STORIE DAL MONDO IN CASTELLO
NUOVI INCONTRI
Castello di Racconigi, 20 aprile – 25 giugno 2023
COMUNICATO STAMPA
Racconigi (CN), 20 aprile 2023 – Da giovedì 20 aprile a domenica 25 giugno, nel Salone d’Ercole del Castello di Racconigi, all’interno del consueto percorso di visita, è allestita l’esposizione Storie dal mondo in Castello. Nuovi incontri. Si presentano così al pubblico 8 manufatti inediti, selezionati dalla raccolta di armi e oggetti etnografici custodita nel deposito Armeria, uno dei segmenti inediti e più sorprendenti del patrimonio conservato nella residenza. I beni esposti provengono da diverse parti del mondo – India, Persia, Sudan, Congo, Giappone, Impero ottomano – e coprono un arco cronologico che si muove tra il Settecento e il primo quarto del Novecento. Si tratta di doni ricevuti da Vittorio Emanuele III e dall’ultimo re d’Italia Umberto II, in occasione di viaggi all’estero o visite diplomatiche legate alle relazioni internazionali intrattenute da Casa Savoia.
Dopo la mostra che si è svolta nel 2021, l’esposizione delinea un nuovo capitolo per il racconto del progetto di scoperta, comprensione e cura di questa straordinaria raccolta etnografica, un focus sulle attività di studio e valorizzazione condotte negli ultimi due anni. In vista dell’apertura di un percorso di visita permanente in programma per il 2024, è stata completata l’attività di schedatura e sono proseguiti gli interventi conservativi, eseguiti in parte dallo staff del Laboratorio di restauro della Direzione regionale Musei e in parte da restauratori esterni. In particolare i manufatti esposti sono stati restaurati grazie al contributo di Intesa Sanpaolo, da sempre in prima linea nel sostegno alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale, e della Fondazione Cecilia Gilardi che ha erogato una borsa di studio nell’ambito dell’attività portata avanti dal 2010 per promuovere l’eccellenza nei mestieri d’arte, sostenendo i talenti più meritevoli negli anni della formazione e dell’ingresso nel mondo del lavoro.
Seppur in un numero contenuto di pezzi, il nucleo di manufatti scelto apre un affaccio suggestivo verso altri mondi, con testimonianze di pregio che celebrano tradizioni storiche e artistiche diverse, rimandano a specifici usi e riti sociali e narrano il fascino di civiltà lontane nel tempo e nello spazio.
Tra gli oggetti esposti spicca, ad esempio, la rotella dhal, scudo di ambito indiano in acciaio brunito e intagliato, probabile omaggio a Vittorio Emanuele III da parte della missione persiana giunta al Castello di Racconigi nell’estate 1911. Ma non solo. Di grande interesse risultano pure il raro pugnale haladie di manifattura sudanese, a imitazione di prototipi persiani, dal fodero ricoperto di conchiglie e perline colorate, e i piccoli tamburi giapponesi, utilizzati nel teatro Noh, che furono verosimilmente donati, sempre a Vittorio Emanuele III, da una delle delegazioni nipponiche ricevute nella residenza a inizio Novecento. Il valore identitario dei singoli oggetti, indagato guardando al background di provenienza, restituisce tuttavia un intreccio di connessioni, un filo rosso che attraversa la storia materiale, simbolica, collezionistica e ricostruisce i legami esistenti tra la raccolta, la residenza e i personaggi di Casa Savoia. Connessioni che intersecano anche il ricco patrimonio di fotografie storiche di ambito extraeuropeo custodito nel Castello, complemento naturale dell’Armeria.
In concomitanza con l’apertura dell’esposizione viene messa online la versione digitale della mostra tenutasi nel 2021, raggiungibile tramite il sito web della Direzione regionale Musei Piemonte.
Per scaricare le immagini degli oggetti esposti cliccare sul seguente link: https://bit.ly/3GTOSjH
Storie dal mondo in Castello
Nuovi incontri
CASTELLO DI RACCONIGI
via Francesco Morosini, 3 – Racconigi (CN)
20 aprile – 25 giugno 2023
Orario: giovedì visite accompagnate dalle 10.00 alle 18.00 (ultimo ingresso 17.00) con partenza alle 10.00, 11.00, 12.00, 14.00, 15.30, 17.00; venerdì, sabato, domenica e festivi visite libere a ingresso contingentato dalle 9.00 alle 13.00 (ultimo ingresso 12.00) e dalle 14.00 alle 19.00 (ultimo ingresso 18.00).
Chiuso: da lunedì a mercoledì.
Biglietti: intero € 8,00; ridotto € 2,00 dai 18 ai 25 anni; gratuito per minori di 18 anni; gratuito per docenti delle scuole italiane pubbliche e private paritarie con presentazione della certificazione del proprio stato di docente; studenti delle facoltà di Architettura, Lettere e Filosofia; titolari di Abbonamento Musei, Torino+Piemonte Card; personale MiC; membri ICOM; giornalisti muniti di tessera professionale; persone con disabilità e accompagnatori.
Prenotazione: fortemente consigliata per visitatori singoli; obbligatoria per i gruppi con servizio di guida incluso. Il servizio di prenotazione è attivo dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 15.00: racconigi.prenotazioni@cultura.gov.it (la richiesta sarà evasa entro 24 ore dall’invio. La prenotazione è da ritenersi effettuata previa mail di conferma da parte dell’ufficio prenotazioni del Castello di Racconigi). Per verificare la disponibilità si consiglia di contattare il numero 0172 84005.









Punto di riferimento per gli abitanti della zona che raggiungono questi edifici religiosi per pregare, per partecipare a una processione o anche solo per fare una passeggiata e passare alcuni momenti in silenzio e in meditazione, le chiesette campestri sono uno scrigno di fede e devozione popolare. Purtroppo vengono sovente devastate da bande di giovani vandali annoiati che non trovano niente di meglio da fare. Accade in diversi paesi del Piemonte ma ora in alcune chiesette, più volte sfregiate dai delinquenti, sono finalmente arrivate le telecamere di sorveglianza, come al piccolo santuario campestre di Vicomanino nel parco di Stupinigi. È visitabile solo in rare occasioni ma è un’oasi di pace che merita una visita anche solo dall’esterno. Costruito nel 1817 mentre erano in corso guerre ed epidemie, proprio come ex voto al termine di una terribile pestilenza che colpì duramente l’area torinese, il santuario è dedicato alla Vergine Maria. Alla chiesetta della Madonna del rumanin, come la gente del posto chiama il santuario per le sue presunte origini romane, ci si arriva a piedi o in bici percorrendo una stradina tra boschi e terreni agricoli a un paio di chilometri dalla Palazzina di Caccia. Lì vicino si trova la cascina della “fasanera”, mantenuta un tempo dalle guardie dei boschi dell’Ordine Mauriziano con un grande allevamento di fagiani. Al santuario si giungeva a piedi con la Madonna a spalle per la tradizionale processione, poi venne posta su un carro trainato prima dal trattore e in seguito dai cavalli. L’interno presenta una ricca collezione di ex voto tra cui disegni, acquerelli e tante fotografie con episodi di vita agricola con persone malate o in pericolo, carri che si ribaltano, animali sofferenti e fatti di guerra. È ciò che resta di una devozione popolare ancora esistente al giorno d’oggi ma che purtroppo è oggetto di furti e saccheggi da parte di gruppetti di vandali che sfogano così i loro beceri “momenti di gloria”. Il santuario di Vicomanino è stato più volte vittima di atti vandalici, dal portone quasi sfondato alle scritte sulla facciata, ma ora le telecamere terranno lontano, si spera, i distruttori. Fa parte della parrocchia di Stupinigi ed è aperto solo in occasione di celebrazioni speciali, alla fine di maggio per la ricorrenza della Visitazione della Vergine e nella seconda domenica di settembre con la celebrazione della Messa al posto della processione che non si tiene più da qualche anno. Nel Seicento in questo luogo fu eretto un pilone votivo attorno al quale all’inizio dell’Ottocento fu costruita la piccola chiesa che vediamo oggi. La campana in bronzo, rubata alcuni anni fa insieme ai candelabri e alla cornice della pala d’altare, ebbe come madrina la regina Margherita di Savoia. Fu l’arcivescovo cardinale Michele Pellegrino a celebrare nel 1967 i 150 anni dell’edificazione del santuario.
Le immagini sono di quelle che ti prendono al cuore. Con forza e senza concederti vie di fuga. Cristallizzate e spietatamente immobili, raccontano della contemporanea società libanese dolorosamente cristallizzata nelle svariate forme di oppressione che quotidianamente si vivono ancor oggi nel Paese dei Cedri sempre più frammentato e diviso, con il peso, ancora palpabile, di una guerra civile alle spalle, della cosiddetta “Rivoluzione dei Cedri” e delle forti odierne tensioni con Israele. A scattarle la giovane, classe ’92, fotografa di Beirut Myriam Boulos, che sarà ospite di “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia” di Torino, giovedì 13 aprile, alle 18,30, nell’ambito dei consueti “Giovedì in Camera” programmati da tempo dal Centro di via delle Rosine 18. A dialogare con Myriam (dal 2021 membro della prestigiosa “Magnum Photos”) sarà Monica Poggi, curatrice della mostra “Eve Arnold. L’opera 1950-1980”, in corso a “CAMERA” fino al prossimo 4 giugno. L’incontro si concentrerà inizialmente sui suoi primi lavori (la Boulos inizia a fotografare a soli sedici anni) incentrati unicamente sulla Beirut notturna, momento nel quale si manifestano con maggiore nettezza i contrasti di una città complessa, dove le differenti espressioni identitarie e la libertà sessuale faticano ancora a trovare un posto. La fotografia diventa quindi per Boulos una sorta di strumento di giustizia sociale. Le sue immagini catturano l’essenza di grida collettive, il battito di una nazione dalle molte facce, luoghi, problemi e contraddizioni. “Durante i miei primi anni come fotografa – dichiara la stessa Myriam – scattavo solo di notte. Per me quello era il momento in cui la mappa sociale di Beirut appariva improvvisamente nitida. Fotografavo per strada ma anche nell’ intimità delle persone. Considero l’intimità uno dei luoghi in cui siamo più esposti alla violenza (fisica o emotiva). Allo stesso tempo, l’intimità è uno spazio in cui possiamo reinventarci. Penso che il personale sia inevitabilmente politico”. A partire dall’ottobre del 2019, Boulos inizia a fotografare anche di giorno, documentando la rivoluzione e le conseguenze da essa portate nella città. Nel 2021, con il Paese ancora immerso in una situazione di forte instabilità, lancia un appello aperto su Instagram: “Se ti identifichi come donna e vuoi condividere le tue fantasie sessuali, mandami un’e-mail”. Risultato, una serie di lavori titolati “Sexual Fantasies”, che analizza il tema del desiderio femminile e il modo in cui si radica e sviluppa all’interno delle realtà politiche e sociali contemporanee. “Mi piace credere che dare spazio alle storie personali sia un atto di resistenza – continua la Boulos – e che sfidare i modi tradizionali di rappresentare l’oppressione nella nostra regione sia un modo per reclamare ciò che è nostro”.
Nonostante la giovane età, lo straordinario corpus di opere di Myriam Boylos rompe percezioni e stereotipi, trasmettendo, attraverso diverse serie fotografiche, realtà contemporanee, dove “i volti, i limiti, le fratture, gli istanti di fragilità ed emotività coesistono in immagini che sono un delicato inno di resistenza”.