo la manipolazione che la società consumistica esercita sui potenziali clienti. Nulla all’interno di un supermercato è lasciato al caso. Il carrello ha le ruote che si bloccano? Il cliente, mentre spinge con fatica il carrello, osserverà istintivamente gli scaffali acquistando articoli che non avrebbe acquistato altrimenti. Se i fardelli con le bottiglie di acqua fossero all’ingresso, i clienti riempirebbero subito il carrello e non avrebbero più spazio per altro; ecco perché solitamente sono al fondo del percorso di vendita. Anche la musica ha la sua funzione ipnotica: distoglie la nostra attenzione cosicché i nostri acquisti saranno determinati dalla posizione dell’articolo, dal colore, da eventuali offerte anziché dalla reale necessità. In altre parole, il cliente non si rende conto di non essere responsabile delle proprie scelte ma di essere pilotato da campagne di marketing ed esperti di quella materia che progettano nell’interesse unico dell’impresa venditrice. Quella della posizione di un articolo è particolarmente evidente nel settore giocattoli: se venissero ubicati nei piani alti degli scaffali verrebbero notati solo dagli adulti; posizionandoli in modo che i bambini li vedano e, soprattutto, li chiedano a chi è con loro sono una strategia di marketing non da poco.

Inoltre, e non è l’aspetto meno importante, sottovalutiamo quattrofattori durante i nostri acquisti negli iper.

Primo fattore: alcuni prodotti sono di qualità discutibile, realizzati da marche che producono solo per le catene di iper, venduti a prezzi bassi ma la cui qualità è rapportata al costo.

Poi troviamo spesso articoli il cui prezzo è conveniente se valutato di per sé, ma non ci accorgiamo che trattandosi di confezioni realizzate appositamente per gli iper hanno una capacità ridotta rispetto alle analoghe confezioni dei negozi e, quindi, il prezzo al kg o al litro diventa meno conveniente.

Terzo fattore da non sottovalutare è che, almeno per gli alimentari, siamo portati ad acquistare confezioni famiglia il cui prezzo è conveniente ma, se le poniamo in fondo alla dispensa, rischiamo che giungano a scadenza prima di utilizzarli.

Quarto fattore, la legge consente di porre in vendita prodotti la cui data “Da consumare preferibilmente entro…” sia già trascorsa. Il prodotto è commestibile ma le qualità organolettiche possono risentirne. Prestate, dunque, attenzione alle date: perché accontentarsi quando si può avere la qualità originale?

E che dire della privacy, tanto difesa dalle persone, che però chiedono in tutti gli ipermercati la tessera di fidelizzazione (ai cui possessori, è vero, vengono riconosciuti anche sconti notevoli) così poi le direzione saprà quali assorbenti usate, che misura di preservatici preferite e ogni quanto li acquistate e quanta carta igienica consumate.

Per i fattori che abbiamo visto finora, è già evidente come siano da preferire i punti vendita tradizionali, di prossimità, rispetto ai giganti della Grande Distribuzione Organizzata (GDO).

Ma negli ultimi anni è un altro fattore a spingere le persone verso il ritorno ai negozi sotto casa. Mentre la GDO acquista, talvolta attraverso gruppi di acquisto, ovunque nel mondo, e non si preoccupa delle esigenze del singolo, il negozietto sotto casa si approvvigiona quasi sempre, almeno per la parte alimentare, da produttori e coltivatori locali, spesso conosciuti da anni e che garantiscono la qualità o rischierebbero di danneggiare la propria immagine.

Poi, particolarmente i ferramenta, sono in grado di risolvere i nostri problemi suggerendo, consigliando e impegnandosi personalmente nella soluzione, cosa che nella GDO non può avvenire.

Rivolgendoci massivamente alla GDO aumenteremo i profitti di gruppi imprenditoriali, spesso esteri o con sede fiscale all’estero,in cambio di poche, limitate, assunzioni di cassiere e magazzinieri.

Perché non sostenere l’attività commerciale nelle mani di un nucleo familiare, che ci coccola, ci sa guidare e che, a guardare bene, non ha prezzi molto più cari della GDO?

Quando i guru del marketing fanno notare che acquistando in un certo iper si risparmia un tot percento andando in determinati giorni non vi spiega, però, che dovete aggiungere 2 ore almeno (in alcuni periodi anche 3) per raggiungere l’iper, fare la coda alla cassa e ritornare a casa. Valutate quant’è il risparmio e giudicate se le vostre ore valgano quella cifra: probabilmente no.

Gli Enti locali ed il Governo potrebbero intervenire efficacemente in aiuto dei piccoli esercenti, ad esempio, impedendo che un canone di locazione possa raddoppiare in breve tempo o a seguito di cessione della proprietà dei muri, strangolando il locatore.

Ma per la fantascienza vi do appuntamento ad un altro articolo.

Sergio Motta

Il Pnrr a sostegno dell’agricoltura di precisione

Il 10 gennaio apre il bando regionale 2024-2025

Pubblicato il bando regionale a sostegno delle micro, piccole e medie imprese agricole piemontesi e delle loro cooperative e associazioni, per l’ammodernamento dei macchinari agricoli che permettono l’introduzione di tecniche di agricoltura di precisione. Il bando ha una dotazione finanziaria di 26 milioni e 500 mila euro, fondi assegnati tramite il Pnrr (Missione 2.C1 – Investimento 2.3).

Dal 10 gennaio è possibile presentare domanda di contributo a copertura delle spese per l’acquisto di macchine e attrezzature per l’agricoltura di precisione, dai droni e stazioni meteo ai macchinari per ridurre l’utilizzo dei fitofarmaci e dei fertilizzanti; per la sostituzione di trattori per l’agricoltura e la zootecnia; per l’innovazione dei sistemi di irrigazione e gestione delle acque.

Sono in arrivo aiuti importanti per le nostre aziende piemontesi che intendono investire nell’agricoltura di precisione e quindi nelle produzioni a basso impatto ambientale, possibili grazie all’ammodernamento dei macchinari agricoli, all’introduzione di tecnologie e di sistemi digitali. Questi finanziamenti si aggiungono ai contributi per i miglioramenti e per lo sviluppo delle aziende dei bandi del Complemento di sviluppo rurale, pacchetto giovani, attualmente aperti ”, precisa l’assessore all’Agricoltura e cibo Marco Protopapa.

La concessione di aiuti è pari al 65 % dell’importo dei costi di investimento ammissibili, e nel caso di giovani agricoltori arriva all’80 %. La spesa massima ammissibile è di 35.000 euro per le attrezzature e l’irrigazione e 70.000 euro per la sostituzione dei trattori.

Il bando scade il 21 marzo 2024 ed è pubblicato sul sito della Regione Piemonte al link https://bandi.regione.piemonte.it/contributi-finanziamenti/pnrr-m2c1-investimento-23-ammodernamento-macchine-agricole

Saldi, si stima una spesa di 300 milioni a Torino. Ascom: “Dialogo con la Regione, troppo vicini al Natale”

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Saranno 15,8 milioni le famiglie italiane che si dedicheranno allo shopping nel periodo dei saldi, a partire da venerdì 5 gennaio fino a venerdì 1° marzo. Secondo le stime dell’Ufficio Studi Confcommercio ogni persona spenderà circa 137 euro e ogni famiglia 306 euro per un giro di affari di 4,8 miliardi di euro. A Torino e provincia la spesa stimata è di oltre 300 milioni di euro.

STIMA DEI SALDI INVERNALI 2024
VALORE SALDI INVERNALI (MILIARDI DI EURO) 4,8
NUMERO FAMIGLIE CHE ACQUISTA IN SALDO (MILIONI) 15,8
ACQUISTO MEDIO A FAMIGLIA PER SALDI INVERNALI(EURO) 306
ACQUISTO MEDIO A PERSONA NEI SALDI INVERNALI (EURO) 137
 

Fonte: stime Ufficio Studi Confcommercio

I saldi avranno una durata di 8 settimane non necessariamente continuative e per quanto riguarda la possibilità di effettuare vendite promozionali sono state bloccata nei 30 giorni antecedenti l’avvio dei saldi.

«I saldi rappresentano un’occasione attesa sia dai consumatori sia dai commercianti – sottolinea la presidente di Ascom Confcommercio Torino e provincia Maria Luisa Coppa -. Sull’onda di un Natale non entusiasmante per l’abbigliamento, ma che ha comunque visto un ritorno al negozio di vicinato vogliamo sperare che siano proprio gli acquisti nei negozi fisici a compensare le difficoltà dei mesi passati. Chiaramente un periodo di saldi così a inizio gennaio va a svuotare le vendite del Natale e proprio su questo punto lavoriamo ad un’interlocuzione con la Regione Piemonte per indirizzare la normativa in modo da favorire i commercianti anziché penalizzarli. Tra saldi mascherati da sconti ai clienti, eventi come il Black Friday della durata di una settimana e la concorrenza sleale da parte delle piattaforme di e-commerce e delle grandi catene, il commercio tradizionale si trova a combattere una battaglia ad armi spuntante. Continuiamo a chiedere una politica del commercio seria, che ponga le stesse regole per tutti e non penalizzi sempre e solo il negozio tradizionale. E si pensi anche alle attività in provincia, che spesso non sono attrezzati per il commercio on line come è, invece, più frequente in città, e faticano ancora di più».

Il 2024 si presenta come un anno importante per la valorizzazione del commercio di prossimità e delle attività storiche, facendo leva sui punti di forza delle piccole attività, in un lavoro di concerto con l’Amministrazione cittadina.  «Nei negozi locali – prosegue la presidente Coppa -, oltre agli sconti, i clienti possono trovare un sorriso, un consiglio sincero e un rapporto umano, che il commercio online non può offrire. L’esperienza d’acquisto in negozio va oltre la semplice transazione. È un’occasione per creare legami con la propria comunità, scoprire prodotti unici e ricevere un servizio personalizzato. In un periodo di incertezza economica e di sfide per il settore del commercio al dettaglio è fondamentale riconoscere il valore aggiunto che i negozi di prossimità portano alle nostre città e quartieri».

PER IL CORRETTO ACQUISTO DEGLI ARTICOLI IN SALDO CONFCOMMERCIO RICORDA ALCUNI PRINCIPI DI BASE:

  1. 1.Cambi: la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (Art. 129 e ss. D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato (art. 135 bis del D.Lgs. 206/2005 – Codice del Consumo). Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto. Per gli acquisti online i cambi o la rescissione del contratto sono sempre consentiti entro 14 giorni dalla ricezione del prodotto indipendentemente dalla presenza di difetti, fatta eccezione per i prodotti su misura o personalizzati (artt. 52 e ss. del D.Lgs. 206/2005 – Codice del Consumo).
  1. 2.Prova dei capi: non c’è obbligo. E’ rimesso alla discrezionalità del negoziante.
  1. 3.Pagamenti: le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante e vanno favoriti i pagamenti cashless.
  1. 4.Prodotti in vendita: i capi che vengono proposti in saldo devono avere carattere stagionale o di moda ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo.
  1. Indicazione del prezzo: obbligo del negoziante di indicare il prezzo normale di vendita, lo sconto e, generalmente, il prezzo finale. In tutto il periodo dei saldi il prezzo iniziale sarà il prezzo più basso applicato alla generalità dei consumatori nei 30 giorni antecedenti l’inizio dei saldi (Art. 17 bis D.Lgs. 206/2005 – Codice del Consumo introdotto dal D.Lgs. n. 26/2023 di recepimento della Direttiva UE «Omnibus»).

Saldi e area bimbi al Torino Outlet Village

Con l’inizio dei saldi inaugura a Torino Outlet Village una nova area dedicata ai più piccoli e ai loro genitori che trasformerà il tempo trascorso al Village in un momento di festa per tutti.

Lo shopping diventa un affare di famiglia: mamma e papà fanno acquisti negli oltre 80 negozi del Village – Armani, Tod’s, Hogan, Victoria’s Secret, Michael Kors, Nike, Adidas, Roberto Cavalli e molti altri – mentre i più piccoli si divertono con gli animatori della Kids Area, uno spazio sicuro e a misura di bambino che concilia giochi, laboratori e divertimento.

La Kids Area è composta dalla Playground, 300 mq interamente dedicati ai bimbi dai 3 ai 10 anni che possono immergersi in una vera e propria giungla fatta di tappetoni, scivoli e giochi, dove arrampicarsi, correre, saltare. Il tutto sotto l’attenta supervisione del personale specializzato del Torino Outlet Village che accudisce i piccoli ospiti e anima i pomeriggi con tante attività e laboratori – come la calza della Befana personalizzata che i bambini potranno realizzare in occasione del weekend dell’Epifania – mentre mamma e papà potranno muoversi liberamente nella promenade del Torino Outlet Village lunga 290 metri, alla ricerca delle occasioni dei migliori brand fashion.

Proprio accanto al Playground sorge la nuova Nursery, un’area di 50 mq tutta dedicata ai bambini tra gli 0 e 3 anni. Lo spazio permette ai piccoli ospiti di giocare in totale libertà e comprende un’area dedicata al cambio del pannolino e all’allattamento in modo da fornire privacy e tranquillità alle neomamme.

Ogni anno sono migliaia le famiglie che scelgono di trascorrere parte del proprio tempo libero a Torino Outlet Village” – dice Luca Frigeri, direttore di Torino Outlet Village – “Abbiamo perciò voluto dedicare loro un’intera area, offrendo così la possibilità di vivere un’esperienza divertente ed appagante sia ai grandi che ai più piccoli. La Nursery e la Playground si inseriscono nel piano di investimenti che porterà, entro il 2025, all’apertura di circa 60 nuovi negozi nell’area shopping per offrire ai clienti un’esperienza sempre più ricca di offerte e di intrattenimento”.

Shopping e intrattenimento rendono Torino Outlet Village una meta per tutti, un punto di riferimento che attira clienti da tutto il nord Italia e che diventa, in particolare in questo periodo, una destinazione davvero imperdibile grazie ai vantaggiosi saldi che vengono applicati dai negozi sui prezzi outlet già scontati. Ulteriori sconti quindi su prezzi già scontati per poter acquistare prodotti di qualità dei marchi più famosi senza perdere di vista il portafogli.

Torino Outlet Village offre ai clienti, oltre ai più rinomati brand internazionali con prezzi scontati tutto l’anno, anche numerosi punti ristoro, un Info Point multilingue a disposizione per qualsiasi informazione e il servizio “hands free shopping” per fare acquisti senza l’ingombro di borse e pacchetti che possono essere lasciati gratuitamente nell’area dedicata e ritirati a fine giornata.

 

Sapori e riflessioni: Umberto Spinazzola, regista di Masterchef e del film “Non morirò di fame”

4 gennaio 2024 18:00 Live  su Linkedin,YouTube e sui profili social. Conduce Sinona Riccio

Grande successo per la puntata dedicata allo spreco alimentare nel canale HoReCa su “Parlami di Spreco – Parla con Me”! Dopo l’entusiasmante riscontro della scorsa trasmissione, con una partecipazione attiva e appassionata da parte della community,  giovedi 4 gennaio 2024, alle ore 18:00, ospite d’eccezione in trasmissione: Umberto Spinazzola, regista di Masterchef e del film “Non morirò di fame”

Umberto Spinazzola, illustre regista nel panorama gastronomico, accompagnerà gli ascoltatori in un’entusiasmante esplorazione delle sfide e delle opportunità legate allo spreco alimentare nel settore HoReCa. Verrà approfondita non solo la sua visione personale, ma ci si concentrerà anche sulle straordinarie possibilità che gli chef possono sfruttare per introdurre sempre più frutta e verdura di stagione e territoriale nei loro menù.

Durante la conversazione, saranno esplorate le strategie vincenti per variare i menù in base alle stagioni e al territorio, sottolineando l’importanza di inserire ingredienti freschi e di alta qualità.

Un’occasione imperdibile per approfondire i temi cruciali di questo settore e scoprire insieme nuove vie per una cucina più consapevole e creativa

Insieme ad Umberto Spinazzola saranno ancora presenti:

Giorgio A. De Ponti – Politecnico di Milano, Scuola del Design, Design for Food


 Roberto Castriota – Analista e progettista dell’accoglienza alberghiera food creator

📱 www.parlaconmeofficial.it

 

LA PUNTATA DEL 28 DICEMBRE
Il 28 dicembre 2023,
nella puntata di “Parlami di Spreco – Parla con Me” condotta da Simona Riccio, Top Voice di Linkedin ed andata in onda sul canale YouTube di Parla Con Me e sui suoi profili social, il tema dello spreco alimentare nel canale HoReCa è stato affrontato con grande successo. Gli esperti ospiti della serata hanno portato in luce criticità e opportunità, mettendo in evidenza la necessità di migliorare la gestione degli ordini, la conservazione e di inserire più frutta e verdura nei menù.

I partecipanti:

Roberto Castriota – Analista e progettista dell’accoglienza alberghiera
 Claudio Di Dio – Consulente di comunicazione per prodotti plant-based | Chef di cucina ortocentrica | Vegan food creator
Giorgio A. De Ponti – Politecnico di Milano, Scuola del Design, Design for Food

 Durante la discussione, è emersa una domanda chiave: perché la varietà nei menù è spesso limitata e perché non seguono le stagioni? L’appello al canale HoReCa è chiaro: è tempo di valutare di variare e valorizzare l’eccellenza culinaria.

 Invitiamo tutti i protagonisti del canale a riflettere sulla possibilità di offrire ancora di più cibo fresco, stagionale e differenziato. Non è solo una questione di gestione, ma un impegno necessario per valorizzare le eccellenze italiane, soprattutto considerando la candidatura della cucina italiana a patrimonio culturale immateriale Unesco.

Dati significativi dal programma LIFE FOSTER dell’Unione Europea sottolineano che si spreca 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, con uno spreco alimentare che costa 143 milioni di euro in Europa, di cui il 12% proviene dalla ristorazione.

 I commenti della rete riflettono sul motivo per cui gli avanzi non possono essere portati a casa dagli operatori del servizio mensa e sollevano l’interessante quesito sul costo aggiuntivo dei piatti gourmet.

 Chiunque sia interessato a condividere la propria esperienza è invitato a candidarsi per una futura puntata di approfondimento su “Parlami di Spreco”.

Per riascoltare tutte le edizioni precedenti potete visitare il sito www.parlaconmeofficial.it

Rating, il giudizio che condiziona gli investimenti

Che cosa è il rating

Rating: strumento di valutazione della solvibilità di una società o di uno Stato che emette obbligazioni.

E’ la definizione di uno dei termini più usati nel mercato finanziario per dare sinteticamente un giudizio su un debitore e fornire agli investitori un parere sulla rischiosità dell’acquisto di titoli; una specie di pagella rilasciata dai “professori della finanza” agli “allievi”.

Nel corso degli anni l’utilizzo del rating si è diffuso notevolmente, e sono state create apposite istituzioni (le agenzie di rating) specializzate nell’emettere i loro giudizi sui debitori; giudizi che sono in grado di influenzare, in positivo o in negativo, gli andamenti delle quotazioni dei titoli.

Inoltre il rating contribuisce a determinare il costo dell’emissione dei titoli, perché un giudizio elevato (sinonimo di sicurezza dell’investimento) consente all’emittente di offrire tassi d’interesse più bassi rispetto a chi gode di un giudizio basso. E la variazione del livello provoca conseguenze sul mercato: un downgrade (abbassamento del giudizio) genera ribassi delle quotazioni dando un segnale di innalzamento del rischio.

Ecco perché le agenzie specializzate sono temute, ed i loro giudizi sono attesi con ansia ad ogni occasione di rinnovo.

Le principali agenzie di rating

Le agenzie di rating più importanti sono Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch (le “tre sorelle” statunitensi), cui si sono aggiunte anche alcune agenzie europee, la Dunn & Brandsteeet, la DBRS e la Bureau van Dijk, che però non sono considerate altrettanto prestigiose, ed occupano quote marginali del mercato (circa il 5%).

La prima ad operare (anche se non con l’obiettivo principale di emettere giudizi di merito) fu Standard & Poor’,s che nel 1860 raccolse le valutazioni di credito di tutte le compagnie ferroviarie statunitensi.

Seguì Moody’s nel 1909 che classificò tutte le obbligazioni quotate negli USA.

E per finire Fitch venne fondata nel 1913 e nel 1924 introdusse il sistema del giudizio basato sulle lettere, adottato poi universalmente da tutte le agenzie.

Al giudizio sintetico da qualche anno si aggiunge anche “l’outlook”, cioè la previsione di possibile revisione (in meglio o in peggio) del voto in pagella.

Come funziona il rating

Le agenzie di rating elaborano modelli di valutazione che prendono in considerazione i principali fattori di rischio, come la redditività dell’azienda, il livello complessivo dell’indebitamento, i flussi di cassa, i ratios finanziari, l’andamento del settore produttivo, l’affidabilità del management e così via (nel caso di società); oppure l’entità del PIL e la sua evoluzione nel tempo, l’indebitamento pubblico e la sua compatibilità e sostenibilità, il volume delle entrate (in particolare di quelle fiscali), la stabilità politica eccetera (per gli Stati).

L’insieme delle informazioni raccolte è quindi sintetizzato in un giudizio finale che generalmente è indicato con lettere, dal massimo livello di “sicurezza” (tripla A), al livello di “spazzatura” (D).

Per gli investitori istituzionali e per i privati in genere si accetta come limite la “tripla B”, considerata il minimo accettabile (investment grade); i titoli con giudizi da doppia B in giù sono bollati come “speculativi”, quindi inadatti per far parte di un portafoglio orientato ad abbinare redditività e sicurezza entro parametri ragionevoli.

L’autorevolezza del rating

Per decenni, come accennato, i giudizi delle “tre sorelle” hanno segnato le sorti dei titoli obbligazionari, grazie all’indipendenza di giudizio che le agenzie garantivano.

Ma gli eventi del 2008, culminati nel fallimento della banca Lehman Brothers hanno gettato ombre sulla loro effettiva indipendenza. Si pensi che il venerdì prima del tragico 15 settembre la grande banca godeva di un ottimo A, ed alcune sue obbligazioni erano addirittura fregiate della tripla A!

Conclusioni

Un parere equilibrato sulla validità del sistema di giudizio e sull’imparzialità delle agenzie è difficile, perché la realtà e molto complessa: certamente il fallimento Lehman ha fatto emergere un fatto problematico, cioè le interferenze (addirittura conflitti d’interesse) tra i giudicanti ed i giudicati. Certamente alcuni giudizi sembrano eccessivamente prudenti o eccessivamente generosi. Resta il fatto che la funzione svolta dalle agenzie è utile e, senza esaltarne il ruolo, va accettata; magari criticamente, senza essere ciechi e totalmente fiduciosi.

Pensiamo al caso dell’Italia.

Attualmente il paese ha uno stiracchiato sei in pagella (tripla B, con outlook positivo), dovuto principalmente all’elevato rapporto debito/PIL (oltre 140%); una situazione ai limiti della “spazzatura”.

Eppure i tassi d’interesse sui BTP non sono lontani da quelli americani (che hanno doppia A e sono considerati “bene rifugio”). Il fatto è che il mercato valuta anche altri fattori, come la durata del debito che in Italia è attualmente lunga, e mette al riparo il governo da tensioni di mercato, potendo contare su un capitale “consolidato”. Negli anni ’90 la durata media del debito era di 3 anni, oggi è di 7 anni, ed il costo del debito è molto basso grazie agli anni di tassi prossimi a zero di cui l’Italia ha beneficiato.

Insomma, per fortuna i mercati guardano i giudizi, ma poi ragionano per conto loro.

Ricordiamoci l’osservazione di Mario Draghi, che disse: “Bisognerebbe imparare a vivere senza le agenzie di rating!”….

 

Gianluigi De Marchi