CULTURA- Pagina 39

“Ricordando Alessandro Galante Garrone”

Il “Polo del ‘900” fa memoria, in Palazzo San Daniele, del “mite giacobino” nel ventesimo della scomparsa

Lunedì 30 ottobre, ore 15

Un incontro, fra dibattito e spettacolo/performance, quello in programma il prossimo lunedì 30 ottobrea partire dalle 15, presso l’“Auditorium” del “Polo del ‘900” nello juvarriano “Palazzo San  Daniele”, per ricordare la figura di Alessandro Galante Garrone (Vercelli, 1° ottobre 1909 – Torino, 30 ottobre 2003), nell’ambito delle iniziative per l’80° della Resistenza e a vent’anni dalla scomparsa dello storico, scrittore, magistrato, antifascista di primo piano e partigiano (militante durante il Ventennio nelle formazioni GL in Piemonte), fra i padri fondatori della Repubblica Italiana. L’incontro servirà anche per presentare il libro di Galante Garrone “Per l’eguaglianza e la libertà”, edito di recente da “Einaudi”, a cura di Paolo Borgna (presidente di “Istoreto – Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della Società Contemporanea”, di cui Galante Garrone fu fra i fondatori nel lontano 1947), Francesco Campobello e Massimo Vogliotti.

Dopo i saluti e l’introduzione di Alberto Sinigaglia (presidente del “Polo” di piazza Antonicelli) e di Paolo Borgna, il programma prevede una “lezione recitata” dall’attore albese Diego Coscia, su testo dello scrittore (e dal 2005 docente di “Civilisation italienne” all’Università “Grenoble Alpes”) Leonardo Casalino avente a tema “Alessandro Galante Garrone: pensare libertà liberatrici”.

Il pomeriggio proseguirà alle 17 sotto il segno de “Le battaglie civili del ‘mite giacobino’”, termine che lui stesso si cucì addosso, nel ’94, in un libretto scritto a quattro mani con Paolo Borgna. Come dire: “un rivoluzionario democratico – così Paolo Bagnoli – a caratura radicale essendo egli un azionista fedele al filone della democrazia radicale che, oltre ad essere una posizione politica, fu per Galante Garrone anche la bussola che mosse il suo continuo impegno pubblicistico, caratterizzato da una moralità concreta nel leggere un paese sempre più tristemente e squallidamente risucchiato dal disprezzo della Costituzione e dalla perdita di senso di quell’Italia civile in cui egli e, con lui tanti altri, avevano creduto ed avevano continuato a credere”. Il valore delle Istituzioni e quello supremo della “libertà” ritornano costantemente nella vita, nei gesti e nelle parole di quel nostro “mite giacobino” che non abbisogna di feroci “ghigliottine”, ma che non cede caparbiamente il passo al progredire di tempi privi di ideali e passione politica e civile, testardo all’estremo nel rifiuto di “ogni neutralità imbelle” lontana e pavida nella negazione di ogni “scelta di campo”.

Posizioni, concetti, idee ben presenti nel recente libro-antologia “Per l’eguaglianza e la libertà” (Einaudi) che raccoglie gli editoriali, ancora oggi di eccezionale attualità , da lui scritti per “La Stampa”: dalla necessità di uno Stato moderno autorevole ma non autoritario all’importanza della scuola pubblica e alla condizione della donna via via fino al rapporto fra politica e giustizia, con l’ideale di una magistratura che viva la propria indipendenza senza trasformarla in separatezza. Temi di cui si discuterà nel tardo pomeriggio al “Polo del ‘900” insieme a Gad Lerner e allo storico Gianpaolo Romagnani, con il coordinamento di Chiara Colombini, ricercatrice presso “Istoreto”. Saranno presenti anche i curatori del volume e la figlia di Gante Garrone, Giovanna.

Per info: “Polo del ‘900 – Palazzo San Daniele”, piazza Antonicelli, Torino; tel. 011/0883200 o www.polodel900.it

g.m.

Nelle foto:

–       Alessandro Galante Garrone (Ph. Paolo Agosti)

–       Alessandro Galante Garrone con il fratello Carlo e Ferruccio Parri, primo presidente del Consiglio dei Ministri a capo di un governo di unità nazionale, al termine del secondo conflitto mondiale

–       Alessandro Galante Garrone con le vedove dei ferrovieri, 1946

Con Don Gallo (e De André), osando la speranza

Sono passati dieci anni da quando il cuore generoso di Don Gallo ha cessato di battere. Don Andrea, partigiano e “prete di strada” si spense nel suo letto della Comunità genovese da lui fondata a San Benedetto al Porto, assistito dai suoi ragazzi.

Il suo ricordo fa affiorare le memorie degli incontri con il Don, gli insegnamenti della sua straordinaria umanità. Don Andrea Gallo, angelicamente anarchico, ha sempre lottato dalla parte giusta: quella degli sconfitti, dei respinti e dei disperati, di chi non ha voce e potere ed è stato relegato ai margini di una società sempre più spietata e genuflessa davanti alle logiche delle banche e dell’economia. Dalla comunità di San Benedetto al Porto Don Gallo guardava il mondo, coinvolgeva tutti e non escludeva mai nessuno. Sapeva dare forza e speranza. “Bisogna sempre osare la speranza”, ripeteva spesso, e spronava a non smettere mai di “sperare l’impossibile”, di inseguire l’utopia. Citava l’uruguaiano Eduardo Galeano (il giornalista che scrisse un libro meraviglioso, Le vene aperte dell’America Latina) dicendo: “L’utopia sta all’orizzonte, mi avvicino di due passi, lei si allontana dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungo mai. Quindi, a che serve l’utopia? Serve a questo: a camminare”. E in fondo questo era lo spirito del Don. Mettersi in cammino e non rassegnarsi, attraversare il nostro tempo adoperandoci, nonostante tutto, per costruire un altro mondo possibile, più libero e più solidale. Lui camminava con il Vangelo in una mano e la Costituzione repubblicana nell’altra. Come il suo grande amico Fabrizio De André, trasmetteva con passione e concretezza la sua umanissima e libertaria buona novella. Erano entrambi mossi dall’amore per gli ultimi, i reietti. Negli anni del liceo Fabrizio era l’alunno del cugino di Don Gallo, Giacomino Piana, che insegnava religione mentre il Don era viceparroco nella chiesa della Madonna del Carmine, a poche decine di metri dalla famosa Via del Campo. Il 14 gennaio del 1999, tre giorni dopo la morte di De André, Don Gallo scrisse una lettera aperta all’amico di sempre che vale la pena leggere per intero: “ Caro Faber,da tanti anni canto con te, per dare voce agli ultimi, ai vinti, ai fragili, ai perdenti. Canto con te e con tanti ragazzi in Comunità. Quanti «Geordie» o «Michè», «Marinella» o «Bocca di Rosa» vivono accanto a me, nella mia città di mare che è anche la tua. Anch’io ogni giorno, come prete, «verso il vino e spezzo il pane per chi ha sete e fame». Tu, Faber, mi hai insegnato a distribuirlo, non solo tra le mura del Tempio, ma per le strade, nei vicoli più oscuri, nell’esclusione. E ho scoperto con te, camminando in via del Campo, che «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior». La tua morte ci ha migliorati, Faber, come sa fare l’intelligenza. Abbiamo riscoperto tutta la tua «antologia dell’amore», una profonda inquietudine dello spirito che coincide con l’aspirazione alla libertà. E soprattutto, il tuo ricordo, le tue canzoni, ci stimolano ad andare avanti. Caro Faber, tu non ci sei più ma restano gli emarginati, i pregiudizi, i diversi, restano l’ignoranza, l’arroganza, il potere, l’indifferenza. La Comunità di san Benedetto ha aperto una porta in città. Nel 1971, mentre ascoltavamo il tuo album, Tutti morimmo a stento, in Comunità bussavano tanti personaggi derelitti e abbandonati: impiccati, migranti, tossicomani, suicidi, adolescenti traviate, bimbi impazziti per l’esplosione atomica. Il tuo album ci lasciò una traccia indelebile. In quel tuo racconto crudo e dolente (che era ed è la nostra vita quotidiana) abbiamo intravisto una tenue parola di speranza, perché, come dicevi nella canzone, alla solitudine può seguire l’amore, come a ogni inverno segue la primavera [«Ma tu che vai, ma tu rimani / anche la neve morirà domani / l’amore ancora ci passerà vicino / nella stagione del biancospino», da L’amore, ndr]. È vero, Faber, di loro, degli esclusi, dei loro «occhi troppo belli», la mia Comunità si sente parte. Loro sanno essere i nostri occhi belli. Caro Faber, grazie! Ti abbiamo lasciato cantando Storia di un impiegato, Canzone di Maggio. Ci sembrano troppo attuali. Ti sentiamo oggi così vicino, così stretto a noi. Grazie. E se credete ora che tutto sia come prima perché avete votato ancora la sicurezza, la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti. Caro Faber, parli all’uomo, amando l’uomo. Stringi la mano al cuore e svegli il dubbio che Dio esista. Grazie. Le ragazze e i ragazzi con don Andrea Gallo, prete da marciapiede”. Rileggendola ora, cinque lustri dopo, mantiene intatta l’attualità e la carica di denuncia morale. E a noi, cosa resta? Non ci resta altro da fare che continuare a camminare, ognuno per come sa e per come può, in direzione ostinata e contraria. Don Andrea Gallo ha costruito ponti nella chiarezza dei fondamenti della Costituzione italiana che ha sempre difeso con passione, e nella linearità ideale del  Vangelo che ha vissuto come vita donata e ricevuta senza avere in cambio nulla. Nei miei ricordi di famiglia, grazie al nonno, si rammentava la storia di un italiano caduto sul finire degli anni trenta in difesa della Repubblica spagnola sull’Ebro. L’epigrafe sulla sua tomba, nella sua essenziale semplicità e dignità, diceva tutto di lui: “Aquì esta un hombre”. Qui c’è un uomo. Anche per Don Gallo varrebbero le stesse parole, ascoltando la sua voce che invitava a costruire un futuro, a proseguire il cammino, senza scordare che “chi sceglie un’ideologia può anche sbagliare; chi sceglie i poveracci, i senza voce, i fragili, non sbaglia mai”.

Marco Travaglini

“Incipit Offresi” ai blocchi di partenza

Parte da Cuorgné la nona edizione del primo talent letterario itinerante per aspiranti scrittori

Venerdì 27 ottobre, ore 21

Cuorgné (Torino)

Sarà l’attrice – autrice Giorgia Goldini a fare da starter, venerdì 27 ottobre, alle 21, alla prima tappa in Piemonte della nona edizione di “Incipit Offresi”, il primo talent letterario itinerante dedicato agli aspiranti scrittori, ideato e promosso dalla “Fondazione ECM – Biblioteca Archimede” di Settimo Torinese, in sinergia con Regione Piemonte,  con il sostegno di “Fondazione Compagnia di San Paolo” e la collaborazione di “Emons Edizioni”, “Fondazione Circolo dei lettori” e “FUIS – Federazione Unitario Italiana Scrittori”. L’appuntamento è a Cuorgné (Torino), presso la “Sala Conferenze Trinità” (ex Chiesa della SS. Trinità) di via Milite Ignoto. Format a tappe e vero e proprio talent della scrittura” (spazio dove tutti gli aspiranti scrittori possono presentare la propria idea di libro agli editori coinvolti nelle varie fasi del progetto), la sfida si giocherà a “colpi di incipit” all’interno delle biblioteche e dei luoghi di cultura, ma anche attraverso gare di scrittura e letture animate nei mercati. L’obiettivo non è premiare il romanzo inedito migliore, mascovare nuovi talenti. In 8 anni “Incipit Offresi” ha scoperto più di 60 nuovi autori, pubblicato 70 libri e coinvolto più di 10mila persone, 30 case editrici e più di 50 biblioteche e centri culturali. I partecipanti, in una sfida uno contro uno, avranno 60 secondi di tempo per leggere il proprio “incipit” o raccontare il proprio libro. Chi, secondo il giudizio del pubblico in sala, avrà ottenuto più voti, passerà alla fase successiva, dove avrà ancora 30 secondi di tempo per la lettura del proprio “incipit” prima del giudizio della “giuria tecnica” che assegnerà un voto da 0 a 10. Una volta designato il vincitore o la vincitrice di tappa, si aprirà il voto del pubblico per il secondo classificato. Chi otterrà più voti potrà partecipare alla gara di ballottaggio. I primi classificati di ogni tappa e gli eventuali ripescaggi potranno accedere alle semifinali per giocarsi la possibilità di approdare alla finale, in programma a giugno 2024.

I concorrenti primo e secondo classificato riceveranno rispettivamente un premio in denaro di 1.500 e 750 euro. Saranno inoltre messi in palio, fra tutti i partecipanti alla finale, il “Premio Italo Calvino”, “Indice dei Libri del Mese”, “Golem”, “Leone Verde”, “Circolo dei Lettori” ed eventuali altri premi assegnati dagli editori.

La partecipazione è gratuita e aperta agli scrittori, esordienti e non, maggiorenni, di tutte le nazionalità. I candidati dovranno presentare le prime righe della propria opera, l’“incipit”, appunto, per un massimo di mille battute con le quali catturare l’attenzione dei lettori e una descrizione dei contenuti dell’opera (massimo, 1.800 battute). L’“incipit”deve essere inedito (le opere autopubblicate sono parificate alle inedite poiché prive di regolare distribuzione). La gara si svolgerà in lingua italiana. La possibilità di partecipare alle tappe è garantita fino ad esaurimento dei posti disponibili.

Il “Premio Incipit” e il “campionato” sono dedicati alla memoria di Eugenio Pintore(Bonorva – Ss, 1956 – Gassino-To, 2019), uno dei massimi bibliofili e cultori dell’“arte bibliotecaria”, già direttore della Biblioteca di Settimo Torinese, dal 2003 dirigente della “Regione Piemonte” con l’incarico di riorganizzare tutta la rete dei sistemi bibliotecari e di dare avvio al “Sistema Bibliotecario Area Metropolitana” di Torino (con la partecipazione di circa settanta Comuni della prima e della seconda cintura torinese), fino al 2008 quando assunse l’incarico di Dirigente del “Settore Regionale Biblioteche, Archivi e Istituti Culturali”, con la responsabilità sul patrimonio archivistico, gli istituti della cultura e l’editoria. A lui si devono anche i progetti “Nati per leggere” e “Lingua Madre” ( introdotto al “Salone Internazionale del Libro” di Torino), nonché l’attuazione della “Legge per la Piccola Editoria piemontese”, tesa a favorire la promozione e la diffusione delle opere degli editori locali, anche attraverso il sostegno alle traduzioni e la loro partecipazione alle principali “Fiere” nazionali ed internazionali.

Per info: “Incipit Offresi”, tel. 339/5214819 owww.incipitoffresi.it

g.m.

Un torinese cura la mostra per il secolo di Jacovitti

Debutta al Maxxi di Roma la mostra dedicata a Jacovitti curata dal piemontese Dino Aloi.
Sarà visitabile fino a febbraio.
L’  allestimento è spettacolare,  un’esplosione di colori,un viaggio fantastico nel mondo dell’ umorismo e della satira, quella vera,quella sana ed irriverente.

Oltre 450 pezzi esposti nei 400  mq nella cittadella dell’ arte moderna romana.
Tavole originali, giornali, libri, fumetti, pubblicità provenienti dalla collezione personale della figlia Silvia, orgogliosamente concessa per mantenere alto il nome e il ricordo della penna del padre a cento anni dalla nascita ( 9.3.1923)
La mostra si sviluppa in un percorso a spirale con nove sezioni, dagli Esordi del 1939 ,alle uscite settimanali sul settimanale di satira  Il Brivido. Dalle storie di Cocco Bill per il Giorno, a Cocco Bill sui cartelloni  dei gelati Eldorado e in  Carosello. La pubblicità dell’ Esselunga che ne è anche sponsor. Decine e decine  di personaggi nati dalla  matita di Jaco che hanno accompagnato intere generazioni di raga zz, tutti ricordiamo il diario , per finire all’ard una satira a luci rosse, scostumata per i tempi.
L allestimento è talmente allegro e colorato che fa tornare tutti un po’ bambini, in un mondo di fantasia , leggerezza e consapevolezza.

GABRIELLA DAGHERO

Caterina Boratto, una bellezza altera, molto torinese

Ecco in anteprima la targa che la Città di Torino dedica all’attrice Caterina Boratto; verrà scoperta venerdì 27 ottobre, alle ore 11, in piazza Statuto, nell’aiuola, anch’essa dedicata a lei,  di fronte ai portici dell’ultimo tratto di via Garibaldi. 

La più eterea stella del cinema italiano, l’altera e sognante Caterina Boratto, torinese, classe 1915, nata in un edificio Liberty in corso Francia, è sempre stata una donna di una bellezza classica, di un’eleganza innata, altera, un pò malinconica, e con lo sguardo da regina; per il grande regista Federico Fellini, “una donna dalla regalità completa”. Dopo aver frequentato il liceo musicale, su segnalazione di Evelina Paoli, una delle maggiori attrici teatrali del primo Novecento, cliente della pellicceria della mamma, nel 1937 esordisce inaspettatamente a soli 22 anni nel cinema come protagonista del film “Vivere!” di Guido Brignone, nella parte della figlia del celebre tenore Tito Schipa. Un successo nazionale e internazionale che le spiana la strada per Hollywood, dove frequenta Joan Crawford, Lana Turner, Spencer Tracy, Judy Garland e persino il grande scrittore Francis Scott Fitzgerald. Ma il suo debutto viene continuamente rinviato. E come tutti i sogni, allo scoppio della guerra, dopo tre anni di lavoro preparatorio negli studios per il debutto, il sogno s’infrange e con un viaggio di ritorno per mare, durante il quale Caterina viene scambiata per una spia, a causa dei timbri tedeschi di Berlino dove era andata a presentare “Vivere!”, rientra in Italia, a Torino. Sposa nel 1944 Armando Ceratto, uomo della Resistenza che riunisce il  Comitato di Liberazione Nazionale nella sua clinica privata, la Sanatrix, una delle più importanti d’Europa per l’eccellenza di medici come Achille Mario Dogliotti, il chirurgo torinese dei casi disperati. E per circa una decina di anni la Boratto si ritira a vita privata e riprende a dare concerti come soprano. A ripescarla negli anni Sessanta è Federico Fellini che aveva  conosciuto nel 1943 sul set di “Campo de’ Fiori”, il film con Aldo Fabrizi e Anna Magnani, l’ultimo girato prima del suo lungo distacco dal mondo del cinema. L’incontro avviene a Roma, Fellini la nota casualmente per strada mentre lei sta uscendo da un grande magazzino in una traversa di via della Croce. Caterina su suggerimento del regista Guido Sacerdote indossa un grande cappello marrone perché a Roma nessuna donna portava il cappello. Fellini, la nota, la riconosce, si fermano a parlare e l’istinto, così spesso decisivo, lo porta a chiederle di interpretare la parte della misteriosa ed elegante signora che appare in più di una scena del capolavoro “8½”. Nel 1974 avviene il folgorante incontro con Pier Paolo Pasolini che vuole la Boratto a tutti i costi in “Salò, le 100 giornate di Sodoma”; si dedica diretta da Filippo Crivelli anche all’affascinante esperienza dell’Operetta; interpreta Madama Pace in “Questa sera si recita a soggetto” per la regia di Giuseppe Patroni Griffi; nel 1987 partecipa al film di Luciano De Crescenzo “32 dicembre” e nel 1990 arriva l’incontro con Gigi Proietti per la realizzazione della situation-comedy “Villa Arzilla”. Un periodo di grande allegria, serenità e spensieratezza per il suo ritorno a Torino, dove negli 800 metri dello Studio 1 del Centro di Produzione Rai di via Verdi, il regista ricostruisce quattro ambienti ed un salone dove gli arzilli, sorridenti e vivaci protagonisti, i grandi Ernesto Calindri, Giustino Durano, Marisa Merlini e Fiorenzo Fiorentini si incontrano e scontrano per il divertimento dei telespettatori. La Boratto è la Greta Garbo di “Villa Arzilla”, un’ex attrice che non abbandona mai i suoi atteggiamenti da Diva.

Igino Macagno  

 

Stati d’animo e brama di evasione negli “Incubi” di Andrea Donna

Andrea Donna, giornalista pubblicista, molto impegnato sul territorio torinese, ha pubblicato recentemente per Aristodemica l’opera dal titolo “Incubi”, una raccolta di poesie e una riscrittura dei “Fungi from Yuggoth “ di Howard Phillips Lovecraft, scritto tra il 27 dicembre 1929 e il 3 gennaio 1930, durante il periodo natalizio. Una raccolta che fornisce l’impressione che l’autore ci trasporti in mondi antichi, più che primitivi, precedenti al Diluvio, incidentalmente sopravvissuti al loro sgretolarsi. Immagini che ben rappresentano il mondo onirico, composto da istinti e fasi inconsce, quindi assenti di razionalità. D’altra parte uno dei ruoli fondamentali della poesia è quello di trasportare nella nostra quotidianità un intimo molto lontano persino da noi stessi e dalle nostre percezioni.

 

Partiamo dal titolo della raccolta poetica ‘Incubi’ in cui si avverte l’influenza di Lovecraft e di Edgard Allan Poe. Qual è l’intenzione primaria di questo titolo?

La parola che dà il titolo alla raccolta stessa va intesa in senso stretto, didascalico. Gran parte dei sonetti non sono che la trascrizione in versi, spesso fedele, di incubi da me realmente sognati. Un sogno particolarmente vivido trasposto in forma poetica assume, credo di poter dire, una potenza simbolica nuova, universale, in grado di comprendere grandi, se pur vaghi, significati, e di far vibrare qualche corda nell’intelletto e nell’animo del lettore”

Il richiamo ad alcuni arcaismi e alla forma del sonetto elisabettiano è correlato alla Sua traduzione dei Fungi di Lovecraft, contenuti all’interno del libro, oppure si tratta di una Sua esecuzione letteraria basata su quello che è il Suo pensiero riguardo alla poesia e al modo migliore di porgerle ai lettori?

Gli “Incubi” sono stati composti dopo la riscrittura dei “Funghi di Yuggoth”, ne ricalcano programmaticamente vocabolario, registro, atmosfera, prosodia. Ecco dunque una forma vetusta, quella del sonetto elisabettiano, e una lingua dichiaratamente arcaica e polverosa, scelta perché congrua rispetto alla materia trattata e cantata e, giacché questa poesia non è solo lirica, ma narrativa, raccontata”.

A che pubblico si rivolge questa raccolta poetica ?

Ho iniziato a tradurre il primo sonetto dei “Fungi” quasi vent’anni fa, nella primavera del 2004. Tradotto il trentaseiesimo, ho provato quel senso di perdita che, talvolta, provano i lettori di un romanzo particolarmente coinvolgente arrivati all’ultima pagina. È stato dunque naturale per me, che avevo ancora nella mente il ritmo, la prosodia e il linguaggio dei “Funghi di Yuggoth” proseguire con un nuovo sonetto, questa volta di materia completamente originale. Il primo sonetto degli “Incubi” (mi pare sia “La Prigione” il primo a essere stato composto) può dunque intendersi come il trentasettesimo dei “Funghi”. Ne è poi seguito un trentottesimo, un trentanovesimo e così via, fino al raggiungimento del numero 36, per me importante per una questione meramente estetica e formale di simmetria dei due canzonieri. La lettura dei “Funghi di Yuggoth” e degli “Incubi” presuppone una certa concentrazione, vista la scelta linguistica che predilige un vocabolario arcaico, desueto, ostico: ma in realtà la scrittura dei due canzonieri mima i modi della composizione popolare, ingenua e scevra da sovrastrutture accademiche. Diversi lettori potranno trovare in questo libro un livello di lettura – ce ne sono diversi – a sé congeniale”.

Un tema che sento ricorrente all’interno di queste raccolte è quello della caduta, rappresentata da poesie come ‘Il pozzo’ e ‘La caduta’. Quest’ultima, in particolare, è vicina a uno stato di coscienza. Si tratta di una descrizione molto simile a uno stato ansioso. Vi è in queste due liriche legate agli Incubi qualche aspetto di lei che da inconscio diventa conscio?

Credo sia probabile, dal momento che la materia di molti dei componimenti è materia onirica in senso stretto, sono eventi che ho sognato davvero. La claustrofobia la caduta, l’angoscia, il terrore sono stati d’animo ricorrenti, come anche la brama di evasione, di riposo e di elevazione dell’Io lirico, che, per definizione, non coincide con l’Io biografico dell’autore, come la nostalgia e la malinconia”.

Si tratta di un’opera che senti conclusa o pensi di darle un seguito ?

Non credo ci sarà un seguito, sto concludendo un’altra doppia raccolta in tema e stile molto diversi: cento haiku e cento haisan.

MARA MARTELLOTTA

Festa del libro medievale e antico di Saluzzo

Al via, nell’antica città del Marchesato, la terza edizione dedicata al “viaggio” nel Medioevo

Da venerdì 20 a domenica 22 ottobre

Saluzzo (Cuneo)

Quest’anno si è andati a scomodare (ma lui credo ne sarebbe ben contento!) niente meno che Ludovico Ariosto – “Chi va lontan da la sua patria, vede / cose, da quel che già credea, lontane; / che narrandole poi, non se gli crede” – per dare il là alla “Festa del libro medievale e antico di Saluzzo”, manifestazione libraria e fieristica nata nel 2021 e dedicata quest’anno al tema e alle meraviglie del “viaggio” nel Medioevo. Promossa dalla “Fondazione Cassa di Risparmio di Saluzzo” e dalla “Città di Saluzzo”, in collaborazione con il “Salone Internazionale del Libro di Torino”“Fondazione Amleto Bertoni” – e il sostegno di “Fondazione CRC” e “Atl-Azienda Turistica Locale” del Cuneese – l’iniziativa si svolgerà da venerdì 20 a domenica 22 ottobre. Centro pulsante dei molti eventi, affiancato da numerosi altri spazi del Centro Storico, sarà “Il Quartiere” (ex Caserma Musso) di piazza del Risorgimento.  Il tema del “viaggio nel Medioevo” sarà affrontato sotto vari punti di vista. “Il viaggio propriamente inteso – dicono gli organizzatori – come itinerario da intraprendere, non senza pericoli, per spostamenti pratici o per necessità di lavoro e commerciali; il viaggio visto come desiderio di scoperta e avventura, come sfida per il superamento di confini e condizioni; il viaggio fantastico, epico e cavalleresco; il viaggio spirituale e mistico in un periodo di fervente religiosità, senza trascurare i pellegrinaggi militari di conquista che furono le crociate in Terra Santa, causa di migliaia di morti”. La “Festa” nasce essenzialmente dalla volontà di sfatare l’errata credenza del Medioevo come momento temporale di profondo buio e oscurità in opposizione al Rinascimento, celebrando un periodo storico, dal V al XIV secolo, che ancora oggi esercita invece una forte fascinazione sull’immaginario collettivo. Ideale anche la scelta del luogo, Saluzzo che fu capitale dell’omonimo “Marchesato” e che si inserisce perfettamente nel periodo storico trattato con le sue testimonianze architettoniche di impronta gotica, risalenti fra il Duecento e la fine del Quattrocento, che ancora caratterizzano il suo antico ed intatto Centro Storico. Molte le personalità di spicco attese a Saluzzo per dialogare con lettrici e lettori e per tenere “lezioni magistrali” a tema. Solo per citarne alcuni: l’antropologo Marco Aime che tratterà del pellegrinaggio medievale alla Mecca del “Sultano del Mali”; il critico d’arte Nicolas Ballario (“Influenze del Medioevo nell’arte contemporanea”); il monaco e saggista Enzo Bianchi ( “La vita dei monaci nel Medioevo”), fino all’autrice Nicoletta Bortolotti che ci parlerà di Christine de Pizan (1364-1430), prima scrittrice europea e sostenitrice della parità di genere, allo storico Federico Canaccini sul viaggio dei pellegrini per il primo “Giubileo” della storia nel 1300 mentre a Fabio Genovesi sarà affidato il compito di trattare di Cristoforo Colombo . E ancora lo youtuber e drammaturgo Roberto Mercadini che a Saluzzo porterà uno spettacolo sull’“Orlando Furioso”, via via (a grandi balzi) fino allo scrittore e critico letterario Domenico Scarpa, con la sua “lectio” su Italo Calvino “medievale”. Il programma completo e le varie location su: www.salonelibro.it e www.visitsaluzzo.it

Ad allietare la “Festa” non potevano mancare anche sbandieratori, gruppi e rievocatori storici, trampolieri, giocolieri, cantastorie, giullari, saltimbanchi e danzatori che animeranno tutta la città. Dalla settimana precedente la “Festa”, gli esercizi commerciali già stanno esponendo nelle proprie vetrine titoli di libri selezionati sul tema del viaggio, dalla saggistica alla narrativa, dal fantasy ai libri antichi: una bibliografia medievale che, a fine manifestazione, confluirà nel “Fondo del libro medievale” in continua espansione, nato con la prima edizione della “Festa”, custodito dalla Biblioteca Civica di Saluzzo “Lidia Beccaria Rolfi” in fruizione libera e gratuita. Al ricco programma si affiancherà, ovviamente, una parte espositiva, sabato 21 e domenica 22 ottobre  (dalle 10 alle 19), sempre al “Quartiere”, dove il pubblico sarà accolto da editori, librerie, enti culturali con le loro proposte di catalogo, le novità sul tema e la presenza di copie di libri esclusivi, sia manoscritti sia a stampa. Case editrici specializzate e generaliste e librerie antiquarie offriranno al pubblico il meglio delle uscite editoriali che raccontano il Medioevo. Quest’anno le adesioni degli espositori hanno superato quelle degli anni precedenti, registrando il tutto esaurito.

Il via alle danze, venerdì 20 ottobre 2023 con una grande azione di pittura collettiva“Viaggio ai confini del Medioevo”, a cura del “Dipartimento Educazione Castello di Rivoli” che rende omaggio al tema della manifestazione, reinterpretando su vasta superficie pittorica stesa a terra, l’immaginario legato ai “pellegrinaggi nel Medioevo”, a partire da temi riconducibili al patrimonio storico-artistico saluzzese. L’appuntamento, che si svilupperà lungo l’area pedonale di Corso Italia, vedrà protagonisti oltre mille studenti del territorio delle scuole dell’infanzia, scuole elementari e scuole superiori e sarà accompagnato dall’esibizione degli “Sbandieratori di Saluzzo.”

g.m.

Nelle foto:“Immagine guida” dell’evento, Marco Aime, Enzo Bianchi, Roberto Mercadini

Il Teatro Regio di Torino tributa un omaggio al suo ideatore Carlo Mollino

Con la mostra “Carlo Mollino. Atlante. Viaggio nell’universo di un genio del Novecento” a 50 anni dalla rinascita

 

Al geniale architetto che ha concepito e disegnato il nuovo Regio è stata dedicata la mostra, aperta dal 18 ottobre al 14 gennaio 2024 dal titolo “Carlo Mollino. Atlante. Viaggio nell’universo di un genio del Novecento “, un protagonista eclettico e singolare della storia dell’architettura e del design, ma anche scrittore, fotografo, sciatore, automobilista e pilota di aerei, tra le menti più poliedriche del XX secolo.

La mostra è curata da Fulvio e Napoleone Ferrari e prodotta dal Regio nell’ambito di Regio 50, in collaborazione con il Museo Casa Mollino, realizzata con il contributo della Reale Mutua, Socio Fondatore del Teatro Regio, e con il sostegno della BuonoLopera Foundation, che del teatro è socio sostenitore. La mostra ha visto il coordinamento per il Regio di Simone Solinas; progetto esecutivo e direzioni lavori sono dell’architetto Elena Maria D’Agnolo Vallan, insieme all’architetto Valeria Cottino. Il lighting design è di Marco Ostini.

Un ringraziamento va anche al Museo Nazionale di Scienza e Tecnologia di Milano.

“In occasione del cinquantesimo anniversario del Nuovo Teatro Regio non poteva mancare – spiega il Sovrintendente del teatro Regio Mathieu Jouvin – un importante omaggio a Carlo Mollino e questa mostra racconta di un uomo e un artista straordinario, che ha saputo eccellere in ogni disciplina e il cui lavoro mi ha sempre affascinato. Personalità di questo tipo sono rare e sono entusiasta di poter accogliere il pubblico in questo scrigno d’arte ricco di riferimenti simbolici, opera audace e contemporanea proiettata verso il futuro”.

“Oggi con entusiasmo, apriamo le porte alla mostra “Carlo Mollino Atlante”, esposizione che celebra la straordinaria creatività dell’architetto torinese e rafforza il profondo legame tra il teatro Regio e la Reale Mutua – dichiara Luigi Lana, presidente di Reale Mutua. Questa esposizione dimostra l’importanza di quanto sia cruciale preservare e promuovere il nostro ricco patrimonio e sostenere il tessuto culturale locale”

“Siamo contenti di riportare la Basiluro a Torino – spiega Marco Iezzi, curatore dell’area Trasporti del Museo Nazionale di Scienza e Tecnologia di Milano – in questa importante esposizione dedicata a Carlo Mollino, autore delle linee della vettura che partecipò alle 24 ore di Les Mans nel 1955. Per inquadrare Mollino nella sua città è stato fondamentale lo studio del curatore Fulvio Ferrari, esperto dell’architetto torinese.

Carlo Mollino, figlio unico dell’ingegnere Eugenio Mollino, nasce a Torino nel 1905, dove compie i suoi studi, iscrivendosi nel 1925 alla Facoltà di Ingegneria e l’anno dopo trasferendosi alla Regia Scuola Superiore di Architettura dell’Accademia Albertina di Torino, divenuta poi Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, dove si laurea nel luglio del 1931.

Architetto e designer, progettista e pilota di aeroplani e di auto da corsa, fotografo e scrittore, ottimo sciatore, diventa nel 1942 presidente della Commissione delle Scuole e dei Maestri di Sci della FISI e nel 1951 scrive il Trattato di Introduzione al discesismo, dalle cui pagine emerge tutta la sua personalità fantasiosa e inquieta.

Dopo aver pubblicato nel 1948 i volumi ‘Architettura, arte e tecnica’ nel 1953 vince il concorso di Professore Ordinario e ottiene la cattedra di Composizione, che conserva fino alla morte, avvenuta nel suo studio improvvisamente nel 1973.

La mostra si sviluppa in dieci isole-capitoli distribuiti nei vari livelli del foyer che introducono alla leonardesca complessità dell’architetto e dell’uomo e quello che è considerato il suo capolavoro, il nuovo teatro Regio, concluso in coincidenza della scomparsa del suo autore.

A partire dall’atrio esterno, su ognuna delle dodici porte di ingresso del Teatro, è posto un segno zodiacale realizzato al neon.

“Il Teatro accoglie al mondo dell’arte – spiegano i curatori Fulvio e Napoleone Ferrari esattamente come siamo accolti in questa nostra vita sotto un segno zodiacale. Mollino ci accoglie alla vita dell’arte che nasce nel suo teatro con dodici varchi. Con questo segno, fin da subito, è resa sorprendente l’unicità della sua architettura”.

Dieci capitoli, dieci canti narrano la sua biografia, il suo Teatro, la professione, i mobili milionari, le acrobazie aeree e quelle sugli sci, le auto da corsa, la moda e la filosofia che hanno influenzato la sua vita.

Con una videoinstallazione realizzata dall’artista Donato Sansone, sono rappresentate in maniera semplice, con un ipnotico fluire di forme generali si trasformano dal corpo femminile al corpo del teatro, dalle scale di di Piranesi alle passerelle del Regio, le relazioni visive che legano i mondi citati con il poliedrico interno del teatro.

Un’isola conterrà la biografia fotografica di Carlo Mollino e i suoi ritratti pittorici, un’altra ne illustrerà la professione con modelli di architettura rotanti, immagini e disegni. Un letto a castello insieme a piastrelle descrivono il suo lavoro di inventore di interni, come nel caso di Le Roi, la sala da ballo da lui realizzata a Torino. Accanto al capolavoro della Basiluro Damiano, l’automobile progettata per le 24 Ore di LesMans nel 1955, il modellino della macchina da record di velocità Osso di seppia, accompagnato da disegni e fotografie.

La fotografia è rappresentata nelle sue due fasi, nella prima è esposto il lavoro degli anni Trenta, mentre nel foyer, nei salottini, sono esposte venti delle celebri Polaroid erotiche create nell’ultimo decennio di vita.

Nell’ambito di Artissima 2023, fino al 12 novembre prossimo il percorso di visita si arricchirà dell’installazione multimediale di Simon Starling “Four Thousand Seven Hundred and Twenty five”.

Tutta la mostra è resa possibile grazie alla documentazione e alle opere custodite dal Museo Casa Mollino di Torino, fondato da Fulvio e Napoleone Ferrari, fin dal 1985 impegnati nella valorizzazione della figura di Carlo Mollino.

Mara Martellotta

Qualcuno salvi la punteggiatura!

La difficile e faticosa vita delle virgoledei punti e la quasi estinzione dei punti e virgola

 

Come la maltrattiamo questa punteggiatura, la sviliamo e la sottovalutiamo prediligendo quasi esclusivamente l’ uso dei punti esclamativi, numerosi ed  invadenti, come se uno solo non bastasse a capire che siamo sorpresi, felici, increduli, e dei punti interrogativi che si mettono in fila sfacciati nelle nostre conversazioni digitali, anche lì, come se inserire l’unico previstoper convenzione, alla fine di una qualsivoglia domanda, non fosse sufficiente a dare il senso del dubbio o del rebus.

Se aggiungiamo a questa folla indesiderata di interpunzioni gli attualissimi emoticon, utilizzati nel bel mezzo di ciascuna locuzione per comunicare ogni tipo di sentimento, oggetto, cibo, animale o valutazione, talvolta col rischio di seri fraintendimenti, abbiamo una autentica giungla della scrittura la cui eccessiva semplificazione, dovuta essenzialmente al fattore velocità, prendeil posto di una corretta e composta redazione di pensieri e parole.

Non si vuole screditare totalmente i nuovi metodi di comunicazione scritta, spesso utili alle nostre vite frenetiche fatte di tempi ridotti, ma non possiamo assassinare la nostra bella lingua fatta anche di pause, di incisi e di sobrietà; questa vocazione geroglifica odierna che privilegia la rappresentazione istantanea, a scapito della scrittura tradizionale, deve essere perlomeno oggetto di riflessione.

Al contrario del punto e della virgola che, fortunatamente, rientrano ancora nella categoria delle specie protette della comunicazione scritta, l’agonizzante e sfortunato punto e virgola, utilizzato per la prima volta nel 1500 da Aldo Manuzio, stampatore veneziano, che è, o dovrebbe essere,  “uno stacco intermedio tra due preposizioni di un periodo: più forte della semplice virgola e meno forte del punto” (Treccani); indicato quindi  per dividere  due  frasi coordinate tra loro in caso di periodi lunghi e, inoltre, utilizzato anche negli elenchi e nelle enumerazioni, è praticamente ignorato. Il suo utilizzo riveste una funzione importante sia per lo scrittore che per il lettore: chi compone il testo è in grado di organizzare i periodi in maniera più ordinata e disciplinata e chi legge può evitare una seccante sospensione del respiro.

Esclamazioni interrogative, abuso di simboli tuttofare, abbreviazioni mortificanti di parole stanno umiliando dunque la nostra lingua, splendida e armoniosa, che Thomas Mann definiva la “lingua degli angeli”, “un idioma celeste”. E’ importante a questo punto rivalutare le regole, normalizzare nuovamente la scrittura evitando così che una forma di comunicazione così importante, di arte meravigliosa e determinante mezzo di trasmissione del sapere diventi unicamente uno schieramento di segni grafici.

 

Qualche tempo fa sul web girava una frase che dimostrava come,a seconda dell’utilizzo o meno della punteggiatura , il significato venisse stravolto completamente: “Vado a mangiare, nonna”  o “Vado a mangiare nonna”, tutto ciò a testimonianza che una virgola può salvare la vita, la vita della scrittura.

 

Maria La Barbera

LiberAzioni Festival. I vincitori della quarta edizione

Si conclude  al Centro Studi Sereno Regis di Torino, la quarta edizione di LiberAzioni Festival – per un dialogo con il carcere. Nell’ambito del ricco programma di presentazioni, proiezioni, iniziative sociali e culturali molto partecipate, la manifestazione ha promosso, come di consueto, un concorso cinematografico dedicato ai cortometraggi. Alla chiusura del festival, sono stati assegnati i relativi premi.

 

 

Primo Premio LiberAzioni Cinema

La giuria, composta da Annalisa Cuzzocrea (presidente, vicedirettrice de La Stampa), Benedetta Perego (avvocata di StraLi e Antigone), Ambra Troiano (esercente) e dai bibliotecari detenuti del carcere Lorusso e Cutugno coordinati da Marco Monfredini, assegna il Primo Premio LiberAzioni Cinema, dedicato al regista Corrado Iannelli (del valore di 2.500 €), al film

 

Polvere di Paolo Carboni

 

Con la seguente motivazione: «Mi ha molto colpita sia per la realizzazione realistica che per il messaggio trasmesso alla fine dal protagonista: basta un attimo, un granello di polvere, e la vita ti cade addosso. Il dramma dei suicidi in carcere e la piaga della mala giustizia sono rappresentati con delicatezza forza e realismo», scrive Annalisa Cuzzocrea a nome della Giuria.

 

«Noi – aggiungono i bibliotecari della Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino – votiamo all’unanimità il cortometraggio Polvere assegnando il primo posto. Siamo giunti a questo verdetto poiché in 29 minuti, concisi ma molto esaurienti, la tematica della cosiddetta malagiustizia è stata sviluppata in ogni sua sfumatura, a partire dall’origine del caso concreto fino alle più estreme conseguenze sotto il profilo umano. L’attore protagonista interpreta in maniera calzante la parte del giovane Aldo, sempre più inghiottito come vittima sacrificale in un labirinto giudiziario costruito erroneamente e con superficialità con lo scopo principale di accontentare l’opinione pubblica.

«L’ambiente spazio-temporale appare assai provinciale ma, al tempo stesso purtroppo, molto attuale, se si pensa ai risvolti del declino psico-fisico in cui decade il povero ragazzo. Vicenda ricostruita al meglio anche grazie ai flashback volto al passato e da cui si desume, con spiccata espressività emotiva, una giovane esistenza come tante altre, fra la quotidianità dei propri legami familiari e la dipendenza dagli stupefacenti condivisa con alcuni amici. È proprio per quest’ultimo fattore, così come per il fatto di abitare casualmente nei pressi del luogo della rapina finita male, che Aldo viene incastrato: elementi che la traccia del corto stigmatizza, in modo ottimale come circostanze determinanti della vicenda, mai giustificate dell’applicazione della misura cautelare in carcere inflitta ingiustamente a carico del protagonista».

“Un carrello carico di libri, così leggono i detenuti…”

 

«Il bibliotecario, negli Istituti Penitenziari, svolge un ruolo fondamentale, soprattutto per un recluso appena entrato – proseguono i bibliotecari del carcere torinese – perché il tempo scorre, nonostante la sua preziosità, da recluso non viene spesso apprezzata e bisogna far passare la giornata. La prima azione istintiva e spontanea, anche per chi non legge, è prendere un libro. Di conseguenza, nel cortometraggio, il bibliotecario è il fulcro, colui che socialmente senza accorgersene dona e crea l’atmosfera autentica dell’aiuto reciproco, ma allo stesso tempo, purtroppo, si ritrova a vivere attraverso i suoi occhi la drammaticità della morte, fortemente attuale in tutti gli Istituti Penitenziari d’Italia».

 

 

La presidente della Giuria del Primo Premio LiberAzioni assegna inoltre una segnalazione speciale a

 

Tana libera tutti di Valerio Filardo

 

Con la seguente motivazione: Perché fa sperare – attraverso lo sguardo dei bambini – in un destino meno ingiusto per chi cerca di raggiungere un posto sicuro e conquistarsi un pezzo di felicità.

 

 

La giuria del Primo Premio ha inoltre assegnato delle menzioni speciali.

 

I giorni delle arance di Matteo De Liberato

Con la seguente motivazione: abbiamo dimenticato cosa sono i totalitarismi, qui lo ricordiamo vedendo come la vita ne rimanga intrappolata per sempre, producendo le peggiori ingiustizie e annientando emozioni e sentimenti. O almeno provando ad annientarli, finché riemergono dove non te li aspetti, nel sorriso accennato di una condannata che ha perso tutto, ma sa cos’è l’amore materno (Annalisa Cuzzocrea).

 

Viva di Marianna Turturo e Alessandra Ardito

Con le seguenti motivazioni: per il lavoro fatto con le detenute del carcere di Trani e perché evidenzia la condizione particolarmente fragile delle donne detenute (Annalisa Cuzzocrea).

La vera realtà delle detenute recluse che tratta svariate sensazioni e problematiche quotidiane. I sentimenti contrastanti tra una telefonata negativa che prevale su una stessa telefonata, ma al positivo. Il cortometraggio esprime la quotidianità carceraria: come viene realmente vissuta la giornata. Emotivamente toccante e suggestiva la scena finale dove una delle detenute, il giorno del suo fine pena, dopo tantissimi anni di reclusione, come prima azione da libera corre verso il mare, che in precedenza poteva solo vedere, respirandone il profumo attraverso le sbarre, simbolo rappresentativo di libertà e di inizio di vita (giuria composta dai detenuti bibliotecari).

 

Il posto del padre di Francesco D’Ascenzo

Con la seguente motivazione: un breve film-documentario che ben racconta, direttamente con le voci dei due protagonisti della storia e con tanto sano realismo, il rapporto fra un padre e un figlio che va ricostruito dopo molti anni di forzato distacco, causato dagli errori commessi nella precedente vita dal genitore (giuria composta dai detenuti bibliotecari).

I cinque punti di Andrea Deaglio insieme agli studenti del CPIA di Torino

Con la seguente motivazione: per lo sguardo così concreto e psicologico che il film ha offerto a ciascuno di noi, verso coloro i quali ci sono, ossia esistono per ogni recluso, fuori dalle mura detentive. L’emozione positiva e negativa che allo stesso tempo una madre e un padre provano verso il sé recluso (giuria composta dai detenuti bibliotecari).

 

 

Premio Marina Panarese

 

La giuria, composta da Ikram Mohamed OsmanSara SannaLuisa ZhouEmanuele Bobbio e Hassan Khorzom, assegna il Premio Marina Panarese (da 2.000 €) per autrici e autori di origine straniera, al film

 

When the Leaves Fall di Xin Alessandro Zheng

 

Con la seguente motivazione: per la capacità di tratteggiare un racconto universale, capace di toccare le corde di tutte e tutti noi con delicatezza, rispetto, semplicità. Il ritorno in Cina di Giacomo, giovane sinodiscendente cresciuto in Italia, viene così scandito da elementi che fanno eco a una storia condivisa, a prescindere da età e provenienze: la distanza intergenerazionale e i suoi silenzi, il ruolo della memoria, la ricerca di sé tra i dubbi di chi parte e le risposte di chi resta. A fare da fil rouge è il conflitto dello stesso Giacomo, sospeso tra il proprio sentire le aspettative del mondo “fuori”. Ad aggiungere valore alla scelta dell’opera vincitrice, infine, vi è la vicinanza all’eredità culturale e sociale di Marina Panarese, che da sempre si è battuta per avvicinare mondi lontani e diversi con uno sguardo critico e consapevole.

 

 

La giuria assegna inoltre una menzione speciale a

 

Near Light di Niccolò V. Salvato

 

Con la seguente motivazione: per la delicatezza con cui riflette sul tema del riscatto sociale e per il coinvolgimento di una giovane troupe internazionale.

 

 

 

Premio LiberAzioni Cinema Giovani

 

La giuria, composta da Costanza AgnellaRoberta BaciuIsadora MazonMatilde PacioniFrancesca SapeyAlberto Grometto e Giosuè Tedeschi, coordinati da Carlo Griseri e Alessandro Amato di Agenda del Cinema Torino, assegna il Premio LiberAzioni Cinema Giovani (da 1.000 €, con il sostegno di Nova Coop), al film

 

I giorni delle arance di Matteo De Liberato

 

Con la seguente motivazione: il film ha una poesia e un’intensità uniche, riesce a toccare il cuore, a emozionare, a catturare l’attenzione. Alla giuria è piaciuto davvero molto il feticcio-arancia, quasi una Madeleine proustiana, che richiama alla memoria un tempo infantile, di felicità, di limpidezza che sembra quasi di poter toccare, annusare insieme alla protagonista. Il rapporto che si instaura fra la detenuta e il prete forse figlio, forse semplicemente orfano, entra in profondità nonostante il tempo limitato del film, suggerendo un’apertura, una speranza subito troncata, ma non del tutto spenta.

 

 

 

LiberAzioni Festival è un progetto a cura dell’Associazione Museo Nazionale del Cinema realizzato con il sostegno dell’Ufficio della Garante dei diritti delle persone private della libertà personale della Città di Torino, poi di Regione Piemonte, Fondazione CRT, Otto per Mille Battista, ITAS Solidale, NovaCoop e Cooperativa Arcobaleno. Il festival si svolge in collaborazione con: Direzione della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno, Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino, Antigone Piemonte, Agenda del Cinema Torino, Mercuzio and Friends, Centro Studi Sereno Regis, ArTeMuDa, FreedHome, Cooperativa Extraliberi, Mosaico Refugees, Voci Erranti, i donatori della campagna di crowdfunding Tessiamo LiberAzioni, le amiche e gli amici di Marina Panarese.