"diffondere il Vangelo dandone testimonianza con la fede e le opere sulle orme di Gesù"

MAURIZIO SCANDURRA SCRIVE ALL’ARCIVESCOVO  NOSIGLIA

Pubblichiamo la lettera aperta del giornalista cattolico e saggista per sottolineare la differenza tra ‘messe di guarigione’ e ‘preghiere di domanda e intercessione’: “Due cose ben distinte”

 

Egregio Monsignor Arcivescovo Cesare Nosiglia, in primis i Miei Rispetti.

Quale stimato e autorevole Pastore della Diocesi di Torino, nonché Illustrissimo Presidente della Conferenza Episcopale Piemontese, mi rivolgo rispettosamente a Sua Eccellenza con la fiducia viva di un cristiano in cammino, circa la possibilità di un confronto sincero e argomentato intorno a un tema delicatissimo e di altrettanto fondamentale importanza. Ho letto e analizzato attentamente il documento ultimo (in vigore dal 1° di ottobre corrente mese) approvato all’unanimità dai Vescovi del Piemonte e Valle d’Aosta riuniti in Assemblea a Susa il 18 settembre scorso, intitolato ‘Disposizioni disciplinari circa le cosiddette messe di guarigione’.

Un testo nato sicuramente per via di un benevolo e preventivo intento cautelativo atto a porre un argine a tutti quei fenomeni dubbi originatisi dal moltiplicarsi spontaneo – specialmente negli ultimi anni, dati i tempi di confusione e crisi in atto- di riunioni di preghiera: che possono, talora, esporre i fedeli a rischi di sensazionalismo e teatralità. Il discernimento che mi proviene dallo Spirito Santo – e l’analisi esegetica fedele delle Sacre Scritture, con particolare riferimento al Nuovo Testamento – mi invita umilmente a suggerirLe un doveroso distinguo fra le cosiddette ‘messe di guarigione’: e quelle che invece molti, erroneamente, confondono con le sane ‘preghiere di domanda e intercessione’, che sono invece ben altra cosa. Come Ella mi insegna e ben sa, il Vangelo è una intera proclamazione di guarigione dalla prima all’ultima frase, dall’inizio alla fine: fatto che equipara in maniera oggettivamente incontestabile, quale minimo comune denominatore, tutti e quattro i frutti dell’opera narrativo-biografica a firma Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Proprio Gesù medesimo ha detto cose assolutamente straordinarie sulle preghiere di guarigione: le Sue promesse su questi due aspetti sono grandiose, uniche e così forti, che a un esame non sufficientemente attento e profondo, potrebbero persino apparire esagerate.

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Esse sono riassumibili in alcune, grandi macro aree: pregare con fede, pregare con costanza, chiedere al Padre nel Suo nome, come Gesù stesso insegna. Cito a suffragio e riprova di ciò proprio le parole di Nostro Signore: “Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete” (Mt. XXI, 22). E ancora: “Ebbene io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Lc. XI,9). La costanza è espressione di fede. Quando siamo costanti nel pregare, quasi sempre è perché Dio ci può esaudire, ma solo se quanto chiediamo è confacente alla Sua Volontà. La costanza è espressione di speranza, sia ben chiaro, e in questo è sinonimo perfetto di preghiera affidata e fiduciosa. Ma il punto più importante è un altro: esso sta nel fatto che Gesù insiste nel far sì che impariamo a chiedere al Padre nel suo nome. Gesù stesso incalza e torna spesso su questo tema più volte, durante l’intero arco della sua vita terrena. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre mio, nel mio nome ve lo conceda” (Gv. XV,16). E di nuovo: “In verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre mio nel mio nome egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete ed otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv. XVI, 23-24). Fino ad arrivare al fulcro del discorso, perfettamente sintetizzato da questa imprescindibile affermazione di Nostro Signore Gesù Cristo: “In verità vi dico: anche chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualcosa nel mio nome io la farò” (Gv, XIV, 12-17). In tre parole quali sono, dunque, le istruzioni che Cristo ha impartito agli apostoli e loro successori? Disposizioni ancora oggi valide anche per la Chiesa da Lui istituita. Eccole: diffondere il Vangelo dandone testimonianza con la fede e le opere sulle orme di Gesù, cacciare i demoni, guarire gli ammalati.

 

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È parola di Dio, mica mia. Quelle che, con terminologia inappropriata, vengono genericamente chiamate ‘messe di guarigione’, servono invece soltanto a implorare fiduciosamente la Misericordia Divina a ristoro delle nostre umane miserie. Quelle che tutti, come tante nuove croci, portiamo addosso quotidianamente, nel giornaliero itinerario di ritorno a Dio. E che, grazie anche alla preghiera di domanda e intercessione corretta, sincera e semplice di tanti buoni, irreprensibili, operosi sacerdoti confidenti e fiduciosi soltanto nell’Amore del Signore, diventano terreno fertile all’azione della Grazia di Gesù, qualora quanto richiesto in preghiera stessa sia pienamente previsto e afferente alla sola Volontà del Padre. Come cattolico, ho avuto modo di partecipare – il sottoscritto, come anche tante altre migliaia di persone in Italia e anche dall’estero in più di vent’anni, che altrettanto in tal senso possono darne concreta e attendibile testimonianza – alle celebrazioni eucaristiche del ‘Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione Onlus’, comunità di preghiera torinese che nel dicembre 2017 proprio grazie a Lei, Eccellenza Reverendissima, ha conseguito il riconoscimento canonico ufficiale di comunità di preghiera a tutti gli effetti. Celebrazioni seguite tutte da un tempo di adorazione eucaristica con preghiere di domanda e intercessione per malati, bisognosi, poveri e sofferenti (tutt’altro, sia ben chiaro, rispetto alle cosiddette ‘messe di guarigione’ cui invece fa riferimento il documento della Conferenza Episcopale Piemontese), in cui fede sincera, attinenza alle norme liturgiche vigenti e compostezza sono da sempre le ben salde e indiscusse linee guida ricorrenti. E sempre il ‘Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione Onlus’ proprio per primo dieci anni orsono, nel 2008, accolse l’invito diocesano di Monsignor Arcivescovo Cesare Nosiglia a dar vita a una ‘Mensa dei Poveri’ preserale nel cuore di Torino, in Via Belfiore 12, che sfama ogni sera circa 150 indigenti, alimentata solo dall’immancabile aiuto della Divina Provvidenza: che, come ricorda e insegna San Giuseppe Benedetto Cottolengo, non manca mai.  Ringrazio vivamente e di tutto cuore Sua Eccellenza per l’attenzione e l’ascolto attento sin qui prestatimi, per questo che vuole essere soltanto uno spunto per una schietta, sana e costruttiva riflessione condivisa tra un Pastore e un semplice credente.

 

Ossequioso, Maurizio Scandurra